sabato, luglio 26, 2014

Giovedì d’estate flop, commercianti: «Niente condanne, ma vanno rivisti»

I giovedì d'estate non hanno avuto il successo sperato: lo sostengono i commercianti di Cremona, che non hanno visto quell'affluenza di clienti che auspicavano, nonostante che il centro città in queste serate sia sempre stato gremito. Tuttavia, secondo alcune associazioni di categoria, non è il caso «di condannare una manifestazione ormai radicata e consolidata»: è l'opinione di Antonio Pisacane, segretario di Asvicom Cremona. «La gente che viene in centro non manca, è un dato di fatto. Il problema è che non entrano nei negozi. Da un lato, come sappiamo, la crisi incide anche su quello. Dall'altro, forse bisogna pensare a una rivisitazione dell'evento. Mandarlo a monte sarebbe assurdo. Invece potrebbe essere sensato pensare a qualcosa di nuovo, magari iniziative nuove, più adatte ad una situazione che è cambiata. Anche gli stessi eventi organizzati nell'ambito dei Giovedì d'estate potrebbero essere legati a iniziative commerciali più specifiche». Di questo è convinto anche Giorgio Bonoli, direttore di Confesercenti: «I Giovedì d'estate sono un'ottima iniziativa, ma forse vanno rivisti e dotati di una connotazione maggiormente commerciale, con eventi finalizzati a far entrare la gente nei negozi. Eventi di questo tipo sono già stati fatti in passato: ad esempio particolari sconti legati alla partecipazione agli eventi. Insomma, se già i soldi sono pochi, bisogna fare in modo che la gente vada a spenderli nei negozi della città anziché nei centri commerciali».

Sport con cani e cavalli

L'associazione sportiva GiancaDog lancia uno sport innovativo, per la prima volta in Italia

L'attività dell'associazione sportiva dilettantistica Gianca- Dog è sempre più variegata e ampia. Una delle recenti sfide è quella partita nel maggio scorso presso il parco Asia (quartiere Zaist), in un’area assegnatagli dal Comune per l’addestramento e l’educazione dei cani. Ma la vera novità è un'attività sportiva decisamente innovativa, che vede lavorare affiancati cane e cavallo. «E' uno sport nuovo, già molto diffuso all'estero ma che in Italia non esiste - spiega il responsabile. Giancarlo Guarino -. Siamo i primi a prenderlo in considerazione. In sostanza funziona così: cavallo e il cavaliere eseguono degli esercizi, e poi il cane li deve ripetere. Per ora ci stiamo limitando a fare degli allenamenti, gestiti da me e dalla mia compagna, che si occupa dei cavalli. Successivamente vogliamo organizzare delle gare, cercando di diffondere la passione per questa nuova e interessantissima disciplina». L’associazione è presieduta da Giancarlo Guarino, responsabile tecnico per Cremona e provincia del Centro Sportivo Educativo Nazionale – Settore Cinofilia, formatosi nel Nord Europa, da diversi anni impegnato in attività mirate all’educazione dei cani attraverso il rispetto dell’animale, bandendo qualsiasi forma di coercizione, e facendo leva sulla lunga esperienza maturata nel settore, a contatto stretto con cani cuccioli e adulti di tutte le razze. GiancaDog ha collaborato e collabora con altre associazioni, con enti, scuole ed istituzioni per la realizzazione di corsi sportivi e nell’ambito di interventi assistenziali, educativi e terapeutici assistiti dal cane (pet therapy), nonché nella paragility, sport cinofilo inteso come intervento di tipo ludico-ricreativo e di supporto psico-relazionale, finalizzato al miglioramento della qualità di vita di persone diversamente abili. GiancaDog si avvale di personale specializzato che effettua dapprima una valutazione gratuita a monte, anche a domicilio, quindi, in base alle caratteristiche dell’animale ed alle necessità dei proprietari, individuando un percorso individuale e anche di gruppo. Un tema fondamentale, per GiancaDog, è l'educazione dell'animale: «ci battiamo contro qualsiasi forma di maltrattamento e siamo contrari alla coercizione addestrativa» conclude Guarino.

La Pomì ora è forte anche in regia

Accanto alla confermata Beatrice Agrifoglio giostrerà la forte Katarzyna Skorupa, da anni nazionale polacca

Con una sola mossa, la Pomì Casalmaggiore ha perfezionato la regia per la stagione 2014-2015. Si tratta di una conferma ed un arrivo a sorpresa per il ruolo di palleggiatrice. La nuova coppia di alzatrici risponde al nome di Beatrice Agrifoglio e Katarzyna Skorupa. Se per la giovane toscana, tra i più bei talenti in questo ruolo a livello italiano, si può parlare di un conquista importante per la società del presidente Massimo Boselli Botturi, che ha voluto rispettare con la giocatrice il biennale stipulato alla vigilia della scorsa stagione, non è esagerato definire l’ingaggio della polacca un autentico “colpo da novanta”, trattandosi di una delle prime giocatrici al mondo nel proprio ruolo. Beatrice Agrifoglio è al suo terzo anno con la maglia della Pomì e da quando è arrivata in rosa ha dimostrato di non essere seconda a nessuna: nella prima stagione da vice di Stefania Corna, è stata impiegata con grande generosità da mister Gianfranco Milano prima e da Claudio Cuello poi, nell’annata sportiva appena conclusa ha rappresentato un vero e proprio alter ego di Letizia Camera, trovando spesso il campo ed anche nei finali di gara con formazioni del calibro di Busto e Bergamo, denotando una crescita tecnica e caratteriale che alla corte di Davide Mazzanti non potranno che trovare un’ulteriore conferma. Skorupa non la si scopre certo ora, a parlare per lei c’è un curriculum da urlo che ha visto quale ultima tappa, la doppia annata nel Rabita Baku, dove sino a marzo, quando ha accusato un infortunio al polso (risolto poi secondo i tempi prestabiliti), è stata tra le migliori giocatrici del campionato azero. La polacca, che con la Pomì ha firmato un contratto di un anno, vanta numerose presenze nella nazionale del proprio Paese, dove staziona ininterrottamente dal 2005 e con la quale ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino, chiuse al nono posto. Tra le sue tappe di carriera anche una stagione, 2011-2012, ad Urbino, dove ha avuto come compagne di squadre Imma Sirressi e Valentina Tirozzi, che ritroverà in maglia rosa. Con una coppia di palleggiatrici del calibro di Agrifoglio e Skorupa, mister Davide Mazzanti e il suo staff possono dormire sonni tranquilli. Con Katarzyna Skorupa, salgono a tre le straniere della Pomì Casalmaggiore per la stagione 2014-2015: le altre sono la riconfermata Jovana Stevanovic e il neo arrivo Lauren Gibbemeyer. A questo punto, per completare l’organico, manca solamente una pedina, una terza centrale e la società è in dirittura di arrivo anche su questo fronte. LE SCHEDE Beatrice Agrifoglio è nata l’1-1-1994 ad Arezzo. Gioca nel ruolo di palleggiatrice ed è alta 178 centimetri. Nelle ultime due stagioni, come detto, ha giocato con la Pomì. Katarzyna Skorupa è nata il 16-9- 1984 a Radom in Polonia. E’ una palleggiatrice alta 183 centimetri. In carriera ha vinto due campionati azeri, uno polacco, due coppe e una supercoppa di Polonia 2012-2013. A livello individuale, per due volte è stata eletta miglior palleggiatrice (nel 2011 nella Coppa di Polonia e nel 2013 nella Superliga azera. Prima di arrivare a Casalmaggiore, ha giocato con Skra Varsavia (2002-2003), Ptps Pila (2003- 2005), Bks Bielsko-Biala (2005-2006), ancora Ptps Pila (2006-2008), di nuovo Bks Bielsko-Biala (2008-2011), Tiboni Urbino (2011-2012) e infine Rabita Baku ( 2012-2014).

Hayes e Clark alla corte di Pancotto

Sono giorni intensissimi per la Vanoli. Giovedì è stato ufficializzato calendario della prossima stagione, mentre in settimana la società ha lanciato la campagna abbonamenti che ci pare vada nel verso giusto, per favorire l’incremento degli abbonati, anche i più “freddi”, comunque attenti alle mosse societarie, molte negli ultimi frangenti. Sono stati, infatti, ufficializzati due atleti di nascita e scuola Usa: la guardia Kenny Hayes, 27 anni, già con esperienze europee e l’ala forte Cameron Clark, appena uscito dai college, ma di cui si dice molto bene. Per quattro quinti lo “starting five” dovrebbe essere completato con Vitali e Campani e con Mian pronto a dar cambi. Manca “l'omone” da centro area, ma potrebbe anche non arrivare se, come è quasi normale di questi tempi, non lo si ritiene indispensabile tecnicamente. Ma a decidere come agire sarà giustamente coach Pancotto. Non possiamo che dirci soddisfatti del lavoro della società, per puntualità e dinamismo nel costruire per tempo la squadra. Sarà il campo, poi, a dire se le scelte saranno state felici. A noi dispiace solo che non si sia potuto trattenere Zavackas, accasatosi in Lituania, che ritenevamo atleta di grande sostanza ed estrema utilità tattica. Come detto, la Lega ha diramato il calendario che prevede l’esordio della Vanoli contro Milano, la seconda gara in trasferta a Reggio Emilia e la terza sempre in trasferta a Pistoia. Ci sia consentito un commento breve ma significativo: peggio di così forse non poteva capitare! Ma siamo abituati a vedere i giocatori biancoblu soffrire e venire avanti con pazienza e voglia, senza scoramenti o frustrazioni di sorta. Forza Vanoli!. LE SCHEDE Kenny Hayes, guardia di 188 centimetri, è nato a Dayton (Ohio) il 16 aprile del 1987 ed ha frequentato la Nortmont High School a Dayton (Ohio). Dopo essersi iscritto alla Cincinnati State Technical and Community College, nel 2006 si è trasferito alla Miami University (Ohio). Al suo ultimo anno con i Red Hawks, giocando una media di 31 minuti, ha ottenuto una media di 13,9 punti tirando con il 41,9% da 2 e il 53,3% da 3 con 3,8 assist. Nel 2010 è stato scelto dai Maine Red Claws della Nba D-League dove alla sua seconda stagione ha ottenuto il premio come giocatore più migliorato della lega di sviluppo nel 2012. Al suo ultimo anno con i Red Claws in 33 minuti giocati, ha messo mise a segno 17,1 punti a partita con il 45,5% da 2 e il 40,2% da 3 e 5,2 assist. Nella passata stagione ha militato nel Maccabi Ashdod: in 28 partite, ha giocato una media di 33 minuti, realizzando 14,8 punti di media con il 45% da 2 e il 37% da 3 e 3,4 assist a partita. Cameron Clark, invece, è nato il 16 settembre del 1991 a Sherman (Texas). Ala forte di 204 cm, dopo aver frequentato la Sherman High School è entrato a far parte dei “Sooners” della University of Oklahoma, con cui non ha saltato nemmeno una partita in tutta la sua carriera universitaria. Nel suo anno da Senior ha totalizzato in 33 partite giocate (28 minuti di media in campo), ha realizzato 15,6 punti a partita con il 46,9% da 2, il 43,5% da 3 e 5,5 rimbalzi. Ha partecipato alla Summer League con i Los Angeles Clippers con una media di 7,5 punti, 1,5 rimbalzi in 17,3 minuti in 4 gare.

QUANDO POTREMO FARE SHOPPING DOPO CENA?

Orari dei negozi, è il momento di cambiare?
Cambiare gli orari di apertura dei negozi della città, spostandoli verso la sera o comunque nelle fasce orarie in cui i cremonesi sono più propensi a uscire, in particolare nei mesi estivi: questa la riflessione che stanno facendo le categorie del commercio cremonese, cercando delle risposte concrete a una crisi sempre più forte. In realtà da tempo se ne parla, ma si tratta di un tema delicato che va portato avanti attraverso un confronto con tutte le parti in causa, compresi i sindacati dei lavoratori, e che dovrebbe essere gestito dall'amministrazione comunale. Quello degli orari è un tema che da tempo porta avanti anche Antonio Pisacane, segretario di Asvicom Cremona: «Sono stato tra i precursori, in questo tema, ancora dai tempi in cui era assessore Baldani. Credo sia un'ipotesi su cui si dovrebbe riflettere seriamente. Ancora di più oggi, con i tempi di crisi che stiamo vivendo». Di fatto, normalmente i cremonesi sono al lavoro negli orari in cui sono aperti i negozi, oppure al pomeriggio vanno alle società canottieri, in estate. E nel momento in cui escono e avrebbero tempo per lo shopping, dalle 19 in poi, i negozi sono già chiusi, e l'unica alternativa restano i centri commerciali. «Nel sud Italia al pomeriggio fa talmente caldo che i negozi aprono intorno alle 18, e restano aperti fino alle 22 - continua Pisacane -. Poiché anche da noi il clima pomeridiano, nelle giornate di sole, non è dei migliori, perchè non provare a prendere esempio, almeno a livello sperimentale, provando a modificare gli orari di apertura dei negozi?». L'ipotesi di aperture che proseguano fino alla prima serata potrebbe essere vincente, così come l'idea di tenere aperto nell'orario di pausa pranzo, quando il centro storico si riempie di persone che spesso si riversano nei pochi negozi aperti, quelli delle grandi catene, come Tezenis e Sephora. «Mi chiedo perché non valutare seriamente di modificare gli orari, fermo restando che prima va fatta una valutazione con i dipendenti, con le sigle sindacali, per individuare una soluzione sperimentale che possa andare bene a tutti - continua Pisacane -. Sono convinto che anche per chi lavora nei negozi potrebbe essere un vantaggio avere delle ore libere al pomeriggio, in estate, tornando a lavorare poi nella fascia oraria tra le 17 e le 22. Credo vi siano gli spazi per trovare una sperimentazione di buon senso. Peccato che nessuno finora abbia mai trovato il coraggio, a livello istituzionale, di approfondire l'argomento. Spero che questa amministrazione possa prendere in considerazione l'idea e magari avviare una riflessione ad ampio raggio. Del resto i giovedì d'estate sono la prova che la gente ha voglia di uscire e di andare in centro. Basta dargliene le motivazioni». Sulle aperture serali è possibilista anche Giorgio Bonoli (direttore di Confesercenti Cremona), secondo cui «E' una logica di cui già spesso si è discusso, soprattutto guardando alle esigenze di una città come Cremona, dove in estate la gente preferisce passare il pomeriggio in piscina, alle società canottieri». Tuttavia non mancano i dubbi: «Gli orari possono essere un problema per i dipendenti, ma anche per gli stessi commercianti, che non vogliono rinunciare alla propria vita - continua Bonoli -. E' senza dubbio una cosa su cui riflettere, di cui già a Crema si sta parlando». Insomma, alla luce delle recenti liberalizzazioni degli orari del commercio, che consentono ai negozi di gestire in autonomia i propri orari di apertura e chiusura, forse è davvero il momento di rivedere le vecchie abitudini, andando incontro alle ormai mutate esigenze dei consumatori, come del resto già viene fatto in quasi tutta Europa e anche in diverse cittadine italiane.

Parcheggi liberi, la legge è rispettata? Si saprà il 1º agosto

Costi troppo alti e pochi posteggi liberi. Secondo la nuova giunta: «In questi anni è mancata una visione complessiva del problema»
Il tema dei parcheggi in città continua a coinvolgere l'opinione pubblica e le associazioni di categoria, e ora la neoeletta amministrazione comunale deve assumere delle decisioni, affrontando è questo l'intento dichiarato _ questa ed altre questioni con un approccio interdisciplinare diverso rispetto al passato. Ne parliamo con l'assessora Alessia Manfredini. 
Da tempo la situazione dei parcheggi a Cremona è criticata dalla cittadinanza e dal mondo del. commercio: avete già fatto una prima valutazione della situazione? 
«Nei giorni immediatamente successivi all'insediamento della Giunta abbiamo iniziato ad affrontare le principali criticità alle quali dobbiamo porre mano. Tra queste vi è senza dubbio la mobilità. Per lavorare al meglio e in linea con l'innovativo metodo che questa Amministrazione ha introdotto, abbiamo avviato la prima fase per la riorganizzazione dell'assetto della struttura comunale: un passaggio indubbiamente forte, coraggioso che si basa su semplificazione ed efficienza. Non si possono infatti affrontare le varie tematiche senza prima porre mano all'assetto organizzativo in modo tale che sia in grado di supportare la parte politica nella realizzazione delle sue linee di azione. Per questo abbiamo riunito la mobilità in capo ad un unico settore: la divisione tra mobilità sostenibile e mobilità non ha prodotto, con la precedente amministrazione, grandi risultati, anzi, la divergenza tra le visioni dei due assessori sono state sotto gli occhi di tutti. Nel frattempo abbiamo già fatta una ricognizione con Aem sulla situazione dei parcheggi e abbiamo in calendario un incontro con Saba, gestore insieme ad Aem dei parcheggi cittadini». 
Secondo alcuni, c'è un numero eccessivo di parcheggi a pagamento, soprattutto nel centro città, rispetto a quelli liberi: avete già fatto una verifica in questo senso? 
«Lo affronteremo nella prima riunione dello staff mobilità che prende avvio il 1° agosto. Ci siamo infatti dati questa nuova modalità di lavoro: affrontare i temi in riunione specifiche, dove partecipano gli assessori di riferimento, i dirigenti, i dipendenti con esperienza e, in determinati casi, anche i rappresentanti delle partecipate. Lo stato dell'arte viene affrontato collegialmente, vengono passate in rassegne le varie criticità e proposte soluzioni. In questo modo saremo più strutturati e con i gestori avremo un rapporto più stretto». 
Un altro problema è l'impossibilità di pagare solo per frazioni orarie, soprattutto in piazza Marconi... 
«Ne siamo a conoscenza, per questo è necessario rafforzare il confronto con i gestori dei parcheggi. In tal senso abbiamo già avuto un confronto con Aem per quanto riguarda la rigenerazione di corso Garibaldi a proposito del parcheggio di via Villa Glori e speriamo di avere quanto prima il via libera definitivo». 
Parliamo infine dei prezzi, che vengono definiti eccessivi per una città come Cremona: ci sono i margini per abbassarli? Se si, come? 
«La questione è nota e condivisibile, ma la cornice deve essere il nuovo piano della sosta. Un piano strutturato e con una visione a breve ma anche medio e lungo termine, uno strumento lasciato disatteso per anni dalla precedente amministrazione. E su questo abbiamo le idee chiare. E' necessario un progetto integrato: piano soste, piano carico e scarico merci, pedonalizzazione, zone a traffico limitato, trasporto pubblico locale, ciclabilità in un’unica visione. Un piano generale della sosta: per commercianti e residenti occorre rendere standard i costi; occorre incentivare l’uso dei parcheggi esistenti e implementare quello della stazione, serve applicare un piano di carico e scarico merci. 
In una visione complessiva del piano della mobilità e della sosta, cosa si dovrebbe cambiare? 
«E' giusto parlare di visione complessiva, quella che è appunto mancata in questi anni. Come prima cosa cercheremo, partendo dalle professionalità che ci sono in Comune, di ricostruire il settore della mobilità, strutturando gli uffici su progetti mirati. A settembre, con l'approvazione delle linee programmatiche di governo in Consiglio comunale, alle quali stiamo appunto lavorando in queste settimane, avremo l'indirizzo politico che si tradurrà in azioni e scelte da attuare nell'immediato futuro per migliorare la mobilità e la sosta».

Ravelli: «Un sistema genuflesso a Tamoil»

Dopo la sentenza di condanna per i dirigenti Tamoil, abbiamo intervistato Sergio Ravelli e Gino Ruggeri
di Michele Scolari
Nel processo celebrato con rito abbreviato davanti al gup di Cremona Guido Salvini, in cui cinque manager della Tamoil di Cremona erano chiamati a rispondere dell'inquinamento della falda acquifera causato, secondo l'accusa, dalla raffineria cremonese, il gup Guido Salvini ha emesso quattro condanne per disastro ambientale e un’assoluzione. «Una sentenza – aveva commentato a margine il pm Fabio Saponara – che rende giustizia all’intera città», mentre l’azienda aveva ribadito la «piena fiducia nei propri manager», convinta della loro «assoluzione in appello». All’indomani, restano molti problemi aperti, dai tempi di effettuazione della bonifica alla ricollocazione del personale, e alcuni interrogativi, tra cui la mancata costituzione di parte civile da parte del Comune di Cremona. All’origine dellìinquinamento, secondo gli elementi contenuti nel fascicolo istruito dal pm Fabio Saponara lo scorso ottobre a partire da un esposto anonimo pervenuto alla Procura di Cremona, vi sarebbero stati la rete fognaria vetusta ed altamente compromessa nonché i ritardi della dirigenza negli interventi (ritardi riconducibili ad «un discorso di risparmio economico», come aveva dichiarato un teste in aula, riferendo che «l’indirizzo generale era risparmiare ovuqnue»). Di questi problemi abbiamo parlato con Sergio Ravelli, da sempre in prima linea con i Radicali «contro l’inquinamento prodotto dalla raffineria Tamoil», che «è stato non solo di natura ambientale, ma anche economico, sociale e politico». Dopo anni di sit-in, pubblici dibattiti, petizioni popolari e interrogazioni parlamentari, come interpreta la sentenza? 
«Solo la cocciutaggine dei Radicali ha consentito di arrivare a questo processo. Ora che l'accertamento della verità è iniziato e ha trovato una prima verifica con la sentenza del giudice Salvini, è tempo che la comunità cremonese e chi oggi la rappresenta rialzino la testa per rivendicare il proprio diritto di vivere in un ambiente salubre, anche politicamente». 
Secondo Lei perché il Comune, guidato dalla Giunta Perri, non si costituì parte civile? 
«La giunta Perri ha rappresentato solo il terminale occasionale di un sistema politico, sindacale e istituzionale, di destra, di centro e di sinistra, genuflesso di fronte al potere economico della multinazionale libica. C'è chi si è genuflesso per sudditanza e chi per connivenza. Tutti, comunque, hanno ceduto al cosiddetto “ricatto occupazionale”. Tutti, tranne i Radicali». 
Di fronte all'entità della sentenza appare ancor più grave la mancata costituzione di parte civile del Comune? 
«Quando nell'aprile 2011, in piena emergenza ambientale, si firma un accordo in cui la controparte Tamoil si autoassolve da ogni responsabilità dell'inquinamento in corso, ben prima che abbia inizio l'accertamento delle responsabilità, ci si preclude colpevolmente la possibilità di difendere un'intera comunità dai gravi danni subiti». 
Chi avrebbe dovuto vigilare ha sempre sostenuto di aver appreso dell'inquinamento nel 2007, "dalla stampa"..
 «Non è necessario essere degli esperti per sapere che le raffinerie, di per sé, hanno un forte impatto ambientale. Per questo devono essere attentamente monitorate, soprattutto dopo decenni di attività produttiva. Impianti obsoleti, serbatoi e reti fognarie non sottoposti a manutenzioni e a risanamenti periodici costituiscono delle minacce permanenti. In ogni caso, fin dall'autodenuncia Tamoil del 2001, l'inquinamento all'interno del sito industriale era certo. Bastava mettere qualche piezometro all'esterno per constatare che la contaminazione si era estesa oltre il perimetro aziendale. Per fare ciò si è aspettato fino al 2007. E' evidente che gli enti pubblici preposti alla vigilanza e ai controlli ambientali non hanno fatto il loro dovere». 
La verità sulle perdite del sistema fognario all'origine dell'inquinamento nonché sulle responsabilità di parte della dirigenza è emersa in seguito ad un esposto anonimo. Una casualità dell'ultima ora o, forse, una realtà che non doveva emergere? 
«Da anni, come Radicali, in solitudine, segnalavamo le possibili fonti dell'inquinamento: rete fognaria e serbatoi, in gran parte costruiti negli anni '50. Il procedimento giudiziario è stato l'occasione per rompere finalmente l'omertà generale». 
Ora l'urgenza primaria è la bonifica e la ricollocazione del personale. Due priorità che rischiano di restare un miraggio? 
«I buoni risultati ottenuti sul fronte occupazionale (rispetto ad altre crisi aziendali le sofferenze lavorative sono state contenute, anche se ancora da affrontare e risolvere) non sono stati accompagnati da concreti risultati sui fronti ambientale e industriale. L'accordo sottoscritto oltre tre anni fa da enti locali, sindacati e Tamoil è stato largamente disatteso e si sta rivelando sempre più un accordo-bidone: la dismissione degli impianti non è ancora avvenuta, la bonifica - sia interna che esterna - non si farà e, di conseguenza, il riutilizzo produttivo delle aree dismesse (oltre 650.000 mq) non è più all'ordine del giorno. Opportunamente il dispositivo della sentenza Salvini prevede per i due manager condannati per disastro ambientale colposo la sospensione della pena solo se proseguirà il ripristino ambientale e se verrà avviata la bonifica. Ma la prospettiva rimane incerta. Temo che l'occasione storica per rimediare al disastro ambientale causato dalla Tamoil sia stata perduta. Nel marzo 2001, con la chiusura della raffineria, la guerra in Libia e la caduta del rais Gheddafi, c'erano le condizioni concrete per tutelare gli interessi della città attraverso un'azione conservativa nei confronti dei beni Tamoil-Oilinvest (bloccati, come tutte gli enormi fondi libici in Europa, dalle sanzioni Onu). La classe politica cremonese (la grande ammucchiata partitocratica) ha scelto diversamente e si è accontentata di un piatto di lenticchie!».

Gino Ruggeri: «Quell’area rischia di essere compromessa per sempre»
Il protagonista, suo malgrado, della vicenda Tamoil si chiama Gino Ruggeri. Una persona come tante, che però ha fatto una scelta coraggiosa: costituirsi parte civile in vece del Comune di Cremona, che aveva deciso di non costituirsi. «Come Radicali abbiamo seguito le vicende di Tamoil da tempo immemore, fin dal 1985, quando si rinnovò la concessione alla raffineria, e noi fummo gli unici ad opporci ». Poi si arrivò al 2007 quando emerse lo scandalo dell'inquinamento e furono avviate le indagini. «L'accordo che il Comune stipulò con Tamoil era tutt'altro che vantaggioso, sia dal punto di vista ambientale che lavorativo, nonostante quanto afferma Pizzetti» ci dice Ruggeri. Un accordo che impedì al Comune di costituirsi parte civile, secondo quanto ha affermato più volte lo stesso Perri. «Comprendemmo che il Comune non voleva costituirsi parte civile, così valutammo di ripetere esperienze già portate avanti da altri radicali in altre città, facendolo come cittadini. Io ci ho messo il nome, ma è stato un lavoro collettivo, in cui hanno preso parte avvocati, ingegneri e altri professionisti. Abbiamo permesso che il Comune portasse a casa un milione, ma potrebbero arrivarne altri, nelle successive fasi del processo». Secondo Ruggeri «sul versante politico abbiamo visto una connivenza silenziosa da parte dell'amministrazione. Ma anche sotto l'aspetto più burocratico e amministrativo, si è assistito a una carenza di competenze. L'Arpa, che doveva essere l'organo di controllo, è uscita con le ossa a pezzi, perché non ha fatto nulla di quanto avrebbe dovuto, come è emerso dal processo. Tanto che è dovuta intervenire la magistratura, che si è letteralmente sostituita alle istituzioni ». Intanto il fronte ambientale rimane una ferita aperta: «E' assurdo che Tamoil non sia obbligata a bonificare l'area solo perché ha una piccola attività in essere sulla stessa. Quella zona della città, dopo tanti anni, rischia di restare compromessa per sempre». Nei giorni scorsi Ruggeri ha incontrato la nuova amministrazione. Il sindaco Galimberti ha chiesto a Ruggeri di mettere a disposizione del Comune tutta la documentazione in loro possesso in modo da poterla consultare.

Si dice e si scrive assessora...

In qualche numero fa ci siamo divertiti a prendere in giro i luoghi comuni. Occorre avere cura della lingua, dicevamo: perché, citando Nanni Moretti, “chi parla male pensa male”. Ora, se considerassimo il linguaggio che utilizziamo con cuore puro e libera mente, avremmo delle belle sorprese. Sorvoliamo sul terribile italiano burocratico: da “obliterare il titolo di viaggio”, invece che “timbrare il biglietto”, a “previo versamento del corrispettivo”, invece di “dopo avere pagato la somma dovuta”. Voglio soffermarmi su un fenomeno che non è solo dovuto alla misoginia che ancora si aggira tra di noi, ma alla pessima conoscenza della lingua, con esilaranti sgrammaticature, e anche al cattivo giornalismo: l’uso scorretto del genere. Esilarante, dicevo. Abbiamo potuto leggere, anni fa, che il sindaco di ... aspettava un bambino da... O che il sottotenente... convolava a giuste nozze con il capitano... Per fortuna che ci ha messo una parola conclusiva la benemerita Accademia della Crusca: se si dice “cameriere” e “cameriera”, allora si dice anche “direttore” e “direttora”, “assessore” e “assessora”. “Sindaco” e “sindaca”, certamente. Niente più dubbi, quindi, si dice chirurga, ministra, avvocata e così via, non esistono due opzioni, “Il genere è un parametro fisso come lo è un numero, è un meccanismo regolatore della nostra lingua”. Lo dice la suddetta Accademia che insieme ad un’associazione di giornaliste ha presentato, poco tempo fa, alla presenza di Laura Boldrini, “la” presidente della Camera, un manuale che coadiuvi nello scrivere in maniera corretta anche dal punto di vista del genere. E il rispetto del genere presto sarà applicato in tutti i documenti ufficiali. Non è cosa strana. E’ solo grammatica italiana. #sappiatelo.

lunedì, luglio 21, 2014

Blog, l’informazione parallela e irriverente a Cremona

Che cos’è un blog? Io bloggo, tu blogghi, egli blogga, tutti, insomma, possiamo accedere ad una struttura fornita dalla Rete, dal web, e costruire il proprio blog. La parola viene dalla contrazione di “web” e “log”, che significa “diario”. Quindi, il blog è un diario in rete. Espressione di una contemporaneità che nella rete, “quella” Rete, la world wide web, la “ragnatela” tessuta in tutto il mondo, si riconosce, si esprime, genera senso e significati: fino a modellare un linguaggio sulle proprie pratiche, sino a contaminare, anche in senso positivo, i vari linguaggi: quello scritto e quello parlato. Sino a costruire, in questo caso nell’italiano corrente, parole come bloggare, oggetto di attenzione anche da parte della prestigiosa Accademia della Crusca, nata a Firenze tra il 1582 e il 1583 per identificare, curare, diffondere la lingua italiana. La stessa Accademia si sta avvalendo, da qualche anno, di un sito internet ricco e curato, in cui si trova risposta a moltissimi quesiti riguardanti l’uso della lingua italiana. Sentiamo cosa ivi si scrive, appunto, della parola bloggare: “[…] la tendenza verso una lingua sintetica, più semplice anche nella sintassi, ha dato luogo alla "proliferazione" di verbi denominali (formati cioè su nomi, del tipo commissario / commissariale) […] Con lo stesso meccanismo si formano verbi su nomi e aggettivi stranieri, inglesi nella stragrande maggioranza dei casi, con l'unica differenza che l'aggiunta della desinenza verbale -are determina un adattamento della base straniera alla morfologia dell'italiano. Il numero maggiore di esempi l'abbiamo senza dubbio in ambito informatico: bloggare da blog, googlare da Google, postare da post, taggare da tag, ecc. Bloggare, con il significato di 'creare o gestire un blog', è registrato nel Devoto- Oli (ediz. 2007). Rassicurati dal fatto che la parola bloggare sia testimoniata sul Devoto- Oli, vediamo come si possa usare un blog, un diario in rete. Ve ne sono di dedicati alla poesie, oppure alla cucina, oppure alla filosofia, o alla cosmetica, alla cura del corpo, al tatuaggio. Noi vorremmo prendere in considerazione, però, quella forma di blog dedicata all’informazione/ riflessione, al confine tra la condivisione di elementi diaristici, appunto, e l’informazione. Sulla situazione dell’informazione oggi si potrebbero scrivere tomi interi: è certo, però, che l’informazione strutturata, ossia quella che possiamo definire tradizionale, sia sulla carta stampata sia online, è stata, non si vuol dire travolta, ma certamente condizionata da quella che si può reperire sul web. Con pregi e difetti, come ogni avventura umana: da una maggiore diffusione e, forse, “democratizzazione”, alla messa in circolo di contenuti in cui non è presente alcuna deontologia, alcun codice etico, fino alle manifestazioni più aberranti. È stato detto che, in questo modo, l’informazione non ha più alcuna verticalità, alcuna possibilità di approfondimento, in quanto, sul web, tutto è posto in orizzontale, a pari livello: scrivesse Hegel, come se scrivesse il sottoscritto. È vero, è un rischio. Ma lo strumento è importante, è ormai fondamentale: non vale a nulla esorcizzarlo con luoghi comuni. A Cremona sono in rete pochi blog, a mio parere, degni di nota e non a caso sono molto seguiti. Uno è “Quaderni corsari” (forse una citazione degli “Scritti corsari” di pasoliniana memoria?) di Paolo Zignani, giornalista di Telecolor, all'indirizzo cremonademocratica.org. Zignani, buona penna, anzi buona tastiera, è polemista di vocazione, giornalista di mestiere, ed è chiaro che la politica sia la sua passione. Politica intesa latu sensu: nel suo blog c’è la riflessione sulle vicende locali, con una forte attenzione dedicata al versante ambientalista (in tema di inquinamento, vi si può leggere un recente, assai interessante richiamo ad una presa di posizione dei pediatri di Taranto sugli inquinanti ambientali), ma vi si leggono anche riflessioni su temi più ampi, come le “grandi riforme”, la situazione internazionale, l’azione dei movimenti ambientalisti. Ricorre spesso, nelle sue parole, l’espressione “poteri forti”, che Zignani declina in senso assolutamente bipartisan, di centrosinistra o centrodestra che siano, senza celare più di tanto il suo orientamento politico di sinistra. Sono letture sicuramente interessanti. “Gemello diverso” è il blog di Flaminio Cozzaglio, dal titolo “flaminiocozzaglio. info: Lettere e Lettere mai pubblicate”. Nato nel luglio 2009, nella nostra realtà è forse il primo blog che si occupa prevalentemente di politica, sia nazionale sia ovviamente locale. L’orientamento politico è opposto al precedente, i poteri forti vengono attaccati lo stesso. Il linguaggio è immaginifico, l’aforisma è spesso bruciante, in alcuni casi geniale (per esempio, sentite come definisce il Pd: “il partito (comunista e opportuni sviluppi)”). Irriverente, pungente, tanto da affibbiare nomignoli ad alcuni personaggi, loro malgrado, presi di mira come “Pivetti”, soprannome affibbiato all'ex sindaco Oreste Perri. E, infatti, Cozzaglio ha alcuni obiettivi polemici cui non sconta niente: addirittura clamorosi e ostinati gli attacchi portati al direttore de La Provincia e, appunto, all’ex sindaco Perri. Lui stesso così definisce il proprio lavoro: “violenza mai, critica senza paura sempre”. Certamente, niente gli sfugge della vita cittadina: ed è bene che ci siano sentinelle attente alla vita pubblica, anche se non sempre si deve essere d’accordo. Sta di fatto che il blog di Cozzaglio è uno dei più seguiti. Un blog a carattere sportivo è “Sport grigiorosso” di Alexandro Everet. Everet, ex collaboratore de “Il Vascello” di Antonio Leoni, giornale antesignano dei quotidiani on line, è un grande appassionato di calcio, in particolare grande tifoso della Cremonese. Ne segue le vicende con passione e, se del caso, con atteggiamento critico esente da quei timori reverenziali che spesso “condizionano” la stampa tradizionale. Ed è anche per questo che il blog di Everet è molto seguito dagli sportivi cremonesi. L'indirizzo è sportgrigiorosso.it. Un altro blog che è giusto citare, ricco di notizie e filmati, è il sito di Giancarlo Storti: welfarenetwork.it che però, ad onor del vero, ha ambizioni più da quotidiano on line.

Le scuole vanno verso la settimana corta

Sono sempre più numerose le scuole cremonesi che scelgono la settimana corta. E' una tendenza ormai da tempo affermata per le scuole europee: sui banchi da lunedì e venerdì, mentre il sabato si sta a casa. La scelta non è dovuta solo ad una sorta di “armonizzazione” con i tempi delle famiglie, ma spesso viene sollecitata anche dalle necessità causate dalle esigue poste di bilancio disponibili per Comuni e, soprattutto, Province per la manutenzione, gli arredi, le utenze delle scuole scolastiche. A Genova, la situazione di bilancio della Provincia, dovuta ai grossi tagli ai trasferimenti agli Enti locali operati da anni dai vari governi che si sono succeduti e confermati dal governo Renzi, ha imposto, per ridurre i costi, la “settimana corta” nelle scuole superiori. E anche a Cremona diverse scuole hanno espresso la volontà di organizzarsi in questo modo, come conferma l'assessora provinciale alla scuola, Paola Orini. «E' una tendenza che viene sicuramente vista con favore dagli enti locali, in quanto implica un notevole risparmio in termini ambientali ed economici: riduzione del trasporto, del riscaldamento, dell'elettricità, ecc». Un sistema che prevede cinque giorni di scuola ed un intero weekend libero, per permettere ai ragazzi di avere maggior tempo libero per divertirsi e coltivare le proprie passioni al di fuori della scuola. In questo modo, anche le famiglie potrebbero organizzare meglio il tempo libero. La settimana corta non porterebbe ad una ulteriore riduzione delle ore scolastiche, ma solo a una distribuzione delle ore del sabato negli altri giorni della settimana. «Per il momento, sul nostro territorio la scelta ha coinvolto soprattutto gli istituti verticalizzati (ossia quelli che vanno dalla scuola materna alla scuola media), specie quelli nei paesi - spiega Orini -. Tuttavia, anche diverse scuole superiori stanno decidendo di adottare questo sistema. Ad esempio lo fa il Torriani, l'Anguissola per alcune sezioni, il Pacioli di Crema, l'Itis di Crema, lo scientifico... Sicuramente per le superiori l'organizzazione risulta più complessa, in quanto bisogna studiare un orario mattutino prolungato, soprattutto se si vuole evitare di fare i rientri, facendo uscire i ragazzi alle 14. Questo comporta dover prevedere due intervalli e una diversa scansione oraria. Si devono inoltre bilanciare le materie più leggere e quelle più pesanti: non avrebbe infatti più senso la settimana in cui c'è la giornata in cui si concentrano tutte le materie leggere». La cosa certa è che, in prospettiva futura, questa sarà la strada da percorrere. «Ribadisco: l'ente locale non può certo obbligare la scuola a fare questa scelta, tuttavia ci sentiamo di consigliarla, proprio per una questione di risparmio». Una soluzione che, tutto sommato, troverebbe concordi anche le sigle sindacali, come evidenzia Simona Meli, segretaria della Cgil scuola. «Alle medie è già qualche anno che si sta diffondendo l'organizzazione della settimana sui cinque giorni. Negli ultimi anni questa tendenza si sta diffondendo anche tra le scuole superiori, dove i consigli di istituto proprio in queste settimane si stanno riunendo per decidere cosa fare». Tuttavia si tratta di decisioni che vanno valutate bene e che alle famiglie potrebbero non piacere del tutto: «Da madre non vedo positivamente questa iniziativa - evidenzia ancora Meli -. I ragazzi si trovano con orari troppo concentrati durante la settimana. E per chi viene da fuori il rischio è di tornare a casa decisamente troppo tardi».

domenica, luglio 20, 2014

«La cultura è stata tagliata senza pietà»

Nicoletta De Bona: «Giunta Perri? Avremmo dovuto fare scelte più coraggiose ed essere più compatti»

Dopo molti anni dedicati alla politica, Nicoletta De Bona, già assessora alla cultura nella giunta Perri, ha deciso di abbandonare definitivamente questo tipo di impegno. «Per fare politica oggi bisogna avere alcune caratteristiche caratteriali che evidentemente non mi appartengono. C'è chi riesce a scrollarsi di dosso le situazioni ed andare avanti, io no. L'impegno poi è totalizzante; credo di aver dato il massimo nella condizione in cui ho operato, con contraddizioni finanziarie, normative e aspettative dei cittadini molto elevate». Cosa rimprovera alla giunta in cui ha lavorato in questi cinque anni? «Avremmo dovuto fare scelte più coraggiose, perché il voto ricevuto rappresentava un'attesa di cambiamento, da parte dei cittadini. Sicuramente abbiamo pagato lo scotto dell'inesperienza: siamo stati l'unica amministrazione di centrodestra in 60 anni di amministrazioni di centrosinistra. Tra gli assessori della giunta Perri erano ben pochi ad avere avuto un'esperienza amministrativa giocata in prima linea: fare il consigliere di opposizione, infatti, ti consente di veder solo la punta dell'iceberg. Quando ti ritrovi a dover gestire direttamente le cose ti rendi conto di quanto ampie siano le problematiche. Tuttavia, da parte nostra, ci sarebbe voluta una maggior compattezza...». Invece la giunta è stata spesso un po' divisa, in questi anni... «Purtroppo sì. Ma soprattutto è mancato un atteggiamento deciso, come dicevo prima. Sono una persona dirompente e decisionista. Mi prendo il tempo per riflettere sui problemi, ma se capisco che serve un intervento forte non mi sottraggo. Invece in Giunta su molti temi c'è stato un temporeggiamento che poi abbiamo pagato. Un'altra cosa su cui abbiamo peccato è stata la comunicazione: abbiamo fatto cose importanti ,ma non siamo stati capaci di comunicarle in modo corretto ed efficace, finendo per perderci in discussioni sterili che non ci portavano da nessuna parte». Veniamo al suo settore, la cultura, che durante l'amministrazione Perri ha subito tagli notevoli... «La cultura è stata tagliata senza pietà. Molti mi hanno criticato, ma chi non c'è dentro non può capire cosa significa. Ho fatto il massimo con quello che avevo a disposizione, raccogliendo 1.200.000 euro di risorse esterne, rivitalizzando le sedi museali con iniziative mirate e tagliando 450mila euro di spese di gestione». Ha provato a contrastare i tagli? «L'ho fatto nelle sedi opportune. Ma evidentemente la giunta Perri ha deciso diversamente, e ho dovuto adeguarmi. Sono una persona che rispetta la parola data, ed andarmene non mi sembrava corretto, nonostante su molte decisioni non fossi d'accordo». Anche dal punto di vista culturale? «Si. Il Museo del Violino è stata una svolta molto positiva, tuttavia ci sarebbe voluta una maggior sistemicità tra sistema museale, Museo del Violino e teatro Ponchielli. E' qualcosa che avrei voluto fortemente, ma che non ho potuto mettere in atto. Questo è un grande problema che mi auguro Galimberti - che ha delega alla cultura - riesca a risolvere. Anche perché le piccole nicchie di potere autoreferenziali non vanno da nessuna parte, se non si riesce a metterle a sistema. Non che a noi sia mancata una visione di insieme, soprattutto per quanto riguarda la liuteria, che rappresenta una caratteristica peculiare della nostra città, che ci rende unici e riconoscibili. Tuttavia non si è fatto il passo in più che era necessario». Cosa può dire dell'attuale giunta Galimberti? «E' troppo presto per fare una valutazione. Sicuramente è condivisibile il fatto che il sindaco voglia creare lavoro di squadra tra gli assessori; tuttavia le deleghe mi sembrano un po' nebulose e poco definite: questo porta al rischio di sovrapposizioni e interferenze tra un assessorato e l'altro. Solo se riusciranno davvero a fare squadra potranno fare un buon lavoro». Vi sono stati diversi contrasti, in passato, tra lei e l'assessore Nolli... «L'assessore Nolli ha avuto contrasti un po' con tutto il resto della giunta. Del resto, l'assessore al bilancio ha la priorità di dover chiudere il bilancio, mentre gli altri assessori devono reperire le risorse per i loro settori: è chiaro che si creino delle situazioni di contrasto». Allora, Nicoletta De Bona, dopo tanti anni, ha davvero deciso di dire addio alla politica? «Assolutamente. Ho creduto per anni in un soggetto unitario del centrodestra, il Pdl, anche sacrificando alcune mie ideologie da ex An. Ora però vedo un caos e una confusione che non è solo della politica, ma anche, più in generale, degli italiani. C'è molta insoddisfazione, ma nessuno che se ne prenda la responsabilità. Non è più la politica che piace a me».

La riforma della sanità regionale secondo il Pd

Una sanità pubblica che si fondi sulla centralità della persona, sul contrasto alle disuguaglianze, sulla continuità assistenziale, ma soprattutto su una unica gestione delle competenze sociali e sanitarie: sono i punti qualificanti della riforma della sanità lombarda proposta dal gruppo regionale del Pd. L’ha spiegata lunedì scorso il consigliere Agostino Alloni, insieme ad altri componenti del suo gruppo, in un incontro a Cremona. C'è la necessità di «mettere più a sistema la sanità regionale», che è «ricca di potenzialità, ma priva di una gestione adeguata». Si rileva inoltre la necessità di intrecciare le politiche della sanità con quelle di altri settori, come ad esempio l'ambiente o il sociale. «La cura del malato non può essere solo fatta in ospedale – ha detto Agostino Alloni -. Per questo, proponiamo una direzione divisa per province, o comunque per area vasta, che abbia competenza nel sociale e nel sanitario e che non riguardi tutti gli ospedali, ma tutte gli enti socio-sanitari del territorio». A questo proposito le Asl avranno un ruolo strategico: diventeranno Asst (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) e dovranno gestire direttamente gli ospedali di riferimento, di territorio e i presidi di comunità, le cure primarie, le cure intermedie, le prestazioni specialistiche e ambulatoriali, i servizi territoriali: il tutto in raccordo con i Comuni, che dovranno «contare di più nelle scelte strategiche». Inoltre dovrà esserci «un unico assessorato regionale famiglia-sanità per ritornare all'integrazione tra sanitario e socio-assistenziale», spiega ancora Alloni. Per il nostro territorio, precisa Alloni, sarà fondamentale che i due ospedali di riferimento, quello di Cremona e quello di Crema, abbiano un'importanza di pari livello. Il consigliere si dichiara invece decisamente contrario «ad accorpamenti di ospedali - come Cremona e Mantova, già ventilato in passato - fatti solo sulla base della divisione geografica del territorio». Il sistema ospedaliero, secondo il Pd, dovrà essere composto da tre reti: Rete ospedaliera (gestita direttamente dalle Asst), Centri ad elevata intensità e complessità, Rete della ricerca e della formazione. I criteri per la classificazione delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate terrà conto di bacino d’utenza, livello di complessità e intensità della cura, presenza di strutture dedicate all’emergenza, tipologia di specialità mediche, chirurgiche e di servizi di supporto. La rete ospedaliera dovrà essere composta da ospedali di riferimento, ospedali di territorio e presidi di comunità. In particolare, gli ospedali di riferimento sono presidi ospedalieri ad alta intensità e complessità di cura, hanno un bacino di utenza medio alto, sono dotati di Dea (Dipartimento emergenza e urgenza) e vi sono presenti molteplici specialità. Sono dotati (o disponibili in rete H24) di servizio di radiologia con Tac ed ecografia, laboratorio e servizio immunotrasfusionale. Gli ospedali di territorio sono presidi ospedalieri a media intensità di cura, hanno bacino di utenza medio, sono dotati di Pronto soccorso, hanno un numero limitato di specialità, letti per subacuti e servizio di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio ed emoteca. Entrambe le strutture saranno gestite dalle Asst. I presidi di comunità sono invece strutture a bassa intensità di cura, diffuse capillarmente su tutto il territorio regionale, la cui missione «è quella di garantire appropriata continuità assistenziale con le cure erogate dalle altre strutture del sistema ospedaliero, superare l’attuale frammentazione fra i servizi territoriali e assicurare il coordinamento con gli altri presidi della Rete ospedaliera », secondo la proposta Pd. Essi erogano prestazioni, sia in regime di ricovero (posti letto per subacuti e post acuti), sia in regime ambulatoriale e di day hospital. Si tratta di luoghi di integrazione e coordinamento territoriale: vi convergono gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri, gli ambulatori specialistici e quelli di riabilitazione. Essi hanno lo scopo primario di garantire continuità assistenziale al paziente. Ci sono poi i centri ad elevata intensità e complessità, che prevedono un bacino d’utenza compreso tra 600.000 e 1.000.000 abitanti. Sono strutture dotate di un Dipartimento d'emergenza ad alta specialità (Eas) e in esse sono concentrate le maggiori tecnologie e le equipe specializzate per gli interventi con la più elevata intensità e complessità di cura. Nella logica della riforma proposta dal Pd, il Sistema socio sanitario regionale assume il processo di globalizzazione come scenario nel quale operare e sviluppare opportunità di crescita delle competenze, di acquisizione di risorse e di aumento di spazi di qualità, efficacia e universalità. I pazienti saranno sempre più eterogenei e, alla luce delle nuove direttive europee, tale servizio dovrà erogare prestazioni anche a cittadini residenti in altre nazioni, con l’obiettivo di sviluppare competenze e tecnologie e rendere disponibili maggiori risorse economiche. Altro punto focale sono le nomine, che con questo sistema diventerebbero legate al merito e non più a scelte politiche. Il numero dei dirigenti verrebbe ridotto. Fondamentale il tema della salute mentale: «Una nuova politica per la psichiatria deve prevedere l'incremento dei progetti territoriali, anche a scapito degli investimenti più ingenti sulla residenzialità, su cui s’è investito in questi anni, che tocca solo le patologie gravi, mentre cresce l’emergenza per le patologie non acute». Ultima, ma non meno importante, la partita sull'odontoiatria: il Pd prevede la predisposizione di un fondo integrativo, a gestione pubblico/privata. «Oggi il 90% della spesa odontoiatrica privata è costituita da pagamenti diretti interamente a carico dell’assistito - spiega il gruppo regionale -. Vi è una forte disuguaglianza nell’accesso alle cure dei denti: il 40% dei cittadini non è mai stato dal dentista e chi vi accede lo fa solo in caso di emergenza»

Sottopassi, in via Brescia poco spazio per utenti deboli

Mentre i lavori in via Persico stanno quasi per finire, sono iniziati i lavori propedeutici alla realizzazione del sottopasso di via Brescia, ossia lo spostamento delle reti di acqua e del gas e, successivamente, la realizzazione della rete telefonica. Ma c'è chi lancia un appello alla Giunta: niente sottopasso per le auto in via Brescia. E' Beppe Carletti, politico di vecchia data e padre dell'attuale consigliere comunale del Psi, a evidenziare a suo dire «L'assurdità di quel progetto». In sostanza, dice Carletti, essendoci già quello di via Persico, «che senso ha farne uno uguale in via Brescia, dove c'è anche il problema del Cavo Cerca, che è molto vicino alla strada?». Secondo Carletti, quindi, il traffico potrebbe essere convogliato tutto in via Persico, limitandosi, in via Brescia, «a realizzare un sotto passo pedonale e ciclopedonale. Anche perché questo comporterebbe di poter valorizzare Palazzo Duemiglia e la chiesa di fronte, magari con una piazza». Questo anche alla luce di un'analisi delle due direttrici: «Negli anni la via Persico sta diventando sempre più portante, come dimostra il fatto che lungo quella tratta i paesi hanno conosciuto un grande sviluppo, diventando quasi delle succursali di Cremona, mentre quelli lungo la via Brescia non si sono affatto ingranditi. Infine, per andare a Brescia esiste comunque l'alternativa dell'autostrada». Un'ipotesi che ha trovato la condivisione dell'ex assessore all'ambiente Francesco Bordi: «E' un'obiezione che a suo tempo avevo fatto anche in sede di Giunta - evidenzia -. Le pendenze previste (10%) e lo spazio riservato agli utenti deboli per l'attraversamento del sottopasso, sono in netto contrasto con quanto previsto dalle normative attuali. Per inciso, se una persona scendesse con la carrozzina e incrociasse una bicicletta che proviene dalla direzione opposta, avrebbero delle difficoltà a passare. Meglio prevedere di far transitare il traffico automobilistico per via Persico e riqualificare il quartiere collegando cosi la futura ciclabile della via Brescia (Cremona- Pozzaglio) al centro città». Intanto la Giunta comunale di Cremona ha fatto il punto proprio venerdì pomeriggio sull'eliminazione dei passaggi a livello. I lavori per la realizzazione del sottopasso di via Persico sono ormai stati completati al 65%, e lo stesso per quanto riguarda il sovrappasso di S. Felice. L'apertura del sottopasso di via Persico avverrà entro la prima metà del prossimo mese di ottobre; entro ottobre sarà concluso anche il sovrappasso di San Felice. Per la via Brescia, la conclusione dell'opera è prevista nella primavera del 2015. Per quanto riguarda il progetto volto all'eliminazione del passaggio a livello di via Brescia, la Giunta ricorda che «l'amministrazione Perri, nel 2010 ha fatto una scelta: abbandonare il progetto preliminare di sovrappasso ciclopedonale e scegliere un sottopasso viabilistico. Ad oggi il progetto è nella fase esecutiva, anzi è già stato validato da un ente terzo, quindi anche volendo tornare indietro non vi sono le possibilità per farlo e le caratteristiche tecniche restano così confermate. Il progetto prevede un sottopasso per i veicoli leggeri ed è previsto un collegamento ciclo-pedonale». La Giunta ha anche preso visione delle possibili soluzioni viabilistiche. «I progetti e i cantieri ad oggi sono inscindibili e legati l'uno all'altro per la loro tempistica – sottolinea la Giunta - e, per ottenere il finanziamento, la condizione è che i lavori fossero completati all'80% entro dicembre 2014. Siamo consapevoli che a questo punto le uniche iniziative che possiamo adottare riguardano la viabilità e il futuro dei quartieri S. Bernardo e l'ingresso al quartiere Zaist. Per tale motivo, già a partire dalla prossima settimana ci attiveremo per organizzare quanto prima un incontro pubblico, con la presenza dei tecnici, per informare la cittadinanza e per individuare soluzioni viabilistiche al più condivise ». Nel frattempo, dopo il sopralluogo effettuato giovedì 17 luglio in via via Brescia dal dirigente del Settore Lavori Pubblici Marco Pagliarini insieme ai tecnici di AEM, di Autostrade Centro Padane, di Telecom e di altre società è stata definita la tempistica dei lavori di spostamento dei sottoservizi, anche alla luce del rinvenimento di alcuni reperti nei pressi del sagrato della chiesa di San Bernardo. Aem riprenderà i lavori lunedì 21 luglio, lavori che si protrarranno sino al 4 agosto, così da permettere la conclusione degli accertamenti in corso sui reperti rinvenuti. Il cantiere di Aem interesserà il sagrato della chiesa di San Bernardo, con conseguente restringimento della carreggiata, ed istituzione del senso unico di marcia in via Brescia con direzione da periferia a centro città Telecom inizierà il lunedì 21 luglio e e proseguirà il proprio intervento sino al 1° agosto interessando a fasi di avanzamento la via Brescia, per cui sarà adottato lo stesso provvedimento viabilistico: senso unico di marcia in ingresso alla città su via Brescia nel tratto compreso tra via Cavo Cerca (incrocio escluso) e via Francesco Soldi (incrocio escluso). Telecom riprenderà i lavori di sua competenza dal 18 al 31 agosto, sempre con istituzione del senso unico in via Brescia. Tra il 1° e il 12 settembre saranno interventi da un'altra compagnia telefonica: in questo caso il traffico veicolare potrà procedere a doppio senso sulla normale carreggiata , con una marginale deviazione nei pressi di installazione del cantiere. Infine, dal 15 settembre e fino al 26 settembre, Telecom porterà a termine l'intervento di propria competenza senza interruzioni o modifiche alla viabilità sulla via Brescia.

sabato, luglio 19, 2014

Per adesso il piatto piange

Se provassimo a scorrere un giornale di qualche settimana fa, a parte la tragedia della guerra palestino-israeliana, per quanto riguarda la politica italiana, non troveremmo titoli o commenti molto diversi da quelli di oggi. Il “nuovo” senato, la “nuova” legge elettorale (ricordate? 37% uguale maggioranza assoluta) … ma gli interventi in materia di economia sono ancora fermi alle dichiarazioni di intenti. Certo, ci sono stati gli 80 euro, di cui pare non si sia ancora trovata la completa copertura: e quella che c’è ha provocato altri tagli agli enti locali, che a loro volta tagliano sui servizi, riducendo le possibilità di guadagno di fornitori, ditte di manutenzione, cooperative di servizi eccetera. L’altra misura è stata la prima parte della riforma del lavoro, che non pare aver portato (magari, sarà ancora presto …) miglioramenti nell’occupazione, anzi. Quindi, le realizzazioni del governo su cui scrivere “fatto” sono davvero poche. Non siamo un Paese che accetta volentieri un ragionamento churchilliano, fatto di promesse di “sangue, fatica, lacrime e sudore”, anche perché abbiamo già molto dato, in questi anni (tutto sta, però, nel vedere da chi sia composto questo “noi”); ma bisogna considerare quanto possa essere controproducente, alla lunga, fare sfavillanti promesse, che non si sa se potranno essere mantenute. “L’uomo solo al comando” ce la può fare quando dispone di grandi risorse, per distribuire, contentare, ammansire: così più non è. Lo potette fare Craxi, al prezzo di far precipitare l’Italia in una situazione durissima (ricordate “e la nave va?” ma allora, non c’era la crisi internazionale a togliere fiato e spazi). Prendiamo, per esempio, l’impegno a sbloccare i debiti verso le imprese della Pubblica Amministrazione: mi risulta che questi siano dovuti, in gran parte, al blocco imposto da quel moloch che è il patto di stabilità interno (è come dire: anche se hai i soldi, magari pochi, non li puoi comunque spendere). Se non si ricontratta questo, il problema si gira su se stesso e il cane si morde la coda. Personalmente, mi interessano poco i proclami: come altri, sto ancora aspettando azioni concrete e terapie per rianimare nell'immediato la nostra economia. E il turbo lasciamolo alle auto, e l’asfalto e gli asfaltatori, ai lavori pubblici. Insomma, questo Renzi, non mi convince fino in fondo. E questo sarebbe male di poco: il problema è che non mi fido. Ecco, l'ho detto! P.s. Berlusconi è innocente, almeno fino alla Cassazione... buon per lui.

sabato, luglio 12, 2014

Un altro Lombardo in grigiorosso?

Tra i giovani seguiti dalla società c’è anche il figlio di Attilio, protagonista alla Cremo negli anni ’80


Una colonia di giovani talenti è pronta a vestire il grigiorosso. I primi due nomi sono quelli di Radoslav Kirilov e Giacomo Venturi, rispettivamente attaccante bulgaro e portiere, entrambi classe ’92. Kirilov arriva dal Chievo e si presenta come il classico attaccante esterno “di manovra” (non vanta numeri da bomber con le maglie di Rimini, Chievo, Lumezzane, Carpi e Venezia …), veloce e scattante che ha all’attivo anche il debutto con la Nazionale Under 21 bulgara. Il faentino Venturi, invece, è un portiere di belle speranze ben conosciuto da Simoni e Giammarioli, che lo hanno visto all’opera al Gubbio due stagioni fa. Il suo cartellino è di proprietà del Bologna e il suo nome è presenza costante nelle varie selezioni giovanili azzurre, dove viene apprezzata la sua esplosività e la sua attitudine a cavarsela anche fuori dai pali, come spesso viene chiesto ai portieri moderni. Due ottimi colpi dunque, a cui ne seguiranno altri a breve. Qualora non dovesse andare in porto la pista che porta a Daniele Moroni del Parma, per la mediana sembra ben avviata la trattativa che porta a Mattia Lombardo, figlio dell’indimenticato Attilio. A differenza del padre (è un esterno destro offensivo tutto sprint e corsa), il ragazzo classe ’95 è giocatore più tecnico e ricopre il ruolo di mediano basso, posizione che, però, non gli impedisce di trovare la via del gol con una certa facilità e la dimostrazione la si può tranquillamente trovare nei 10 gol messi a segno in 32 presenze con la maglia della Primavera doriana nella scorsa stagione, sotto l'occhio vigile Enrico Chiesa. Restiamo in attesa dell’ufficialità, ma le premesse per un “Lombardo-bis” ci sono tutte. Nelle ultime ore è trapelato anche il nome di Stefano Morrone come possibile “chioccia” del centrocampo. L’ex mediano di Palermo, Chievo, Livorno Parma (solo per citarne alcune…) potrebbe arrivare sull’asse dei rapporti preferenziali presenti con il Parma che ne detiene al momento il cartellino; sebbene l’ingaggio del giocatore non risulti propriamente in linea con l’ottica ‘poca spesa, massima resa’ varata dalla nuova gestione Simoni. STAFF TECNICO Il nuovo preparatore sarà Angelo Bozzetti, che ha già lavorato a fianco di Montorfano nella stagione 2001- 2002 e rappresenta senza dubbio un gradito ritorno in casa grigiorossa, dopo le esperienze all’estero in Romania e Medio Oriente. Si va così a completare lo staff tecnico che guiderà la squadra in Lega Pro unica. NEWS E’ stata, infine, ufficializzata l’amichevole con il Modena, squadra di serie B e protagonista nell'ultima stagione dei playoff della serie cadetta. L’amichevole sarà disputata giovedì 31 luglio alle ore 17 presso il Campo comunale “Lotta” di Fanano.

«Nuovo sindaco, vecchia aria. E tutti chiusi negli uffici»

Intervista a Claudio Demicheli, ex assessore comunale: «Sono pronto a rientrare nella Lega Nord se cambia la dirigenza cittadina»
"Nel centrodestra è necessario un ricompattamento a livello nazionale, con l’individuazione di nuovi leader. Stesso discorso vale per il livello locale»

Già assessore della giunta Perri, Claudio Demicheli è pronto a contrastare politicamente la nuova amministrazione, pur non tralasciando qualche critica alla coalizione che non è riuscita a riconfermare il sindaco uscente alla guida della città. come nel caso della Lega cremonese che, secondo l'ex assessore, «ha sbagliato su tutti i fronti». Demicheli in particolare critica la dirigenza cittadina: «E' un partito di poltrone e finché ciò non cambierà continuerà a perdere credibilità, come dimostra il fatto che hanno quasi dimezzato i consensi elettorali. A questo proposito ho mandato un corposo dossier a Milano, allegando gli articoli che documentano la loro attività in questi mesi e come si sono comportati in campagna elettorale. Ho ancora molti rapporti con militanti e sostenitori e posso affermare con certezza che se da Milano decidessero di azzerare l'attuale segreteria ci sarebbero un centinaio di sostenitori usciti dal partito che rientrerebbero subito, me compreso. Non ho mai abbandonato la tessera del partito, che ho sempre in tasca, anche se non l'ho fatta a Cremona».
 Accennava agli errori dell'amministrazione di Oreste Perri... 
«L'amministrazione Perri ha fatto davvero molte cose, solo che non è stata in grado di comunicarle come si deve. Errore, peraltro, fatto anche in campagna elettorale, dove la comunicazione ha lasciato davvero a desiderare».
E ora, il centrodestra? 
 «Innanzitutto è necessario che vi sia un ricompattamento a livello nazionale, con l'individuazione di nuovi leader, come potrebbero essere personaggi del calibro di Tosi, Maroni o Cattaneo, che sappiano traghettare il centrodestra verso le prossime elezioni. Naturalmente anche a livello cittadino le cose devono cambiare e serve un leader forte, che oggi non esiste. Mi immagino una persona della società civile, meglio ancora se donna».
Parliamo dell'amministrazione attuale. Galimberti è sindaco da un mese. Prime valutazioni? 
«E' presto per fare un'analisi approfondita, ma senza dubbio si può fare una valutazione su come ci si trovi di fronte di nuovo alla vecchia politica. La giunta è composta da vecchi politici navigati e nell'ufficio del sindaco sono tornati a gravitare i personaggi di un tempo, come Lodovico Ghelfi. Senza contare che ogni mattina nell'ufficio del sindaco si reca l'ex primo cittadino Paolo Bodini ... Sempre gli stessi uomini. E come al solito il Pd non premia chi ha preso più voti, come è accaduto per Santo Canale, ma gli uomini di partito. Un altro grande problema è quello della comunicazione verso l'esterno: nessun assessore rilascia dichiarazioni senza passare dall'ufficio stampa, non ricevono i cittadini ... se ne stanno chiusi nei loro uffici e basta. E' il ritorno della democrazia russa, dove nessuno deve vedere e sentire nulla. La trasparenza che era garantita dall'amministrazione Perri ora di certo non esiste più. Anche dal punto di vista amministrativo qualcosa non va: anche il fatto che abbiano dato ordine ai propri uffici di alienare i beni comunali non è un buon segno. Devono iniziare a trovare i soldi per rispettare tutti gli impegni che il Comune ha, dal contributo al Ponchielli a quello del Pareggiato. Così come mi risultano incomprensibili le dichiarazioni di Carletti in merito alla eliminazione dei passaggi a livello e al fatto che il cantiere di via Brescia non dovrebbe neppure iniziare, quando invece è un'opera già finanziata e approvata e non può certo esser stoppata. Insomma, manca la conoscenza amministrativa da parte degli stessi membri della coalizione».
Il suo ex collega assessore Bordi, ha attaccato Lgh per la questione dell'inceneritore. Lei cosa ne pensa?
«L'amministrazione Perri aveva realizzato un percorso condiviso, insieme alla Regione, per arrivare allo spegnimento, e si stava procedendo in quella direzione, incrementando la raccolta differenziata. Non è semplice confrontarsi con strutture che devono creare reddito».
Galimberti ha promesso che lo spegnerà entro tre anni... secondo lei è possibile? 
«Credo che si possa arrivare alla chiusura tra i 3 e i 5 anni. Però ricordiamo che quell'impianto produce calore e reddito e che prima di spegnerlo bisogna trovare una valida alternativa per lo smaltimento di rifiuti». E Claudio Demicheli che farà ora, dopo l'esperienza di assessore? 
«In questo momento mi godo le ferie. Per il "dopo" sto valutando diverse opzioni. Potrei rientrare ad Aem, ma solo se mi facessero un'offerta degna di nota. Per il resto sto valutando altre offerte di lavoro, presso uffici legali e vertenze in associazioni di categoria o nell'ambito del commercio. Dal punto di vista politico, porto avanti il lavoro della mia lista, che comunque ha raccolto quasi un migliaio di consensi. Come ho già detto ho ancora rapporti anche con la Lega nazionale, e una tessera in tasca. Non escludo che potrei rientrare, qualora cambiasse la dirigenza cittadina».

Un’estate incerta fino a fine luglio

Temperature sotto la media stagionale e frequenti precipitazioni hanno caratterizzato i primi mesi della bella stagione
L'Estate ha subito una battuta di arresto improvvisa proprio nel momento in cui avrebbe dovuto fare più caldo, le temperature invece sono decisamente sotto la media e una forte instabilità delle condizioni meteorologiche provoca continui temporali, anche di notevole intensità. Chi già è partito per le vacanze ora ha a che fare con pioggia, vento, temperature decisamente basse e addirittura neve in montagna (ad esempio sul passo dello Stelvio). Come se non bastasse, in alcune zone - come è accaduto qualche giorno fa a San Daniele Po - si sono riversate vere e proprie bombe d'acqua, che hanno provocato danni e allagamenti. Molti anche i danni alle coltivazioni soprattutto in Lombardia. Il responsabile dell’imprevista ondata di maltempo che sta ritardando l'estate è il cedimento dell’anticiclone delle Azzorre che finora non è riuscito a consolidarsi come avrebbe dovuto. Di conseguenza l’arrivo di un flusso d’aria più fresca dall’Oceano Atlantico settentrionale, in particolare dalle isole britanniche, ha invaso la Francia, la Spagna e il centro Europa provocando le perturbazioni per lo scontro con l’aria calda. L’anticiclone era stato influenzato negativamente dall’indebolimento del monsone indiano il quale ha risentito a sua volta dei primi effetti di El Niño, il fenomeno che riscalda le acque dell’Oceano Pacifico e ora è alle sue prime battute. Ma a cosa è dovuta questa situazione così anomala? lo spiega Giampaolo Minardi, meteorologo di Arpa Lombardia. «Questa assenza del tipico caldo estivo, abbinata a una forte piovosità, è dovuta ad una circolazione atmosferica piuttosto variabile, caratterizzata da frequenti perturbazioni che si protraggono da alcune settimane. Questo provoca i continui raffrescamenti e le piogge frequenti che non permettono alle temperature di alzarsi e di tornare nella media stagionale ». Difficile trovare una causa generale a questo stato di cose: un'ipotesi potrebbe essere quella del cambiamento climatico, tuttavia «è qualcosa che non si può dire con certezza, in quanto il cambiamento climatico è comunque un fenomeno graduale e che si può valutare solo nel tempo, come parametro statistico. Di fatto continueranno ad esserci estati calde e altre meno. Quello che si è potuto osservare dagli studi specifici effettuati è che nel corso degli anni si sta verificando un innalzamento delle temperature minime e una maggior frequenza dei violenti rovesci temporaleschi, pur non cambiando il quantitativo annuo delle precipitazioni». Dunque in questi giorni la temperatura continuerà a rimanere un pochino più bassa rispetto alla media stagionale di soli uno-due gradi. «Il fine settimana sarà caratterizzato da una forte instabilità, con almeno due passaggi perturbati, uno nella seconda metà del sabato e l'altro tra la sera del sabato e la mattina della domenica. Nel corso della settimana, dovremmo assistere a una stabilizzazione del bel tempo, con innalzamento delle temperature e una riduzione delle precipitazioni. Questa stabilità sarà comunque passeggera, in quanto nel corso di quella successiva le temperature potrebbero riabbassarsi al di sotto della media stagionale, con un nuovo incremento delle precipitazioni. Questa situazione potrebbe durare anche fino all'ultima settimana di luglio».

Dal ponte di barche a quello in ferro

Il primo vero collegamento di Cremona con la sponda piacentina arrivò nel 1862, ma la struttura che vediamo oggi risale al 1892

Le origini del Ponte sul Po si collocano nella storia più antica della città di Cremona, che, espandendosi, già nel 1854 aveva iniziato ad avvicinarsi al fiume, con la creazione della ‘Strada-Passeggio’ , che partiva dalla Porta del Dazio verso sud-ovest (oggi viale Po). PRIMI COLLEGAMENTI: IL PONTE DI BARCHE Come si legge nel sito "PiacenzAntica.it" - che fa riferimento ad un libro pubblicato alcuni anni fa da Roberto Caccialanza - il primo vero collegamento con la riva piacentina arrivò una decina di anni dopo, nell'agosto 1862, con la realizzazione di un ponte di barche realizzato e gestito dalla Società Anonima, costituita allo scopo da 18 cittadini cremonesi e piacentini con a capo il presidente della Camera di Commercio di Cremona. Attraversando il ponte, si raggiungeva Mezzano Chitantolo-Castelvetro. Fu un grande evento per il territorio. Tuttavia, ci furono alcune polemiche, anche perché l’obbligo di pagamento del pedaggio fu sentito come una limitazione al commercio e alla libera circolazione delle persone. Inizialmente il ponte misurava 610 metri, che salirono a 832 a causa dell’allargamento della sezione del fiume verso la sponda di Cremona, che obbligò ad attraversare un isolotto con percorso sterrato. Nel 1868 il ponte di barche fu prolungato a 880 metri; nel 1875 ne misurava quasi 970 (due tratte separate da un percorso sterrato sull’isola Mezzadri). Le ulteriori domande di prolungamento, inoltrate al Ministero dei Lavori Pubblici alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, ottennero risposte negative. Fu proprio in questo periodo che nacque l’idea di un ponte fisso sul fiume, anche in considerazione dei problemi legati alla manutenzione di quello esistente e dei continui mutamenti del corso del Po, che ne imponevano frequenti chiusure. IL PRIMO PONTE Nel 1876 si decise di costruire una ferrovia fra Cremona e Borgo S. Donnino (oggi Fidenza): a questo scopo, fu istituito un consorzio. I progetti del 1878 (Comuni di Cremona, Borgo S. Donnino, Polesine, Zibello, Roccabianca e altri) e del 1879 (Deputazione provinciale di Cremona), che prevedevano l’edificazione del ponte in località Polesine, furono eliminati su richiesta del deputato piacentino Ernesto Pasquali. Egli si prodigò per trovare una nuova ubicazione, in accordo con le istituzioni cremonesi. La lgge n. 333 del 23 luglio 1881 conferì alle Province di Cremona e di Piacenza il diritto di avere un ponte fisso sul Po, in congiungimento dei rispettivi tratti di Strada Provinciale: in virtù di ciò, il Governo avrebbe concorso per metà della spesa effettiva, le Province e il Consorzio per la ferrovia Cremona-Borgo San Donnino, in diversa misura, per la parte rimanente. Dunque si procedette alla redazione del progetto di massima e alle pratiche di richiesta dell’autorizzazione ministeriale. Alla fine del 1884 si valutò che la relazione stilata nel febbraio 1882 dall’ingegnere del Genio Civile Sante Rapaccioli, approvata dal Consiglio Superiore del Lavori Pubblici e già in fase di appalto, fosse ormai superata. Dunque si studiò un nuovo progetto per abbinare al percorso destinato alla viabilità ordinaria un’altro per la linea ferroviaria Cremona-Fidenza. La concessione fu accordata con Decreto Reale del 28 luglio 1883. Nel febbraio 1886 l’Ufficio del Genio Civile di Cremona presentò il progetto del viadotto a doppio uso, la cui ubicazione era stabilita a circa 400 metri a monte del vecchio ponte in chiatte.
L’appalto venne assegnato il 29 ottobre 1886 alla ‘Società Nazionale delle Officine di Savigliano’ (‘SNOS’); la consegna dei lavori ebbe luogo il successivo 17 novembre. L’inizio dei lavori risale all’aprile 1887, con la delimitazione dell’area destinata al cantiere e all’inizio dell’allestimento del ponte di servizio. A causa di ritardi causati da varianti riconosciute necessarie o utili, nonché da modifiche sopraggiunte nel regime del fiume a seguito di piene straordinarie, il ponte non venne inaugurato nel 1890 - come previsto nel contratto - ma due anni più tardi; il costo finale ammontò a 5.972.000 lire, compresa la costruzione dei due terrapieni d’accesso (da Cremona e da Castelvetro) e lo spostamento del tratto finale dell’alveo del colatore Riglio, che all’epoca si immetteva nel Po proprio dove avrebbe dovuto sorgere il manufatto. L'INAUGURAZIONE, NEL 1892 L’inaugurazione, che si svolse il 20 settembre 1892, richiamò autorità e spettatori da molte città italiane ed ebbe come ospite d’onore il ministro cremonese Francesco Genala (in rappresentanza del Re), grande sostenitore dell’opera fin dagli inizi e personaggio determinante a livello governativo per ottenerne la realizzazione. Le principali vie cittadine, la Porta del Dazio, il viale Po e lo stesso ponte furono addobbati a festa con decorazioni imponenti e di grande effetto. Tra il 17 settembre e il 2 ottobre furono organizzate importanti manifestazioni culturali, sportive, nonché spettacoli: l’evento ebbe una eco sulla stampa nazionale e internazionale, anche per il fatto che all’epoca il nuovo manufatto era, nel suo genere, il più lungo d’Europa. I RITARDI BUROCRATICI Per motivi tecnico-burocratici, la linea ferroviaria Cremona-Fidenza (e Cremona- Piacenza) non entrò in servizio fino al 1906, quando tutto il percorso - essendo trascorsi quattordici anni di inattività - dovette essere completamente ristrutturato. L’anno successivo, a seguito di furibonde polemiche e pressioni, fu attivato il primo impianto di illuminazione elettrica. Di lì a pochi mesi si sarebbe verificata una delle maggiori alluvioni, seguita da quella del 1926 (che tuttavia coinvolse Cremona solo marginalmente). Nel febbraio 1929 si registrarono temperature polari, perciò il Po, alla pari di altri corsi d’acqua grandi e piccoli, si ghiacciò. IL BOMBARDAMENTO Il ponte venne bombardato e la sezione sul Po fu distrutta in seguito a varie incursioni che si succedettero nel corso della II Guerra Mondiale, a partire dal 13 luglio 1944. Al termine del conflitto, si procedette alla rimozione dei rottami e alla conseguente ricostruzione delle parti abbattute, nonché al ripristino di quelle danneggiate, ovvero quelle verso la sponda piacentina. Secondo tali informazioni si evince perciò che il tratto del percorso stradale verso Castelvetro è ancora quello originario dell’Ottocento: infatti all’interno del portale d’ingresso si possono vedere ancora oggi le targhe commemorative apposte nel 1892 dalla “Società Nazionale delle Officine di Savigliano”. ALLUVIONI E PIENE Agli eventi bellici seguirono l’alluvione del 1951, la notevole piena del 1968 e gli interventi di manutenzione, restauro e consolidamento degli anni Sessanta e Settanta. Risale al maggio 1990 l’inaugurazione del nuovo ponte ferroviario costruito parallelamente al viadotto ottocentesco cui è seguito lo smantellamento dell’ormai obsoleta vecchia travata. Non vanno dimenticate le alluvioni record del 1994 e del 2000, così come le ‘magre’ degli anni Duemila. Esigenze improcrastinabili di sicurezza e manutenzione hanno reso necessaria la profonda ristrutturazione dell’intero percorso stradale eseguito negli anni 2004-2005, che ha permesso altresì di sostituire la vecchia passerella pedonale, stretta e insicura, con una assai più ampia e comodamente ciclabile. D’altronde il transito giornaliero, di circa 20.000 fra automobili e mezzi pesanti, su questo manufatto progettato e costruito centoventi anni fa crea evidentemente problemi statici che sono oggetto di studi continui.

Come parli? Anzi, ma come scrivi?

Su un giornale di oggi leggo, in due articoli successivi: “blitz” delle forze dell’ordine e “raid” di ladri in un negozio. Caspita, ha proprio ragione Guido Ceronetti, scrittore fine, a dire che non se ne può più dei luoghi comuni. Lui parte da “rimboccarsi le maniche”: già, è uno dei più “gettonati”. Gettonati? Ma sì, quante volte viene usata questa parola? Macchè “gettonati”, verrebbe da dire, mica siamo al jukebox! E via così luogocomuneggiando. Già, i ladri non si limitano più a rubare o a rapinare: compiono un “raid”. Pensare che il termine è puramente letterario, usato per la prima volta da Walter Scott: sì, proprio l’autore di Ivanhoe. E che dire di “tenere nel mirino”? E “cala la scure”? E (letta qualche giorno fa): “Negozi in centro, raffica di chiusure”. Raffica? Modi violenti, vuoti, pressappochisti di parlare e di scrivere. Io faccio un giornale, ma, mea culpa, anche noi non siamo esenti da responsabilità di questo genere: è un linguaggio pervasivo, che rimbalza dalla TV, dalle cronache politiche o calcistiche (verrebbe da dire: fa lo stesso). Immaginate una silloge (scusate il “parolone”) di questo tipo: “scendere in campo per rimboccarsi le maniche, perché il Paese ha bisogno di tutte le sinergie possibili, e per far questo occorre rottamare i vecchi poteri, possibilmente asfaltandoli, perché c’è un calo pauroso di fiducia, l’economia non tira e non possiamo permetterci un’altra stangata fiscale, ma occorre lavorare, a trecentossenta gradi, per dare un segnale forte”. Direbbe il buon Nanni Moretti: ma come parli? Ma come scrivi? Eppure, nessuno, penso, se ne farebbe un problema: proprio perché siamo ormai assuefatti, mitridatizzati, e anche un po’ indifferenti. Metonimia e metafora sono modi del linguaggio che permettono di svilupparne la grande ricchezza, ma, in caso di abuso, “si rischia l’overdose”. Vedete come viene facile il luogo comune? E, tornando a Moretti: “le parole sono importanti. Chi parla male, pensa male”. E chi scrive male è un po’ fannullone, come diceva la mia maestra.
Daniele Tamburini

sabato, luglio 05, 2014

La festa sugli spalti da noi è un miraggio di Fabio Varesi

E' qui la festa del calcio? No, purtroppo. Da tempo il movimento pallonaro nostrano ha avuto un tracollo, acuito dall’immagine festosa dei Mondiali. E’ la gioia che traspare dalle immagini degli stadi brasiliani ad imbruttire il nostro calcio, più che la brutta figura della Nazionale di Prandelli. Del resto, anche l’Inghilterra è andata subito a casa, ma il suo movimento è ai vertici mondiali e gli impianti d’oltremanica, oltre ad essere autentici gioielli di architettura, sono frequentati da famiglie felici. Da noi, invece, oltre a segnalare i larghi vuoti sugli spalti, abbiamo dovuto incassare un altro morto nei pressi di uno stadio, poche ore prima di una finale che doveva rappresentare una festa del calcio. Non serviva il disastro azzurro in Brasile, per invocare un’inversione di rotta, che probabilmente non arriverà neppure stavolta. Eppure anche la Federazione inglese si è trovata nelle stesse condizioni a metà degli anni ’80. La tragedia dell’Heysel ha rappresentato il punto di non ritorno del football di sua maestà. Da allora tutto è cambiato: stadi rinnovati, società modello a livello economico e soprattutto pugno durissimo contro la delinquenza delle tifoserie. Un risultato ottenuto grazie all’intervento della politica e soprattutto del primo ministro Margaret Thatcher. Da decenni i tifosi inglesi non osano delinquere allo stadio, perché sanno che pagheranno a caro prezzo il loro gesto. Da noi si avvicendano i governi a ritmo serrato, ma fino ad ora siamo riusciti a partorire un innocuo Daspo, che non spaventa nessuno. Con tutti i problemi che abbiamo, anche a livello calcistico, la più grande preoccupazione è attaccare Prandelli, reo di aver accettato un altro incarico a pochi giorni dalla disfatta brasiliana. Ciò significa che i vertici del calcio e delle politica non ancora capito quali sono i mali del nostro movimento, che rischia di perdere sempre più la gioia della partita. Da padre, sono solidale con chi si rifiuta di accompagnare i propri bambini negli stadi italiani. E se le cose non cambiano, saranno sempre di più coloro che la domenica decideranno di restare a casa. Abbiamo toccato il fondo, ma si sa, in Italia al peggio non c’è mai fine...

Arco, la solidarietà fa centro

Con il bus solidale, grazie alla generosità degli sponsor, è stato possibile donare 10.000 euro
Venerdì 27 giugno presso Cascina Mancapane di Castelverde si è tenuta una cena benefica con 310 partecipanti

Il cuore grande di Cremona faceva capolino sul palco, presso la cascina Mancapane di Castelverde, e dominava l’aia che ospitava centinaia di partecipanti alla cena benefica a favore di Arco onlus. Un cuore grande che ha permesso in poche settimane di raccogliere decine di migliaia di euro per la ricerca oncologica. Ne servivano per la precisione 42.700, di euro, per centrare l’obiettivo, che era quello di acquistare un software per favorire la sperimentazione clinica nelle unità operative del reparto di Oncologia dell’ospedale di Cremona, che ha uno dei più migliori centri in Italia per diagnosi e cura delle patologie tumorali. Un centro all’avanguardia per un territorio purtroppo tra i più colpiti dalla malattia in Italia. L’associazione Arco onlus ha come scopo proprio la raccolta di fondi da destinare al finanziamento della ricerca per la lotta alle malattie tumorali. I primi 6mila circa sono stati raccolti grazie a due iniziative: la prima dei Rotary Club Franciacorta, di Cremona e di Soncino, che hanno organizzato gare di golf, la seconda di Confcommercio e Botteghe del Centro. Ad avvicinare l’obiettivo è stata poi l’iniziativa di Immagina Pubblicità, che si occupa della vendita di spazi pubblicitari a Cremona su diversi mezzi. Tra questi anche gli autobus di linea. E qui è nata l’idea: perché non offrire spazi pubblicitari - in modo da decorare completamente un'autobus che percorre le vie cittadine per un anno intero - e il ricavato, detratte le spese, destinarlo ad una associazione benemerita cittadina? All’inizio una scommessa, che è stata vinta in modo inaspettato nelle proporzioni. L’utile è stato infatti calcolato in 10mila euro, grazie alla risposta positiva delle tante aziende che, sollecitate sull’opportunità solidale, non si sono tirate indietro. Arco si è poi affidata alla nuova edizione della cena benefica in cascina, che ancora una volta non ha tradito le attese, anzi è andata oltre. Circa 15.000 gli euro raccolti grazie alla partecipazione di 310 cremonesi e non presenti presso la sede dell’azienda agricola della famiglia Cabrini. Il traguardo è statio raggiunto grazie anche alla lotteria benefica: i tanti tagliandi sono stati venduti in pochi minuti. Per arrivare alla cfra necessaria di 42.700 euro mancavano ancora poco più di 10.000 euro, ma lo strumento è stato acquistato con una piccola rateizzazione. La serata è stata assai piacevole. All’ingresso della cascina era parcheggiato il bus solidale, con tutti gli inserzionisti in bella mostra. All’ingresso gli eleganti ospiti erano accolti da un ricco antipasto, e aperitivi offerti da commercianti cremonesi. A seguire la cena in cortile, di fronte al palco, sul quale il gruppo teatrale Clan-Destini di Legnano ha proposto quattro brani tratti dal musical “Moulin Rouge”. Tra un brano e l’altro una portata, e alla fine un suggestivo spettacolo pirotecnico. Grande la soddisfazione non solo degli ospiti, ma anche dei tanti volontari che hanno contribuito alla riuscita della serata, baciata anche dal meteo favorevole.
Vanni Raineri

Cremona, un centro di grande prestigio

La soddisfazione per l’acquisto di uno strumento prezioso da parte del presidente Tedoldi e del dottor Generali
Arco onlus è un’associazione formata da medici, imprenditori e professionisti. Il responsabile scientifico è il 39enne dottor Daniele Generali, dirigente medico dell’Azienda Ospedaliera di Cremona, che è uno dei fondatori nonché dotato di un curriculum di prim’ordine: tra master e specializzazioni ha raggiunto una grande considerazione a livello internazionale, e proprio a Castelverde è arrivato a serata in corso, proveniente dalla Francia: «Ero là – afferma il dottor Generali – in quanto il centro di Cremona è uno dei principali fautori di una pubblicazione apparsa su una importante rivista oncologica, Lancet Oncology, e uno dei partner che ha fornito il maggior numero di dati. Cremona ha un ruolo importante, data la notevole casistica analizzata, nella ricerca delle cellule tumorali circolanti, grazie al progetto a suo tempo finanziato da Banca Popolare di Cremona ». E veniamo alla bella serata della cascina Mancapane: «Al confronto con le precedenti edizioni la gente è stata ancor più generosa. Abbbiamo così potuto completare il recupero fondi per l’acquisto di un software gestionale che consentirà alle unità operative di gestire al meglio le sperimentazioni cliniche con nuovi farmaci. Per Arco era un obiettivo importante, ed è stato bello vedere attorno a noi tanto consenso. Anche l’adesione al bus solidale è stata sorprendente, credo abbia pagato la chiarezza e trasparenza dei nostri progetti. D’altronde la nostra associazione non è strutturata, è fatta da alcuni amici e dobbiamo metterci del nostro: da hobby diventa quasi un lavoro. La soddisfazione però è grande: per la prima volta una onlus gestisce il progetto non di un singolo reparto, ma fornisce uno strumento per le varie unità. E’ stato bello anche vedere alla cena benefica tanti pazienti: un’occasione di aggregazione per un obiettivo comune». Il progetto concluso consentirà di potenziare un percorso su cui Cremona è già all’avanguardia: la diagnosi precoce e la (eventualmente successiva) chemioterapia ritagliata su misura sul paziente. Molto soddisfatto anche il presidente dell'associazione Matteo Tedoldi: «Il bus solidale ha avuto un esito decisamente positivo, tanto che probabilmente l’esperienza verrà replicata. Da considerare che, al di là della somma raccolta, ha consentito di veicolare il nostro messaggio solidale per 365 giorni. Anche il bilancio della cena è stato notevole, d’altra parte ormai la gente ci chiama per sapere quando è la nuova edizione. E’ un momento di solidarietà vissuto in un ambiente bello ma non formale apprezzato, così come sono piaciuti gli spettacoli offerti». Un’altra sottolineatura importante del presidente: «Arco onlus è certificato col bollino etico-sociale, il che comporta che ci siano tre livelli di approvazione prima di poter impiegare i soldi raccolti». Il gruppo professionale legato alle certificazioni etico-sociali ha apprezzato talmente l’iniziativa che a sua volta ha deciso di devolvere una percentuale delle future operazioni. Chiudiamo con un doppio invito: in primis ribadiamo l'importanza di una diagnosi precoce, quindi la prevenzione è fondamentale. Inoltre, ognuno di noi può destinare il 5 per mille dell’Irpef ad Arco onlus indicando il codice fiscale 93048550193.