sabato, gennaio 23, 2016

SENATUS POPULUSQUE ROMANUS

di Daniele Tamburini
Mentre l’Europa – ci verrebbe da dire, l’Europa che conta – mostra cipiglio feroce nei confronti di Matteo Renzi da Rignano, e tutti ci chiediamo se effettivamente il capo del governo intenda portare a fondo la crociata contro le pretese dell’austerity continentale, oppure se si tratti di una sorta di gioco delle parti (le amministrative si avvicinano), viene definitivamente approvata la riforma istituzionale del Senato. Il “Senato dei cento”, ridotto a pallido simulacro di un organismo politico-istituzionale degno di questo nome, sarà composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 senatori nominati dal capo dello Stato per sette anni. per fare che? Il Senato non avrà più il potere di dare o togliere la fiducia al governo; potrà esprimere proposte di modifica sulle leggi, ma l'ultima parola spetta alla Camera. L'approvazione delle leggi, quindi, sarà quasi sempre prerogativa della Camera: una sorta di monocameralismo de facto. Il governo avrà una corsia preferenziale per i suoi provvedimenti: il potere esecutivo si rafforza ulteriormente a scapito del legislativo. Insomma, chi governerà – anche se non eletto, come nel caso attuale – non dovrà preoccuparsi troppo del parere di chi dovrebbe, per definizione, fare le leggi, essendo eletto a tale scopo. E chi saranno i senatori? Non più eletti durante le elezioni politiche, risulteranno dal novero dei consiglieri regionali e dei sindaci. Signori, si vota sempre meno: ve ne siete accorti? Non si vota più per le Province, non si voterà più per il Senato. Ma c’è un altro dato: il potere centrale si rafforza ulteriormente, perché sarà lo Stato a delimitare la sua competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ecc.), con una fortissima inversione di tendenza rispetto ad un recente passato di valorizzazione delle autonomie locali. Altro che una visione romanocentrica: questa è una visione Palazzochigicentrica. Ma allora, perché mantenere i simulacri? Perché non abolirlo direttamente, il Senato? Questi signori che lo comporranno saranno lì a fare le belle statuine, e, comunque, ci costeranno almeno per i rimborsi spese. Se si crede nella bontà del modello “un uomo solo al comando”, forza, seguiamolo fino in fondo, chiudiamo gli occhi e la mente dinanzi ai drammi che modelli simili hanno provocato ed evitiamo i pasticci all’italiana, il “vorrei ma non posso”, le ipocrisie. Si pensa che all’Italia serva un “conducator”? Forza: chi si candida? Basta non votarlo, e arriverà in cima.

sabato, gennaio 16, 2016

Questa classe dirigente non è più credibile

di Daniele Tamburini
Il 2016 è un anno bisestile: cosa ci riserverà l’anno nuovo?
Arrancheremo ancora, stretti da una crisi ormai lunghissima, pesante, che ha offeso l’economia e le esistenze? Oppure, potremo cogliere segnali di un’aria nuova, tale da poterci far tirare un respiro profondo e dire: “Ok, sarà dura, ma la si volta!”? Sinceramente, non so. Certamente l’argomento non campeggia più nei notiziari e sulle pagine dei giornali: si fa l’abitudine anche alla crisi? Ci si adegua all’incertezza, alla paura, all’insicurezza? Ho un timore, che spero non diventi certezza: mi sembra che si siano deteriorati i rapporti umani. “Ognuno sta solo sul cuor della terra”, cantava il poeta. Chiusura, solitudine, indifferenza alle sorti altrui: questi comportamenti sono cresciuti. Ma ci sono anche tanti esempi di splendido altruismo e di cura dei rapporti di comunità. Tema centrale è, ancora e sempre, il lavoro. Un’altra cosa a cui sembra che abbiamo fatto l’abitudine è questo refrain per cui il lavoro è e sarà sempre di più instabile, intermittente, non garantito. Io credo che questa sia una posizione assolutamente ideologica e non, come sostengono i suoi fautori, un’inevitabile conseguenza della modernità, della globalizzazione eccetera. Sapete, vero, quanto lavoro ci sarebbe nel nostro Paese? Per quanti anni potrebbe lavorare personale impiegato, e cito a caso, nella sistemazione del patrimonio edilizio pubblico, nel ripristino dei suoli, dei corsi d’acqua, insomma del sistema idrogeologico, nella valorizzazione delle biblioteche e dei musei? E’ anche vero però che, per qualcuno, il problema non si pone neppure. Abbiamo letto degli stipendi dei funzionari della Camera, per non parlare di quelli dei manager pubblici che guadagnano molto più del presidente degli Stati Uniti. E’ come per i tagli ai bilanci: distrutte le Province, tramortiti i Comuni, colpite al cuore le autonomie locali, quelle più vicine al cittadino, i corpi centrali dello Stato e i ministeri restano praticamente indenni da riduzioni, tagli e sforbiciate. I sacrifici sono sempre per i soliti. Il fatto è che, per quanto mi riguarda, questa classe politica o per meglio dire questa classe dirigente (come si diceva una volta) non è più credibile.