sabato, maggio 31, 2014

La nuova geografia politica dell’Europa Intervista al professor Alberto Martinelli, professore emerito di scienze sociali e politiche presso l’Università degli Studi di Milano

«Occorre una maggiore integrazione politica con il metodo delle cooperazioni rafforzate, per attuare le cose più urgenti, come l’unione bancaria»

di Daniele Tamburini
Le ultime elezioni europee hanno mutato in modo significativo gli assetti politici all'interno dell'europarlamento, ma anche negli Stati in cui si è votato. In Italia, la forte affermazione del Pd di Matteo Renzi giocherà senz'altro un ruolo importante sul futuro del governo del Paese. Il Movimento 5 Stelle ottiene un risultato importante, ma in calo rispetto alle precedenti politiche. Preoccupano gli europeisti le affermazioni di forze nazionaliste e xenofobe in Francia, in Gran Bretagna, mentre la Grecia vede crescere i consensi al partito neonazista di Alba Dorata. Nella stessa Grecia diventa pero' primo partito Syriza di Alexis Tsipras, che antieuropeista non ha come obiettivo un'Europa meno rigida e più equa. Abbiamo rivolto alcune domande a Alberto Martinelli, professore emerito di Scienze Sociali e Politiche presso l'università degli Studi di Milano. 
Professor Martinelli, è trascorsa una sola settimana dalle elezioni europee, ma qualche riflessione può senz’altro essere svolta. Voto in Italia, voto in Europa: quali sono, secondo lei, le principali caratteristiche? 
«In Europa, come previsto, sono aumentati i consensi ai partiti eurofobici ed euroscettici, per quanto non nella proporzione che si era prevista, eccezion fatta per il successo del partito della Le Pen in Francia e di Farage nel Regio Unito. In altri Paesi, come Belgio, Finlandia, ecc, sono andati peggio di quanto si aspettassero. Il successo dei partiti nazional-populisti, come li definisco anche nel mio libro, ci mette comunque di fronte a fenomeni ben diversi tra loro, anche se con alcuni tratti comuni. Esiste sicuramente una ripresa dell’ideologia nazionalista che dà vita a partiti e movimenti che hanno anche un notevole successo elettorale. Ci sono quelli, come il Front National francese, con una connotazione chiaramente contraria alla mondializzazione e che affermano la superiorità della nazione. Altri, come Austria e Olanda, sono invece per una economia di tipo liberista. I due pensieri che li uniscono, sono invece l'antieuropeismo e l'atteggiamento contrario nei confronti dell'immigrazione. Per quanto riguarda il ruolo che gli euroscettici potranno ricoprire in Parlamento europeo, credo che per molti sarà più che altro un palcoscenico da cui influenzare la politica interna al proprio Paese. C'è poi da vedere se riusciranno a costituire dei gruppi parlamentari (per farlo sono necessari almeno 25 parlamentari e 7 diversi Paesi in rappresentanza). Ad esempio sia Front National che Ukip ancora non ci sono riusciti. Una terza conseguenza del voto europeo sarà una grande coalizione tra popolari, socialisti, liberali e verdi. Ritengo che per rispondere alla crescita del nazionalpopulismo bisogna accelerare il processo di formazione del Parlamento europeo, abbandonando l'atteggiamento attuale, che va nella direzione di perdere tempo e di inseguire i populisti sui loro temi». 
Queste elezioni mettono in risalto alcuni cambiamenti profondi della geografia politica europea. Iniziamo dal successo di Marine Le Pen in Francia e da quello di Nigel Farage, leader del partito Ukip, in Gran Bretagna... 
«Sono due fatti molto diversi. Nel Regno Unito la maggioranza dei cittadini non è europeista e soprattutto non è interessata ad una vera unione politica; essi desiderano una Ue che sia soprattutto un'area di libero scambio, e soprattutto vogliono recuperare la propria sovranità nazionale Farage, vedendo la titubanza sia di laburisti che di conservatori, ha trovato quindi terreno fertile In Francia la situazione è più complicata: di fatto è il vero malato dell'Europa, in quanto dopo essere stato tra i propulsori dell'Unione ora si trovano con un Governo che non ha saputo dare risposte soddisfacenti alla crisi. Holland dovrebbe essere più incisivo a livello europeo, nel chiedere politiche per la crescita ». 
E la presenza di forze come Alba Dorata, gli antisemiti ungheresi, i neonazisti tedeschi? 
«Sono un fenomeno fortunatamente circoscritto, seppur piuttosto inquietante. Questo è un segno preoccupante, che dimostra come questa corrente di pensiero, a settant'anni dalla fine del nazismo, non sia ancora del tutto scomparsa. Fortunatamente nei loro confronti c'è una sorta di "cordone sanitario", in quanto vengono tendenzialmente isolati, anche dalla stessa Le Pen». 
Parliamo, invece, del “fenomeno” Tsipras, che ha vinto in Grecia, ma che ha riunito sotto il suo nome anche alcune forze di sinistra italiane, in grado di superare lo sbarramento del 4%. 
«Credo che la lista Tsipras in Europa sia in parte diversa dal partito corrispondente in Grecia, partito che io definisco nazional-populista di sinistra. Il partito che ha partecipato alle europee non parlava di antieuropeismo, ma di voler una europa diversa. Un movimento che potrebbe trovare un accordo con il movimento spagnolo di Podemos, puntando su una Europa delle riforme». 
Secondo alcune fonti, nel 2009 la percentuale dei partiti pro Europa rappresentati al Parlamento europeo valeva il 64% contro il 35% degli euroscettici. Nel 2014, i pro Europa sono saliti al 73% e gli eurofobi sono scesi al 26% (fonte: @ArminWolf). Sembrerebbe, quindi, che l'affermarsi di forze politiche come Fronte nazionale e Ukip abbiano una valenza più interna al Paese che sull'Eurozona. E' d'accordo con questa analisi? E, visto il quadro, anche le euro larghe intese saranno inevitabili? 
«La differenza dal 2009 non è tanto nei numeri, quanto nella distribuzione geografica dei partiti antieuropei: essi si sono sviluppati infatti in Francia e nel Regno Unito, come dicevamo prima. Quest'ultimo ha pagato l'antieuropeismo con una progressiva marginalizzazione, mentre la Francia continua ad avere un peso preponderante nell'Unione. In questo scenario l'Italia può rivestire un ruolo fondamentale. Infatti il semestre europeo italiano, se da un lato può essere ridimensionato dal fatto che la Commissione no è ancora stata formata, dall'altro lato potrà avere un ruolo chiave proprio nella formazione della commissione stessa. Il leader italiano, in questa fase, potrebbe avere un peso fondamentale». 
Il risultato del Partito democratico, con il 41% dei suffragi, ha sicuramente tratti inediti e inaspettati, almeno in questa misura. A suo parere, quanto è influenzato da valutazioni “italiane” e quanto, invece, è da proiettarsi su uno scenario europeo? 
«Credo che il successo del voto del Pd alle europee dipenda dal fatto che chi è fondamentalmente euro tiepido non ha neppure votato, e che quindi il voto si sia spostato dalla parte di chi è favorevole all'Europa, come appunto il Pd». 
Una domanda sul Movimento 5 Stelle: a suo parere, c'è stato uno sboom o l'impatto della formazione politica era sovrastimato (forse, dicono alcuni maligni, ad arte)? 
«Sicuramente i sondaggisti stavolta non hanno fatto una bella figura. Da un lato credo che il Movimento sia stato sovrasrtimato, forse anche a causa del tam tam mediatico che ha preceduto le elezioni, e che ha indotto a pensare in un successo che poi non c'è stato. Per quanto mi riguarda, avevo fatto delle previsioni più realistiche, spiegandole con il atto che il voto amministrativo avrebbe abbassato il consenso nei confronti del M5S». 
L'ultima domanda: come dovrebbe cambiare la politica dell'Unione europea? 
«E' necessario che un gruppo di paesi (quelli già appartenenti alla Eurozona) procedano da subito verso una maggiore integrazione politica con il metodo delle cooperazioni rafforzate, per mettere in atto le cose più urgenti, come l'unione bancaria e un incremento dei poteri alla banca centrale. I diciotto paesi membri dell’Eurozona non solo possono ma devono procedere nella forma delle cooperazioni rafforzate perché vivono la contraddizione tra un’unica moneta e 18 debiti sovrani sui quali speculano liberamente i mercati finanziari e 18 sistemi fiscali e di spesa pubblica in aspra competizione gli uni con gli altri».

Stomaci di ferro e dolori di pancia

Avevamo scritto, nel precedente numero, dell'incertezza con cui Cremona si apprestava al voto amministrativo: si notava, però, una certa difficoltà di Perri e una buona marcia di Galimberti. E infatti il risultato delle urne ha confermato quello che i più avevano immaginato: un primo turno a favore di Gianluca, che distanzia Oreste di ben 12 punti in percentuale. Adesso, l'8 giugno, andiamo al ballottaggio: la prova finale, senza possibilità di appello. E mentre Galimberti continua a percorrere, coerentemente, la propria strada, e cioè nessun apparentamento con altre forze, ma seguitare a privilegiare il confronto su idee e programmi, Perri, calcolatrice alla mano, cerca, legittimamente, di imbarcare sulla propria “canoa” più gente possibile. Ed ecco che, infatti, miracolosamente si aggrega la Lega (dopo l'intervento del segretario Matteo Salvini) con gli annessi dolori di pancia e si apparenta in extremis anche Agostino Melega e la sua lista Cremona Libera con Zagni. Ripensando ai toni, anche molto duri, espressi nei confronti dell'ex sindaco, con cui sia la Lega sia lo stesso Melega hanno iniziato la campagna elettorale, invidio Perri e il suo stomaco, che deve essere di ferro, e invidio la sua pazienza olimpica. Ma si sa, la posta in gioco è alta, e val bene qualche rospo da ingoiare. I programmi di entrambi li conosciamo: adesso si tratta di scegliere, comunque tra due galantuomini, tra un'idea di rinnovamento che guarda al futuro con concretezza e una continuità di intenti per certi versi rassicurante. Chi vincerà? Un fattore importante, anch'esso in grado di condizionare il risultato finale del ballottaggio, sarà il calo dell'affluenza, che non do per scontato. Nel 2009 se ne avvantaggiò Perri, questa volta credo che ne trarrebbe vantaggio Gianluca Galimberti. In questa campagna elettorale ho visto la partecipazione di tanti giovani, appassionati alla sfida, e questo è senz'altro positivo.
Daniele Tamburini

sabato, maggio 24, 2014

«Abbiamo posto le basi per lo sviluppo della città. Ora la faremo funzionare»

Iniziata tardi rispetto al suo avversario, la campagna elettorale di Oreste Perri è stata, nell'ultimo mese, decisamente intensa, con molti incontri con i cittadini: dai quartieri alle associazioni di categoria, dalle scuole al terzo settore, fino alle piazze e al mercato. Per la conclusione della campagna elettorale, Perri ha dato appuntamento, prima, per un aperitivo presso il comitato elettorale, quindi la festa di chiusura proseguirà alle ore 21 in piazza Roma 
A due giorni dalla scadenza elettorale, le chiedo un breve bilancio della campagna elettorale. Una campagna iniziata in ritardo, rispetto a Galimberti… 
«Nessun ritardo. Sto ancora facendo il sindaco ed è mio dovere continuare a farlo sino all'ultimo giorno. I miei competitor hanno avuto la necessità di farsi conoscere. La mia campagna elettorale è stata all'insegna della sobrietà e dell'incontro con la gente, nei quartieri, nelle vie e nei luoghi di aggregazione. Ma non si è discostata molto da quanto ho quotidianamente fatto in questi cinque anni. Perché alla fine a contare sono i fatti, e durante la mia amministrazione di fatti ce ne sono stati moltissimi». 
Il nostro direttore, Tamburini, nell'editoriale del numero scorso sosteneva che, a suo avviso, lei ha ricevuto poco supporto dai partiti che compongono la sua coalizione. Cosa mi dice a proposito? 
«Pur condividendo le decisioni con i partiti e le liste civiche che mi sostengono, ho mantenuto la mia autonomia personale prestando attenzione alle esigenze della città e ai bisogni dei singoli cittadini». 
Cinque anni fa lei rappresentava la novità, per quanto fosse una persona già molto conosciuta. Stavolta è Galimberti a ricoprire questo ruolo: ritiene, per questo, di essere svantaggiato? 
«Non mi sento affatto svantaggiato, anzi. I risultati del lavoro compiuto dalla mia amministrazione sono sotto gli occhi dei cremonesi. Abbiamo ottenuto grandi risultati nonostante molte difficoltà, non da ultima quella economica: il Comune di Cremona ha subito un taglio di trasferimenti statali del 46,3%. Nonostante questo abbiamo investito 84 milioni di euro in opere pubbliche, di cui 51 milioni ottenuti da finanziamenti europei e statali, e contributi di privati. Non solo, abbiamo ridotto la spesa pubblica, tagliando collaborazioni esterne (-65%), costi di rappresentanza (-87,9%) e indennità (-23,4%). Abbiamo messo in pratica un nuovo e concreto metodo di amministrare, coinvolgendo i privati nel nostro progetto di città. Il mio lavoro di questi anni è la dimostrazione di chi sono. Forse non sono una persona nuova nella politica, ma resto una persona che fa politica al servizio dei cittadini, senza avere appartenenza partitiche di nessun tipo. Ho stima di Galimberti, ma faccio fatica a vedere in lui “il nuovo”: dietro ci sono le stesse persone che hanno governato la città per cinquant'anni, lasciandola in pessime condizioni. Il buco di piazza Marconi, che oggi stentiamo a ricordare guardando la bellezza del Museo del Violino, resterà per sempre l'emblema di quel tipo di politica. Alcuni suoi alleati sono poi lontani dalla sua storia e dal suo credo di persona cattolica. Mi vengono in mente le parole pronunciate da Vendola a Cremona contro il mondo cattolico e da cui lui non si è nessun modo distaccato ». 
In passato lei si è più volte lamentato delle eccessive ingerenze da parte dei partiti e innegabilmente ha subito le “pressioni” dei così detti poteri forti: oggi come sono i rapporti con le componenti della coalizione? Pensa di riuscire, se vincerà, a governare la città mantenendo l'autonomia necessaria? 
«Una cosa che mi ha contraddistinto dai miei predecessori è che ho applicato il metodo della competenza. Non ho guardato all'appartenenza politica, non mi sono fatto influenzare, sono stato trasversale, ho sempre ascoltato tutti. Ma alla fine, l'ultima decisione è sempre stata la mia, senza condizionamenti, ma con l'obiettivo dell'interesse della nostra città ». 
I sondaggi riportano Galimberti in vantaggio su di lei: le risulta? E' preoccupato? 
«I sondaggi sono come le previsioni del tempo, a volte sbagliano. Ricordo gli errori macroscopici in cui sono incorsi nelle ultime votazioni. Non sono preoccupato, il lavoro di cinque anni è il nostro miglior biglietto da visita, quello che ci rende affidabili. Mi presento alle elezioni con serenità, data dalla consapevolezza di avere fatto il massimo possibile i risultati sono sotto gli occhi di tutti». 
Parliamo di programma: lei ha detto di volersi ricandidare perché lasciare adesso sarebbe come interrompere una gara a metà. Quali sono le sue priorità? Ci sono degli errori da correggere? 
«Con il primo mandato abbiamo dovuto porre rimedio a situazioni critiche lasciate irrisolte per anni dalle precedenti amministrazioni, ci siamo concentrati a porre le basi dello sviluppo della città che vogliamo, ora è giunto il momento di presentarla e farla funzionare. Solida nelle sue radici e proiettata nel mondo con le sue eccellenze. Alcune cose sono da migliorare ancora: ci candidiamo anche per questo. Su ogni scelta ci abbiamo sempre messo la faccia e abbiamo cercato la massima condivisione con tutti i cittadini». 
Lei ha più volte dichiarato che, in caso di ballottaggio, non apprezza il mercato dei voti: come pensa di comportarsi, se si verificherà tale condizione? 
«Se andremo al ballottaggio ci confronteremo sui programmi e sulle idee che sono l'unico presupposto per coalizzare davvero una maggioranza. La mia storia di sindaco lo insegna». 
La Lega ha deciso di correre da sola, ma in molti ipotizzano un successivo apparentamento, in fase di ballottaggio: riuscirete a seppellire l'ascia di guerra e tornare a lavorare insieme, dopo tutto quello che è successo in questi anni? 
«Come ho appena detto le coalizioni si devono formare sulla condivisione di programmi. E con quello della Lega abbiamo punti in comune. Staremo a vedere, mi auguro che l'interesse verso la città e il buon senso prevalgano».

«Subito un patto per il lavoro: in città è una grande emergenza»

Gianluca Galimberti chiude la propria campagna elettorale, con la festa in programma in piazza Stradivari venerdì, dalle 17 alle 22. Una campagna elettorale che è partita con largo anticipo e che ha puntato molto sul lavoro dei volontari. Tantissimi gli appuntamenti e gli incontri del candidato sindaco con tutta la Città.Galimberti, ci fa un primo e breve bilancio di questa campagna elettorale, per lei immagino intensa... 

«Questi mesi di campagna elettorale mi hanno cambiato in meglio perché ho incontrato il meglio delle persone. E' stata una campagna nuova, trasparente, sobria, condotta con entusiasmo e competenza. Non abbiamo mai alzato i toni, non abbiamo fatto polemiche. Non per buonismo, ma per raccontare un nuovo stile che sarà anche il metodo di governo della città: saper prendere decisioni, ascoltando i cittadini e costruendo progetti concreti. I numeri? Dopo le primarie, gli incontri sono stati 191, oltre 3.100 le persone incontrate. Il sito ha fatto 104.869 visualizzazioni di pagina. Come coalizione abbiamo speso circa 16.000 euro per l'intera campagna elettorale, mentre la mia lista Fare nuova la città fin dall'inizio ha pubblicato spese ed entrate sul sito». 
Cinque anni fa Perri era “il nuovo che avanza”, ovviamente per quanto riguarda il progetto di amministrazione. Stavolta questo appellativo spetta a lei: una responsabilità non da poco… 
«La novità è una delle parole chiave che noi, in questa campagna elettorale, abbiamo trasformato in azione. Una novità di metodo, innanzitutto. Quello dell'ascolto-azione, ovvero coinvolgere i cittadini per poi elaborare progetti concreti, mettendo insieme idee competenti e seria partecipazione. Trasparenza, entusiasmo e sobrietà sono stati gli altri elementi di novità che noi porteremo al governo di questa città». 
Da più parti si avanzano dubbi sulla tenuta di una coalizione, quella di centrosinistra, che vede insieme anime molto diverse, dalle più moderate e cattoliche a quelle più a sinistra: come riesce a tenere insieme un gruppo con tante diversità? 
«Da più parti e in più occasioni, abbiamo sempre ribadito che siamo una coalizione unita, perché costruita sui contenuti e non sui tatticismi politici. Con le altre forze della coalizione ci sono davvero tantissimi punti in comune, dalla coesione sociale alla trasparenza, dal welfare di comunità alla legalità. Le forze della coalizione e le persone che le compongono arrivano da storie diverse, certo. Ma questa diversità è anche ricchezza e c'è l'intelligenza e la volontà di lavorare insieme per il bene della città. Questo è ciò che ci unisce». 
La possibilità di istituire un registro delle unioni civili viene fortemente caldeggiato da taluni e guardato con diffidenza da altri. Cosa pensa di fare? 
«Ho perso il conto di quante volte, dall'inizio della campagna elettorale, ho già risposto a questa domanda. Il registro delle unioni civili non mi sembra uno strumento concreto, ma ne capisco anche il significato simbolico. Si vorrebbe che su questi temi solo l’opinione di un sindaco contasse? Non sarà così. Questo è il tempo del confronto, il mio impegno, anche in luoghi istituzionali come il Consiglio comunale, sarà quello di garantirlo. Contrapposizioni ideologiche senza capacità di confronto hanno spesso impedito di costruire soluzioni: forse anche per questo la centralità della famiglia è spesso solo nelle dichiarazioni strumentali di alcuni e l’affermazione di diritti sociali importanti non è ancora raggiunta. Concretezza nel combattere le discriminazioni e nell’adottare vere politiche rivolte alle famiglie e volontà di confronto civile, senza slogan, nelle istituzioni prima che nelle piazze, sono una risposta chiara, frutto di un percorso lungo e di esperienza personale». 
Alcuni sondaggi la danno decisamente avanti rispetto al suo avversario, Oreste Perri. Secondo lei si andrà al ballottaggio o pensa di poter vincere al primo turno? 
«Noi speriamo di vincere al primo turno. Abbiamo percepito grande e crescente entusiasmo in questa nostra campagna elettorale. Certo, ci rendiamo conto che undici candidati sindaci sono davvero molti. Per noi, questo è indicazione della frammentazione che c'è in città. Se si andrà al secondo turno, affronteremo i prossimi quindici giorni con lo stesso entusiasmo, la stessa carica di novità e lo stesso impegno ad unire le forze». 
Parliamo di programma: il suo motto, “Fare nuova la città”, promette grandi cose. In che modo intende rinnovare Cremona, in concreto? Cosa dovrà cambiare? 
«Dovremo cambiare tantissime cose. Due su tutte. Occorre una riforma della macchina comunale, a partire dalle energie positive che in Comune ci sono e coinvolgendo chi vi lavora. Sto lavorando alle deleghe assessorili che dovranno essere assegnate in modo tale che gli assessori lavorino insieme, facciano squadra. Solo così, a cascata, possiamo avere effetti positivi sui diversi uffici. E, secondo, lanciare un patto sul lavoro che in città è una grande emergenza. Su questo, abbiamo proposto passi concreti da fare. Ne ricordo due: dobbiamo riprendere in mano la partita di Expo perché non c'è più tempo da perdere e il Comune deve essere protagonista; dobbiamo riprendere in mano e concludere il Polo Tecnologico». 
Lei ha parlato spesso di fare rete, di lavorare insieme. Sono però le stesse cose che ha sempre ribadito anche l’attuale sindaco Perri. In che modo lei pensa di poterlo fare? Nel caso venisse eletto, che cosa farà nei primi 100 giorni? `
Quello che ha fatto questa amministrazione, come capacità di lavorare insieme, è sotto gli occhi di tutti. Noi, in questa campagna elettorale, abbiamo sperimentato come si può ascoltare i cittadini avendo un metodo e come si può far incontrare interessi diversi, per arrivare a progetti condivisi. Questo sarà il metodo che adotteremo se saremo al governo della città. Nei primi cento giorni? Elaborare un patto per il lavoro, rivedere mobilità e fare un piano della manutenzione (diciamo cosa facciamo in quanto tempo), favorire accesso al credito e riprendere in mano il fondo solidarietà, costruire più porte di accesso ai servizi e un progetto per l’infanzia».

Adesso si vota per il futuro della città L’EDITORIALE di Daniele Tamburini

Non ho ancora visto facsimili di scheda elettorale, ma suppongo che sia un lenzuolo: 11 aspiranti sindaco, mai così tanti ... Certo è che questa frammentazione concorre a rendere probabile il ballottaggio. Vedremo lunedì, ma ora tiriamo le somme della campagna elettorale, fin qui vissuta. C’è indubbio ottimismo in casa centro sinistra: Galimberti ha lavorato bene (lo avevamo già riconosciuto), ha incontrato tante persone e ora, per dire, la gente lo riconosce. Lo saluta quando lo incontra per strada (e questo è ancora importante: vanno sicuramente bene i social networks, la rete etc., ma ancora si dà credibilità a chi si incontra di persona e a cui si stringe la mano). E infatti, con il crescere della sua popolarità è aumentata la sua credibilità. Parla in termini di speranza, formula proposte concrete di rilancio di reperimento di risorse... Certo, dalla sua c’è il fatto che può promettere, non ha ancora fatto i conti con quanto abbia inciso negli enti locali la realtà dei tagli e dell’assottigliamento delle risorse, però riesce a convincere e dare speranza. Si ipotizza pure il ricorso, in certa misura, al voto disgiunto: frutto di fratture insanabili da una parte e di scelte ponderate dall'altra. E in casa centro destra? Lì è ferma la convinzione di andare al ballottaggio e di riuscire a farcela: si confida sul fatto che la Lega, alla fine, nonostante tutto quel che è successo nel corso del mandato e le parole dure di questi giorni, appoggerebbe Perri. Sono però forti le critiche, dall’interno, per una campagna elettorale non adeguata, poco efficace. Ma Perri è sereno, c’è la sicurezza che potrà recuperare. Una previsione mi sento di farla: in pochi supereranno lo sbarramento del 3% e, in questo caso, le possibilità di apparentamento si ridimensionerebbero. Poi, c’è l’incognita astensione: come giocherà? E l’accoppiata con le elezioni europee invoglierà o sfavorirà il recarsi alle urne? Insomma, una gara incerta: se la giocheranno fino in fondo. Saranno di fronte Galimberti, con una visione del futuro improntata a speranza, e Perri, che punta sul lavoro da portare a termine e rivendica quel che ha fatto in questi cinque anni. La speranza di una svolta contro la solidità di una esperienza. Vedremo lunedì: a tutti i candidati, diciamo “in bocca al lupo”. Agli elettori diciamo: andiamo a votare, che è fondamentale per la democrazia.

sabato, maggio 17, 2014

«Non è questa l’Europa che vogliamo, la cambieremo» Intervista a Giovanni Toti

Intervista a Giovanni Toti, consigliere politico di Berlusconi e membro del comitato di presidenza di Forza Italia
di Daniele Tamburini

Govanni Toti è candidato alle elezioni europee come capolista per la circoscrizione Italia nord- occidentale, che comprende anche il collegio della Lombardia. 
Dottor Toti (per adesso non possiamo ancora chiamarla Onorevole), vado subito al punto: sono molte le contestazioni riguardo le politiche dell'Unione Europea e crescono di numero gli euroscettici. Qual è la sua opinione? 
«E’ evidente che gli euroscettici crescano dal momento che questa Unione Europea non fa nulla o quasi per aiutare i cittadini dei suoi stati membri. Guardi ad esempio l’Italia: mentre a Bruxelles sono sempre pronti a bacchettarci su riforme e conti con altrettanta velocità si girano dall’altra parte quando si tratta di darci una mano sull’enorme ondata di clandestini in arrivo dal sud del mondo e dire che i confini italiani sono anche confini dell’Unione Europea. Invece siamo lasciati soli sia come mezzi, sia come risorse finanziarie a far fronte a questa emergenza. Potrei citare molti altri esempi legati alla politica del rigore imposta dalla Germania che sta affossando le nostre imprese e che ha creato una disoccupazione ormai intollerabile. Non è questa l’Europa che vogliamo. Non è questa l’Europa che vogliono i cittadini. I cambiamenti che occorrono sono profondi e noi andremo là per questo». 
Secondo gli ultimi sondaggi, alle elezioni europee il Pd di Renzi volerebbe, crescerebbe il Movimento 5 Stelle, mentre Forza Italia non “sfonderebbe” il muro del 20%. Ammesso e non concesso che vada cosi, quali ripercussioni potrebbe avere questo scenario sul governo del Paese? 
«Io non credo che andrà così. Certamente il movimento 5 stelle andrà bene nelle urne ma gli elettori devono sapere che il voto a Beppe Grillo è un voto inutile, anzi dannoso per il paese. Gli eletti di quel partito non contribuiscono a nulla di costruttivo, ma mirano solo a distruggere. La rabbia della gente, la delusione per la politica certamente comprensibile data la situazione generale dell’Italia e i cattivi esempi che i partiti hanno saputo dare. Ma Grillo non e’ affatto la cura per tutto questo. Semmai è una malattia ancora peggiore. Per quanto riguarda Renzi io non credo che il suo Pd volerà come dice lei, nelle urne, anche se certamente si avvantaggerà della molte promesse, peraltro non mantenute, e di operazioni elettorali come gli 80 euro. Renzi sta facendo di tutto per andare bene al voto, ma questo lo pagheranno le famiglie italiane quando dovranno pagare il conto dopo le elezioni. Per quanto riguarda Forza Italia sono convinto che andrà molto bene, nonostante l’anno orribile che abbiamo vissuto e la scelta illiberale e antidemocratica di escludere Berlusconi dalle liste e di limitarne la campagna elettorale». 
Una domanda secca: cosa ne pensa del governo Renzi? 
«Gravemente insufficiente e i dati dell’economia di queste ore sono lì a dimostrarlo: crescono i fallimenti, cresce la disoccupazione, cresce il debito pubblico, crescono le tasse cresce il numero degli sbarchi clandestini sulle nostre coste Se questa è la svolta di Renzi, direi che abbiamo sbagliato direzione». Affrontiamo il tema delle riforme istituzionali: che cosa farebbe Forza Italia, se fosse messo alle strette da un premier ancora più forte e, quindi, più determinato ad andare avanti sulla sua proposta? 
«Guardi sulle riforme il nostro punto di vista non cambierà con il voto quale che sia l’esito lo ripetiamo da ormai 20 anni. Questo paese ha bisogno di radicali cambiamenti per renderlo più giusto e più competitivo. Noi le riforme le avevamo fatte già nel 2005, ma il partito democratico con un referendum ha voluto abrogarle. Oggi sotto la guida di Matteo Renzi quel partito sembra avere cambiato opinione e pare voler fare le riforme. Meglio tardi che mai. Per quanto ci riguarda rispetteremo gli impegni presi dal Presidente Berlusconi e siamo pronti a sostenere le riforme purché siano vere riforme scritte nell’interesse del paese e non semplici medaglie per la gloria pre-elettorale di Matteo Renzi. Forza Italia ha sempre fatto un’opposizione responsabile, dunque collaborerà a tutti i progetti che considererà nell’interesse del paese e si opporrà a quelli che il paese danneggiano. E’ il nostro modo di intendere la politica e tale sarà il nostro comportamento anche sulle riforme». Come vede il futuro di Forza Italia? Vedo un ottimo futuro per Forza Italia. Un futuro pieno di successi per un partito sempre più aperto alla società carico di nuovi progetti e nuovi obiettivi. E’ la via che ha indicato Silvio Berlusconi nei mesi scorsi e fino ad oggi il presidente Berlusconi non ha mai sbagliato strada». 
Lei ha recentemente detto che Marina Berlusconi è un'ottima manager e che sarebbe una risorsa per il sistema politico italiano, qualora decidesse di entrare in politica. Secondo lei è auspicabile? 
Non è giusto tirare Marina Berlusocni per la giacca sarà lei a decidere cosa fare della sua vita futura. Chi si scandalizza all’idea di una dinastia mi fa solo sorridere. Basta guardare esempi in giro per il mondo. In tutte le democrazie avanzate capita che figli, fratelli o altri parenti ereditino i destini politici di una nazione. Marina per qualità umana, professionali e per vicinanza politica al padre potrebbe essere un’ottima risorsa per il partito e per il centro destra in generale, ma ripeto, dovrà essere lei a scegliere il se e il quando. Per quanto mi riguarda l’accoglierei a braccia aperte».

«Un voto che faccia cambiare passo all’Europa» intervista a Sergio Cofferati


di Daniele Tamburini

Sergio Cofferarti, cremonese di Sesto e Uniti, è un uomo politico di grande e lunga esperienza. Conosce in profondità la questioni legate al lavoro (è stato segretario generale della CGIL dal 1994 al 2002: l’uomo dei tre milioni di manifestanti a Roma), alla pubblica amministrazione e al governo della città (sindaco di Bologna dal 2004 al 2009). Dal 2009 è europarlamentare per il suo partito, il Pd. È tempo di elezioni, sia europee che amministrative: gli abbiamo rivolto alcune domande. 
Onorevole Cofferati, cosa direbbe a un elettore che chiedesse: perché devo votare per l’Europa? Anzi: perché l’Italia deve stare nella Unione europea? 
«Innanzitutto direi che mi sembra assolutamente sbagliato e pericoloso porsi il problema della permanenza nell'UE, senza peraltro porsi il problema di cambiarne radicalmente le politiche, quello si essenziale. Il contesto politico ed economico globale vede confrontarsi grandi Paesi, tra cui molti emergenti e di dimensioni consistenti, e l'Italia da sola rischierebbe di essere isolata e marginalizzata. Solo l'Europa può giocare infatti in questo contesto un ruolo nello scacchiere internazionale, ma per farlo deve introdurre cambiamenti, anche consistenti, alle proprie politiche. Per questo è importante votare alle prossime elezioni europee, perché le scelte politiche fin qui prese dai partiti e dai Governi conservatori ci hanno portato al disastro economico e stanno mettendo a repentaglio lo stesso progetto di integrazione europea. Serve quindi un voto che faccia cambiare passo all'Europa e che ne rafforzi il progetto». 
Cosa pensa delle politiche di austerità che stanno caratterizzando da anni l’azione politica della UE? 
«Credo che l'attenzione esclusiva al rigore nei conti pubblici e le conseguenti politiche di austerità come risposta unica alla crisi siano state profondamente sbagliate, queste hanno infatti creato una pericolosissima spirale recessiva ed hanno creato conseguenze sociali spesso drammatiche, come indicano i dati sull'aumento della disoccupazione e della povertà. Sarebbe invece necessario un grande piano di investimenti che rimetta in moto l'economia europea ed inneschi un nuovo ciclo di crescita. L'opposto di quello che abbiamo visto fin ora insomma». 
Per anni ci hanno spaventato con lo “spettro Grecia”. Ma molti denunciano che le politiche finanziarie europee hanno ridotto la Grecia alla fame. E’ ancora presente quel rischio, per noi? 
«Non credo che l'Italia corra lo stesso rischio della Grecia. Pur con tutte le difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti rimaniamo il secondo paese manifatturiero d'Europa ed abbiamo grandi potenzialità economiche, sia verso il mercato interno che verso i mercati internazionali. È sicuramente vero che in Europa sono mancati sia dei meccanismi di solidarietà tra gli Stati membri che proteggessero i rispettivi debiti pubblici dagli attacchi speculativi, sia più in generale una più stretta regolamentazione dei mercati finanziari. Aggiungo che proprio dai mercati finanziari possono arrivare risorse importanti per uscire dalla crisi, mi riferisco in particolare all'istituzione di una tassa sulle transizioni finanziarie per cui molto ci siamo battuti in Parlamento Europeo». 
A suo parere, le misure del governo Renzi stanno andando nella direzione giusta per assicurare ripresa e lavoro? 
«Credo che alcune misure intervengano nella giusta direzione, penso soprattutto agli interventi a sostegno dei redditi dei lavoratori e quindi indirettamente anche della domanda interna. Sono convinto però che per rilanciare e stimolare una crescita duratura serva un piano di investimenti strategici, in questo l'Europa può giocare un ruolo importante. Oltre a questo servono altri interventi di redistribuzione economica, perché molte restano ancora le fasce di popolazione che più di tutte hanno pagato il prezzo della crisi e che vivono oggi una grande sofferenza». 
Glielo avranno chiesto molte volte, ma vogliamo farle lo stesso la domanda: lei è il sindacalista simbolo della CGIL che portò tre milioni in piazza a Roma. È stato poi sindaco di Bologna e ora è europarlamentare, eletto nelle liste del Pd. Che differenze ha trovato nell’espletare questi importantissimi incarichi? 
«Posso dire che queste esperienze sono state molto diverse l'una dall'altra, anche se il carico di quanto vissuto e appreso è sempre un bagaglio prezioso da portar con se. Quello al sindacato è stato l'incarico più lungo e quindi più difficile da comparare, enormemente diversi sono invece quello di sindaco e di parlamentare europeo. Se nel primo caso esiste un contatto diretto e quotidiano con i cittadini ed un continuo render conto del proprio lavoro, quello di parlamentare europeo viene esercitato spesso in un silenzio assordante. Di Europa si parla infatti poco e spesso senza approfondire le dinamiche politiche delle decisioni, è uno spazio politico che andrebbe vissuto e raccontato in maniera più attenta e profonda. Il Parlamento Europeo è un luogo di lavoro impegnativo e delicato, a questo credo di essermi dedicato, pur portando il mio bagaglio di esperienze pregresse, con la dovuta pazienza e voglia di imparare di chi si approccia ad un lavoro ed a un mondo nuovo, ma con la volontà sempre rinnovata di approfondire le questioni e di battersi per le cause che si ritengono giuste». 
Lei è di Cremona ed ha già dichiarato di sostenere Gianluca Galimberti quale nuovo sindaco della città. Che impegni si assume per valorizzare la città della musica e della liuteria in Europa? 
«L'Europa dovrà meglio valorizzare nei prossimi anni le sue potenzialità in termini di ricchezza culturale. Tale impostazione è indispensabile per sostenere una società e un'economia che siano basate sulla conoscenza, e quindi sulla qualità e sull'innovazione, e che producano benessere diffuso. In questo contesto la promozione di espressioni artistiche, come la musica, deve avere un ruolo centrale. La città di Cremona presenta in questo senso un patrimonio unico che va adeguatamente valorizzato, anche a livello europeo. Il turismo culturale, che ricopre un ruolo sempre più forte, può essere una prima chiave importante, considerando anche la valenza storica, culturale ed economica della liuteria. Un primo passo importante è stato compiuto con la presenza della città tra gli itinerari culturali europei, con l'importante presentazione del Museo del violino e della città avvenuta a Strasburgo all'inizio di quest'anno. L'impegno dovrà proseguire e rafforzarsi per aumentare, a partire dall'Europa, le opportunità e gli strumenti con cui valorizzare le caratteristiche uniche, culturali, storiche ed artistiche che la città possiede, nel quadro di un'Europa che rafforzi il suo patrimonio culturale. Io mi impegno fin da ora per contribuire a questo percorso comune e a questo sforzo collettivo importante e pieno di interesse».

Cresce il nervosismo... L’EDITORIALE di Daniele Tamburini

Manca ormai una settimana alla fine di una competizione elettorale, che non voglio definire stanca, ma certamente foriera di non grandi entusiasmi. A parte le elezioni europee (che pare appassionino molto di più le forze politiche antieuropeiste che non quelle a favore della Unione Europea, a parte l'intervento in città di Nichi Vendola che è riuscito ad animare la piazza), voteremo per le amministrative, anzi per le comunali, visto che per la Provincia non si voterà più. I candidati moltiplicano gli sforzi, siamo al rush finale. Traspare un certo nervosismo nell'ambiente vicino a Oreste Perri. È vero che molti cremonesi continuano a dimostrare affetto e stima per Oreste, e ne sono testimone: ma forse, il sindaco ha ricevuto poco sostegno da chi avrebbe dovuto darlo. In questi casi, si sa, la squadra è fondamentale e Perri, che appare un po' stanco, non può fare tutto da solo. Che cosa ha Galimberti da poter fare paura all’attuale maggioranza? Ha interpretato bene il suo ruolo: ha lavorato bene, ha incontrato molta gente, sa farsi ascoltare, sa farsi capire e risulta persino simpatico. Piace la sua autoironia e pare che il consenso a suo favore stia crescendo, notevolmente e trasversalmente. Addirittura da vincere al primo turno? Qualcuno si sbilancia in tal senso, forse è fantascienza, dipenderà dall'affluenza e dal voto disgiunto. Comunque anche quella granitica certezza di poter vincere al ballottaggio, sbandierata dal centrodestra, comincia a sgretolarsi, anche perché c'è ancora da sciogliere il nodo Lega. Temo che Perri sconti alcuni errori di gestione della campagna elettorale: iniziata con molto ritardo rispetto al rivale e, onestamente, con poco supporto da parte dei partiti della sua coalizione, fatta eccezione per Forza Italia. Del resto, il sindaco aveva timore proprio di questo: i suoi molti appelli alla coesione, all’unità andavano proprio in questa direzione. La pubblicità elettorale, tutta incentrata sul web, ha trascurato un target fondamentale, il suo bacino: le donne e le persone anziane, che sono una parte importante dell'elettorato di Perri. Insomma, il sindaco pare davvero viaggiare senza casco protettivo, come del resto si mostra nel manifesto in cui è a cavalcioni di una moto... oltretutto passibile di multa.

sabato, maggio 10, 2014

Intervista a Nichi Vendola. «Tsipras si pone il tema di una nuova Europa»


di Daniele Tamburini

Presidente di Sinistra Ecologia Libertà e governatore della Puglia dal 2005, Nichi Vendola è un uomo politico di lunga esperienza, ma all’ascoltatore non dà l’impressione del politico “navigato”, di chi della politica ha fatto un mestiere asettico. A prescindere dai contenuti dei suoi interventi, con cui si può, ovviamente, concordare o dissentire, Vendola è ancora un oratore “all’antica”, capace di catturare l’uditorio con un argomentare, comunque, fitto e approfondito. Niente slogan, ma il ragionamento insieme all’uditorio . Nichi Vendola terrà un comizio a Cremona domenica 11, alle 11, ai giardini pubblici di Piazza Roma, per la campagna elettorale, per il rinnovo del parlamento europeo, a favore della lista Tsipras. Lo abbiamo intervistato. 
Presidente Vendola, il prossimo 25 maggio si svolgerà nel nostro Paese un’importante tornata elettorale amministrativa, ma voteremo anche per il Parlamento Europeo. Perché è importante stare in Europa? Per molta parte dell’opinione pubblica i nostri guai derivano in parte dall’Europa… 
«E’ importante stare in un’Europa che sia, come indicava il più lungimirante dei suoi padri fondatori a cui noi ci ispiriamo, Altiero Spinelli, giusta e libera. L’Europa di questi anni di crisi ha segnato il fallimento delle sue classi dirigenti, politiche ed economiche. Le conseguenze di questo fallimento sono sopportate dal peso delle condizioni di vita quotidiana di gran parte della popolazione europea, nel lavoro come nella sanità, nel degrado dell’ambiente come nella cancellazione di diritti e di libertà fondamentali. E’ importante stare in un’Europa giusta nelle politiche sociali che pratica e libera dalle oligarchie finanziarie e monetarie. La vera questione da risolvere non è se stare o meno in Europa, ma quale Europa siamo capaci di costruire al posto di quella attuale». 
Lei sostiene la lista Tsipras. Ci dica chi è Tsipras e perché un cittadino italiano dovrebbe votare per una lista col nome di un politico greco… 
«Alexis Tsipras è un giovane politico greco che partendo dal disastro sociale ed umano praticato dalle classi dirigenti europee con le politiche di austerità si è messo in testa di tramutare la giusta protesta di un popolo nella proposta di una nuova idea di Europa. In questo e nel programma che propone c’è una piena sintonia con la nostra azione in Italia. In questi anni la Grecia è stata usata come il laboratorio di una sperimentazione sociale che ha prodotto povertà, diseguaglianze, vite sradicate. Lì come altrove si sono levati i venti di ritorni nazionalisti, di populismi dal segno autoritario, di rigurgiti xenofobi. Tsipras con le sue idee di sinistra si pone il tema di una nuova Europa e del suo governo, non di uscirne per disintegrarla. Lui, come noi, è un cittadino di questa nuova Europa da costruire, uscendo ognuno dai propri ristretti confini e realizzando finalmente quel programma che è la vera, unica risposta alla crisi: politiche comuni dell’occupazione e del lavoro, del welfare e del fisco, grandi investimenti pubblici comunitari per l’economia verde, leggi che smontino il potere ormai assoluto della finanza speculativa, non il fiscal compact imposto dalle banche ma il social compact che guarda ai diversi cittadini europei in una reale unità di condizioni nuove di vita». 
Il suo partito, Sel, si colloca all’opposizione in Parlamento e “a macchia di leopardo” nelle amministrazioni locali: un po’ all’opposizione di giunte PD, un po’ alleato del PD, e allo stesso modo si presenta alle amministrative. Non è un atteggiamento contraddittorio? 
«Nel Parlamento siamo all’opposizione perché, in coerenza con il programma con cui ci siamo presentati al voto lo scorso anno, siamo una forza politica che si pone l’obiettivo di governare questo paese non insieme alla destra, ma in alternativa ad essa. Non potevamo certo tradire un impegno preso nelle piazze di tutta Italia con centinaia di migliaia di persone. Nelle amministrazioni locali deve valere una sola logica, quella di rispondere ai bisogni di cambiamento e di governo di quel determinato territorio, rispondendo direttamente ai cittadini. Le nostre scelte, nelle alleanze, dipendono prima di tutto da questo. Qui sta la nostra coerenza. Non abbiamo ordini di scuderia da calare dall’alto, imponendo alleanze contro l’espressione di questo o quel territorio. Nella gran parte delle città in cui si vota siamo alleati con il Partito Democratico sulla base di un programma comune di governo locale. E’ evidente che là dove vi sono divergenze di merito sull’idea di città, di sviluppo del territorio, di qualità urbana, la nostra scelta può essere diversa e i cittadini liberamente potranno valutarla attraverso il voto». 
Facciamo una simulazione, presidente: lei è premier, con una salda maggioranza parlamentare. Le poniamo tre temi: riforme istituzionali, lavoro, debito pubblico. Come li affronterebbe? 
«Affronterei le riforme istituzionali mettendo il paese sulla strada maestra da cui in questi anni la politica italiana, con i diversi governi, si è sempre più allontanata: la Costituzione. Anziché smontarla pezzo dopo pezzo come si sta facendo, proporrei riforme nella direzione di applicarla, dato che nei suoi principi fondamentali, penso al lavoro, alla cultura, allo stesso ruolo dell’impresa, ai diritti collettivi e soggettivi, essa è spesso disattesa. Affronterei il tema del lavoro abrogando quelle norme che in questi anni hanno fatto dell’Italia il paese con il record europeo di precarietà e flessibilità e metterei in atto, soprattutto attraverso forti investimenti pubblici, un piano per l’occupazione a partire dai quei settori della società oggi più esposti: i giovani, le donne, i lavoratori over cinquanta. Affronterei infine il tema del debito pubblico uscendo dalla spirale delle politiche fin qui praticate e rivelatesi inefficaci, dato che non sono mai andate al cuore del vero problema italiano. Che è quello di praticare, come nel resto dell’Europa, una politica contributiva capace di contrare alla radice evasione ed elusione fiscale, con una reale lotta alla corruzione economica, con il recupero degli ingenti patrimoni che un certo tipo di capitalismo italiano ha collocato al riparo di paradisi fiscali anziché investire parte di quei profitti derivati dal lavoro nel lavoro stesso. Risorse ingenti sottratte ad una azione sociale del paese che in tal modo non redistribuisce la ricchezza che produce. Queste risorse vanno messe a disposizione di una crescita nuova per qualità e consumo, di una domanda di nuovi beni sociali, comuni, materiali ed immateriali. Il debito pubblico, con queste politiche attive che nessun governo fin qui ha praticato, scenderà fino al punto che potremmo lasciare in eredità, ai cittadini di domani, non un cappio economico al loro collo, ma un lavoro di risanamento e di cambiamento del paese da proseguire». Grazie, Presidente

Tutto cambia perché niente cambi

Brutta storia, quella degli arresti legati all’Expo 2015. Anche questo giornale ha più volte ospitato interventi del mondo politico, economico, imprenditoriale in cui ci si augurava che l’Expo potesse essere una grande occasione per il territorio e per il sistema Italia: una vetrina, un esempio, un traino. Invece di “magnifiche sorti e progressive”, si sono intanto aperte le porte del carcere. La corruzione, per il nostro Paese, è una specie di condanna biblica? Oggi,la massa di informazioni al pubblico, rese disponibili sui siti web dalle amministrazioni pubbliche, è enorme: la normativa anticorruzione impone di pubblicare ogni erogazione, a qualsiasi titolo, sopra i mille euro. Tutti gli incarichi, tutti gli appalti devono essere visibili, consultabili, leggibili. Eppure, gli arresti, in quello che doveva essere il fiore all’occhiello italiano, ci sono stati. Cosa deve accadere, perché il malcostume cessi? Se non bastano le leggi, se non bastano gli arresti, se non bastano le varie Tangentopoli scoperte? Poi ci si stupisce della fiacchezza con cui la gente segue il percorso delle elezioni, poi ci si lamenta dell’assenza di partecipazione. E che cosa accadrà, se, come pare, man mano che si va avanti voteremo sempre meno e ci saranno sempre più nominati? Il voto dovrebbe essere l’arma più potente in mano al popolo: ti scelgo, ti do la mia fiducia, e, se mi deludi, non ti voto più. Ma non è così: la legge elettorale non mi consente chi scegliere, e, comunque la si metta, voteremo meno: non più per le Province, forse, non più per il Senato. Io cerco di riconoscere le posizioni giuste dove credo che siano, e in questo caso mi dico d’accordo con Matteo Salvini, il segretario della Lega Nord, quando afferma: “Se un’istituzione è necessaria, bisogna mandarci persone elette; altrimenti, la si toglie. Se il Senato è necessario, lo si elegga; altrimenti, lo si abolisca”. Se qualcuno deve decidere per me, io preferisco poterlo scegliere. Magari mi illuderò, ma avrò sbagliato, caso mai, con la mia testa.

sabato, maggio 03, 2014

Cremona, città da amare

Non mi piace molto l’espressione “giacimento culturale”, ma certo è significativa per segnalare subito l’importanza della cultura nella economia moderna: al pari, e forse in misura maggiore, di un giacimento di combustibili fossili. La cultura e le opere d’arte sono un tesoro da valorizzare: me ne sono reso conto in maniera lampante durante un recente viaggio a Firenze. Lì respiri cultura e arte a ogni angolo di strada; la Firenze dei Medici, dei Dante, dei Michelangelo è il loro petrolio, è il nostro petrolio. Salvatore Settis parla di cultura come bene comune, e non a caso, dice, la nostra Costituzione è così saldamente ancorata al tema del diritto alla cultura. Si dirà: va bene, ma Firenze è Firenze, Pompei è Pompei … Cremona, per dire, potrebbe vivere di cultura? Beh, solo di cultura forse no, ma tanto si potrebbe fare. E farebbe bene colui che sarà eletto sindaco di Cremona a adoperarsi per valorizzare le nostre bellezze, diffonderne la conoscenza, per richiamare turismo e risorse... sarebbe di grande aiuto all'economia cittadina. Oreste Perri ha dichiarato, durante la presentazione della sua lista, che ha intenzione di puntare molto, in caso di rielezione, sulla cultura: sul “marketing culturale” come dice lui: “Certo, per portare i turisti a Cremona, ma anche per la gioia di condividere le bellezze della città, perché Cremona è una città da amare”. È un bel concetto. Vorrei ribadirlo: la cultura non è soltanto marketing culturale, ma amore e rispetto per il bello, per la storia, per i monumenti e le rive del fiume, per la storia delle generazioni che si sono succedute, per la cucina e per la musica, e ancora e ancora. Tutti i territori hanno i loro tesori da valorizzare. Cremona non sarà Firenze, ma ha i suoi. Perché “Cremona è una città da amare”.