sabato, dicembre 22, 2018

Buone Feste




Le festività sono alle porte. Un'occasione per staccare dai problemi quotidiani, per stare un po’ di più in famiglia, per rilassarsi. La situazione generale non è affatto rosea: la crisi c’è sempre, ma per qualche giorno, la speranza è che, chi può, riesca a mettere da parte i problemi, gli affanni, le preoccupazioni. Il bambino che nascerà tra pochi giorni, per credenti e non credenti, è colui che porta verità e giustizia nel mondo. E' questa la speranza più grande, è questo il messaggio da condividere, da far nostro. E' stato un anno intenso, per certi versi faticoso, ricco di positività. Questa volta ci prendiamo quindici giorni di vacanza, ce li siamo meritati. Il Piccolo tornerà in distribuzione il 12 gennaio. Buon Natale.

sabato, dicembre 08, 2018

Missione compiuta?




Tanto tuonò che piovve, si potrebbe dire. Dopo mesi, anzi anni di travaglio (dai fasti del quasi 41% conquistato alle elezioni europee del 2014, alle sconfitte brucianti del referendum costituzionale del 2016 e delle politiche 2018), sembrerebbe che la quadra del cerchio non possa, o non voglia, riuscire al Pd, ridotto proprio male da molti punti di vista (tesserati, finanze, sondaggi, presenza sui territori), come si può leggere, tra gli altri, in una recentissima inchiesta de L'Espresso”. La sensazione è che quel partito si stia letteralmente sbriciolando. E non è una bella sensazione. È erede, quanto meno in linea di successione onomastica, di una grande tradizione, che ha concorso, anche, a fare grande questo Paese: da una parte il Partito comunista italiano, dall’altra la Democrazia cristiana. Nomi che, a pronunciarli ora, sembrano appartenere al giurassico. È senz’altro responsabilità dei tempi, accelerati, convulsi, disattenti, della politica e non solo. Ma il risultato è che, a prescindere da cosa ognuno di noi pensasse all’epoca della fondazione del Pd (era il 2007, non secoli fa), il disfacimento di questo partito priva quel che dovrebbe essere un normale dibattito democratico in un Paese democratico, e cioè la tenzone o tensione tra destra e sinistra, o tra centrodestra e centrosinistra, di uno degli elementi della dialettica. La sinistra “dura e pura”, si sa, è assolutamente residuale. Invece c’è una destra molto forte, la Lega.
Ad oggi non saprei definire, in questo quadro, il Movimento 5 stelle, d'accordo, al momento, loro sono “altro”, un altro che rifugge dalla logica dei partiti. E' questo un bene? Un male? Non lo so, ritengo, ancora oggi, però che una “sferzata” fosse comunque necessaria. Tornando al Pd, sulle rovine un po’ spettrali di quella che fu una grande tradizione politica, civile, culturale si agitano lunghi coltelli, mosse a sorpresa, agguati, notizie lasciate trapelare e poi smentite, peggio che nel peggior vaudeville. Quel che è certo è che ci sono molti candidati alla futura segreteria, ma non abbiamo ancora capito bene quanti, e che i giri di valzer di Minniti sull’argomento dipendono dall’altro danzatore, quel Matteo Renzi che fu sugli altari, ma che ne è decisamente disceso; che forse vuole fare un partito nuovo, ma il giorno dopo smentisce; che richiama al senso di responsabilità, ma che è stato il primo vate della rottamazione, gettando via di tutto, buono e cattivo, e forse più il buono che il cattivo, a questo punto. Quel Renzi che non ha capito che in politica si deve mediare, non sfottere, non buttare via con disprezzo, non fare caciara. Quel che di buono, poco o molto che sia, ha fatto nei suoi anni di governo è azzerato, sparito, divorato da un’altra scena mediatica e simbolica in cui lui, sconfitto duramente in prima persona dal voto, non sa stare. Non ha la stoffa di chi dice: la sconfitta è stata terribile, rimbocchiamoci le maniche e, col duro lavoro, proviamo a ripartire. Anzi, è sempre più tentato dalla voglia di ricavarsi uno spazio da un’altra parte. Meglio primo console in un luogo piccolo, che un operaio costruttore in un luogo grande. Certo, non era solo: ha avuto emuli, lacchè, cortigiani, e anche qualcuno che ci credeva seriamente. Ma lui ha cercato tutte le luci su di sé, e mettersi al centro comunque comporta che la centralità permanga anche nella caduta: come accadde a Bettino Craxi. Adesso, quel partito è un disastro. Con questo clima, faranno il congresso a ridosso delle amministrative e delle europee. Incommentabile. Il rottamatore alla fine una cosa l'ha rottamata: ha rottamato il Pd. In tempi non sospetti avevo scritto che sarebbe andata a finire così. Scripta manent, e rimangono anche le parole di coloro che mi rispondevano: “Ma va là”.

sabato, novembre 03, 2018

In memoria di Pier Paolo


Ieri, 2 novembre di quarantatrè anni fa, sul lido di Ostia, veniva ucciso, anzi veniva massacrato Pier Paolo Pasolini, un grande intellettuale, poeta, scrittore, regista. Un uomo controverso, omosessuale quando era difficilissimo ammetterlo, controcorrente rispetto alle vulgate, alle ipocrisie, alle verità precostituite dei suoi tempi. Un uomo che, molto vicino al Pci, scrisse contro i contestatori figli della borghesia e a favore dei poliziotti, in genere di origine proletaria. Successe un finimondo, ma PPP non se ne curava. Seguiva la sua coscienza ed il suo rigore intellettuale. Era un uomo libero, come oggi ce ne sono pochi, ahimè. E pagò con la vita le sue scelte, senza chiedere sconti a nessuno. E a nessuno chiese protezione, e davanti a nessuno tacque. Ecco una sua poesia, che ben testimonia il suo spaesamento, la sua estraneità. “Io sono una forza del Passato. / Solo nella tradizione è il mio amore. / Vengo dai ruderi, dalle chiese, / dalle pale d’altare, dai borghi / abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. / Giro per la Tuscolana come un pazzo, / per l’Appia come un cane senza padrone. / O guardo i crepuscoli, le mattine / su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, / come i primi atti della Dopostoria, / cui io assisto, per privilegio d’anagrafe, dall’orlo estremo di qualche età / sepolta. Mostruoso è chi è nato/dalle viscere di una donna morta. / E io, feto adulto, mi aggiro/ più moderno di ogni moderno / a cercare fratelli che non sono più”.

sabato, ottobre 27, 2018

I Romani, i Faraoni e... i cerchi magici




“Ma cos’è questa crisi?”, diceva il ritornello di una canzone famosa molti e molti anni fa. “Ma cos’è questa Europa?”, si potrebbe dire oggi, per parafrasi. È una domanda apparentemente peregrina: anzi, è una domanda che apre un ventaglio ampio di risposte, e nessuna può esserci indifferente. Sgombro subito il campo da ogni equivoco: il sovranismo, il nazionalismo mi fanno sorridere. Per due motivi sostanziali: il primo è che la globalizzazione economica irride ai nazionalismi. A meno che non si sostenga un nazionalismo all’italiana, un nazionalismo, per così dire, a due velocità: quella del “prima gli italiani” nelle mense degli asili, nelle case popolari, negli ospedali, nelle periferie degradate; e quella che, invece, tollera e sostiene e magari lucra, ad esempio, sui capitali portati all’estero, sullo smembramento e la fuga parimenti all’estero delle aziende italiane (di questo passo, che fine farà il nostro robusto e capace settore manifatturiero?). Personalmente, non vedo perché una persona debba essere migliore di un’altra tout court solo perché è nata dove sono nato io; oppure, addirittura, magari è nata proprio dove sono nato io, ma da genitori nati fuori dal “cerchio magico”. Non mi piacciono i cerchi magici: ne hanno parlato, citando il vecchio filosofo fascista Giovanni Gentile, a proposito del momento di gloria di Matteo Renzi e del suo entourage. Abbiamo visto come è andata. Il cerchio sarà pure figura geometricamente perfetta, ma la perfezione non si applica alla complessità della vita umana. E poi, ciò che sta fuori dal cerchio o finisce col premere per entrarvi, e allora troppe energie si perdono nel difendersi e nell’escludere, oppure ne sta semplicemente fuori, e così si perdono opportunità, occasioni, ricchezza. Il cerchio è come i matrimoni endogamici dei Faraoni: dopo un po’, la stirpe si indebolisce, senza apporti nuovi. Pensateci. I Faraoni sparirono un po’ per consunzione, un po’ perché gli antichi Romani li sconfissero inesorabilmente. E i Romani non credevano nella purezza della stirpe, né ai cerchi magici.

sabato, settembre 01, 2018

Omnium malorum stultitia est mater




Parlavo, giorni fa, con un giovane padre, il cui figlio sta per iniziare la scuola media. Commentavamo che sono tappe importanti, sia per i figli che per i genitori, e che ne nascono, comunque, sia soddisfazioni che preoccupazioni. Una di queste, mi dice il giovane, è il bullismo che spesso si manifesta tra ragazzini e ragazzine. Allora ho pensato che, quando andavo a scuola io, ma anche dopo, quando ci sono andati i miei figli, questa preoccupazione non era tra quelle maggiori. E’ chiaro che la percezione, anzi la coscienza della pericolosità di questo fenomeno siano cresciute, in questi anni, e questo è senz’altro positivo. Prima, era quasi “normale” che in un gruppo, in una classe, in una caserma ci fossero alcuni poveretti, i cosiddetti sfigati, che essendo magari remissivi, piccoletti, deboli subivano scherzi pesanti, ma anche vere e proprie violenze, che potevano lasciare segni indelebili su chi le subiva. Forse, di nuovo c’è il bullismo delle ragazze (prima era un fenomeno principalmente maschile) e, soprattutto, quello nei confronti dei docenti. Questo, credo che sia inedito. Si facevano anche noi scherzi ai professori, ma di tutt’altro genere: minacce, percosse erano impensabili. Anche perché i nostri genitori, nel caso, ci avrebbero bastonato. Alcune marachelle erano così sciocche, che sorrido ancora a pensarci. Un professore al liceo, per esempio, aveva la voce tonante ed era grosso, molto: insomma, un simpaticissimo gran ciccione, e indossava quasi sempre un completo scuro. Il divertimento nostro era cospargere di polvere di gesso la sua sedia e poi, quando si alzava, andando alla lavagna e voltandosi per scrivervi sopra, porgendo, quindi, alla nostra vista il gran didietro imbiancato, scompisciarci dal ridere sotto il banco. E quanto ridevamo, quando, con quel gran vocione, iniziava a declamare La Rhetorica di Cicerone in lingua originale. Ci divertivamo con poco. Bei tempi andati? No. Come ho detto, molte violenze esistevano, ma non emergevano. Nel cambio di civiltà che stiamo vivendo, in mezzo a tanti dati negativi, la caduta dell’omertà su certi comportamenti è sicuramente un fatto positivo.

sabato, agosto 25, 2018

Il filo del destino





Gli antichi Greci si erano costruiti un sistema di credenze, una cosiddetta mitologia, capace di diventare anche una metafisica. Per esempio, nel porsi le domande che ogni essere dotato di raziocinio prima o poi si pone, e cioè chi siamo, da dove veniamo, quando finirà la nostra vita, avevano elaborato una mitologia che diventò sempre più elaborata ma che, alla base, aveva un senso tragico della vita. Penso al mito delle Moire, che i Romani poi chiamarono Parche. Erano tre donne: bellissime, austere, simbolo del destino, della sorte di ognuno di noi. La prima, Cloto avvolge sulla conocchia la quantità di filato che ad ognuno tocca in sorte, Lachesi, la seconda, lo fila, e questo è il destino che tocca in sorte a ogni individuo. Infine, Atropo che ha in mano un paio di forbici: taglia il filo ad un certo punto, casualmente, ignorando a chi appartenga, inesorabile. È il momento della morte. Nessuno può mutare questi gesti, neppure gli dei. Ho pensato a questo potente mito, quando ho visto decine di persone sprofondare nelle macerie di un ponte colpevolmente trascurato, e altrettante, o più, che erano passate pochi secondi prima, o che sarebbero transitate pochi secondi dopo. Ma se è vero che il mito ci dice come il destino di ciascuno sia imperscrutabile, è anche più vero che noi umani abbiamo una grande respon-sabilità verso di noi e verso i nostri simili: la vita è un bene prezioso e va salvaguardata. A fronte della vita, non esistono o non dovrebbero esistere giustificazioni legate ai contratti, al profitto, al mercato azionario. Al mercato azionario? Ma andate a quel paese! Ma i Greci ci insegnano anche un altro grande concet-to: quello di hybris. La tracotanza dell’essere umano che sfida i limiti della natura, che vuole andare sempre più in là, anche mettendo a rischio se stesso e la propria specie. Con azioni che avranno conseguenze nefaste anche negli anni a venire e che condizioneranno il futuro di chi viene dopo. Spianare oppure forare montagne senza rispetto per cosa c’è intorno, gettare campate che uniscono spazi enormi, violare e trivellare i fondali dei mari. Senza cura, senza preconizzarne le conseguenze per il futuro della specie umana. Gli antichi Romani avevano affidato la cura del loro ponte più sacro, il Ponte Sublicio, quello su cui Orazio Coclite difese da solo le sorti di Roma, al pontifex maximus, la più alta carica sacerdotale. In nome del rispetto che si deve all’opera umana e ai rischi che può provocare.

sabato, luglio 28, 2018

Godiamoci le ferie




L’estate è al suo culmine: è veramente tempo di ferie. Ci saranno i giorni da bollino nero, le strade affollate, spiagge, località montane e turistiche brulicanti di vita. Va bene così, abbiamo diritto ad un po’ di riposo. Tutti gli anni si ripete questa sorta di rito laico: ma è una certezza, una consolidata certezza che tutto, più o meno, si stia svolgendo nei binari conosciuti. L’essere umano vuole certezze, magari poche, magari piccole, ma ne ha bisogno. Le sirene incantatrici della scommessa continua, del mettersi alla prova costante, della “vita liquida”, parafrasando Bauman, sono, appunto, sirene. Sono state un prodotto di una recente era, che adesso è già in crisi. Ricordate il “turbocapitalismo”? Poi c’è stata la crisi, terribile, mortifera. Ci stiamo ancora leccando le ferite. Se le sta leccando ancora più la Grecia, distrutta, messa in ginocchio dalle azioni, prima, di un regime corrotto, poi dalle esigenze del capitalismo finanziario che domina nella Unione europea, e non solo. Quelle ferite per cui, davanti ai muri di fuoco di questi giorni, non ci sono vigili del fuoco sufficienti, i mezzi sono guasti o fatiscenti: i macchinari sono vecchi o con le gomme a terra. Qualcuno ha ricordato che, un anno fa, 5mila vigili manifestarono ad Atene per protestare contro il taglio di 4mila unità su 12mila, senza nessun esito. Gli incendi, poi, hanno chiesto il conto. E’ una certezza anche questa: scelte dissennate, crudeli, distruttive, lontane dal bene pubblico, prima o poi reclamano un pagamento salato e terribile. Ma bando alle chiacchiere: godiamoci le ferie, cari lettori, care lettrici. Arrivederci a fine agosto.

sabato, luglio 21, 2018

C’era una volta il far west


Mi sono ricordato un vecchio film. Immaginate un villaggio, in una grande pianura assolata e riarsa. Il viaggiatore che vi si avventuri troverà tanta polvere, un emporio, un locale uso bar, medicheria, con dietro la stalla, alcune case e poche persone. Sospettose di tutto quanto giunga dall’esterno. Il visitatore si sentirà osservato, se non con ostilità, diffidenza: “da dove vieni, straniero?”. Ha già visto situazioni simili, ma qui il clima gli pare particolarmente pesante. Ne intuisce, dopo un po’, i motivi: una banda di gangster minaccia il villaggio da sud. Sono ladri di cavalli e di bestiame. Da ovest, le popolazioni pellerossa presidiano il loro territorio e vorrebbero cacciare da quelle che furono le loro terre coloro che considerano invasori. C’è stato un brutto scontro a fuoco, qualche notte fa: da allora, si è presa la decisione di armare ognuno degli abitanti, che siano uomini, donne o bambini. Armi adatte per ciascuna mano e per ciascun braccio. Lo sceriffo tace: perdinci, avrà ben diritto di difendersi, questa gente, visto che l’avamposto di civiltà più vicino, Forte Mailand, è a due giorni di cavallo. Lezioni di tiro, ecco per cosa può offrirsi lo straniero. Prima o poi serviranno. Ne è certo. Il nostro villaggio ai nostri abitanti, onesti lavoratori, ecco qual è il pensiero condiviso. Non ne abbiamo i mezzi, ma, se potessimo, tireremmo su mura e barriere con cavalli di frisia. Possiamo solo sperare di sparare bene. E pazienza se, nel mucchio, si uccide chi non c’entra, o se, vista la massa delle armi, accadono incidenti, o se qualcuno, fuori di testa, ne prende una e compie il massacro. È un film, sul vecchio west. Un paio di secoli fa. Noi viviamo in un mondo globalizzato, interconnesso, liquido. In ciascun paese, in ciascuna città ci sono poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, vigili urbani. Siamo in mezzo a relazioni, scambi, intrecci; in pochissime ore si arriva in Paesi lontani, la capacità di muoversi è amplissima, telefoni e computer ci mettono in contatto con chiunque. Dai, quello è un film, a me piacciono molto i western, sono belli, ma è un film: perché dovremmo armarci, con tutti i rischi connessi? Mica siamo al cinema! Già, perché? L’idea che quel mio vicino che, come dice mia mamma: “Non batte più pari”, possa girare armato, confesso, non mi piace per niente. E, state certi, saranno quelli che “non battono più pari” i primi a cercare di armarsi.

sabato, luglio 14, 2018

Prima gli italiani




Una cosa bisogna che la dica: ma siamo proprio sicuri che il problema dei problemi, la questione che occupa da settimane, praticamente da quando il governo si è insediato (anche prima, ma si era in campagna elettorale) le prime pagine dei giornali e i primi titoli dei tg e, di rimbalzo, migliaia e migliaia di interventi sui vari social, siano davvero i migranti? Certamente si tratta di un problema, come suol dirsi, epocale e che andrebbe affrontato in modo molto serio, partecipato dai vari governi soprattutto a monte, con una riflessione approfondita, e azioni conseguenti, sui motivi dello spostamento di masse di persone, che penso starebbero più volentieri nei loro Paesi, se ne avessero l’opportunità. Ma, al di là di questi motivi, ripeto la domanda: è davvero il problema dei problemi, in nome del quale pare che si esaurisca il dibattito politico-istituzionale, si creano crisi tra le massime cariche dello Stato, si parla a proposito e a sproposito ovunque? In fin dei conti, nel 2017 sono arrivate circa 120mila persone. L’equivalente di una città di medie dimensioni, insomma. Per fare un paragone, nel 2016 sono emigrati circa 250mila italiani. Ripeto, il fenomeno va affrontato, ma, mi sembra, non con toni apocalittici. Quel che temo è che il puntare spasmodico su questo tema ne metta in ombra altri. Un esempio? Dall’inizio dell’anno ci sono stati 387 morti sui luoghi di lavoro, 69 a giugno. Una strage. Eppure, la nostra legislazione in tema di sicurezza sul lavoro è avanzatissima e stringente. Allora, forse, mancano i controlli? Se così fosse, non sarebbe meglio destinare risorse per svolgerli? In particolar modo rafforzando il ruolo degli ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno competenza per fare i controlli, ma mezzi scarsissimi, piuttosto che parlare di inviarli a reprimere le vendite abusive di borse e di asciugamani sulle spiagge? Sul lavoro muoiono molti italiani, padri di famiglia, giovani e anziani. Ecco, sarebbe davvero un buon modo per affermare “prima gli italiani”.

sabato, aprile 21, 2018

La scuola è di chi se la merita




Ci sono voluti molti secoli di storia per costruire la scuola come la vediamo oggi: grandi edifici, disseminati sul territorio, con folle di studenti che entrano ed escono a orari stabiliti. Nell’antichità, per esempio, si insegnava passeggiando: lo faceva Aristotele. Oppure, chi non è più giovanissimo ricorderà le immagini dei bambini vietnamiti che studiavano nei rifugi sotterranei, per sottrarsi ai bombardamenti. Per giungere alla scuola di oggi, ci sono volute molte riforme (troppe?). Ma una cosa è certa: anche senza banchi, lavagne, penne, libri eccetera, qualunque scuola potrebbe funzionare solo per il fatto di avere buoni insegnanti. Eccoci qua, agli insegnanti. Nel nostro immaginario ci sono i maestri del libro “Cuore”: il maestro Perboni, la maestrina dalla penna rossa. Ci vengono in mente sacerdoti come don Lorenzo Milani, con la sua scuola di Barbiana, e don Primo Mazzolari, molto attento al rapporto con gli insegnanti, per aiutarli a riflettere sul significato del loro lavoro e della loro missione pedagogica. Ci sono gli insegnanti, le professoresse che abbiamo avuto: alcuni che incutevano timore, altri che non hanno lasciato grandi segni, altri che abbiamo letteralmente amato, che ci hanno forgiato, che ci hanno guidato. Una figura, quella dell’insegnante, che deve saper coniugare l’essere colto e istruito alla capacità di comunicare, di entrare in empatia con gli allievi, in una realtà, anche scolastica, sempre più complessa, sempre più articolata, in cui farsi anche attore sociale e interprete del mutamento. Una figura alle prese con criticità vecchie e nuove, compresi i fondi assolutamente insufficienti dedicati alla scuola e all’istruzione, e a un mondo in cui i valori etici sono anch’essi in profonda trasformazione. Criticità tali da giungere al bullismo verso gli insegnanti. Una piaga sociale, quella del bullismo giovanile, che si estrinsecava, fino a poco tempo fa, soprattutto nei confronti dei coetanei, ma che sta colpendo, cosa in altri tempi impensabile, gli stessi docenti. Occorrerebbe una robusta azione di valorizzazione nei confronti di questa categoria professionale, senza la quale non si va da nessuna parte. Occorrerebbe, soprattutto, che le famiglie - le quali, a volte, giustificano quasi le “prodezze” dei figli - si rendessero conto che un mondo di violenti, di incolti e di incapaci sarebbe pericoloso per tutti, anche per i loro figli bulli, poiché c’è sempre qualcuno più violento, più forte, più prevaricatore di te.

sabato, marzo 31, 2018

“Gridate, prima che gridino le pietre”





La Pasqua cristiana è il tempo della resurrezione: Gesù Cristo risorge dal sepolcro. “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”: un potente messaggio di vita e di fede. La Pasqua ebraica è il tempo della liberazione: l’affrancamento dalla schiavitù del popolo ebraico in Egitto. “Perché questa notte è diversa da tutte le altre? Perché eravamo schiavi in Egitto e ora siamo uomini liberi”. Entrambe le feste cadono in un periodo dell’anno in cui la natura si risveglia e i cuori si liberano e risorgono, aprendosi alla nuova stagione. Le grandi religioni si nutrono di fatti e pensieri profondamente umani, profondamente radicati nell’esperienza umana. Ho letto un bellissimo brano di un noto intellettuale, Raniero La Valle, in cui ricorda il recente invito di papa Francesco “a liberare e a mettere in gioco nel mondo il terzo grido”. Il primo grido è quello dell’osanna: della gioia che accoglie l’annuncio del regno di Dio. Il secondo grido è quello dell’odio, del “crucifige”. Oggi, purtroppo, assistiamo al prevalere di questo secondo grido. Il terzo grido è quello che nessuno può mettere a tacere: come disse Gesù nel giorno delle Palme ai farisei che volevano che imponesse il silenzio ai suoi discepoli, “Io vi dico che se questi taceranno, grideranno le pietre”. È il grido della novità e della liberazione. Papa Francesco ha chiesto questo grido alla comunità dei credenti, soprattutto ai giovani: “ Sta a voi non stare zitti, sta a voi la decisione di gridare ... Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre”. Viviamo questa esortazione del Papa come un invito rivolto a tutti, anche ai non credenti, per affermare i valori della pace, della giustizia e dell’amore. Buona Pasqua.

sabato, febbraio 10, 2018

Se solo immaginassero...


Forse abbiamo lasciato perdere troppo. Forse pensavamo che, dopo una guerra devastante, l’ultima in casa nostra, la seconda guerra mondiale in cui il regime fascista di Benito Mussolini ci aveva cacciato, oltretutto in modo approssimativo e cialtrone, senza mezzi adeguati (armi, divise, scarpe); una guerra che è costata al nostro Paese circa 470.000 morti, un terzo dei quali vittime civili, oltre a molte delle nostre belle città semidistrutte o pesantemente danneggiate, il sistema produttivo distrutto, così come le infrastrut-ture; forse pensavamo, dicevo, che l’Italia fosse vaccinata contro ogni tentativo di revanche fascista. È vero che il fascismo non ha mai abbassato del tutto la testa: serpeggiante in molti discorsi, in molti comportamenti, annidato ahimè ovunque, o platealmente manifestatosi, come in occasione della stagione degli attentati “neri”. Forse abbiamo pensato che si trattasse di folclore: le manifestazioni a Predappio, i cori fasciorazzisti e il saluto romano negli stadi, le pubblicazioni inneggianti al fascismo sempre più presenti nelle edicole e, addirittura, le etichette dei vini. Così, in un Paese che ha fatto molto poco i conti con la propria storia, in cui la memoria è assai labile, siamo arrivati ai giorni nostri: il fascismo razzista, violento nelle parole nei fatti, che ha provocato decine di agguati e aggressioni, e si parla solo degli ultimi tre anni. Se solo certi baldanzosi ragazzotti, che inneggiano al regime, immaginassero che cosa ha significato il fascismo in termini di perdita delle libertà individuali... Forse anche la scuola e tutte le agenzie educative hanno fallito in questo, cioè nel non riuscire a crescere generazioni lontane dall’odio, dalla violenza, dall’arroganza e dalla prepotenza del più forte sul più debole, tipiche del fascismo. Certo, la crisi econo- mica ci ha messo de lsuo, così come la crisi politica e morale del Paese. Chiudo, riportando quel che da anni va scrivendo un mio amico: attenzione, pericolo fascista.

sabato, gennaio 20, 2018

SCAMBIAMOCI UN SEGNO DI PACE

A Natale siamo tutti più buoni: retorica o augurio? Diciamo che è una speranza. La speranza che le divisioni, la rabbia, le paure non prendano il sopravvento sul- le relazioni, a largo raggio, che viviamo e che dovremmo costruire sempre di più. E allora, anche condividere un piccolo dono, un augurio, un abbraccio, una stretta di mano, un pranzo sono segni di umanità e di civiltà. Il percorso di civiltà che ha permesso agli esseri umani di scendere dagli alberi, di uscire dalle grotte e di iniziare a vivere e a crescere insieme. Ecco che cos'è stato lo sviluppo della specie umana: la scoperta che insieme ce la possiamo fare. Insieme al mondo nel suo complesso: gli altri esseri umani, l'ambiente, gli animali, il paesaggio, i colori e i sapori. Ho letto che i fraticelli che condividevano la scelta monastica di san Francesco discutevano un giorno su come allestire la tavola per la ricorrenza natalizia: il Natale si sarebbe dovuto celebrare con un bel pranzo, ma quell'anno capitava di venerdì, giorno dedicato all'astinenza, alla mortificazione del corpo. Chiesero quindi il parere di Francesco. Lui spiegò che digiunare in un giorno di festa non è ammissibile, anzi è peccato. Come potremmo festeggiare il Natale se non a tavola, mangiando e rendendo grazie a Dio per il cibo che ci regala? “Anzi vorrei – aggiunse Francesco – che in un giorno come questo tutti partecipassero al rito conviviale: uomini e ani- mali, e gli uccelli dell'aria. Tutti. E perché non gli oggetti inanimati, perché non i muri? Che ne di- reste di ungerli di grasso, per farli partecipare al banchetto? Se mai potrò parlare all'imperatore, lo supplicherò di emanare un editto generale che imponga a tutti coloro che ne hanno la possibilità di spargere per le vie frumento e granaglie, affinché in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne abbiano in abbondanza”. Mi pare un bel modo per dirvi: tanti auguri da tutti noi.

domenica, gennaio 07, 2018

LIBERO ARBITRIO

Finalmente, una buona notizia - almeno così la ritengo - : dopo anni di tentativi, di battaglie, di scontri sui media e nei palazzi della politica, l’Italia ha una legge sul cosiddetto "testamento biologico". Tutti ricorderanno le polemiche feroci in casi come quelli di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby, e, più recentemente, di DJ Fabo: polemiche che, talvolta, hanno oscurato in modo poco rispettoso la stessa dignità, la stessa sofferenza del- le persone coinvolte, compresi i familiari. Che cosa affermavano i pazienti, se ne erano in grado, o, come nel caso di Eluana, il padre? Che vivere in certe condizioni non è dignitoso. Che la sofferenza non ha senso, se non ci sono speranze di una vita dignitosa. Che, come dice anche la nostra Costituzione, ognuno ha diritto di decidere della propria vita. Che, quindi, si deve avere il diritto di rifiutare l’accanimento terapeutico: cure invasive, pesanti, dolorose e senza speranza. Insomma, un principio di civiltà. Il mondo cattolico è in allarme e i politici ad esso più vicini hanno tentato di tutto per ostacolare il percorso della legge: ma non tutti i cattolici si sono comportati nello stesso modo. Sono temi che impegnano a fondo le coscienze: questo è chiaro. Però è anche chiaro il principio di autodeterminazione umana, che è alla base della civiltà moderna. Leggi di questo tipo non sono coercitive: aprono possibilità a chi vuole avvalersene. Chi, per motivi di fede e di coscienza, non le ritiene giuste, non se ne avvalga. Chi non vuole, non le utilizzerà e si comporterà nella propria vita come ritiene più giusto. Ma non si potrà più impedire a chi voglia decidere in autonomia e libertà della propria vita, compreso il fine vita, di farlo. Se la morte è la maturità della vita...

sabato, gennaio 06, 2018

DOMANDARE E' LECITO

L'anno nuovo si è aperto con notizie disparate: il rialzo delle Borse, le polemiche sui sacchetti bio dei supermercati, le manovre delle varie forze politiche in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo, il riavvicinamento tra le due Coree, tramite lo sport, le proteste popolari dura- mente represse in Iran, il grande freddo negli Usa. C'è qualcosa che accomuna il tutto? Certo che no, ma credo che emerga, ancora una volta, il bisogno disperato che abbiamo di verità. A cosa porterà il rialzo delle Borse, drogato dagli annunci di Trump su nuovi tagli fiscali, se non ad incrementare la finanziarizzazione dell'economia che sta provocando ancora grossi rischi di bolle speculative a rischio di esplosione? Quello stesso Trump che minaccia l'Iran, che ricatta l'autorità palestinese, che interviene lancia in resta nella questione delicatissima di Gerusalemme, che permette nuove trivellazioni in ma- re per cercare petrolio, che combatte l'uso di energie alternative, senza curarsi del riscaldamento globale e dei disastri climatici in corso, che anche gli Usa stanno pagando duramente? Non abbiamo mai amato la cosiddetta "pax americana" che molti presidenti, prima di lui, hanno tentato di imporre al mondo, ma qui abbiamo di fronte un incendiario, non un gendarme. La verità, dicevamo. In molti si stupiscono delle polemiche sui sacchetti bio dei supermercati, quelli per la frutta e verdura, che dobbiamo pagare a parte. Ma come, si dice, Governo compreso, è una misura ecologica, che combatte l'inquinamento. Il punto è che quei sacchetti, a differenza di quelli dove imbustiamo la spesa complessiva, prima non si pagavano, e ora sì. Come mai? La spesa è minuscola, certo; dovremo fronteggiare, nel 2018, ben altri aumenti delle bollette; ma si dimentica che, a volte, certi fatti sono simbolici. Perché pagarli? Perché a carico del consumatore? Perché il Governo difende questa scelta? Chiediamocelo. Dobbiamo continuare a porci domande, anche quando ci viene detto che sono domande ininfluenti o inappropriate. Sta agli interlocutori dimostrare con fatti che sono tali. Buon 2018.