sabato, marzo 28, 2015

Vogliamoci bene, pensiamo alla salute

L'inceneritore di Cremona chiuderà. O, almeno, così pare. Lo aveva assicurato il sindaco Galimberti, già in campagna elettorale, e lo ribadisce il segretario del Pd cremonese Matteo Piloni, in un’intervista che pubblichiamo su questo numero de “Il Piccolo”. C’è da esserne soddisfatti? Sarà la volta buona che “usciremo dal Medioevo della gestione dei rifiuti”, come, con felice espressione, ha detto il coordinatore di Sel, Gabriele Piazzoni? Noi abbiamo sempre sostenuto questa scelta, e anzi, c’è da chiedersi come mai, nelle aspre polemiche degli ultimi tempi, il tema della salute pubblica non sia emerso con sufficiente chiarezza. La salute pubblica è, o meglio dovrebbe essere, a norma di Costituzione, un bene pubblico inalienabile e non contrattabile: sia perché ciascun individuo è unico ed irripetibile ed ha il diritto alla vita ed alla salute; sia perché, in termini forse più freddi, ma veri, il costo sociale di malattie importanti, che, come è provato, possono essere provocate dall’inquinamento, è enorme. La vicenda amianto, da questo punto di vista, dovrebbe essere una lezione incancellabile. Tutto bene, quindi? Speriamo. Speriamo che non prevalgano le ragioni legate alla convenienza contingente di tenere aperto un impianto, la cui chiusura comporterebbe, secondo lo studio del Politecnico, un forte impatto economico: circa 38 milioni di euro. Speriamo che, in questo percorso, sia tutto trasparente: noi ci fidiamo delle rassicurazioni, ci mancherebbe, ma le vicende legate a telefonate concitate, a scambi di mail “riservate”, a dimissioni presentate non rassicurano poi troppo. Ci chiediamo ancora una volta: perché non esprimersi con chiarezza sempre, e non solo nei comunicati ufficiali? Perché non essere trasparenti sempre? Perché non dire: guardate, noi confermiamo la scelta, ma certamente i problemi ci sono, quindi affrontiamoli con ponderazione insieme? Perché l’arte del governare deve, troppo spesso, ridursi ad essere arte del “dico e non dico”? 
Va beh, vogliamoci bene e pensiamo alla salute.
Daniele Tamburini

sabato, marzo 21, 2015

Cesarismo de’ noantri

A me piacciono i programmi di storia, mi piace molto la storia di Roma antica. Capisco perché gli americani ci abbiano fatto così tanti film: è epica, eroica e umana al tempo stesso. Sere fa, ho visto un programma su Giulio Cesare. Ne parlano Plutarco e Svetonio, mica scherzi. Cesare a cui viene offerta la corona, e lui la rifiuta, la lancia via, ma gliela ripropongono, e ancora lui la lancia via… sembra davvero di stare in un film: intorno, i maestosi marmi di Roma. Ma i congiurati non si fidano, sanno quanto Cesare, in realtà, ami il potere, e affilano i pugnali. E ora, immaginiamo le nostre piazze, le nostre strade, i nostri Comuni: non il foro di Roma. Là Cesare, qui personaggi che sono a lui comparabili per un verso solo: la ricerca del potere. Un cesarismo de' noantri, è quello dei nostri politici (e non solo), mi veniva da dire guardando il programma. E non si smentiscono mai… pensiamo al caso Zamboni - inceneritore. Si tratta, evidentemente, di una questione molto delicata: dietro c’è tanta roba. E guardiamo l’incredibile superficialità, l’alzata di spalle con cui il Comune ha tentato di liquidare la faccenda. Meno male che si parla di trasparenza, di capacità di comunicazione istituzionale. Non sanno neppure trattare i media con equanime attenzione. Certo, è palese che l'opposizione abbia voluto convocare la commissione quel giorno lì, in maniera anche pretestuosa, per mettere in difficoltà la maggioranza, ma, appunto, l'opposizione fa l'opposizione. Zamboni dice che l’assessora lo ha pressato perché non si presentasse alla suddetta commissione. Caspita, si aspettava che lui tacesse? È davvero così ingenua? Se è arrivato a dare le dimissioni, c’è dietro qualcosa di grave, o no? Raramente un manager presenta le proprie dimissioni per una crisi mistica o per darsi all’ippica. Domanda sul caso all’assessora: e questa risponde in modo arrogante. Niente di nuovo sotto il sole, è lo spirito dei tempi, è, appunto, il cesarismo de' noantri. Un atteggiamento che a me non piace e che non dovrebbe essere proprio di una persona incaricata di pubblico ufficio, ma, ormai, le cose vanno così. In taluni casi può essere che il potere dia alla testa, ne abbiamo di esempi, hai voglia tu, e non solo nelle istituzioni. Li metti lì, sul gradino più alto, e alcuni diventano arroganti, fanno la voce grossa, si fanno tronfi; altri diventano improvvisamente onniscienti: so io cosa bisogna fare. Ma tutti sanno bene quando scodinzolare, quando invece voltarsi dall'altra parte. Alcuni, poi, si atteggiano a grandi manager, salvo combinare disastri. Però l’ingenuità no, non è scusabile, ed è anche pericolosa. È un'ingenuità che non fa i conti con la realtà, con i rapporti di forza, con come stanno le cose. L'assessora dovrebbe dare le dimissioni? Per carità, non lo farà, non lo fa nessuno (però il ministro Lupi le ha date: chapeau). Ma ci sentiamo di suggerire una cosa: signor sindaco, se dimissioni dovessero esserci, anche solo un accenno… colga l’attimo, le accolga subito.

Daniele Tamburini

sabato, marzo 14, 2015

Senza Parole...

Certo che la vicenda del finanziamento della manifestazione “Le corde dell’anima” è quanto meno singolare, se cerchiamo di vederla con occhi liberi da preconcetti. Allora: il Comune sostiene che, fin dallo scorso settembre, aveva fatto sapere a PubliA (organizzatrice della manifestazione) che non sarebbe stato in grado di assicurare, per il 2015, lo stesso contributo erogato nel 2014. Da notare che i novantamila euro dati nel 2014 erano addirittura il triplo rispetto agli anni precedenti, e questo in tempi già difficili per i bilanci dell’Amministrazione. Ma tant’è: mi pare di ricordare che, lo scorso anno, ci siano state le elezioni per la carica di sindaco e che il giornale La Provincia sostenesse apertamente la candidatura di Perri... Comunque, il sindaco Galimberti propone di svolgere una edizione ridotta, magari in collegamento all’Expo di Milano, potendo assicurare una cifra, al massimo, di trentamila euro. Dall’altra parte, giunge una risposta che, francamente, stupisce: allora non se ne fa di nulla. Ma come, non era possibile fare una manifestazione ad un costo inferiore? O magari, non era possibile prevedere alcuni spettacoli a pagamento, in modo da poter compensare il minor contributo pubblico? Forse non sarebbe stato più conveniente mettersi attorno a un tavolo e vedere che cosa era possibile fare? La concertazione non è più di questo mondo? Il confronto neppure? Allora il Comune è scevro di responsabilità, completamente trasparente? In questa vicenda, sembrerebbe proprio di sì. Ma ecco che, su un altro versante, arriva una doccia fredda. Il presidente di Aem Gestioni Federico Zamboni dà le dimissioni, denunciando «pressioni» da parte dell’Amministrazione perché non si recasse ad una audizione della Commissione vigilanza del Comune. Il fatto, se confermato, sarebbe di una gravità inusitata: roba da singolar tenzone! Invece, il Comune, serafico, risponde: «Prendiamo atto dell’annuncio di dimissioni da parte del Presidente Zamboni e lo ringraziamo per il lavoro svolto». Aplomb? Imbarazzo? Non lo so proprio. Da una parte si invoca la trasparenza, dall’altra si mette il silenziatore ad una bomba. Che succede in piazza del Comune? C’è doppiezza? Ci sono piani separati? Qualcosa si può dire e qualcosa no? Vedo in giro gente stanca, demotivata, attonita, stizzita, incazzata... Da ultimo vi racconto questa. Giunge in redazione una lettera firmata Renato Fiamma, l'assessore del Pd, quello per il quale l'ampliamento del poligono di tiro potrebbe risovere i problemi economici, occupazionali e di turismo a Cremona. Pubblichiamo fedelmente il contenuto della lettera e come conseguenza veniamo tacciati di scrivere il falso. Scopro che la lettera non solo non era stata scritta da Fiamma, ma l'occulto estensore non si era nemmeno preoccupato di avvertire l'assessore. La mozione per l'ampliamento del poligono viene presentata, lunedì scorso, in consiglio comunale e approvata a larga maggioranza, nonostante i distinguo del sindaco e i mal di pancia di buona parte del Pd, costretti a sottostare ad una specie di ricatto. Mah, che dire, non ho parole... Domani me ne vado al mare, lontano da tutto questo.

Daniele Tamburini

sabato, marzo 07, 2015

Cosa c’entra Tognazzi con il poligono di tiro?

Vi ricordate i basettoni? E il borsello? Gli abiti alla moda, di quel tempo, che oggi sembrano così ridicoli? La 600 Fiat con la quale andavamo a scoprire il mondo, e poi le danze delle donne che rivendicavano il loro ruolo e l’impeto delle manifestazioni politiche, il livello di scontro che si alzava. Avevamo tanti sogni, tante speranze, in quegli anni ’70 (allungati al finire dei ’60 ed all’inizio degli ’80): per il presente e per il futuro. E persino la Balena bianca, la Dc, dava voce ai diversi modi di vedere il mondo e le cose. Le correnti, così spesso aspramente criticate, erano anche dislocazioni di potere, ma non solo: c’erano diversificazioni reali, politiche e culturali. Si sentiva, si percepiva, che una pluralità di emozioni di voci, di aspettative, di idee percorreva il Paese. Non si sottraeva, Ugo Tognazzi, a quella temperie. Una certa malinconia, simile a certe caligini padane, e la grande capacità di interpretare umori e debolezze della società a lui contemporanea. C’erano stati il federale e i mostri, poi l’immorale e il ruolo nel “Porcile” di Pasolini, e poi il conte Mascetti e l’umanità vivisezionata de “La terrazza”, e la straordinaria “Tragedia di un uomo ridicolo”. Eppure, Tognazzi non era il classico attore “impegnato”: viveva nel suo tempo, viveva il suo tempo con occhio attento e partecipe. Si sentiva uomo del suo tempo (collaborò anche allo scherzo del “Male”: “Tognazzi capo delle Brigate rosse!”). Ecco il punto: sentirsi partecipi del proprio tempo, e non, semplicemente, oggetti passivi, che è il grande rischio di oggi. Lo vedo, ahimè, anche nei giovani. Lo vedo in chi non spera più, o non ha mai sperato, di poter avere voce in capitolo, di essere, magari un minimo, protagonista delle scelte e delle situazioni. In alto sopra di noi, la cupola mondiale delle banche e della finanza e di una politica che non ti guarda negli occhi, che non ascolta, ma che blandisce e proclama. Più vicino a noi, vediamo nei ruoli decisori persone che, magari, subordinano le proprie scelte di appartenenza al fatto di non ricevere soddisfazione alle proprie richieste. Che dire? Un tempo si decideva l’appartenenza rispetto a cosa si pensava della guerra nel Vietnam, oggi rispetto all’accoglimento o meno della proposta di ampliare un poligono di tiro. Mah, a volte mi dico, sconsolato, che forse hanno ragione ora. Adesso, che ho più passato che futuro, sia chiaro non rimpiango niente: ho vissuto il mio tempo, ne sono stato partecipe, ho fatto quello che volevo fare, quello che mi piaceva fare, con passione e caparbietà. Quella caparbietà che anche oggi mi consente di vivere questo tempo indistinto che, a dire il vero, mi piace un po' meno. 

Daniele Tamburini