venerdì, maggio 27, 2011

Ma le studiano la notte?

Ho letto nei giorni scorsi, con grande interesse, l’intervento di un importante economista, per lungo tempo figura di spicco della Banca d’Italia, Pier Luigi Ciocca. La sua diagnosi sullo stato dell’economia italiana è impietosa, ma contiene alcuni dati molto interessanti. Il più rilevante, a mio parere, è che, a partire dagli anni 2000, non solo si è verificato un rallentamento della crescita, ma un calo dei livelli di produttività. Dice Ciocca: per fare un’automobile ci vogliono più persone, più tempo, più capitale, quindi, è andato particolarmente male il cuore della produttività, cioè il progresso tecnico e l’innovazione. Ancora una volta, si individua nella scarsità di innovazione il punto centrale dello stato di crisi del nostro Paese: uno “stato dell’arte” che coinvolge imprese e istituzioni, insomma la nostra ossatura. Innovazione e ricerca, ne abbiamo parlato molte volte. E infatti … e infatti, si parla di spostare alcuni Ministeri a nord. Parte il totoMinisteri: la salute? L’economia? Ma anzi, no: tutto bloccato, non è vero, non si fa. Invece sì, si fa, va fatto! Mi chiedo: sono questi, gli interventi, le soluzioni innovative, la ripresa di cui la gente e tutto il Paese ha bisogno, più che del pane? È questa la risposta da dare ai nostri giovani, quelli che pongono domande precise e dure, come fa Valentina, in questo stesso numero? Ma non disperiamo mai. Ciocca conclude dicendo che la società italiana ha il lavoro, il risparmio, la tecnologia, l’imprenditorialità per tornare a crescere. Coraggio.

Daniele Tamburini

venerdì, maggio 20, 2011

Milano: Moratti o Pisapia?

Fare una previsione su come andrà il ballottaggio alle elezioni amministrative di Milano equivale a indovinare un terno al lotto, e neppure mi interessa farlo. Dalla vicenda, però, sono emersi alcuni punti interessanti. È davvero strano, il nostro Paese: sicuramente non si può mai dare niente per scontato. Erano elezioni, queste a Milano, su cui il capo del governo aveva davvero puntato molto. Berlusconi raramente sbaglia cavalli e strategie di corsa: eppure, questa volta l’elettorato non l’ha premiato, come non ha premiato la Lega, della quale molti attendevano lo “sfondamento”. Forse, il partito di Bossi ha scontato i malumori della base che mal sopporta gli Scilipoti e i Romano, oltre ad un gregariato “a prescindere”. Pare, ora, che la Moratti abbia puntato il dito contro il livello eccessivo di scontro che ha permeato la battaglia elettorale, soprattutto negli ultimi tempi. Forse non è stato opportuno insistere sui giudici “metastasi cancerose”, in una Milano che non ama gli eccessi. Sì, il nostro è un Paese strano. Una forza, il PdL, che intende parlare al cuore moderato della società, eppure adotta certi toni e amplifica le dichiarazioni denigratorie di chi vuol essere più berlusconiano di Berlusconi; e, al contrario, la Lega, da sempre battagliera, magari “sopra le righe”, che cerca di rimettere al loro posto le parole e usa toni davvero “di governo”: abbiamo ascoltato la ferma e convinta dichiarazione di solidarietà con i giudici del presidente del Piemonte Cota. E’ un segno dei tempi? Forse, la gente si è stancata di proclami, furori e promesse roboanti e chiede concretezza, scelte, ascolto dei problemi veri? Ripeto, non è possibile fare previsioni. Ma, come ha esortato più volte il presidente Napolitano, forse è più produttivo abbassare i toni, non cercare il conflitto da stadio, cercare invece proposte e soluzioni: la locomotiva tedesca si è rimessa in moto, viaggia ad un ritmo di crescita del 4,8% su base annua. Se Milano fosse laboratorio per questo ritorno alla concretezza, comunque vada, sarebbe senz’altro un bel risultato. Per tutti.

Daniele Tamburini

venerdì, maggio 13, 2011

La minaccia del futuro

Desidero tornare, a costo di ripetermi, sulla situazione del mondo giovanile nel nostro Paese. Ne scriviamo all’interno del giornale. L’Istat ci dà, purtroppo, ancora brutte notizie dal fronte lavoro: il tasso di disoccupazione è cresciuto a marzo, e il 26% dei nostri giovani è senza lavoro. Stiamo parlando di giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni: l’età in cui ci si affaccia alla vita. Il dato è estremamente preoccupante anche perché l’Italia ha bisogno di crescere e può crescere, come dicono gli economisti e gli addetti ai lavori, solo recuperando una produttività totale dei fattori. Per non parlare dei cosiddetti Neet (Non in Education, Employment or Training), ossia i giovani che non sono più inseriti in un percorso scolastico-formativo, ma neppure impegnati in attività lavorativa: si tratta di due milioni di soggetti. Dobbiamo avere il coraggio di dirci che, in questo modo, non si va da nessuna parte. È importante, certo, che si salvaguardi il patto di stabilità o che diminuisca il debito pubblico, ma è più importante dare una speranza per il futuro. Dai debiti ci si può liberare, dalla crisi si può uscire, anche se la cinghia, ormai, è forse giunta all’ultimo buco: ma una generazione consegnata all’assenza di futuro, quella si rischia di non poterla recuperare. Ha detto un filosofo che, per questi giovani, il futuro non si presenta più come una promessa ma come una minaccia. E’ ora di fare, seriamente, qualcosa di concreto. Mi viene in mente una frase di Pier Paolo Pasolini: “il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”.
Sto forse perdendo il mio ottimismo?

Daniele Tamburini

martedì, maggio 10, 2011

Un’altra musica

Non c’è ancora certezza sui modi e sui tempi – e le immagini, quelle che abbiamo visto, non aiutano a far chiarezza – ma l’uccisione di Bin Laden è uno di quegli eventi destinati a far rumore immediato e a mettere radici nel futuro. Perché una cosa è certa: morto lo è sicuramente. Parlando degli effetti immediati, che ricaduta si avrà sulla situazione di un’area del mondo cruciale per l’approvvigionamento ed il mercato del petrolio e del gas? È quanto si chiede, tra gli altri, il professor Francesco Timpano, di cui ospitiamo un intervento in questo numero del giornale. Ma non solo. Nel momento in cui sembravano indeboliti sul piano della coesione interna, vulnerabili su quello economico, esposti al sorpasso cinese in economia, gli Stati Uniti alzano la testa, compiono un’operazione di forte impatto, anche mediatico, e il discorso di Obama fornisce nuova linfa alla speranza ed alla fiducia. Abbiamo letto di manifestazioni di grande ottimismo, anche da parte della gente comune. E Obama, nel suo discorso, senza trionfalismi, ha richiamato le parole care a tutto il suo mandato: la capacità di orgoglio, di reazione, di tenacia e, soprattutto, di unità. Obama sa che dovrà chiedere ancora molto al suo popolo, e che la sua agenda è in ritardo sui programmi elettorali. Ma non sollecita divisioni, anzi richiama l’unità. L’unità, la coesione, la coerenza di intenti, pur nelle diversità, con l’obiettivo di fare il bene del proprio Paese. Uniti si vince. È perlomeno evidente che la musica, qui da noi, è ben altra.

Daniele Tamburini
Venerdi 6 maggio 2011