sabato, gennaio 31, 2015

SIAMO ANCORA IN PIENO NOVECENTO

Riflettevo sui fatti del Dordoni e sull’elezione del Presidente della Repubblica. E che c’entrano i due fatti tra di loro?, vi chiederete. Provo a spiegarmi. Riflettevo, per esempio, sulla forte probabilità - al momento in cui scrivo - che Sergio Mattarella diventi il nuovo Presidente. La persona è di grande valore, secondo me. E’ serio, ha dimostrato di possedere un’etica che non cede facilmente ai compromessi, è uomo di legge: un ottimo candidato. Leggiamo il suo profilo e vediamo che era ministro in un governo Andreotti (beh, non c’è niente di male, no?) e che era un moroteo (vicino, cioè, lo dico per i più giovani, a Aldo Moro, grande statista). A questo punto, mi sorge un sentimento, non tanto di “déjà vu”, ma una sorta di tenerezza nostalgica, un profumo di tempi lontani. “A quell’epoca...”, diceva mia nonna. Sì, a quell’epoca, quella in cui c’erano la Dc, il Psi, il Pci, il Pri. Ma veniamo al Dordoni: dramma in due fasi, lo scontro tra Centro Sociale Autogestito e i fascisti di CasaPound prima, il corteo con le devastazioni dei Black block, dopo. Anche questo mi ha fatto tornare ad anni lontani, a scontri ideologici pesantissimi, al ricordo di manifestazioni che a volte finivano in tragedia. Rifletto sull’idiozia che andò di moda anni fa, quella della fine della storia. Ricordate? Il crollo del muro di Berlino, la fine delle ideologie, la fine della storia, tutto pacificato. In realtà, dopo è andato in scena uno scontro ideologico fortissimo, nel quale siamo ancora immersi, protagonisti il welfare, il lavoro, il capitale, il pubblico, il privato. Ma non divaghiamo. Sergio Mattarella da un lato, gli scontri al Dordoni dall’altro sono profondamente novecenteschi. Appartengono, con coloriture diverse, ovviamente, a quella storia, che resiste a tutti i tentativi di annullamento e di ridicolizzazione. E a questo punto, un’altra domanda sorge spontanea: ma non dovevano essere anni di rottamazioni, di nuovo a tutti i costi, di turbo, di asfaltamenti? Eh, mi sa che la gran madre democristiana continui ad affascinare anche lui, anche il “giovane” Renzi...

Daniele Tamburini

CREMONA OSTAGGIO DEI BLACK BLOC

CHI SONO I BLACK BLOC VISTI QUI A CREMONA?
I Black bloc hanno formato il blocco, iniziano gli scontri con le forze dell'ordine

Una vera e propria guerriglia urbana durata quasi quattro ore. Scontri con le forze dell’ordine, ingenti i danni

La cortina fumogena nasconde i Black bloc che indossano caschi e passamontagna


Hanno agito con tattiche ben studiate e collaudate. La polizia ha evitato lo scontro fisico riuscendo a contenere gli assalti.«Siamo i figli del caos e della catastrofe».

I Black bloc accendono i fumogeni

di Daniele Tamburini

Chi sono quelle figure nere giunte a Cremona, chissà da dove, insomma i cosiddetti i Black bloc? Coloro che per circa quattro ore hanno provocato una vera e propria guerriglia urbana, scontrandosi ripetutamente con le forze dell’ordine, devastando alcune zone della città e ferendo una comunità intera? In Italia si comincia a parlare, per la prima volta, di Black bloc al G8 di Genova, nel luglio del 2001, durante quelle terribili giornate che ancora abbiamo impresse nella memoria. Nei filmati trasmessi dalle TV, vengono identificati come Black bloc. quelle persone vestite completamente di nero, con caschi e passamontagna, che compiono scorribande nella città, ingaggiando, a distanza, scontri con la polizia e devastando vetrine, auto etc. Una caratteristica distintiva dei Black bloc, da cui il nome, che tradotto significa “blocco nero”, è quella di indossare vestiti e maschere neri. E’, questa, una strategia studiata per apparire una massa compatta e ben identificabile. Questo sia per apparire numericamente superiori, sia che per attirare la solidarietà e l'aiuto di altri gruppi ideologicamente, più o meno, omogenei all'interno delle manifestazioni. I passamontagna, le maschere e i caschi hanno la funzione, oltre che di protezione, di impedirne l'identificazione da parte delle autorità. Al G8 di Genova fece impressione l’abilità e la rapidità con cui si muovevano, tanto che qualcuno parlò di persone addestrate militarmente alla guerriglia urbana. Black bloc, è un termine che fu usato per la prima volta durante le proteste contro la prima guerra del Golfo nel 1991, negli Stati Uniti. Si designò così un gruppo di individui, caratterizzati dall’obiettivo comune di contrastare e combattere la globalizzazione, tanto che la stampa italiana, in alcuni casi, li ha accostati al Movimento noglobal o movimento antiglobalizzazione. 
Cremona 24 gennaio 2015 scontri tra Black bloc e forze dell'ordine
I Black bloc salgono prepotentemente alla ribalta, grazie ad una forte risonanza mediatica, dopo gli scontri cruenti e le devastazioni avvenute a Seattle sul finire del 1999, durante le manifestazioni contro la Conferenza ministeriale del WTO, e a Praga, sempre nel 1999, quando la città fu messa sotto assedio durante la riunione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. In Italia, dopo le terribili giornate del G8 di Genova (caratterizzate non solo dagli scontri con i B.b) questi sono di nuovo entrati in azione, a distanza di dieci anni, Il 15 ottobre 2011, a Roma. In città era stata organizzata la manifestazione dei cosiddetti Indignados, contro la crisi economica mondiale. Anche in quel caso, si ebbero episodi di guerriglia urbana, con feriti tra i manifestanti e tra le forze dell'ordine. Individui vestiti di nero, protetti da caschi e passamontagna, provocarono danni a banche, auto e sedi istituzionali. I manifestanti pacifici tentarono invano di isolare i violenti, che anche in quella occasione erano in netta minoranza rispetto al resto dei partecipanti alla manifestazione di protesta. Pare che alcuni Black bloc siano stati presenti anche durante gli scontri in Val di Susa tra i No-Tav e le forze di polizia. LE TATTICHE DEI BLACK BLOC Abbiamo già detto che sembrano persone addestrate militarmente, per come sono organizzate e per come si muovono, infatti la loro “tattica” prevede la costituzione di un blocco all’interno di un corteo, nel quale tutti sono vestiti di nero. Hanno solitamente almeno un gruppo iniziale che si organizza e si coordina, per iniziare un'azione che tende a impegnare le forze dell’ordine, marciando in blocco allo scopo di creare un forte effetto visivo e cercando da subito lo scontro diretto con le forze dell'ordine, mentre altri gruppi minori si sparpagliano per le vie mirando ad uno o più obiettivi. Esattamente come è accaduto a Cremona, dove l’obiettivo primario era la sede di CasaPound in via Geromini. Durante gli scontri, ma tendenzialmente in fase di ritirata, compiono sistematicamente atti di vandalismo verso quelli che considerano i simboli del capitalismo e della repressione: banche, assicurazioni, i negozi in franchising di società multinazionali, i sistemi di video sorveglianza, le auto di lusso e le sedi istituzionali. La tattica d’azione di solito non prevede lo scontro fisico con le forze dell’ordine, che vengono aggredite con lancio di pietre, petardi, razzi e non di rado bottiglie incendiarie, per poi fuggire velocemente, allontanandosi e ricompattandosi in seguito, e continuare le azioni. Un perno della tattica del Black bloc è dunque il rifiuto del confronto fisico con le forze dell’ordine, che ovviamente sarebbe perdente. 
Cremona 24 gennaio 2015 scontri tra Black bloc e forze dell'ordine

L’IDEOLOGIA I Black bloc non possono essere ricondotti ad una vera e propria ideologia, e questo li differenzia, per esempio, dalla pratica politica dei centri sociali. I B.b. non si dicono comunisti né tanto meno sono fascisti. Se proprio vogliamo affibbiare loro una etichetta, sono più vicini all'anarchismo. Sono “contro”. “Siamo i figli del caos e della catastrofe”, così si definivano già nel 1999. Si dichiarano contro lo stato autoritario e repressivo nelle sue varie forme. Sono contro il potere economico e finanziario del quale devastano i simboli, in particolare le banche. “Combattiamo il potere della finanza e della politica ad essa asservita, per una società autonoma da controllo sociale e dalla disciplina del mercato”. Non possono, quindi, essere definiti anarchici, anarcoinsurrezionalisti, no global, comunisti e così via. In Europa sono apparsi prevalentemente durante le manifestazioni caratterizzate dalla presenza della “sinistra antagonista". Va detto che non sono una organizzazione internazionale, ma hanno una grande capacità di raccordarsi e di organizzarsi anche tra gruppi di diversi paesi. A Cremona si è assistito a episodi e comportamenti che rispecchiano a pieno la tattica usata dai Black bloc: sfilare sparpagliati all'interno del corteo, salvo poi costituire il “blocco” nascosti da una cortina fumogena. Non c’è stato lo scontro fisico durante i disordini con le forze dell’ordine, questo anche per volontà, a nostro parere, delle autorità preposte all’ordine pubblico, che hanno fatto di tutto per evitarlo. Le autorità, ossia prefettura e questura, molto probabilmente, sapevano con chi avrebbero avuto a che fare, tanto che la definizione del percorso, che avrebbe dovuto percorrere il corteo, scelta che è stata contestata da molti cittadini perché troppo vicina a via Geromini, è stata in realtà, pianificata allo scopo di contenere, eventuali disordini, in una limitata zona della città che prevedesse ampie vie di fuga. Zona che opportunamente nel frattempo era stata sgomberata di auto e di quant’altro. Di contro la devastazione delle vetrine delle banche, delle assicurazioni, e della sede dei vigili urbani rafforza la convinzione che, sabato scorso, abbiamo avuto a che fare proprio con i Black bloc. 
Cremona 24 gennaio 2015 scontri tra Black bloc e forze dell'ordine

E dunque chi ancora pensa che la guerriglia urbana, sia stata la reazione di giovani vandali sbandati che improvvisamente, magari con la mente annebbiata da qualche canna, diventano violenti, si sbaglia di grosso. Sicuramente, al di là dei gravissimi episodi cremonesi, restano aperte molte domande: sull’identità di quelle persone; sulla loro possibilità di muoversi indisturbati, in Italia ma anche tra Stati diversi; sui finanziamenti su cui possono contare. Avranno necessità di addestrarsi, di studiare sul campo le tattiche; un’organizzazione così non può essere solo su base volontaria. Domande che, per adesso, restano senza risposta.
Cremona 24 gennaio 2015 Black bloc

sabato, gennaio 24, 2015

Non c'è niente di male, basta dirlo

Devo dirlo: ho alcuni amici e conoscenti, militanti o semplicemente simpatizzanti del Pd, che sono visibilmente in imbarazzo a parlare di politica. Forse ricordano quando dicevo loro, in tempi non sospetti: attenzione che Renzi è l'altra faccia della stessa medaglia di conio berlusconiano… loro scuotevano increduli la testa e mi dicevano che, le mie,erano solo “sciocchezze”, posizioni settarie. Macché settarismo, io non mi schiero dalla parte di nessuno, valuto semplicemente i fatti e gli antefatti: e i fatti erano le scelte, le dichiarazioni, lo stile del fiorentino. Ma insomma: ricordate il momento della caduta di Berlusconi? Attanagliato dagli scandali, abbandonato dall’Europa, il sorriso che non sapeva più convincere, lo spread a valori pazzeschi, e poi la condanna definitiva, il servizio sociale, il divieto ad espatriare… Chi avrebbe mai detto, allora, che lo stesso uomo, ridotto in un angolo, oggi potesse essere arbitro di scelte come la legge elettorale e l’elezione del Presidente della Repubblica? Stampella robusta del governo, fedele alleato, nei fatti, in virtù del cosiddetto patto del Nazareno, di un Renzi che sente crescere l’opposizione interna. E chi lo ha affrancato, chi lo ha fatto uscire dall’isolamento, chi l’ha reso di nuovo protagonista e arbitro? Gli amici, di cui sopra, bofonchiano. Secondo me, ancora adesso stentano a crederlo, anzi non vogliono crederci. Oltre ogni evidenza. Guardo divertito lo sbigottimento. E comunque, cari voi, vorrei dire una cosa: non c'è niente di male ad essere “un partito di centro che guarda a destra”, come ha detto un autorevole esponente Pd. L’importante, però, è essere chiari, e non far finta di essere ciò che non si è. O non si è più. #sappiatelo.

sabato, gennaio 17, 2015

AAA offresi posto vacante di capo dello Stato

Nel bene e nel male, Giorgio Napolitano ha sicuramente interpretato in modo nuovo il mandato presidenziale. In modo nuovo e in modo forte: non sarà facile sceglierne il successore (ma in effetti, non lo è mai stato, nemmeno negli anni passati). Leggiamo sulla stampa come dovrebbe essere il nuovo presidente: le sue caratteristiche, il suo profilo. Deve essere sicuramente autorevole (quindi d’esperienza? Del resto difficilmente l’autorevolezza si fonda sulle chiacchiere); deve essere preferibilmente, anche in vista della stagione di riforme, un costituzionalista (il Presidente è garante della Costituzione e dell’ordinamento repubblicano). Però non un “deja vu”: per carità! Un outsider della politica, ci dicono, una persona super partes, ma che sappia essere arbitro e non soggiaccia alla tentazione di scendere in campo in una delle squadre. Non deve aver rivestito importanti incarichi di guida partitica. Deve godere, comunque, della stima della comunità internazionale (un po’ bassa, nonostante il recente semestre italiano alla guida della UE, o forse proprio per quello): condizione imprescindibile, quindi, la conoscenza delle lingue (almeno tre!). Non dimentichiamo che deve avere più di cinquanta anni. Ovviamente deve essere incensurato. E poi, finora abbiamo parlato al maschile, ma non va bene, anzi: dovrebbe essere una donna. Ma ce l'abbiamo uno così? Esiste un soggetto così? Certo, può darsi che esista, ma come si fa a trovarlo: un concorso di idee? La bacchetta del rabdomante? Qualcuno ha scritto che una soluzione ci sarebbe: mettiamo insieme tutti quei pezzi e diamo un incarico al barone Frankenstein.

Daniele Tamburini

sabato, gennaio 10, 2015

Occhio per occhio, fa un mondo di ciechi

Le matite spezzate”: con questa espressione ricorderemo la strage di Parigi, l’assalto al giornale satirico Charlie Hebdo che ha causato almeno venti morti, contando anche la poliziotta francese, colpita vigliaccamente alle spalle, in una sparatoria a Montrouge, gli ostaggi e gli stessi terroristi. Gli attentatori hanno voluto colpire un simbolo: la libertà di stampa, anche se molto, a volte forse anche troppo, irriverente (mi chiedo quando si fermi il diritto di satira e inizi la mancanza di rispetto, ma questo è un altro discorso). Certo è che niente può giustificare il sangue versato. Una cosa è certa: non abbiamo bisogno, e quindi non dobbiamo, sollevare il tema dello “scontro tra civiltà”. Le diverse civiltà, proprio perché “civiltà”, hanno prodotto e producono un’infinita varietà di meraviglie storiche, culturali, comportamentali, culinarie. Chi commette stragi non è “civiltà”, e, nel caso di Parigi, lo sanno bene i moltissimi musulmani che hanno condannato con fermezza quanto è successo. Il dopo 11 settembre ha prodotto, oltre al dolore delle vittime e dei familiari, un rincorrersi esasperato di paure, di odio, di violenze. L’odio chiama odio: se un imam vicino allo Stato islamico (Is) ha rivendicato la strage, non faremmo che il loro gioco, se pensassimo ad una risposta “occhio per occhio, dente per dente”. Il terrorismo va combattuto con fermezza, ma anche con intelligenza e lungimiranza. Scendere sul loro terreno è impossibile, per una democrazia. I nostri “valori” non sono i valori di questi integralisti, inutile illudersi. Le guerre scatenate per “combattere i terroristi”, come è palese, non hanno distrutto il fenomeno. Il terrorismo si combatte togliendo al pesce l’acqua in cui nuota. Le simpatie filo terroriste che si possono avere in alcuni ambienti occidentali non verranno sconfitte dalla pura repressione: al contrario, si darebbe spazio alla mistica del martirio, che per tali realtà è una meta da raggiungere. È difficile convincersene, tanto più quando la rabbia e il dolore gridano vendetta, ma occorre sapere che l’apertura, l’integrazione, la convivenza, ovviamente con regole precise e concrete, sono le uniche strade. Altrimenti, come diceva uno che se ne intendeva, di lotta: “occhio per occhio fa un mondo di ciechi”. Si chiamava Gandhi: ha liberato il subcontinente indiano.

Daniele Tamburini

sabato, gennaio 03, 2015

Chi vorresti come presidente?

Sono prossime le dimissioni di Giorgio Napolitano. E sono molti i nomi che circolano come potenziali candidati
di Daniele Tamburini
Leggiamo nella Costituzione italiana, all’articolo 87: “Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica”. Quindi, il Presidente della Repubblica, nel nostro ordinamento, non ha un diretto ruolo di governo, ma nelle sue mani risiede una altissima responsabilità: quella di essere, appunto, il garante dell’unità nazionale. Ciascuno dei Presidenti che si sono susseguiti, da Enrico De Nicola (il primo, colui che firmò la Costituzione) a Luigi Einaudi (di lui successore, il primo ad essere eletto secondo le norme costituzionali), a Giovanni Gronchi, Antonio Segni (dimessosi in anticipo a causa di un ictus), Giuseppe Saragat, Giovanni Leone (anch’egli, travolto dallo scandalo Lockheed, si dimise in anticipo), Sandro Pertini (il Presidente partigiano, il più amato), Francesco Cossiga (l’ultimo ad essersi dimesso in anticipo), Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napoletano (l’unico ad essere stato incaricato per il secondo mandato), ciascuno, dicevamo, ha interpretato il ruolo in maniera personale e caratterizzata. Ricordiamo De Nicola mentre firma, sorridente, l’atto di promulgazione della Costituzione, attorniato da De Gasperi, Togliatti e Terracini; Einaudi, rigoroso intellettuale liberale; Gronchi, il primo democristiano, il cui mandato fu funestato dagli scontri di piazza del governo Tambroni; Segni, su cui si sono addensate le ombre dell’eversivo “Piano Solo”; Saragat, un vecchio resistente, il primo Presidente di centro sinistra (era socialdemocratico); Leone, giurista di fama, oggi in via di rivalutazione, ma che viene ricordato per gli scandali e per le corna scaramantiche che era uso fare; Pertini, l’amatissimo Presidente con la pipa, partigiano combattente, capace di discorsi memorabili come il famoso “Si svuotino gli arsenali, si colmino i granai!”, il Presidente che esulta per l’Italia che vince il mondiale di calcio, che saluta dolente e partecipe tanti morti negli anni di piombo, che non risiede al Quirinale. E poi Cossiga, personalità istrionica e controversa, il “picconatore” autore di esternazioni che, spesso, parvero travalicare il suo ruolo. Scalfaro, uomo di fede e di cultura, interprete del moto di ostilità del Paese verso quella politica dei corrotti e dei corruttori che veniva alla luce (egli accompagnò la riluttanza di Craxi a dimettersi dalla segreteria del PSI con le parole «chi ha salito le scale del potere deve saperle discendere con uguale dignità»). Ciampi, il livornese dal passato azionista, che cercò di vivificare negli italiani l’amor di patria, sottolineando l’importanza del Risorgimento, della Resistenza, dell'Inno di Mameli e del tricolore, oggetto di alto favore popolare. E, in ultimo, Napolitano, che si è scelto il ruolo di garante di una situazione tra le più difficili della Repubblica (con l’esplosione della crisi del 2008), accompagnando, in modo spesso irritale e oggetto di forti critiche, un percorso di riforme economiche e istituzionali certamente non condivise da tutto il Paese. Chi sarà il prossimo, o la prossima, Presidente? I nomi che circolano, più insistentemente in questi giorrni, sono quelli di Romano Prodi, Walter Veltroni, Pierluigi Bersani, Mario Draghi, Emma Bonino, Anna Finocchiaro e altri. In ogni caso, colui che sarà, dovrà fare i conti con una situazione difficilissima. Presumibilmente, sarà Presidente con la riforma istituzionale che toglie al Senato la caratterizzazione elettiva a suffragio universale. Dovrà vedersela con l’Europa del rigore, spesso, a senso unico. Con l’intenzione di fare un piccolo sondaggio, ho chiesto ad alcune persone (scelte tra i miei contatti di facebook e comunque tra coloro che si interessano di politica, perché ne sono parte attiva, per passione o perché sono cittadini interessati alla propria sorte): “Chi vorresti come presidente della Repubblica?”. Qualcuno mi ha fatto notare che, tra coloro che hanno risposto, prevalgono persone più vicine al centro sinistra. Il motivo risiede nel fatto che alcune persone notoriamente simpatizzanti della destra non hanno risposto o hanno gentilmente declinato l’invito. Ecco le risposte. Caterina Ruggeri «Vorrei Bersani. Persona seria, stimata, competente e con un grande rispetto delle istituzioni. Ha 63 anni: l’età giusta, non voglio un ottuagenario». Franco Albertoni «Direi che la senatrice Anna Finocchiaro potrebbe sicuramente essere una ipotesi interessante... ». Patrizia Signorini «Come presidente della repubblica vorrei Riccardo Muti. Uomo non compromesso e la cui storia professionale parla al mondo dell'identità culturale italiana. Cosa che nessuno dei candidati sopraelencati può minimamente rappresentare. Anzi: sono totalmente il contrario dell'animo del nostro paese». Alessandro Carpani «Prodi, Padoan, Bersani, Finocchiaro? No, grazie. Chi ha voluto l'euro e ha ucciso il nostro Paese non può rappresentare l'Italia, no ai servi di Bruxelles. Io vedrei bene al Colle una mamma disoccupata con figli, perché solo chi sa cosa vuol dire vivere nelle difficoltà può rappresentare al meglio questo Paese». Deo Fogliazza «l mio candidato é Romano Prodi. Ha grande esperienza internazionale (Presidente Commissione Europea, Alto Rappresentante ONU in diverse aree d Crisi nel mondo), è stato per due volte Presidente del Consiglio, è economista di fama internazionale, è stato il padre fondatore del PD ed ideatore di una delle poche novità politiche: l'Ulivo. Si è definito "cattolico adulto" dunque rispettoso della massima "Dare a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio". Potrebbe/dovrebbe raccogliere le simpatie di gran parte del PD, del M5S, di SEL, di Italia Civica. Con Prodi l'Italia sarebbe più forte e rispettata nel mondo». Benito Fiori «Viviamo uno dei più bui momenti della politica e della nostra storia e la personalità chiamata a tanta responsabilità dovrebbe godere della stima di ogni parte politica e che però non vedo. Almeno dovrebbe avere, almeno, una storia personale inattaccabile, di grande esperienza politica e di grande cultura. Le meno lontane dal mio ideale sono la Finocchiaro e, benché indigesta all'opposizione, Gustavo Zagrebelsky». Antonio Agazzi «Gradirei una donna, conosciuta a livello internazionale, a 'scavalco' tra centro-sinistra e centro-destra, conoscitrice del sistema politico istituzionale italiano, con una storia politica alle spalle, specie in termini di impegno sul versante dei diritti umani: Emma Bonino... ma non accadrà». Elia Sciacca «Il mio candidato preferito è Stefano Rodotà essendo Professore di diritto costituzionale ex presidente dell’Autorità garante della privacy, è uno degli autori della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.Il motivo perché lo ritengo una persona molto preparata sul funzionamento delle varie istituzioni dai toni pacati e molto disponibile al dialogo costruttivo ». Roberto Borsella «A mio avviso un candidato serio credibile è Casini. Lunga esperienza mediatore intelligente...che dire... forza Casini», Federico Fasani «Come provocazione direi Berlusconi. Ha esperienza e capacità. Come auspicio Enrico Letta. Giovane e stimato in europa, il vero scenario politico del futuro». Giorgio Everet «Vorrei un Presidente della Repubblica indipendente dai partiti, che pensasse al bene dell Italia, di tutti gli Italiani». Flaminio Cozzaglio «Sceglie la sinistra, che ha i numeri in più: spero si impegni a trovare un Ciampi; o almeno uno che non sia stato in prima fila nelle battaglie della politica». Agostino Alloni «Se fossi uno dei grandi elettori voterei, come Presidente della Repubblica, Massimo Gramellini. Siccome non avrà il consenso necessario voterei in seconda battuta Romano Prodi. MI sarebbe piaciuto votare per una donna che però fatico ad individuare, Emma Bonino non mi pare più una candidatura adeguata alla difficile situazione in atto». Carlo Malvezzi «Ad essere sincero non mi entusiasma nessuno dei nomi che circolano in questi giorni. Molti hanno un sapore antico, altri non hanno dimostrato la necessaria autorevolezza per ricoprire un ruolo di così grande prestigio. Se potessi indicare figure a mio giudizio adeguate proporrei Gianni Letta o Lorenzo Ornaghi per il loro equilibrio, preparazione, rispetto nei confronti di tutti e alto senso dello Stato, ma, essendo candidature improbabili, vedrei meglio di altri Mario Draghi». Giuseppe Trespidi «Il prossimo Presidente della Repubblica dovrà essere giovane vicino ai 60 anni, espressione della Politica: ancorato ai principi della Costituzione, rispettoso delle Istituzioni, con un prestigio nazionale e internazionale riconosciuto. Che abbia nel corso della sua vita dato dimostrazione di rettitudine e capacità politica. In quel ruolo vedrei bene Pierferdinando Casini». Giovanni Biondi «Il mio candidato per la Presidenza è Massimo Cacciari, filosofo e intellettuale, coltissimo ma attrezzato e competente rispetto alle liturgie della politica; sarebbe una Presidenza originale, moderna e innovativa». Carlalberto Ghidotti «Il nome, lo sappiamo, non sarà deciso da Forza Italia. Il mio auspicio è che sia individuato un soggetto slegato dalla vecchia politica e che risponda a valori trasparenti e liberali, in grado di garantire una presidenza davvero super partes». Iago Iachetti «Vorrei Pierluigi Bersani... l'uomo che riunisce l'Italia e la "ditta". Giancarlo Schifano «Credo che il prossimo Presidente della Repubblica sarà Bersani, un uomo delle istituzioni che ha contribuito volendo o nolendo all'ascesa politica di Renzi e ha saputo fare un passo indietro quando ha visto che il partito era spaccato. Sicuramente è il giusto riconoscimento nei confronti di una persona perbene,in grado di essere il garante della Costituzione». Roberto Vitali «Fare retorica elencando quali caratteristiche dovrebbe avere il nuovo Presidente o chi non dovrebbe essere tra i nomi che circolano e fin troppo facile. Allora, senza alcun timore di critica, dico Roberto Benigni». Roberto Poli Credo che Romano Prodi per la sua storia e la sua competenza abbia il profilo ideale del prossimo Presidente della Repubblica Rosita Viola «Vorrei Laura Boldrini perché ha esperienza europea ed internazionale. Ha il senso delle istituzioni ed è attualmente una persona che ha dimostrato di saper fare il Presidente della Camera con equilibrio e in dialogo con tutto il Parlamento. Conosce e riconosce i valori costituzionali in particolare il principio di solidarietà assolutamente necessario in un periodo di crisi generale per "restare umani"». Michele De Crecchio «Tutto sommato, sarei per indicare il buon Prodi, persona seria e consapevole, anche se modesto comunicatore, come purtroppo lamentava anche Montanelli». Gabriele Piazzoni «Il mio candidato presidente è Romano Prodi, persona onesta, con un grande carisma internazionale, simbolo vivente di un centrosinistra che non ha bisogno di fare patti del nazareno e altri indicibili accordi per dare un governo al paese. Una persona che ha saputo dimostrare nei suoi ruoli di governo di avere un altissimo rispetto delle istituzioni repubblicane, e che quindi può ridare il necessario credito alla politica italiana. Inoltre, per aumentare il peso dell'Italia nella difficile trattativa per la modifica dei vincoli economici europei, nessuna persona è più indicata di colui che seppe portare il nostro paese all'interno dell'eurozona ». Anselmo Gusperti «Propongo una rosa di tre nomi: Bonino, Grasso, Draghi. Bonino: donna, di assoluto livello, conosciuta e stimata in tutto il mondo, istituzionalmente affidabile. Ma é invisa alla Chiesa ed ai cattolici intransigenti, che pure sono una parte consistente degli italiani; Grasso: già vice naturale della carica, uomo istituzionale, costituzionalmente affidabile, ha già dato buona prova nel reggere il Senato, imparziale; Draghi: di assoluto prestigio, ma sta facendo il bene dell'Italia e dell'Europa là dov'é e lì dovrebbe rimanere». Francesco Zanibelli «Per quanto riguarda la questione presidenza della repubblica, credo che Mario Draghi possa essere il nominativo più indicato per il prestigioso incarico. Certamente si potrà dire di lui che è molto vicino a quel potere europeo e sovra europeo del quale una dolorosa testimonianza è rimasta col governo Monti, tuttavia la sua competenza e la sua autorevolezza potrebbero appresentare il nostro Paese meglio di altri candidati di cui su legge in questi giorni».

L'eterno presente

La fine del 2014 e l'inizio del 2015 sono stati caratterizzati da sciagure nei trasporti, terribili sul piano umano e cariche di domande su come vada questo nostro mondo (ci sono esseri umani che possono scomparire senza che se ne sappia nulla). Ma il dibattito politico, ormai, è in fibrillazione sull'elezione del (o della?) Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano lascia, lo ha annunciato ufficialmente. Ai posteri un giudizio definitivo sulla sua opera, un settennato più uno scampolo. Per molti è stato un elemento di riferimento importante ed autorevole; per altri, non ha interpretato al meglio il ruolo super partes che la Costituzione attribuisce a tale figura, dando l'impressione, in più di una occasione, di sostenere, costi quel che costi, le scelte di chi governava, come le uniche possibili. D'altronde, il tutto sta nella biografia di Giorgio Napolitano, uomo d'ordine fin dai tempi delle epurazioni nel PCI napoletano. E adesso? Le candidature autorevoli non mancano: lo dimostra anche il breve sondaggio informale che pubblichiamo. Romano Prodi, Pierluigi Bersani, Anna Finocchiaro, Emma Bonino, Mario Draghi..., tutte persone assai qualificate e capaci. Ma, se qualcuno avesse dubbi su quanto possa essere bizzarro questo nostro Paese, la notizia, sotto traccia, più eclatante è quella di un possibile accordo tra Pd e Pdl su Romano Prodi. Proprio lui, colui che Berlusconi vede come il fumo negli occhi e che, nello scontro diretto, lo ha sempre battuto? E Prodi accetterebbe, dopo l'agguato che subì? Ma in politica, si sa, perlomeno in quella di oggi, è meglio non avere né ricordi né rimpianti. È l'eterno presente, lo abbiamo già detto. Sta di fatto che Prodi, ultimamente, è sempre più critico rispetto alla politica della U.E. La sua opinione è più che condivisibile: il rigore a senso unico strozza ogni possibilità di ripresa, e la Germania dovrebbe ricordare quando, per fronteggiare un momento eccezionale, ottenne l'allentamento dei vincoli. Io credo che i governi di Prodi siano stati importanti per il Paese. Soltanto con I suoi governi diminuì il debito pubblico. L'uomo è stimato: anche se critica la politica di austerity, non può certo essere giudicato un allegro scialone. Potrebbe essere lui la figura autorevole per ottenere un cambio di passo? Il semestre di presidenza italiana, a parte l'assicurare un buon posto a Federica Mogherini, non ha sortito grandi effetti. In Europa, in Italia, ovunque servono autorevolezza e preparazione. L'incertezza che ancora permane sulla sorte di chi era imbarcato sulla Norman Atlantic non deve essere metafora per il nostro futuro. 

Daniele Tamburini