lunedì, ottobre 27, 2008

Sarti, Burnich, Facchetti...

Ascoltavo alcuni tifosi di ritorno dallo stadio Voltini di Crema che commentavano il cosiddetto derby tra Pergo e Cremonese. Ho immaginato che avessero assistito a una partita brutta, monotona, povera di emozioni. Non sono sorpreso, salvo alcune eccezioni, le partite di calcio sono, a mio parere, noiosissime. Quante volte abbiamo visto incontri dove, nell’arco di un’ora e mezza, al massimo sono tre o quattro le azioni degne di nota. Ma accade che per il tifo e per l’attaccamento alla squadra, spesso, vediamo un’altra partita. Se fossimo scevri dalla passione e dalla conseguente tensione prenderemmo atto invece, di uno spettacolo molto spesso monotono e noioso; uno spettacolo che non regge il confronto, ad esempio, con il basket o il volley, dove le azioni si susseguono una dopo l’altra, velocissime e senza soluzione di continuità. Ho giocato a calcio e sono stato appassionato e tifoso, ancora mi piace guardare gli incontri tra squadre blasonate oltre alle partite della Nazionale, ma sono rare le occasioni in cui si possono ammirare giocate spettacolari. Molti tifosi dissentiranno ed è giusto, siamo nella sfera del soggettivo, ma c’era un tale che sosteneva che la partita di calcio perfetta è quella che finisce zero a zero, il ché è tutto dire. Pensandoci bene, forse, è il calcio visto allo stadio o peggio ancora in televisione che, rappresentando se stesso, mi annoia. Da ragazzo ascoltavo le partite alla radio. Le radiocronache del commentatore lasciavano spazio alla mia immaginazione e all’emozione: un’azione o un goal, arricchiti dalla mia fantasia, diventavano gesta eroiche. Ricordo, avevo nove anni: “Amici sportivi in ascolto, qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta... Internazionale: Sarti, Burnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso”. E i brividi correvano lungo la schiena.

Daniele Tamburini.
venerdì 24 ottobre 2008

lunedì, ottobre 20, 2008

Si salvi chi può

Salviamo le banche, ma salviamo anche i cittadini che hanno sottoscritto un mutuo. Tutti d’accordo: è necessario salvare le banche per impedire il crollo del sistema. Al punto in cui siamo è inevitabile, anche se forse è un rimediare all’effetto, ma non alla causa. Dopo anni di mancanza di regole e decenni di scarsi controlli, la crisi del credito è scoppiata, implacabile. Tutto è iniziato negli Stati Uniti e l’origine è chiara: gli istituti americani hanno concesso credito, principalmente per l’acquisto di una casa, a tutti, anche a chi non poteva permetterselo. Il denaro costava poco, il rischio era considerato basso e poi c’era l’immobile sui cui eventualmente rivalersi. Ma è successo che l’aumento del costo del denaro e la crisi economica - che ha espulso le classi economicamente e professionalmente più deboli - hanno fatto scoppiare la bomba: chi si è trovato senza lavoro e con un mutuo salito alle stelle non è più riuscito a pagare le rate del prestito. Le banche si sono, allora, rivalse confiscando le case e mettendole all’asta; ma l’eccesso di offerta ha fatto crollare il mercato immobiliare impedendo agli istituiti di credito di rientrare dei soldi erogati. Ci sono stati istituti di credito che si erano esposti anche per trenta volte il valore del loro capitale. Inoltre, questi mutui divenuti ad alto rischio erano stati impacchettati in titoli cosiddetti strutturati e venduti ad altri istituti di tutto il mondo, i quali candidamente li hanno propinati ai propri clienti. Il virus ha infettato il mercato e la crisi è diventata planetaria. E’ cominciata a mancare la liquidità nel sistema bancario, conseguentemente il costo del denaro è salito ancora e le insolvenze sono iniziate anche da noi. Rate dei mutui sempre più alte, famiglie in difficoltà, paura e sfiducia (ma anche
speculazione) sui mercati, crollo delle Borse. Mio nonno diceva che periodicamente le Borse presentano una crisi profonda, endemica: “La tosatura delle pecore” la chiamava, le pecore erano i piccoli risparmiatori, e aggiungeva, che visto l’interesse offerto dalle banche: “Sotto il materasso, i soldi sono al sicuro”. Oggi in Gran Bretagna c’è il boom delle vendite di casseforti. Per ridare fiducia bisognerebbe avere il coraggio di andare alla radice del problema e affrontare il problema dei mutui. Aiutare le persone a far fronte alle rate, abbassare i tassi d’interesse, prevedere agevolazioni immobiliari per le famiglie, rinegoziazioni dei mutui che effettivamente producano una rata più sostenibile. Questo consentirebbe forse di eliminare una prima causa della crisi, darebbe un po’ di ossigeno ai budget familiari e infonderebbe speranza e maggiore fiducia nella gente. In caso contrario sempre mio nonno che, come molti, non amava le banche avrebbe detto: ” Muoia Sansone con tutti i Filistei”.
a.b.

lunedì, ottobre 13, 2008

Pro Domo Nostra

In questi giorni una buona parte della stampa italiana è in subbuglio per effetto del decreto del Governo che prevede una riduzione del contributo pubblico destinato ai giornali editi dalle cooperative di giornalisti e ai giornali politici. Preciso subito che Il Piccolo Giornale è un settimanale a diffusione gratuita che non gode, non avendone titolo, di alcun contributo statale o di altra sovvenzione di qualsiasi natura, eccezion fatta della riduzione sulla tariffa postale per la spedizione delle copie agli abbonati. Riduzione che si traduce in un risparmio annuo di poche centinaia di euro. Pertanto la questione non ci riguarda direttamente.
Il Piccolo vive soltanto di pubblicità. Sono i nostri inserzionisti, ai quali va la nostra infinita gratitudine, che permettono la pubblicazione settimanale e consentono a migliaia e migliaia di persone la lettura gratuita del giornale. A seguito dei tagli decisi dal Ministro dell’economia diverse aziende editoriali hanno già annunciato la richiesta dello stato di crisi, dichiarando che la riduzione, ma soprattutto l’incertezza dell’eventuale contributo e del suo ammontare, comporterà la loro chiusura. Da qualche tempo, da più parti, si chiedeva al Parlamento una riforma dell'editoria che prevedesse un riordino dei criteri di erogazione dei contributi per evitare discriminazioni e abusi se non vere e proprie truffe. Fino a ieri erano tanti quei giornali che attingevano ai fondi pubblici sulla base di tirature gonfiate o aggirando la legge; pertanto siamo favorevoli a una razionalizzazione del sistema dei contributi evitando però di mortificare o peggio ancora “soggiogare” la libertà e il pluralismo dell’informazione. Il pluralismo dell’informazione è condizione indispensabile per una vera democrazia; una democrazia non è tale se viene meno la possibilità di scelta. Il poter scegliere ha come presupposto la conoscenza delle alternative e quindi delle diverse opinioni. Questo è anche uno dei compiti dell’informazione: dare voce alle diverse opinioni. La diversità delle idee e il poterle diffondere sono la base di una convivenza democratica e lo Stato dovrebbe esserne garante.

Daniele Tamburini
Venerdi 10 Ottobre 2008

giovedì, ottobre 02, 2008

Beluzzi, l’agone e il malvezzo

Beluzzi ha rinunciato: “… ritengo sia venuto il momento di togliere il disturbo”.
E’ certo che di disturbo ne ha arrecato tanto e a tanti viste le reazioni, spesso scomposte, scatenatesi dopo la presentazione della sua candidatura a sindaco della Città.
Certezze non ne ho, ne potrò averne ma la sensazione è che Cremona abbia perso un’occasione. Leggendo la lettera con la quale annuncia il suo ritiro e che contiene una prima stesura di quello che sarebbe stato il suo programma politico, aumenta in me la persuasione che dietro la scelta della sua candidatura ci fosse veramente un progetto di rinnovamento della politica e una concreta prospettiva di rilancio per Cremona affidata a persona competente. Non soltanto un’abile mossa politica per erodere consensi al centrodestra. Forse si, forse no; manca la riprova.
Più “certezze” di me devono averne avute gli avversari politici che ambiscono a sconfiggere il centrosinistra e a conquistare il governo della Città, se è vero che (confidenze di amici) tra i militanti della coalizione di centrodestra si ipotizzava di andare a votare in massa alle primarie l’attuale sindaco, spacciandosi per sostenitori del PD, ritenendo il candidato Beluzzi più pericoloso. L’unico freno, per alcuni, poteva essere il dover donare un euro agli odiati avversari.
Ammesso e non concesso che Cremona abbia perso un’occasione, di sicuro l’ha persa il PD. Un’accoppiata Beluzzi-Corada: rinnovamento e innovazione associati a carisma ed esperienza amministrativa forse avrebbe sbaragliato il campo. Rilevante il fatto che i contestatori di Beluzzi, tutti, abbiano fatto la seguente premessa: ” Io Beluzzi non lo conosco, però…” E giù botte da orbi.
Pietro Aretino poeta, scrittore e drammaturgo nato nel 1492, anno della scoperta dell’America, aveva fama di spregiudicato e arrogante dissacratore ma: “ … l'Aretin, poeta tosco; di tutti parlò mal, fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco.”

a.b.
venerdì 3 ottobre 2008