sabato, luglio 25, 2015

De Re Publica

Non dirò dove, non dirò di quale sindaco si tratti, ma ha avuto risonanza nazionale un episodio. Un (semplice) cittadino chiede al (primo) cittadino: perché non annaffiate i giardini? E il (primo) cittadino: perché non li annaffia lei. Una “bella” risposta: c'è di cui riflettere. Un tentativo di convolgere i cittadini per il rispetto e la salvaguardia del bene pubblico? Una partecipazione attiva della popolazione all'interesse comune? Oppure una dichiarazione di impotenza dell'ente pubblico? Allora, irresistibilmente, ho pensato all'inceneritore di Cremona. Direte voi: ma è matto? Il caldo gli ha dato alla testa? No. Seguite il mio ragionamento. Quel primo cittadino ha, semplicemente e tragicamente, secondo me, abdicato (forse in modo inconsapevole) al suo dovere. C'è una precisa responsabilità politica e amministrativa, che non si può esercitare solo quando le cose vanno a gonfie vele: per cui, ad esempio, se in campagna elettorale si promette che, tanto per dire, si dismetterà l'inceneritore a Cremona, l'inceneritore va dismesso. Se poi ci si avveda (e dico se) che quella promessa forse era un po' avventata, e che chiuderlo significhere un grosso sacrificio per le casse della comunità, che cosa resta da fare? Una prima domanda, intanto,è: quanto vale la salute dei cittadini? Seconda domanda: se la salute in giuoco è dei cittadini, perchè non far decidere a loro? E qui faccio mia la proposta di Danilo Toninelli, deputato del Movimento Cinque Stelle, il quale invita il Sindaco a indire un referendum popolare consultivo sulla questione inceneritore. Facciamo decidere alla gente. Tornare, ogni tanto, a quelle pratiche, oramai desuete, di vera democrazia a me non dispiace. A voi?  

sabato, luglio 18, 2015

Non siamo capaci di ribellarci

Mi pare che fosse il professor Vittorino Andreoli a definire l’Italia un Paese malato. Pieno di masochisti ed esibizionisti allo stesso tempo, quindi incapace di mettere in moto le proprie forze migliori, stretto nella forbice tra autodenigrazione e bullismo parolaio; di individualisti costantemente recitanti, sostanzialmente incapaci di fare squadra, buoni solo a mettere in scena il proprio – io – tronfio. Ovviamente, come tutte le generalizzazioni questo giudizio era ingeneroso nei confronti di chi è serio, lavora sodo e non vive la vita come un perenne teatrino. Però, c’è del vero. A partire da un dato: mi pare che sia impossibile, ormai, una situazione in cui la lotta politica si sviluppi in maniera bellicosa, dura, serrata, ma non criminale. La parola è forte? Se credete di sì, pensate al “metodo Boffo”. Se si fa una ricerca sul web, apparirà questa definizione: “campagna di stampa basata su bugie allo scopo di screditare qualcuno”. Dino Boffo, allora direttore di “Avvenire”, periodico molto duro nei confronti dello stile di vita di Berlusconi, fu oggetto, da parte de “Il Giornale”, di accuse infamanti. Si sa che la calunnia, quando pure sia comprovata tale, lascia comunque una sporca, anche se inconsistente, ombra di dubbio. Accuse del genere, pur se comprovatamente false, ti rovinano la vita. È quanto sta avvenendo a Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia. Il settimanale “l’Espresso” esce con questa notizia: in una intercettazione, il medico personale di Crocetta avrebbe detto all’uomo politico: “La Borsellino va fatta fuori come il padre”, e il presidente non avrebbe reagito. Crocetta nega disperatamente di aver mai ascoltato quelle parole e si autosospende. Nel giro di poche ore, la magistratura interviene e dice: non c’è traccia, agli atti, di alcuna intercettazione in cui si dicano quelle cose. E allora? Una congiura politica? Una resa dei conti? Una guerra per bande dentro il Pd? Sto, semplicemente, riportando tutte le ipotesi che vengono fatte. Una cosa è certa: in Italia ci sono tante persone oneste e perbene, ma c’è anche un gran verminaio. Aveva ragione Andreoli: questo è un Paese malato. Malato grave. Ma ancora più grave è il fatto che non siamo capaci di ribellarci, quasi che la nostra psiche fosse programmata ad accettare tutto, intenti solo a salvaguardare quel piccolo orticello che, se pur precario, temiamo di perdere. 

sabato, luglio 11, 2015

... Come il due di coppe quando briscola è bastoni

Qualcuno si ricorda di Sigonella? Un aereo atterrato con a bordo alcuni rappresentanti dell’Olp e i dirottatori della “Achille Lauro”, gli americani che, armi in pugno, ne pretendevano la consegna, l’Italia, presidente del consiglio Bettino Craxi, che a sua volta metteva sotto assedio i militari americani, sulla base delle leggi riguardanti le competenze territoriali e un semplice principio: non potete fare i gradassi a casa nostra. E non vuol essere, il mio, un peana a Craxi, inventore e autore di molti dei meccanismi perversi che hanno reso il nostro Paese quel che è. Però è indubbio che l’Italia ha avuto, per molti anni, un forte ruolo internazionale, di cui oggi non è rimasta traccia. Vogliamo parlare di Andreotti? Per decenni, quantomeno nello scacchiere mediterraneo, non si è mossa foglia che il divo Giulio non conoscesse e a cui non consentisse. Un patrimonio disperso, quello della grande scuola diplomatica italiana? Una perdita di incisività, di credibilità? Pare proprio di sì. Renzi ha piazzato Federica Mogherini, con grande fanfara, come Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ma poi? Nella crisi greca abbiamo avuto un ruolo simile a quello del Botswana e dell’Ecuador. Ma loro non c’entrano, direte. Appunto. Renzi diventò presidente del consiglio con grandi proclami sulla necessità di correggere l’austerità della troika. Come è noto, non ha avuto un grande ascolto. I media mainstreaming danno risalto a quando lui si reca alle riunioni europee, ma non hanno niente da narrare, oltre che il viaggio. Però è stato bravo a fare battute anche su Tsipras: “non faccia il furbo”. Da un capo di governo ad un altro capo di governo (eletto): roba da allibire. Ma è cominciata con Berlusconi: le corna, l’abbronzatura di mister Obama, la caciara al cospetto di Elisabetta II, la Merkel, come dire con una perifrasi, non meritevole di attenzione sessuale, e via così, tra nani e ballerine. Le parentesi Monti e Letta,senz’altro credibili, da questo punto di vista, sono state troppo brevi (per fortuna). Certo, conta anche il potere reale di un Paese, la sua solidità politica, la sua capacità economica e la sua coesione sociale. Ma la serietà è fondamentale. E noi assistiamo sconsolati a rapporti binari, Merkel-Hollande, Obama- Merkel, come prima Merkel-Sarkosy, e l’unico italiano che sembra ascoltato è un banchiere, Mario Draghi. Meditiamo. 

sabato, luglio 04, 2015

Se la Grecia viene abbandonata a se stessa

Sarò molto debitore, in queste righe, di un bellissimo articolo scritto pochi giorni fa da Massimo Cacciari. Devo dire, intanto, che non sopporto i giuochi linguistici sciocchi, i calembour come il termine “Grexit”: signori, siamo seri, mi viene da dire.  E mi interessa, certo, essendo cittadino europeo, ciò che accadrebbe all’Europa nel caso in cui la Grecia venisse abbandonata a se stessa, fuori dalla UE e dall’area euro; ma mi interessa, ora e principalmente, cosa accadrebbe ALLA GRECIA. Al di là di una valutazione puramente umana, debitrice di quel senso di umanità che il nostro beneamato Occidente ha costruito nel corso di millenni di storia e che ora naufraga in continuazione nelle profondità del mare Mediterraneo, sulle frontiere spagnole, sugli scogli di Ventimiglia, che cosa è la Grecia, per noi europei? Moltissimo. Riassumo cosa scrive Cacciari, nell’articolo che ho citato: per la cultura europea, la memoria della nostra comune nascita in Grecia è tutta attiva e immaginativa: non si dà formazione, non può essere pensata una costruzione-e una educazione della persona umana nella integrità e nella complessità delle sue dimensioni senza questa “figliolanza”. La Grecia fuori dall’Europa sarebbe una ferita immedicabile.  Si può dire che queste siano romanticherie? Non è così. Scrive ancora Cacciari: “L’Europa può ora pensare di dimenticare la Grecia, perché rinuncia a svolgere una grande politica, la quale può fondarsi soltanto sulla coscienza di costituire un’unità di distinti, aventi comune provenienza e comune destino. Se questa coscienza vi fosse stata, avremmo avuto una politica mediterranea, piani strategici di sostegno economico per i Paesi dell’altra sponda, un ruolo attivo in tutte le crisi mediorientali”. E, per favore, non diciamo cose come “hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità”: ma chi lo ha fatto? I potentati politici ed economici. Non certo la gente comune, che viene bastonata, come dappertutto. Il debito greco è certamente insostenibile: ma, se l’Europa vorrà continuare ad essere degna del suo nome, dovrà aiutare la Grecia a venirne  fuori, non a gettarla in una tomba. Sarebbe la tomba di tutti noi. Anche della ricca Germania. Forza Grecia.