Il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, è
ottimista: i segnali di ripresa sono sempre più evidenti, il peggio della crisi
è dietro le spalle. Ci sarà ancora da lavorare molto, ma la strada è quella
giusta. E’ un segnale che giunge anche dal mondo imprenditoriale: il clima,
insomma, è cambiato. Giorni fa pensavo a come verrà narrata, tra cinquanta -
sessanta anni, questa storia. Si parlerà, mi auguro, della forza d’animo di chi
ha resistito, ha reagito, e spero che quelle generazioni future lo facciano dal
punto di vista di chi ne è venuto fuori; ma spero che si parli anche del resto.
Di chi non ce l’ha fatta e non ce la fa, per esempio. Di chi, in un mondo di
sommersi e salvati, direbbe Primo Levi, è rimasto sommerso. L’Ocse ci dice che,
in Italia, l’1% dei più facoltosi detiene il 15% della ricchezza nazionale e il
40% della fascia più bassa si spartisce il 5%. Vorrei sperare che dalla crisi
non si esca con una situazione in cui chi era già ricco lo sarà di più, chi
stava discretamente sarà irrimediabilmente impoverito e chi era vicino ad
annegare ne resterà, appunto, sommerso. Non sarebbe un modo lungimirante di
uscirne. Vorrei sperare che la crisi - e anch’io ne voglio parlare come se fosse
dietro le spalle - ci abbia insegnato che, dagli altari alla polvere, il passo è
breve; che la rincorsa dissennata allo spreco e allo sfruttamento portano in un
precipizio. Spero che il mondo, allora, abbia imparato a fronteggiare le grandi
crisi internazionali e che le minacce di distruzione delle migliori forme di
civiltà umana siano state debellate. E poi, mi domando: la politica avrà
imparato qualcosa? Avrà capito che il bene comune è più importante del primato
nel cortile di casa? Avrà capito che occorrono, anche e soprattutto in politica,
tenacia, umiltà, capacità di ascolto, onestà? Come dite, ne dubitate?
Anch’io.
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