Sappiate che giovedì 30 aprile verrà eletto il nuovo consiglio direttivo del
Consorzio Agrario. E allora? Direte: è cosa che riguarda gli agricoltori, certo,
ma il Consorzio è anch'esso un centro di potere economico, un asse portante
degli assetti del potere cittadino, al pari di Cremona Fiere, della Camera di
Commercio eccetera. Come tale, influisce sulle vicende cittadine. Le votazioni
preliminari per l'elezione dei delegati, svoltesi in questi giorni, hanno visto
prevalere la Coldiretti con 63 delegati, contro i 58 della Libera Associazione
Agricoltori. Quindi, sembrerebbe che il prossimo presidente del Consorzio possa
essere un “coldiretto”… ma le certezze non sono mai tali, quando c’è di mezzo un
potere importante. Le sorprese non si possono escludere: ci furono, lo
ricordiamo, nelle elezioni del 2009, quando, per contrasti interni, alcuni
delegati della Coldiretti, guidati dall'attuale presidente Voltini, “tradirono”
il mandato, votando la lista della Libera Agricoltori che proponeva Ernesto
Folli presidente. La Coldiretti, importante associazione, reclama oggi maggiore
spazio e potere: è ora di cambiare, “cambiare è possibile”, dicono e fanno
scrivere, avvalendosi di un momento favorevole, vista la debolezza dei vertici
dell'altra ancor più importante associazione, cioè la Libera. Venti anni fa, la
Libera presiedeva i più importanti gangli del potere economico: la Banca
Popolare di Cremona, la Camera di Commercio, l'Ente Fiera, il Consorzio, oltre a
detenere la proprietà del giornale “La Provincia”, che, per anni, ha costituito
una sorta di monopolio dell'informazione. Piazza del Duomo rimane ancor oggi la
rappresentazione plastica del potere: c'è quello religioso, quello
amministrativo (il Comune), quello economico, con la sede della Libera, proprio
sopra la Banca. Alla presenza perspicua della Libera nella mappa del potere
cittadino di allora veniva attribuito quel conservatorismo della città, così
definito, inteso come immobilismo e conservazione dello status quo. Questo
assetto di potere, ora, si sta sgretolando: è sempre più evidente, tanto che,
per conservare la presidenza di Cremona Fiere, c'è voluto l'intervento deciso e
decisivo di Arvedi, che ha imposto alle categorie economiche la conferma di
Piva. C’è da dire che durante la presidenza di Piva, per merito suo o del
management, la Fiera ha conquistato maggiore importanza e risonanza a livello
internazionale, e questo lo si deve riconoscere. Se poi questa possa essere un
motivo sufficiente del perché Arvedi si sia così speso, mettendosi di traverso a
molti, non è dato sapere. C'entra il possibile acquisto del giornale “La
Provincia”? C'entra la compartecipazione nell'Ilva di Taranto? C'entra
quant'altro? Non si sa , ma presto lo sapremo e avremo modo di tornarci. La
mappa del potere cremonese, comunque, si sta riorganizzando, come in quelle
partite di scacchi in cui alfieri, cavalli, re, regina, torri e... tante pedine,
a grandezza naturale, si muovono su una grande scacchiera.
sabato, aprile 25, 2015
sabato, aprile 18, 2015
Tutto cambia perché nulla cambi
Si sente spesso dire, e io stesso l’ho detto in più occasioni: la politica
ormai è un teatrino, con tanti attori che non partono da posizionamenti e scelte
precise, ma che si muovono sulla base del gradimento, del consenso, dei sondaggi
d’opinione. Ed è vero. Leggere le prime pagine dei giornali equivale, molto
spesso, a guardare un noioso incontro di tennis (che, quando è noioso, lo è
davvero!). Tant’è che anche i sommovimenti maggiori (il redde rationem nel
centrodestra, l’accelerazione della Lega in senso lepeniano, gli scossoni nel
Pd, che lascia per strada pezzi di partito, iscritti, deputati e anche il
capogruppo Speranza), diciamocelo, interessano poco. Ma… c’è un ma: abbiamo
questa sensazione di inconsistenza, perché, in realtà i giochi veri sono proprio
altrove. Il potere che oggi è quello “vero”, quello legato all’economia ed alla
finanza, eccome se si sta ristrutturando. E la sensazione è che a qualcuno
interessi moltissimo delineare la nuova mappa nazionale di questo potere. Vi si
vedono volti nuovi, ma non troppo. Rotture, ma nella continuità. Più o meno
giovani boiardi che sono cresciuti, comunque, nelle antiche case del potere, di
questo potere. Il potere è una categoria che, durante una stagione vicina
cronologicamente, ma lontana anni luce, nei contenuti e nello stile, si diceva
dovesse essere destrutturato, messo in discussione, decostruito. Questo potere è
oggi un moloch apparentemente invincibile. Gestisce le nostre cose e le nostre
vite. Garantisce il futuro di pochi, mentre per tutti gli altri il futuro sta
nella declinazione dei verbi: “Riformerò, rottamerò, farò, cambierò...”. Forse
ha ragione chi decide di scenderci a patti, perché la rivoluzione non è certo –
o non lo è mai stata – dietro l’angolo. Nel nostro “piccolo” gli esempi recenti
non sono mancati (leggi Ente Fiera), e nel bene o nel male il potere, quello che
decide, a prescindere, passa su tutto e su tutti. Tutto cambia perché nulla
cambi.
Daniele Tamburini
sabato, aprile 11, 2015
Il cielo è azzurro ma l’umore no
Si vorrebbe parlare della primavera che, ormai, si impone, nelle giornate più
lunghe e nei cieli azzurri, ma come facciamo ad ignorare i tempi oscuri? Quando
sono di umore nero non dovrei scrivere? Forse sarebbe meglio di no. Ripenso alla
tragedia del tribunale di Milano, e le mie riflessioni sono molto confuse e
ambivalenti. Da una parte, l’orrore di tre vittime uccise a freddo, mentre
stavano svolgendo il proprio lavoro. Eravamo tristemente abituati alle stragi
nelle scuole americane: il folle che entra e spara all’impazzata. Beh, ci stiamo
globalizzando anche in questo, e il rischio è che chi svolge un servizio
pubblico venga sempre più individuato come bersaglio “fisico” al posto di uno
Stato che si percepisce sempre più lontano e ostile. Ma vorrei dire
qualcos’altro: ho letto che il giudice ucciso era conosciuto per la sua
inflessibilità. E questo è senz’altro un merito: una giustizia corruttibile non
è giustizia, e il giudice Ciampi ha pagato con la vita la sua rettitudine. Ma
non ho potuto fare a meno di riflettere sulla solita prassi italiana
dell’utilizzo di due pesi e due misure. Mi riferisco alla condanna della Corte
di Strasburgo per il ricorso alla tortura nei giorni del G8 del 2001: tutti
abbiamo o dovremmo avere negli occhi le persone pestate, con una violenza
smisurata e ingiustificata, alla Diaz e a Bolzaneto. Qualcuno parlò di
macelleria messicana. E tutti sappiamo chi fosse, allora, capo della polizia:
Gianni De Gennaro, ora manager della Finmeccanica. E tutti abbiamo letto le
parole di Renzi: “massima fiducia in De Gennaro”, capo di quei poliziotti (pochi
per fortuna) che hanno compiuto quelle violenze ora condannate come reati di
tortura, al pari dell’Argentina dei generali golpisti. Qui la rottamazione non
vale, riflettevo, e il peso e la misura sono altri. Brutte riflessioni, non c’è
dubbio. Dov’è l’equanimità che si chiederebbe a chi regge la cosa pubblica?
Dov’è la responsabilità politica, mi chiedevo? Ma di quale responsabilità
politica si può parlare, quando un grande partito politico fa tesseramento
offrendo uno sconto per l’acquisto del biglietto dell’Expo? A quanto il 3x2? (e
spero di non avere dato un’idea…). È primavera, ma i pensieri non sono leggeri.
D’altronde, riflettere e pensare sono il solo spazio di autonomia che ci resta.
Almeno, così mi pare.
Daniele Tamburini
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