sabato, maggio 17, 2014

«Un voto che faccia cambiare passo all’Europa» intervista a Sergio Cofferati


di Daniele Tamburini

Sergio Cofferarti, cremonese di Sesto e Uniti, è un uomo politico di grande e lunga esperienza. Conosce in profondità la questioni legate al lavoro (è stato segretario generale della CGIL dal 1994 al 2002: l’uomo dei tre milioni di manifestanti a Roma), alla pubblica amministrazione e al governo della città (sindaco di Bologna dal 2004 al 2009). Dal 2009 è europarlamentare per il suo partito, il Pd. È tempo di elezioni, sia europee che amministrative: gli abbiamo rivolto alcune domande. 
Onorevole Cofferati, cosa direbbe a un elettore che chiedesse: perché devo votare per l’Europa? Anzi: perché l’Italia deve stare nella Unione europea? 
«Innanzitutto direi che mi sembra assolutamente sbagliato e pericoloso porsi il problema della permanenza nell'UE, senza peraltro porsi il problema di cambiarne radicalmente le politiche, quello si essenziale. Il contesto politico ed economico globale vede confrontarsi grandi Paesi, tra cui molti emergenti e di dimensioni consistenti, e l'Italia da sola rischierebbe di essere isolata e marginalizzata. Solo l'Europa può giocare infatti in questo contesto un ruolo nello scacchiere internazionale, ma per farlo deve introdurre cambiamenti, anche consistenti, alle proprie politiche. Per questo è importante votare alle prossime elezioni europee, perché le scelte politiche fin qui prese dai partiti e dai Governi conservatori ci hanno portato al disastro economico e stanno mettendo a repentaglio lo stesso progetto di integrazione europea. Serve quindi un voto che faccia cambiare passo all'Europa e che ne rafforzi il progetto». 
Cosa pensa delle politiche di austerità che stanno caratterizzando da anni l’azione politica della UE? 
«Credo che l'attenzione esclusiva al rigore nei conti pubblici e le conseguenti politiche di austerità come risposta unica alla crisi siano state profondamente sbagliate, queste hanno infatti creato una pericolosissima spirale recessiva ed hanno creato conseguenze sociali spesso drammatiche, come indicano i dati sull'aumento della disoccupazione e della povertà. Sarebbe invece necessario un grande piano di investimenti che rimetta in moto l'economia europea ed inneschi un nuovo ciclo di crescita. L'opposto di quello che abbiamo visto fin ora insomma». 
Per anni ci hanno spaventato con lo “spettro Grecia”. Ma molti denunciano che le politiche finanziarie europee hanno ridotto la Grecia alla fame. E’ ancora presente quel rischio, per noi? 
«Non credo che l'Italia corra lo stesso rischio della Grecia. Pur con tutte le difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti rimaniamo il secondo paese manifatturiero d'Europa ed abbiamo grandi potenzialità economiche, sia verso il mercato interno che verso i mercati internazionali. È sicuramente vero che in Europa sono mancati sia dei meccanismi di solidarietà tra gli Stati membri che proteggessero i rispettivi debiti pubblici dagli attacchi speculativi, sia più in generale una più stretta regolamentazione dei mercati finanziari. Aggiungo che proprio dai mercati finanziari possono arrivare risorse importanti per uscire dalla crisi, mi riferisco in particolare all'istituzione di una tassa sulle transizioni finanziarie per cui molto ci siamo battuti in Parlamento Europeo». 
A suo parere, le misure del governo Renzi stanno andando nella direzione giusta per assicurare ripresa e lavoro? 
«Credo che alcune misure intervengano nella giusta direzione, penso soprattutto agli interventi a sostegno dei redditi dei lavoratori e quindi indirettamente anche della domanda interna. Sono convinto però che per rilanciare e stimolare una crescita duratura serva un piano di investimenti strategici, in questo l'Europa può giocare un ruolo importante. Oltre a questo servono altri interventi di redistribuzione economica, perché molte restano ancora le fasce di popolazione che più di tutte hanno pagato il prezzo della crisi e che vivono oggi una grande sofferenza». 
Glielo avranno chiesto molte volte, ma vogliamo farle lo stesso la domanda: lei è il sindacalista simbolo della CGIL che portò tre milioni in piazza a Roma. È stato poi sindaco di Bologna e ora è europarlamentare, eletto nelle liste del Pd. Che differenze ha trovato nell’espletare questi importantissimi incarichi? 
«Posso dire che queste esperienze sono state molto diverse l'una dall'altra, anche se il carico di quanto vissuto e appreso è sempre un bagaglio prezioso da portar con se. Quello al sindacato è stato l'incarico più lungo e quindi più difficile da comparare, enormemente diversi sono invece quello di sindaco e di parlamentare europeo. Se nel primo caso esiste un contatto diretto e quotidiano con i cittadini ed un continuo render conto del proprio lavoro, quello di parlamentare europeo viene esercitato spesso in un silenzio assordante. Di Europa si parla infatti poco e spesso senza approfondire le dinamiche politiche delle decisioni, è uno spazio politico che andrebbe vissuto e raccontato in maniera più attenta e profonda. Il Parlamento Europeo è un luogo di lavoro impegnativo e delicato, a questo credo di essermi dedicato, pur portando il mio bagaglio di esperienze pregresse, con la dovuta pazienza e voglia di imparare di chi si approccia ad un lavoro ed a un mondo nuovo, ma con la volontà sempre rinnovata di approfondire le questioni e di battersi per le cause che si ritengono giuste». 
Lei è di Cremona ed ha già dichiarato di sostenere Gianluca Galimberti quale nuovo sindaco della città. Che impegni si assume per valorizzare la città della musica e della liuteria in Europa? 
«L'Europa dovrà meglio valorizzare nei prossimi anni le sue potenzialità in termini di ricchezza culturale. Tale impostazione è indispensabile per sostenere una società e un'economia che siano basate sulla conoscenza, e quindi sulla qualità e sull'innovazione, e che producano benessere diffuso. In questo contesto la promozione di espressioni artistiche, come la musica, deve avere un ruolo centrale. La città di Cremona presenta in questo senso un patrimonio unico che va adeguatamente valorizzato, anche a livello europeo. Il turismo culturale, che ricopre un ruolo sempre più forte, può essere una prima chiave importante, considerando anche la valenza storica, culturale ed economica della liuteria. Un primo passo importante è stato compiuto con la presenza della città tra gli itinerari culturali europei, con l'importante presentazione del Museo del violino e della città avvenuta a Strasburgo all'inizio di quest'anno. L'impegno dovrà proseguire e rafforzarsi per aumentare, a partire dall'Europa, le opportunità e gli strumenti con cui valorizzare le caratteristiche uniche, culturali, storiche ed artistiche che la città possiede, nel quadro di un'Europa che rafforzi il suo patrimonio culturale. Io mi impegno fin da ora per contribuire a questo percorso comune e a questo sforzo collettivo importante e pieno di interesse».

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