sabato, febbraio 14, 2009

Eluana è morta. Facciamo tutti silenzio

Pietà e rispettoso silenzio...















d.t.
Venerdi 13 febbraio 2009


Dal capitalismo al protezionismo

Operai britannici contro lavoratori italiani, in Inghilterra, al grido: «Il lavoro inglese agli inglesi». Barack Obama incitagli statunitensi: «Comprate americano». Gli ha risposto, subito, da Parigi il presidente Sarkozy: «Comprate francese». Alla faccia della libera circolazione degli uomini e delle merci! La crisi globale sta scuotendo uno dei capisaldi del capitalismo: la miglior qualità al minor prezzo. A meno di nicchie ad alto valore aggiunto. Un esempio? La Ferrari. Chi la vuole non bada a spese. Dal capitalismo stiamo franando nel protezionismo. La paura di perdere il lavoro (da parte di chi ha un posto fisso o è precario) o di perdere ordini e fatturati (da parte delle imprese) sta facendo precipitare il mondo in tante autarchie. Le quali peggiorano solo la situazione. Basta riandare alla Grande crisi del 1929 negli Usa o al credo fascista dell’Italia autosufficiente dalla metà degli anni Trenta: pochi prodotti in commercio, sempre gli stessi, e costosissimi. Ma senza scomodare la Storia, veniamo ai giorni nostri. E’ bastato toccare vari privilegi, aprendo alcuni mestieri o settori alla competizione, per trovare taxisti, farmacisti e avvocati in piazza. Il risultato? Freni all’accesso alla professione; tassametri, parcelle e medicinali cari. A farne le spese è sempre il consumatore. Perché, infatti, un americano dovrebbe comprare un’auto di Detroit se quella prodotta in Giappone va meglio e costa meno? E perché un francese dovrebbe acquistare vino transalpino se quello italiano gli piace di più e viene venduto a minor prezzo? E perché un’azienda inglese dovrebbe far lavorare solo i suoi connazionali con buste paga più pesanti e minore professionalità? Capitalisti a parole, monopolisti nei fatti. E il peggio, purtroppo, deve ancora arrivare perché se le follie finanziarie stanno mettendo in ginocchio l’economia reale che, a corto di ordini, è costretta a licenziare, chi resta senza lavoro non avrà più i soldi per acquistare i beni prodotti dalle aziende le quali, a loro volta, saranno costrette a nuovi licenziamenti. E’ il gatto che si morde la coda. E’ il risultato di una finanza e di un capitalismo senza regole. Il Far west. Speriamo che duri poco.

s.c.
venerdi 6 febbraio 2009

Linate, Malpensa, Formula 1: la tensione sta crescendo

In questo momento di crisi economica, non è una notizia che fa scalpore. Più interessante sarà vedere nei prossimi giorni quanti soldi metterà sul piatto della bilancia il governo per le rottamazioni di vetture vecchie e inquinanti (un provvedimento che ci interessa più da vicino come possessori di auto). Ma è una notizia che fa riflettere e va a toccare ormai un nervo scoperto: Maurizio Flammini, campione di Formula 2, vuole organizzare una corsa di Formula 1 a Roma. Immediata è stata la reazione di alcuni leghisti: «Monza nonsi tocca. Il Gran premio d’Italia si deve correre qui. I romani facciano le gare con le bighe». Al di là del folklore, in Lombardia, colpita pure lei dalla crisi, ormai si guarda con sospetto a tutto. Anche perché sono troppi e costanti gli accadimenti che stanno aumentando la tensione. Il primo: l’hub di Alitalia sarà a Roma e non più a Malpensa. E se si pensa che il 19% delle piccole imprese manda i suoi prodotti per aereo, si capisce la perdita di tempo (e di denaro) che dovranno sopportare d’ora in poi molti imprenditori lombardi. Poi Linate: Cai, la nuova società che ha inglobato Alitalia, vuole che i voli da questo scalo interessino solo le “navette” Roma-Milano delle quali ha il monopolio. Se un imprenditore deve andare a Monaco, quindi, dovrebbe recarsi a Malpensa: anche in questo caso, altre risorse perse e tempo sprecato in più. E ancora: per l’Expo 2015, aMilano, dal governo forse non arriveranno tutti i soldi che servono, mentre si sa che quest’Esposizione mondiale potrebbe dare lavoro (e fiato) alle piccole e medie imprese lombarde. Ora il gran premio di Formula 1. Se ne riparlerà, forse, nel 2011. Sarà davvero un evento mediatico che richiamerà sponsor e quattrini. Mentre, quasi sicuramente, il Gran premio d’Italia continuerà a svolgersi sul circuito di Monza, un monumento nazionale. Ma, ormai, basta una notizia che potrebbe danneggiare chi abita nella regione fra le più virtuose d’Italia per toccare nervi da sempre scoperti. La morale? E’ sempre meglio tenere gli occhi aperti. E a pensar male, qualche volta si indovina. Diceva uno che se ne intende: il senatore Andreotti.

s.c.
venerdi 30 gennaio 2009