lunedì, maggio 26, 2008

L’ICI soppressa

La tassa più odiata dagli italiani (pari per avversione solo all’IRAP per le aziende) non si paga più. Tremonti l’ha cancellata. Viva Tremonti. Era un impegno preso in campagna elettorale e correttamente è stato mantenuto. Si pagava su un bene guadagnato spesso con affanno e sudore, con i risparmi di una vita o con un mutuo che di frequente ha pesato sul tenore della famiglia. Una tassa vissuta come vessazione e per questo detestata.
Invece, a mio parere, era una tassa equa. La sua abolizione, intanto, va contro l’appellato federalismo fiscale (con il quale la Lega ha fatto man bassa di voti) poiché indebolisce l’autonomia locale. I’ICI, il cui acronimo è Imposta Comunale (sugli) Immobili, rappresentava la maggiore entrata dei comuni: come sarà compensato questo mancato gettito? Questa tassa comunale si autocontrollava: il sindaco doveva confrontare la sua popolarità, ottenuta con i servizi resi ai cittadini, con l’impopolarità generata da un’eventuale aumento dell’imposta. Un sussidio compensativo da parte dello Stato invece, per definizione, è sempre insufficiente e, sul piano politico, se i servizi sono carenti, la colpa diventa dello Stato centrale e non della cattiva amministrazione. Mio nonno diceva: “Niente ti danno gratis” (a parte Il Piccolo Giornale). Il governo dove troverà i fondi? Noi che siamo uomini di mondo, anche se non abbiamo fatto il militare a Cuneo, riteniamo poco probabili le immediate riduzioni della spesa pubblica, o un maggior gettito dalla crescita economica o dalla lotta all’evasione; sospettiamo piuttosto imposte nazionali sostitutive di imposte come l’ICI. “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”’, diceva il politico democristiano per eccellenza. L’equità, anche sociale, della Tassa, consisteva nel fatto che era legata alla capacità contributiva; case ricche pagano di più e il bene casa è beneficiario di gran parte della spesa locale:
strade da asfaltare, da ripulire, da illuminare da proteggere, trasporti, arredo urbano. Cose che, a fronte di un tributo, si possono anche giustamente pretendere dal signor Sindaco. L’ICI era l’onere condominiale
pagato dagli abitanti di quella grande casa chiamata città. Ho tentato di spiegare il mio ragionamento al signor Luigi. Lui e suo cognato (seppur con tanto e doveroso rispetto, s’intende) mi hanno mandato affa.….
Aldemario Bentini
venerdì 23 maggio 2008

sabato, maggio 17, 2008

Totò, Renato e i Fannulloni

Licenzieremo i fannulloni della Pubblica Amministrazione”. L’ ha detto, giorni fa, Renato Brunetta ministro della Innovazione e della Funzione Pubblica nel nuovo governo appena insediato. Pugno di ferro contro gli impiegati pubblici che non lavorano, “Chi non lavora non deve mangiare”. Perbacco!
Colpirne uno per educarne cento” ha incalzato il Ministro mutuando una frase di Mao Tse Tung resa famosa dalle Brigate Rosse.
Finalmente”, mi grida il signor Luigi, coinquilino, che sfortunatamente questa mattina non sono riuscito ad evitare (s’era ben nascosto). “Sapesse dottore la fila che mi devo sorbire quando vado in Posta a ritirare la pensione. L’impiegata? Una lumaca, quando non è al telefono con l’amica che vuol sapere il tempo di cottura del cotechino grosso con le verze”. E giù una geremiade sulle cattive ed insensibili abitudini degli impiegati statali. Sarà che sono particolarmente fortunato, trovo molto spesso disponibilità all’ufficio postale o in Comune dove, la settimana scorsa, un efficiente e attivo dipendente mi ha fiancheggiato, dovendo produrre un’autocertificazione. Anche alla Motorizzazione Civile laddove la solerte impiegata mi ha aiutato, togliendomi d’impaccio, nello sbrigare le pratiche per il motorino di mio figlio. Pure al Catasto dove ho trovato gentilezza e comprensione. Difficilmente trovo scortesia o sgarbatezza negli uffici pubblici. In contrasto, piuttosto, con la sensazione di perdere più tempo del dovuto di fronte agli sportelli della banca o, come nel febbraio scorso, all’ACI di Corso Mazzini dove, per pagare il bollo, i moccoli si sprecavano. Impiegati statali fannulloni non ne ho incontrati, sarà mica che Brunetta pensava e rimuginava riguardo i dipendenti dei ministeri romani? Beh lì non so. Forse, se così è, avranno cattivi esempi da emulare.
Mi viene in mente un film di Totò. Il Padreterno, al momento del giudizio finale, appreso che Totò alias Ettore Pappalardo, archivista-capo or giunto al suo cospetto, è stato per trent'anni dipendente statale lo spedisce, solo per questo, diritto e senza indugio in Paradiso. (Totò e i Re di Roma regia di Steno e Monicelli: imperdibile).

Aldemario Bentini
Venerdi 16 Maggio 2008

lunedì, maggio 12, 2008

I Redditi dei Cremonesi

La diffusione in rete dei redditi relativi all’anno 2005 degli italiani, ha scatenato un putiferio. Da prima la divulgazione è “in ottemperanza alla legge”, poi è “violazione della privacy”, in seguito diventa “richiesta di trasparenza”, alla fine è “un illecito”. Cresce il diverbio tra chi è fautore della trasparenza e chi pretende la riservatezza. ” Io, che dichiaro tutto, non ho niente da temere…” è la frase ricorrente, detta magari deglutendo.
Molti si sono arrabbiati, vanno capiti. In molti paesi si pagano le tasse per paura di essere scoperti e svergognati, da noi eludere il fisco è quasi motivo di vanto. Siamo fatti così, è una questione atavica, ancestrale, nel nostro DNA. Una repulsione tramandata dalla Roma Antica, quando il tributum in capita, ossia il tributo per testa, introdotto da Diocleziano, non faceva più
distinzioni tra provinciali e cittadini, questi ultimi fino a quel momento esentati. Da qui parte la ricerca dello stratagemma per eludere. I potenti
spesso ci riuscivano e anche quando scoperti non di rado la facevano franca. Ho avuto modo di vedere i dati relativi ai redditi dei cremonesi. Erano li, dalla A alla Zeta, tutti i 54.539 contribuenti del Comune di Cremona. Che faccio, non li guardo, ci dò una sbirciatina? Ma sì! Niente di inaspettato: ai primi posti notai, avvocati, imprenditori, qualche dirigente, tutto prevedibile insomma. Che delusione, però, solo due contribuenti cremonesi superano il milione di euro, quasi un torto per il blasone cittadino. 8.297 sono i dichiaranti reddito zero e tre persone hanno un reddito imponibile di euro 1 (?). Circa 218 milioni il totale pagato dai contribuenti di questa Città. Per la media di Trilussa, quella
secondo la quale se uno mangia due polli en’antro niente risulta comunque un pollo a testa, la statistica restituisce la cifra di 3.999 euro pro capite. Scopro nella lista una signora che quando l’incontro mi dice che è di ritorno da una splendida vacanza nel paese tropicale. Dichiara meno della mia amica impiegata all’Iper. Ecco, lo sapevo, non devo cadere nella trappola del facile chiacchiericcio: può essere che la nobil dama abbia risparmi da parte, o forse i viaggi sono gentilmente offerti. Ho cercato il reddito del
mio direttore che si lamenta sempre, ma non c’è, non abita a Cremona. Peccato.
Aldemario Bentini
Venerdì 09 Maggio 2008

lunedì, maggio 05, 2008

Candidati e candidanti

La sonora sconfitta di Francesco Rutelli da Tor di Quinto con di riflesso la vittoria di Giovanni Alemanno da Bari alle elezioni amministrative di Roma, città a volte Caput Mundi a volte Ladrona, poco riguardano i fatti di casa nostra. Se non fosse che osservare, da distanza, ciò che è avvenuto nella Città Capitolina può aiutare noi curiosi individui, a capire alcune dinamicheche hanno portato a risultati eclatanti e imprevedibili. La prima considerazione è che le persone contano, i candidati contano. Il candidato Rutelli non era il candidato giusto. I programmi sono importanti ma altrettanto lo sono chi li deve figurare, illustrare, impersonare. Alemanno è parso più adeguato e capace nel dare sostanza e concretezza ad un’inesorabile domanda di discontinuità, ad una supplicante richiesta di tutela sui temi della sicurezza. Rutelli è stato ritenuto, dai più, meno convincente per questo ha perso oltre ad aver scontato ed espiato, ad onor del vero, la vendetta della sinistra radicale; altrimenti non si spiega il risultato alle provinciali dove ha prevalso il centrosinistra. La scelta del candidato è importante se non determinante quanto e più del programma. Immagino il dilemma, a casa nostra, del PD: ricandidare Gian Carlo Corada, uomo serio, stimato, riconosciuto capace e di grande onestà intellettuale, con ancora il sostegno della sinistra, oppure rincorrere la percepita pretesa di rinnovamento? Non da meno il PDL alla ricerca di un candidato autorevole, di spessore, avvincente e convincente capace anche di superare la pregiudiziale, gridata dalla Lega all’indomani delle elezioni del 13 e 14 aprile, così sintetizzabile: “Basta con i soliti nomi, niente politici di professione altrimenti corriamo da soli”. Vedremo. Il figlio del signor Luigi, quello del quinto piano, viscerale
tifoso della Cremo, irrinunciabile frequentatore dello Zini e animatore della “Curva delle Bandiere Grigiorosse”, non avrebbe dubbi: “Giovanni Arvedi Sindaco”.


Aldemario Bentini
VENERDI’ 2 MAGGIO 2008