venerdì, aprile 30, 2010

Lo showdown tra Oni e Ini.

Come finirà la crisi che si è aperta nel centrodestra dopo lo scontro Berlusconi-Fini? Vedremo. Certo che questo è un ulteriore segnale della incertezza che domina la vita politica italiana di questi ultimi anni. Chi lo avrebbe detto, neppure due anni fa, con il centrodestra trionfatore alle elezioni politiche, che si potessero paventare elezionianticipate …
Come vorrei poter leggere quello che, tra cent’anni, diranno gli storici sulla figura del capo del governo. Personaggio che oggi a me pare così paternalisticamente ottocentesco e premoderno, nel suo modo di intendere la politica, e invece così capace, da imprenditore, di interpretare ed anticipare, in molti casi, i tempi: l’impero mediatico, l’impatto della comunicazione. Una commistione inedita, tra il cipiglio del padrone delle ferriere, che decide e dispone e mal accetta critiche ed opposizione, e la spregiudicatezza del cittadino Kane in “Quarto potere”, antesignano dell’enorme capacità dei mezzi di informazione di influenzare e formare l’opinione pubblica. Sta qui forse la radice del successo di Berlusconi, nella sua “differenza”, nella sua capacità di impersonare ed esprimere linguaggi e codici diversi che tanto affascinano la maggioranza degli italiani. Una capacità di persuasione che arriverà a convincere il popolo, in una totale confusione tra scienza e economia, che anche il nucleare è cosa buona e giusta. Intanto l’opposizione, a mio parere, invece che discutere se Fini sia “accidente” o sostanza dovrebbe vincere il panico da elezioni anticipate e scegliere in fretta identità, alleanze e magari il candidato. Dovrebbe insomma sapere chi è e cosa vuole. Bossi lo sa, Berlusconi pure e lo sa anche Fini. Il centrosinistra ancora se lo domanda. Chiudo con la domanda, un po’ provocatoria, che l’on. Pizzetti si pone: è anomalo Berlusconi o è anomala l’assenza di un’alternativa, nel nostro Paese?

Daniele Tamburini

venerdì, aprile 23, 2010

La ricompensa per la saggezza

Per un lungo periodo, nella storia dell’umanità, l’anziano ha ricoperto un ruolo essenziale. In famiglia, si attendeva dalla sua voce il sì o il no finale ad una scelta importante. In molte società, il “consiglio degli anziani” ha retto la cosa pubblica. Al lavoro, ti dicevano: “impara da chi è più anziano di te”. Anziano come sinonimo di venerando, saggio, maestro paterno. Per alcuni versi, si trattava di una costruzione mitologica: spesso i comportamenti erano di tipo gerarchico, fortemente autoritario. Se stavi in quel modello, bene, altrimenti lo pagavi con conflitti e allontanamenti. Arriva il Novecento, e la storia galoppa, e tutte le certezze vengono messe in discussione, compresa quella del valore dell’esperienza e della tradizione. Si afferma un altro mito: la gioventù. “Giovinezza”, cantavano durante il ventennio; giovane è bello, efficace, al passo con i tempi. Essere giovani diventa sempre più un valore, nella società dell’immagine. Ma i giovani restano spesso al palo, sempre più precarizzati. E gli anziani Stanno tra Scilla e Cariddi, tra l’accusa di togliere risorse ai giovani e la realtà di un ruolo sociale sempre più scarso (escluso che in politica? Lì gli anziani prosperano …). E se una delle riforme più condivise degli ultimi anni è stata quella che ha innalzato l’età pensionabile, in Francia, Martine Aubry, leader politica recente vincitrice delle elezioni regionali, sostiene che si debba compensare la sagesse (la saggezza), innalzando, sì, ma il valore delle pensioni. Significa che nel resto dell’Europa girano anche idee diverse da quelle che qui appaiono scontate. Scontate? Provate a chiedere a un padre: “Lo sai che tuo figlio andrà in pensione a 68 anni?”.

Daniele Tamburini

venerdì, aprile 16, 2010

C'è chi non ci sta

Avviene anche qualcosa di bello. Spesso siamo portati a pensare che il nostro non sia un Paese per chi è debole: malato, povero, vecchio, svantaggiato, o semplicemente precario. Se nascono pochi bambini, è perché molte donne e molti uomini giovani si chiedono se saranno abbastanza forti per condurli ad avere tutte le opportunità che una nuova vita merita. Perché questo, penso, è il vero rispetto della vita: cercare di far sì che ognuno abbia le opportunità per crescere in dignità e in libertà. Ci sono zone del mondo in cui questo è impossibile, per la miseria estrema, per la guerra, per la persecuzione. Ci sono situazioni, anche qui da noi, sempre più difficili. Bene: per poter crescere come cittadini consapevoli, preparati, in grado di dare il proprio contributo alla società, l’educazione, la cultura e la scuola sono mattoni essenziali. Allora, qui vicino a noi, a Adro nel bresciano, un imprenditore, che ha voluto rimanere anonimo, ha saputo che le famiglie di alcuni bambini delle elementari, in difficoltà economica, non avevano pagato la mensa scolastica, e che, quindi, i piccoli stavano per essere esclusi dal servizio mensa. Giova ricordare che una legge dello Stato sancisce l’obbligo di frequenza del tempo mensa. Questo signore ha scritto una lettera bellissima, senza alcuna retorica, piena di memoria e di rispetto. Ma non solo: ha detto ”Pago io”. Ha rimesso il debito di quelle famiglie. Ha scritto: ” Io non ci sto. Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi, ma un infinito patrimonio di dignità… Sono certo che almeno uno di quei bambini diventerà docente universitario o medico o imprenditore o infermiere e il suo solo rispetto varrà la spesa”. Consapevole di compiere un gesto simbolico, ma di una portata enorme. Sono le ragioni della solidarietà, dell’umanità, del rispetto. Dare una mano quando si può.
Non è una cosa da poco.

Daniele Tamburini

venerdì, aprile 09, 2010

Non si scrive sui muri !

Così ci intimavano quando eravamo bambini. Poi abbiamo scoperto la creatività dei murales, che fossero quelli dei messicani Siqueiros e Rivera, o quelli di Valparaiso, o del Maggio francese. La cultura e l’espressione uscivano dall’ambito chiuso di accademie e musei, e potevano e dovevano esprimersi in libertà nel tessuto urbano. Non solo immagini, ma anche slogan, pensieri, versi. Ricordo il tempo de “L’immaginazione al potere”. Negli anni, qualcuno ha parlato di una forma d’arte, la street art: ospitata in rassegne, musei, esposizioni. Da sempre si dibatte attorno alla questione di cosa sia arte. È certo che un bugnato rinascimentale o un marmo neoclassico lordati da scritte non siano tollerabili, così come una statua incisa con cuoricini infranti o, più banalmente, il muro perimetrale di un’abitazione appena ridipinto, dopo sofferte riunioni condominiali, su cui qualcuno inneggi alla squadra del cuore o dileggi l’avversario. D’altra parte, alcuni dei vecchi, brutti palazzoni della Berlino comunista sono stati coperti di graffiti e murales colorati, e questi lampi di luce rompono un grigio uniforme. Sono molte le città che scelgono anche questa strada di design urbano. A me piace il murales di via Postumia realizzato due anni fa in occasione della manifestazione Gemini Muse voluta dall’assessorato alle politiche giovanili con, oltretutto, il contributo della Regione. A Milano, invece, il Comune ha portato in tribunale, per imbrattamento molesto, uno dei più famosi “graffitari”, Daniele Nicolosi, conosciuto come Bros ,che ha peraltro esposto le sue opere anche a PalazzoReale, definito da Sgarbi “un Giotto moderno”. Chi avrà ragione, allora? Potremmo dire che le crociate, come sempre, servono a ben poco. Che questa forma di espressione è tipica della modernità e che occorre trovare modi di gestione mediata, con buon senso ed equilibrio. E che, forse, le emergenze economiche, sociali, di sicurezza di una città come Milano, e non solo, sono altre.

Daniele Tamburini