sabato, aprile 25, 2015

L’IRRESISTIBILE FASCINO DEL POTERE

Sappiate che giovedì 30 aprile verrà eletto il nuovo consiglio direttivo del Consorzio Agrario. E allora? Direte: è cosa che riguarda gli agricoltori, certo, ma il Consorzio è anch'esso un centro di potere economico, un asse portante degli assetti del potere cittadino, al pari di Cremona Fiere, della Camera di Commercio eccetera. Come tale, influisce sulle vicende cittadine. Le votazioni preliminari per l'elezione dei delegati, svoltesi in questi giorni, hanno visto prevalere la Coldiretti con 63 delegati, contro i 58 della Libera Associazione Agricoltori. Quindi, sembrerebbe che il prossimo presidente del Consorzio possa essere un “coldiretto”… ma le certezze non sono mai tali, quando c’è di mezzo un potere importante. Le sorprese non si possono escludere: ci furono, lo ricordiamo, nelle elezioni del 2009, quando, per contrasti interni, alcuni delegati della Coldiretti, guidati dall'attuale presidente Voltini, “tradirono” il mandato, votando la lista della Libera Agricoltori che proponeva Ernesto Folli presidente. La Coldiretti, importante associazione, reclama oggi maggiore spazio e potere: è ora di cambiare, “cambiare è possibile”, dicono e fanno scrivere, avvalendosi di un momento favorevole, vista la debolezza dei vertici dell'altra ancor più importante associazione, cioè la Libera. Venti anni fa, la Libera presiedeva i più importanti gangli del potere economico: la Banca Popolare di Cremona, la Camera di Commercio, l'Ente Fiera, il Consorzio, oltre a detenere la proprietà del giornale “La Provincia”, che, per anni, ha costituito una sorta di monopolio dell'informazione. Piazza del Duomo rimane ancor oggi la rappresentazione plastica del potere: c'è quello religioso, quello amministrativo (il Comune), quello economico, con la sede della Libera, proprio sopra la Banca. Alla presenza perspicua della Libera nella mappa del potere cittadino di allora veniva attribuito quel conservatorismo della città, così definito, inteso come immobilismo e conservazione dello status quo. Questo assetto di potere, ora, si sta sgretolando: è sempre più evidente, tanto che, per conservare la presidenza di Cremona Fiere, c'è voluto l'intervento deciso e decisivo di Arvedi, che ha imposto alle categorie economiche la conferma di Piva. C’è da dire che durante la presidenza di Piva, per merito suo o del management, la Fiera ha conquistato maggiore importanza e risonanza a livello internazionale, e questo lo si deve riconoscere. Se poi questa possa essere un motivo sufficiente del perché Arvedi si sia così speso, mettendosi di traverso a molti, non è dato sapere. C'entra il possibile acquisto del giornale “La Provincia”? C'entra la compartecipazione nell'Ilva di Taranto? C'entra quant'altro? Non si sa , ma presto lo sapremo e avremo modo di tornarci. La mappa del potere cremonese, comunque, si sta riorganizzando, come in quelle partite di scacchi in cui alfieri, cavalli, re, regina, torri e... tante pedine, a grandezza naturale, si muovono su una grande scacchiera.

sabato, aprile 18, 2015

Tutto cambia perché nulla cambi

Si sente spesso dire, e io stesso l’ho detto in più occasioni: la politica ormai è un teatrino, con tanti attori che non partono da posizionamenti e scelte precise, ma che si muovono sulla base del gradimento, del consenso, dei sondaggi d’opinione. Ed è vero. Leggere le prime pagine dei giornali equivale, molto spesso, a guardare un noioso incontro di tennis (che, quando è noioso, lo è davvero!). Tant’è che anche i sommovimenti maggiori (il redde rationem nel centrodestra, l’accelerazione della Lega in senso lepeniano, gli scossoni nel Pd, che lascia per strada pezzi di partito, iscritti, deputati e anche il capogruppo Speranza), diciamocelo, interessano poco. Ma… c’è un ma: abbiamo questa sensazione di inconsistenza, perché, in realtà i giochi veri sono proprio altrove. Il potere che oggi è quello “vero”, quello legato all’economia ed alla finanza, eccome se si sta ristrutturando. E la sensazione è che a qualcuno interessi moltissimo delineare la nuova mappa nazionale di questo potere. Vi si vedono volti nuovi, ma non troppo. Rotture, ma nella continuità. Più o meno giovani boiardi che sono cresciuti, comunque, nelle antiche case del potere, di questo potere. Il potere è una categoria che, durante una stagione vicina cronologicamente, ma lontana anni luce, nei contenuti e nello stile, si diceva dovesse essere destrutturato, messo in discussione, decostruito. Questo potere è oggi un moloch apparentemente invincibile. Gestisce le nostre cose e le nostre vite. Garantisce il futuro di pochi, mentre per tutti gli altri il futuro sta nella declinazione dei verbi: “Riformerò, rottamerò, farò, cambierò...”. Forse ha ragione chi decide di scenderci a patti, perché la rivoluzione non è certo – o non lo è mai stata – dietro l’angolo. Nel nostro “piccolo” gli esempi recenti non sono mancati (leggi Ente Fiera), e nel bene o nel male il potere, quello che decide, a prescindere, passa su tutto e su tutti. Tutto cambia perché nulla cambi.

Daniele Tamburini

sabato, aprile 11, 2015

Il cielo è azzurro ma l’umore no

Si vorrebbe parlare della primavera che, ormai, si impone, nelle giornate più lunghe e nei cieli azzurri, ma come facciamo ad ignorare i tempi oscuri? Quando sono di umore nero non dovrei scrivere? Forse sarebbe meglio di no. Ripenso alla tragedia del tribunale di Milano, e le mie riflessioni sono molto confuse e ambivalenti. Da una parte, l’orrore di tre vittime uccise a freddo, mentre stavano svolgendo il proprio lavoro. Eravamo tristemente abituati alle stragi nelle scuole americane: il folle che entra e spara all’impazzata. Beh, ci stiamo globalizzando anche in questo, e il rischio è che chi svolge un servizio pubblico venga sempre più individuato come bersaglio “fisico” al posto di uno Stato che si percepisce sempre più lontano e ostile. Ma vorrei dire qualcos’altro: ho letto che il giudice ucciso era conosciuto per la sua inflessibilità. E questo è senz’altro un merito: una giustizia corruttibile non è giustizia, e il giudice Ciampi ha pagato con la vita la sua rettitudine. Ma non ho potuto fare a meno di riflettere sulla solita prassi italiana dell’utilizzo di due pesi e due misure. Mi riferisco alla condanna della Corte di Strasburgo per il ricorso alla tortura nei giorni del G8 del 2001: tutti abbiamo o dovremmo avere negli occhi le persone pestate, con una violenza smisurata e ingiustificata, alla Diaz e a Bolzaneto. Qualcuno parlò di macelleria messicana. E tutti sappiamo chi fosse, allora, capo della polizia: Gianni De Gennaro, ora manager della Finmeccanica. E tutti abbiamo letto le parole di Renzi: “massima fiducia in De Gennaro”, capo di quei poliziotti (pochi per fortuna) che hanno compiuto quelle violenze ora condannate come reati di tortura, al pari dell’Argentina dei generali golpisti. Qui la rottamazione non vale, riflettevo, e il peso e la misura sono altri. Brutte riflessioni, non c’è dubbio. Dov’è l’equanimità che si chiederebbe a chi regge la cosa pubblica? Dov’è la responsabilità politica, mi chiedevo? Ma di quale responsabilità politica si può parlare, quando un grande partito politico fa tesseramento offrendo uno sconto per l’acquisto del biglietto dell’Expo? A quanto il 3x2? (e spero di non avere dato un’idea…). È primavera, ma i pensieri non sono leggeri. D’altronde, riflettere e pensare sono il solo spazio di autonomia che ci resta. Almeno, così mi pare. 

Daniele Tamburini