sabato, luglio 28, 2018

Godiamoci le ferie




L’estate è al suo culmine: è veramente tempo di ferie. Ci saranno i giorni da bollino nero, le strade affollate, spiagge, località montane e turistiche brulicanti di vita. Va bene così, abbiamo diritto ad un po’ di riposo. Tutti gli anni si ripete questa sorta di rito laico: ma è una certezza, una consolidata certezza che tutto, più o meno, si stia svolgendo nei binari conosciuti. L’essere umano vuole certezze, magari poche, magari piccole, ma ne ha bisogno. Le sirene incantatrici della scommessa continua, del mettersi alla prova costante, della “vita liquida”, parafrasando Bauman, sono, appunto, sirene. Sono state un prodotto di una recente era, che adesso è già in crisi. Ricordate il “turbocapitalismo”? Poi c’è stata la crisi, terribile, mortifera. Ci stiamo ancora leccando le ferite. Se le sta leccando ancora più la Grecia, distrutta, messa in ginocchio dalle azioni, prima, di un regime corrotto, poi dalle esigenze del capitalismo finanziario che domina nella Unione europea, e non solo. Quelle ferite per cui, davanti ai muri di fuoco di questi giorni, non ci sono vigili del fuoco sufficienti, i mezzi sono guasti o fatiscenti: i macchinari sono vecchi o con le gomme a terra. Qualcuno ha ricordato che, un anno fa, 5mila vigili manifestarono ad Atene per protestare contro il taglio di 4mila unità su 12mila, senza nessun esito. Gli incendi, poi, hanno chiesto il conto. E’ una certezza anche questa: scelte dissennate, crudeli, distruttive, lontane dal bene pubblico, prima o poi reclamano un pagamento salato e terribile. Ma bando alle chiacchiere: godiamoci le ferie, cari lettori, care lettrici. Arrivederci a fine agosto.

sabato, luglio 21, 2018

C’era una volta il far west


Mi sono ricordato un vecchio film. Immaginate un villaggio, in una grande pianura assolata e riarsa. Il viaggiatore che vi si avventuri troverà tanta polvere, un emporio, un locale uso bar, medicheria, con dietro la stalla, alcune case e poche persone. Sospettose di tutto quanto giunga dall’esterno. Il visitatore si sentirà osservato, se non con ostilità, diffidenza: “da dove vieni, straniero?”. Ha già visto situazioni simili, ma qui il clima gli pare particolarmente pesante. Ne intuisce, dopo un po’, i motivi: una banda di gangster minaccia il villaggio da sud. Sono ladri di cavalli e di bestiame. Da ovest, le popolazioni pellerossa presidiano il loro territorio e vorrebbero cacciare da quelle che furono le loro terre coloro che considerano invasori. C’è stato un brutto scontro a fuoco, qualche notte fa: da allora, si è presa la decisione di armare ognuno degli abitanti, che siano uomini, donne o bambini. Armi adatte per ciascuna mano e per ciascun braccio. Lo sceriffo tace: perdinci, avrà ben diritto di difendersi, questa gente, visto che l’avamposto di civiltà più vicino, Forte Mailand, è a due giorni di cavallo. Lezioni di tiro, ecco per cosa può offrirsi lo straniero. Prima o poi serviranno. Ne è certo. Il nostro villaggio ai nostri abitanti, onesti lavoratori, ecco qual è il pensiero condiviso. Non ne abbiamo i mezzi, ma, se potessimo, tireremmo su mura e barriere con cavalli di frisia. Possiamo solo sperare di sparare bene. E pazienza se, nel mucchio, si uccide chi non c’entra, o se, vista la massa delle armi, accadono incidenti, o se qualcuno, fuori di testa, ne prende una e compie il massacro. È un film, sul vecchio west. Un paio di secoli fa. Noi viviamo in un mondo globalizzato, interconnesso, liquido. In ciascun paese, in ciascuna città ci sono poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, vigili urbani. Siamo in mezzo a relazioni, scambi, intrecci; in pochissime ore si arriva in Paesi lontani, la capacità di muoversi è amplissima, telefoni e computer ci mettono in contatto con chiunque. Dai, quello è un film, a me piacciono molto i western, sono belli, ma è un film: perché dovremmo armarci, con tutti i rischi connessi? Mica siamo al cinema! Già, perché? L’idea che quel mio vicino che, come dice mia mamma: “Non batte più pari”, possa girare armato, confesso, non mi piace per niente. E, state certi, saranno quelli che “non battono più pari” i primi a cercare di armarsi.

sabato, luglio 14, 2018

Prima gli italiani




Una cosa bisogna che la dica: ma siamo proprio sicuri che il problema dei problemi, la questione che occupa da settimane, praticamente da quando il governo si è insediato (anche prima, ma si era in campagna elettorale) le prime pagine dei giornali e i primi titoli dei tg e, di rimbalzo, migliaia e migliaia di interventi sui vari social, siano davvero i migranti? Certamente si tratta di un problema, come suol dirsi, epocale e che andrebbe affrontato in modo molto serio, partecipato dai vari governi soprattutto a monte, con una riflessione approfondita, e azioni conseguenti, sui motivi dello spostamento di masse di persone, che penso starebbero più volentieri nei loro Paesi, se ne avessero l’opportunità. Ma, al di là di questi motivi, ripeto la domanda: è davvero il problema dei problemi, in nome del quale pare che si esaurisca il dibattito politico-istituzionale, si creano crisi tra le massime cariche dello Stato, si parla a proposito e a sproposito ovunque? In fin dei conti, nel 2017 sono arrivate circa 120mila persone. L’equivalente di una città di medie dimensioni, insomma. Per fare un paragone, nel 2016 sono emigrati circa 250mila italiani. Ripeto, il fenomeno va affrontato, ma, mi sembra, non con toni apocalittici. Quel che temo è che il puntare spasmodico su questo tema ne metta in ombra altri. Un esempio? Dall’inizio dell’anno ci sono stati 387 morti sui luoghi di lavoro, 69 a giugno. Una strage. Eppure, la nostra legislazione in tema di sicurezza sul lavoro è avanzatissima e stringente. Allora, forse, mancano i controlli? Se così fosse, non sarebbe meglio destinare risorse per svolgerli? In particolar modo rafforzando il ruolo degli ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno competenza per fare i controlli, ma mezzi scarsissimi, piuttosto che parlare di inviarli a reprimere le vendite abusive di borse e di asciugamani sulle spiagge? Sul lavoro muoiono molti italiani, padri di famiglia, giovani e anziani. Ecco, sarebbe davvero un buon modo per affermare “prima gli italiani”.