sabato, maggio 30, 2015

Coraggio, che il meglio è passato

Siamo agli ultimi fuochi (si fa per dire…) della campagna elettorale per il rinnovo di consigli e presidenti in 7 regioni e di consigli e sindaci in 1.089 comuni. Un test importante, sul quale le varie forze politiche contano per capire come procederà il futuro governativo e istituzionale del Paese: e lo sa molto bene Matteo Renzi, che si è dato un gran daffare per sostenere il suo partito, quel Pd di cui è anche (non dimentichiamolo) segretario. Bravo, lui, che riesce a tenere separati i cappelli di capo del governo e segretario di partito… ammesso che lo faccia davvero. Renzi non pare arcisicuro di un grande successo, e si è lanciato in spericolati pronostici di stampo vagamente calcistico (“dovesse finire 4 a 3…”) o tennistico (“conto nel 6 a 1”…). Mah, ormai dovremmo esserci abituati, al presidente tifoso, al presidente vicino al popolo, al presidente che si fa le selfie con gli operai… deja vu, ma chissà che non paghi ancora. Una cosa è certa: la partita o il set, come la si voglia definire, appassiona senz’altro il personale politico e d’altronde è il loro mestiere, e pazienza se, per qualcuno, si prefigura eventualmente l’eleggibilità, ma poi l’obbligo di dimissioni (roba da matti, vicenda pazzesca, quella del piddino De Luca, che neppure nei peggiori incubi istituzionali avrebbe potuto prevedersi). Il fatto è che si teme un enorme astensionismo. Ma voi, ne sentite parlare, al bar, al mercato, per strada, delle elezioni regionali? Va bene, in Lombardia non si vota, ma mi dicono che sia così dappertutto. E se ciò si dimostrasse vero, andremo avanti così, senza colpo ferire, assistendo allo sgretolamento delle basi partecipative della nostra Repubblica? Intanto, ho letto nuovi dati: l'Italia è l'ultimo tra i 34 Paesi Oese per occupazione giovanile (oltre il 40%). I “Neet”, i giovani né (lavoro)-né (studio) sono arrivati al 26,09%, e non si sono ridotti neanche con la recente riforma del lavoro. L'abbandono scolastico si unisce alla mancanza delle competenze giuste. È vero, si vota per le regionali e comunali, non per le politiche, ma anche Regioni e Comuni potrebbero fare cose molto serie per provare ad intervenire su questi dati: quelli che si eleggeranno e quelli che abbiamo già eletto. Forza, altrimenti la “generazione perduta” di mariomontiana memoria rischierà di essere declinata al plurale. E però l'Istat ci annuncia, dati alla mano, la fine della recessione. Speriamo che sia vero. Intanto, coraggio, che il meglio è passato.

sabato, maggio 23, 2015

Almeno avessimo imparato qualcosa...

Il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, è ottimista: i segnali di ripresa sono sempre più evidenti, il peggio della crisi è dietro le spalle. Ci sarà ancora da lavorare molto, ma la strada è quella giusta. E’ un segnale che giunge anche dal mondo imprenditoriale: il clima, insomma, è cambiato. Giorni fa pensavo a come verrà narrata, tra cinquanta - sessanta anni, questa storia. Si parlerà, mi auguro, della forza d’animo di chi ha resistito, ha reagito, e spero che quelle generazioni future lo facciano dal punto di vista di chi ne è venuto fuori; ma spero che si parli anche del resto. Di chi non ce l’ha fatta e non ce la fa, per esempio. Di chi, in un mondo di sommersi e salvati, direbbe Primo Levi, è rimasto sommerso. L’Ocse ci dice che, in Italia, l’1% dei più facoltosi detiene il 15% della ricchezza nazionale e il 40% della fascia più bassa si spartisce il 5%. Vorrei sperare che dalla crisi non si esca con una situazione in cui chi era già ricco lo sarà di più, chi stava discretamente sarà irrimediabilmente impoverito e chi era vicino ad annegare ne resterà, appunto, sommerso. Non sarebbe un modo lungimirante di uscirne. Vorrei sperare che la crisi - e anch’io ne voglio parlare come se fosse dietro le spalle - ci abbia insegnato che, dagli altari alla polvere, il passo è breve; che la rincorsa dissennata allo spreco e allo sfruttamento portano in un precipizio. Spero che il mondo, allora, abbia imparato a fronteggiare le grandi crisi internazionali e che le minacce di distruzione delle migliori forme di civiltà umana siano state debellate. E poi, mi domando: la politica avrà imparato qualcosa? Avrà capito che il bene comune è più importante del primato nel cortile di casa? Avrà capito che occorrono, anche e soprattutto in politica, tenacia, umiltà, capacità di ascolto, onestà? Come dite, ne dubitate? Anch’io.

domenica, maggio 10, 2015

Imbonitori e sarti

Tutto secondo copione. La legge elettorale, che non è una barzelletta, ma che stabilisce il modo con cui i cittadini possono eleggere i loro rappresentanti, dando corpo, così, ad uno dei diritti democratici fondamentali (anche se sempre meno cittadini se ne avvalgono…), insomma l’Italicum, adesso, appunto,è legge. E' stato approvato in via definitiva dalla Camera con la procedura del voto di fiducia. Ora, io non voterei neppure un capocondominio con il voto di fiducia. Il governo pone la questione di fiducia su una legge, in quanto la qualifica come un atto fondamentale della propria azione politica e fa dipendere dalla sua approvazione la propria permanenza in carica. Sapete quante sono le fiducie fatte votare dal governo Renzi? Arrivano, se si escludono le ratifiche di trattati internazionali, al 70%. E come funziona la “fiducia”? Basta chiacchiere, basta discussioni, dice il governo, qui si deve lavorare, qui si produce, e allora, si voti la fiducia, altrimenti cade il governo stesso. Come principio e come metodo, non c’è male. Non credo che venga utilizzato neppure nelle famiglie più all’antica: ve li figurate, voi, un padre o una madre che battono il pugno sul tavolo e dicono: “ora basta!”, e i figli tacciono ed obbediscono, tremebondi? In Parlamento succede di continuo. E quando sarà effettiva la riforma del Senato, i pugni da battere saranno ancora meno, con meno fatica. Io non capisco come facciano così tanti parlamentari ad accettare questo stato di cose: dalla carota al bastone, dai toni di imbonitore di paese alla grinta del capo. O meglio, lo so: i capilista saranno bloccati, garantiti, quindi, vi immaginate che appetiti si scateneranno? Tutto ruota attorno alla figura del premier, al “sindaco d’Italia”, al capo del “partito della nazione”. A me fa un po’ paura. Poniamo che “venga su”, come dicevano i vecchi, un tizio con idee pericolosamente autoritarie (dice il mio lato ottimista: ma no, non sarebbe possibile, in Italia siamo vaccinati… ma ribatte il mio lato non ottimista: intanto, nelle liste delle regionali si stanno accettando elementi di ogni risma…). Un premierato forte, che rischi comporterebbe? Chi farà da arbitro, da garante, da contrappeso, visto che sparirà anche il bicameralismo? Avremo, invece che un bipartitismo imperfetto un monopartitismo perfetto, si chiede qualcuno? Questo percorso fa paura a molti, non solo a me, e non solo alle opposizioni: lo abbiamo visto. In nessuna democrazia europea la governabilità dipende dal premio di maggioranza. E poi, mi domando: strappo su strappo, dove si intende arrivare? Chi potrà essere un sarto capace di rammendare un tessuto così liso?

venerdì, maggio 01, 2015

Expo, respiro universale e miserie quotidiane

Sapete da cosa nasce l’idea dell’Esposizione universale? Tenuto conto che la prima si tenne a Londra nel 1851, vi predominava il desiderio di mostrare le capacità, l’industriosità, il genio di cui era capace l’essere umano. Un’idea quasi illuministica: l’intelletto e l’operosità possono spingere l’uomo a raggiungere traguardi impensabili; la scienza e la tecnica permettono di dominare il mondo. Non a caso, per quella di Parigi del 1889 fu costruita la Torre Eiffel, gigantesco simbolo della capacità umana di sfidare i limiti posti dalla natura. È cambiato tutto, ovviamente, e la fiducia nella scienza e nella tecnica è caduta, di fronte ai grandi disastri ambientali, al loro utilizzo per dare morte anziché vita, e, soprattutto, all’incapacità di risolvere molti grandi problemi dell’umanità. Non a caso, l’Expo di Milano è dedicata al cibo e all’alimentazione: non è un argomento alla moda, ma, nel nostro mondo, ipertecnologico da un lato (molto ridotto), e immerso, ancora in gran parte, nella miseria, la vera e propria tortura della fame viene subita ancora da moltissime persone. Ci sarà sostenibilità futura, in questa nostra Terra? Noi siamo in altre faccende affaccendati, nel nostro scorrere quotidiano, spesso difficile e faticoso: ma è bene prestare attenzione, ogni tanto, a questi grandi temi. Servirà l’Expo per questo? Forse. Certo che non hanno aiutato le accuse di malaffare intorno all'Expo, i tempi concitati di preparazione, gli svarioni, come quello delle cartine geografiche sbagliate… speriamo che vada tutto bene. Speriamo che non finisca come con Potemkin, che, per accontentare la zarina Caterina di Russia, fece costruire bellissimi scenari di cartone per nascondere la cruda realtà delle contrade che attraversava. Speriamo che il doverci misurare con i problemi mondiali di tale importantissima natura faccia un po’ alzare la testa dalle nostre beghe quotidiane: ma non credo. Continuiamo ad assistere ad una concezione proprietaria, un po’ bulgara, del potere e delle istituzioni, che si discosta da una tentazione di autoritarismo quando assume toni da infanzia offesa: “se non si fa come dico io, allora tutti a casa!”, “il pallone è mio, le regole le faccio io, altrimenti non si gioca più”. Ne troviamo le tracce a Roma, e anche a Cremona. Certo, è un meccanismo che sembra anche funzionare, almeno per ora. Voglio solo sperare che l’Expo, con il suo respiro universale, faccia alzare un po’ lo sguardo in alto, come intendeva fare la Torre Eiffel