venerdì, luglio 29, 2011

La Lega fa il regalo di compleanno al sindaco

Il fatto è inedito, per certi versi sorprendente, e lascia capire fino in fondo quanta preoccupazione stia creando la situazione economica e finanziaria del nostro Paese. In una nota congiunta, imprese, banche, cooperative, artigiani, commercianti, agricoltori e alcune organizzazioni sindacali sottolineano la loro "forte preoccupazione", lanciando un ultimo appello per chiedere al governo misure per la crescita: “serve una grande assunzione di responsabilità da parte di tutti” e soprattutto“ discontinuità”. Spaventa Giuliano Amato che, richiamando il 1992, rilancia la proposta di misure eccezionali, lacrime e sangue, per ridare equilibrio alla finanza pubblica: "Mi colpisce che forse non c'è nel Paese una sufficiente consapevolezza sulle dimensioni del rischio che stiamo correndo". E la Marcegaglia rincara la dose: “Dobbiamo cambiare o affonderemo tutti insieme". La situazione appare molto seria, ma le risposte del governo non sembrano dare sufficienti garanzie di credibilità. C’è un clima da “il nemico è alle porte”, eppure l’esecutivo è particolarmente concentrato sui temi della giustizia e sul decentramento di alcuni ministeri. E nel giorno in cui il ministro Fitto, a nome del Governo, chiede la fiducia sul cosiddetto “processo lungo”, il tasso dei BTP sale al 5,7%. Tradotto in parole povere significa tanti miliardi di interessi in più da pagare. E arrivando dalle nostre parti, anche qui in un clima pesante dal punto di vista economico, si assiste ad un durissimo scontro sugli incarichi e le poltrone delle partecipate, con la Lega che fa il regalo di compleanno al sindaco:” Perri non è autonomo dai poteri forti”. Ma se il sindaco “non va bene, perché ha tradito il mandato, ed è una marionetta manovrata dai poteri forti” allora, cara Lega, coraggio uscite dalla maggioranza e vediamo quel che succede. Che ognuno si assuma le proprie responsabilità.

Daniele Tamburini

venerdì, luglio 22, 2011

L’amara medicina per il Paese, non per il Palazzo

Ai cittadini si chiede di pagare salato, da subito, e la politica taglierà (alcuni) suoi costi, ma solo poi. È l’impressione più evidente che sta percorrendo il Paese. Un’impressione che ha solide radici reali, se si analizza la manovra, divenuta legge n. 111 lo scorso 15 luglio. Ho letto, tra le prime righe del testo: “Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni... ” per stabilizzare la finanza, contenere la spesa pubblica eccetera. Gli obiettivi, quindi, sono questi. Peccato che anche le tasche da cui si pesca siano sempre le stesse, e che non ci siano segnali apprezzabili di riforma del Paese, magari abolendo davvero privilegi e sinecure. Sarà per questo che i mercati hanno reagito in modo molto confuso? E la classe politica? Si passa dal solito ottimismo (divenuto quasi fastidioso) alle visoni apocalittiche, passando per quella che forse è la vera questione: la scarsa credibilità. Una credibilità che si gioca, appunto, anche sul piano della condivisione dei sacrifici. Se non si recupera la fiducia dei cittadini nella cosa pubblica e in chi riveste le più alte cariche, il rischio è l’antipolitica peggiore, quella che finisce col rifiutare i meccanismi stessi della democrazia. Non si tratta di rifiutare la politica, che è un atteggiamento molto pericoloso, si tratta di abolire i privilegi di casta: proprio come nella Rivoluzione francese, se vogliamo. È uno schiaffo leggere che “l'amara medicina è solo per il Paese, non per il Palazzo": lo scrive Famiglia Cristiana. Ci chiedono sacrifici e senso di responsabilità e per questo, approvano la manovra in un batter d’occhio. Io, però, sacrifici da parte di deputati e senatori non ne ho visti. Voi?

Daniele Tamburini

giovedì, luglio 14, 2011

La guerra di Segrate

La cosiddetta “guerra di Segrate”, lo scontro tra l’Ingegnere e il Cavaliere, tra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi per il controllo della Mondadori, sembrerebbe giunta, dopo 23 anni, ad una conclusione. Ammonta a ben 560 milioni di euro la somma che la sentenza di secondo grado definisce come congruo risarcimento dovuto dalla Fininvest alla Cir di De Benedetti. Somma che molto probabilmente, salvo clamorosi accadimenti, la Cassazione confermerà. Alcune persone bene informate sostengono che, con questi soldi, l’Ingegnere intende comprare La7, la televisione che il telegiornale di Chicco Mentana sta contribuendo a far crescere velocemente in qualità e numeri. La mia memoria torna a quegli anni. Io c’ero, infatti, e ricordo gli uomini, le facce, i discorsi, le animosità, le sensazioni, le emozioni. Nel 1988 ero alla pubblicità del quotidiano La Nuova Sardegna (socio di maggioranza il Gruppo Editoriale Espresso). Era il mio primo incarico di una certa importanza, dopo una breve ma straordinaria esperienza a Pavia. Fu un periodo intenso, complicato, travagliato; mi ritrovai nel bel mezzo di una lotta intestina tra chi non voleva assolutamente perdere poteri e privilegi e chi intendeva dare vita ad un nuovo corso, cercando di fare piazza pulita del “vecchio”. Accade spesso. L’inizio fu veramente difficile. Alfonso Puviani, il mio capo di allora, resosi conto della situazione mi disse: “Sai che ti dico? Adesso sono cavoli tuoi”. E se ne tornò a Milano. Tutto sommato,queste sue parole, furono per me di grande stimolo. Nel frattempo scoppia la guerra di Segrate: nel 1989 dipendo da Berlusconi, poi sono di nuovo con De Benedetti, fino al 1991, quando l’attuale premier divenne presidente della Mondadori. Lo ricordo bene: già allora, alcuni sostenevano che, al processo per dirimere il lodo tra i due contendenti, la sentenza fosse stata comprata (si parlava di dieci miliardi di lire). Cominciò la ribellione di giornalisti e maestranze. Intervenne Giulio Andreotti che, preoccupato dello strapotere mediatico (tv e giornali) tutto a favore di Bettino Craxi, riuscì ad imporre una mediazione, che di fatto era una spartizione: a Berlusconi libri e periodici, al gruppo Espresso “Repubblica” e i quotidiani locali. Fortuna volle che, in quel periodo burrascoso, ebbi modo di conoscere persone straordinarie per carisma e per capacità. Il principe Caracciolo, gran classe, del quale si diceva camminasse sospeso venti centimetri dal suolo. Lio Rubini, Mario Lenzi, Marco Benedetto, Carlo Cravero, Lorenzo Pellicioli. E poi Corrado Passera, Sergio Carlesi, Odoardo Rizzotti, Valter Santangelo. Ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa, gliene sono grato.
A Sassari ho ancora molti amici, vorrà dire qualcosa?

Daniele Tamburini
daniele.tamburini@fastpiu.it

venerdì, luglio 08, 2011

Forse manca una gamba

Il decreto manovra del Governo è stato, alla fine, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Finalmente una certezza, dopo i contrasti, le liti, i pronunciamenti, il toglimetti che hanno contraddistinto gli ultimi giorni(con il clamore destato dalla “norma sul Lodo Mondatori”). Tutti i commenti, anche quelli più favorevoli al Governo, si chiedono dove sia l’altra gamba di un tronco costituito dalla necessità estrema di ripresa che ha il nostro Paese: la prima, l’obiettivo del pareggio di bilancio, va senz’altro bene, ma le politiche per lo sviluppo? È arduo vederle, nella manovra. Abbondano i tagli agli enti locali, e molti amministratori, anche di centro-destra, si chiedono che ne sarà dei servizi sui territori, non solo dei livelli di assistenza sociale – in questo numero, si può leggere quanto sia preoccupato il Terzo settore – ma anche del trasporto pubblico,delle politiche di sostegno alle imprese e degli investimenti. “Ci usano come un bancomat”, dicono i Comuni, e Alemanno incalza: “Con i tagli i Comuni sono ridotti a nulla”. Ma non era, questo, il livello di governo più vicino al cittadino, casomai da valorizzare, anche per dare fiato al federalismo fiscale, che così sembra diventato davvero solo una formula vuota? Nella nostra intervista al deputato della Lega Silvana Comaroli appare chiaro che, per il partito di Bossi, la manovra è più accettata che condivisa. E le imprese? Non si aspettavano la semplificazione normativa e amministrativa, l’adeguamento delle infrastrutture territoriali e tecnologiche, una maggiore efficienza, una spinta all’innovazione? E i cittadini, cosa si aspettano? Che le cose si rimettano in moto, che i giovani possano studiare con soddisfazione, che gli stessi giovani, e non solo, possano trovare un lavoro dignitoso, che tornino a circolare denaro, produzione, investimenti. E che torni a circolare speranza. Forza e coraggio.

Daniele Tamburini

venerdì, luglio 01, 2011

STRADA SUD

-Se ne parla fin da...-. Se ci pensate, questa frase ricorre spesso quando, nel nostro Paese, si parla di grandi opere pubbliche: che sia la TAV, o il ponte sullo Stretto, oppure le centrali nucleari, o la Strada sud della nostra Cremona. È del tutto evidente che l’Italia soffra di una cronica carenza di politiche programmatorie. Non siamo certo fautori dei piani quinquennali di sovietica memoria, ma è un fatto che, attraverso la programmazione degli investimenti, delle linee di sviluppo dei territori, e anche, perché no, delle scelte in materia di formazione, istruzione, ricerca, un Paese possa creare e condividere un’idea di futuro. Altrimenti, accade che le grandi opere siano come le sirene che ammaliano con il loro richiamo e poi portano, metaforicamente, a scontrarsi con la realtà. Accade allora che alla TAV non sia contraria solamente la posizione: purché non nel mio giardino! ((si chiama posizione NIMBY, acronimo inglese per Not In My Back Yard: “Non nel mio cortile”, appunto) ma anche alcuni studiosi che la ritengono ormai obsoleta, in quanto i flussi e la tipologia di traffico ferroviario sono oramai cambiati. Sono i numeri che parlano... per non dire delle centrali nucleari, che il referendum ha comunque cancellato, ma la cui realizzazione avrebbe comportato tempi non solo lunghi, ma in completo scostamento dalle scelte fatte da altri Paesi e dallo sviluppo tecnologico. È cresciuta la coscienza ecologica dei cittadini, che vedono grandi pericoli ambientali nella realizzazione di opere di forte impatto. Lo leggiamo anche nella nostra inchiesta: si considera l’impatto troppo oneroso, rispetto agli ipotetici vantaggi. La Giunta di piazza del Comune si è sempre vantata di saper ascoltare la gente, lo faccia anche questa volta. Insomma, occorre stare in contesto, stare nel presente con lo sguardo volto al futuro. La politica italiana, a tutti i livelli, spesso si affanna sui veti reciproci, o sugli interventi spot, o sui cosiddetti tagli lineari, quelli indifferenziati, appunto senza programmazione alle spalle (aspettiamo comunque di vedere la manovra finanziaria di queste ore). Ma il bene comune richiede altro. Io la penso così.

Daniele Tamburini