I giovedì d'estate non hanno avuto il successo sperato: lo sostengono i
commercianti di Cremona, che non hanno visto quell'affluenza di clienti che
auspicavano, nonostante che il centro città in queste serate sia sempre stato
gremito. Tuttavia, secondo alcune associazioni di categoria, non è il caso «di
condannare una manifestazione ormai radicata e consolidata»: è l'opinione di
Antonio Pisacane, segretario di Asvicom Cremona. «La gente che viene in centro
non manca, è un dato di fatto. Il problema è che non entrano nei negozi. Da un
lato, come sappiamo, la crisi incide anche su quello. Dall'altro, forse bisogna
pensare a una rivisitazione dell'evento. Mandarlo a monte sarebbe assurdo.
Invece potrebbe essere sensato pensare a qualcosa di nuovo, magari iniziative
nuove, più adatte ad una situazione che è cambiata. Anche gli stessi eventi
organizzati nell'ambito dei Giovedì d'estate potrebbero essere legati a
iniziative commerciali più specifiche». Di questo è convinto anche Giorgio
Bonoli, direttore di Confesercenti: «I Giovedì d'estate sono un'ottima
iniziativa, ma forse vanno rivisti e dotati di una connotazione maggiormente
commerciale, con eventi finalizzati a far entrare la gente nei negozi. Eventi di
questo tipo sono già stati fatti in passato: ad esempio particolari sconti
legati alla partecipazione agli eventi. Insomma, se già i soldi sono pochi,
bisogna fare in modo che la gente vada a spenderli nei negozi della città
anziché nei centri commerciali».
sabato, luglio 26, 2014
Sport con cani e cavalli
L'associazione sportiva GiancaDog lancia uno sport innovativo, per la prima volta in Italia
L'attività dell'associazione sportiva dilettantistica Gianca- Dog è sempre
più variegata e ampia. Una delle recenti sfide è quella partita nel maggio
scorso presso il parco Asia (quartiere Zaist), in un’area assegnatagli dal
Comune per l’addestramento e l’educazione dei cani. Ma la vera novità è
un'attività sportiva decisamente innovativa, che vede lavorare affiancati cane e
cavallo. «E' uno sport nuovo, già molto diffuso all'estero ma che in Italia non
esiste - spiega il responsabile. Giancarlo Guarino -. Siamo i primi a prenderlo
in considerazione. In sostanza funziona così: cavallo e il cavaliere eseguono
degli esercizi, e poi il cane li deve ripetere. Per ora ci stiamo limitando a
fare degli allenamenti, gestiti da me e dalla mia compagna, che si occupa dei
cavalli. Successivamente vogliamo organizzare delle gare, cercando di diffondere
la passione per questa nuova e interessantissima disciplina». L’associazione è
presieduta da Giancarlo Guarino, responsabile tecnico per Cremona e provincia
del Centro Sportivo Educativo Nazionale – Settore Cinofilia, formatosi nel Nord
Europa, da diversi anni impegnato in attività mirate all’educazione dei cani
attraverso il rispetto dell’animale, bandendo qualsiasi forma di coercizione, e
facendo leva sulla lunga esperienza maturata nel settore, a contatto stretto con
cani cuccioli e adulti di tutte le razze. GiancaDog ha collaborato e collabora
con altre associazioni, con enti, scuole ed istituzioni per la realizzazione di
corsi sportivi e nell’ambito di interventi assistenziali, educativi e
terapeutici assistiti dal cane (pet therapy), nonché nella paragility, sport
cinofilo inteso come intervento di tipo ludico-ricreativo e di supporto
psico-relazionale, finalizzato al miglioramento della qualità di vita di persone
diversamente abili. GiancaDog si avvale di personale specializzato che effettua
dapprima una valutazione gratuita a monte, anche a domicilio, quindi, in base
alle caratteristiche dell’animale ed alle necessità dei proprietari,
individuando un percorso individuale e anche di gruppo. Un tema fondamentale,
per GiancaDog, è l'educazione dell'animale: «ci battiamo contro qualsiasi forma
di maltrattamento e siamo contrari alla coercizione addestrativa» conclude
Guarino.
La Pomì ora è forte anche in regia
Accanto alla confermata Beatrice Agrifoglio giostrerà la forte Katarzyna Skorupa, da anni nazionale polacca
Con una sola mossa, la Pomì Casalmaggiore ha perfezionato la regia per la
stagione 2014-2015. Si tratta di una conferma ed un arrivo a sorpresa per il
ruolo di palleggiatrice. La nuova coppia di alzatrici risponde al nome di
Beatrice Agrifoglio e Katarzyna Skorupa. Se per la giovane toscana, tra i più
bei talenti in questo ruolo a livello italiano, si può parlare di un conquista
importante per la società del presidente Massimo Boselli Botturi, che ha voluto
rispettare con la giocatrice il biennale stipulato alla vigilia della scorsa
stagione, non è esagerato definire l’ingaggio della polacca un autentico “colpo
da novanta”, trattandosi di una delle prime giocatrici al mondo nel proprio
ruolo. Beatrice Agrifoglio è al suo terzo anno con la maglia della Pomì e da
quando è arrivata in rosa ha dimostrato di non essere seconda a nessuna: nella
prima stagione da vice di Stefania Corna, è stata impiegata con grande
generosità da mister Gianfranco Milano prima e da Claudio Cuello poi,
nell’annata sportiva appena conclusa ha rappresentato un vero e proprio alter
ego di Letizia Camera, trovando spesso il campo ed anche nei finali di gara con
formazioni del calibro di Busto e Bergamo, denotando una crescita tecnica e
caratteriale che alla corte di Davide Mazzanti non potranno che trovare
un’ulteriore conferma. Skorupa non la si scopre certo ora, a parlare per lei c’è
un curriculum da urlo che ha visto quale ultima tappa, la doppia annata nel
Rabita Baku, dove sino a marzo, quando ha accusato un infortunio al polso
(risolto poi secondo i tempi prestabiliti), è stata tra le migliori giocatrici
del campionato azero. La polacca, che con la Pomì ha firmato un contratto di un
anno, vanta numerose presenze nella nazionale del proprio Paese, dove staziona
ininterrottamente dal 2005 e con la quale ha partecipato alle Olimpiadi di
Pechino, chiuse al nono posto. Tra le sue tappe di carriera anche una stagione,
2011-2012, ad Urbino, dove ha avuto come compagne di squadre Imma Sirressi e
Valentina Tirozzi, che ritroverà in maglia rosa. Con una coppia di
palleggiatrici del calibro di Agrifoglio e Skorupa, mister Davide Mazzanti e il
suo staff possono dormire sonni tranquilli. Con Katarzyna Skorupa, salgono a tre
le straniere della Pomì Casalmaggiore per la stagione 2014-2015: le altre sono
la riconfermata Jovana Stevanovic e il neo arrivo Lauren Gibbemeyer. A questo
punto, per completare l’organico, manca solamente una pedina, una terza centrale
e la società è in dirittura di arrivo anche su questo fronte. LE SCHEDE Beatrice
Agrifoglio è nata l’1-1-1994 ad Arezzo. Gioca nel ruolo di palleggiatrice ed è
alta 178 centimetri. Nelle ultime due stagioni, come detto, ha giocato con la
Pomì. Katarzyna Skorupa è nata il 16-9- 1984 a Radom in Polonia. E’ una
palleggiatrice alta 183 centimetri. In carriera ha vinto due campionati azeri,
uno polacco, due coppe e una supercoppa di Polonia 2012-2013. A livello
individuale, per due volte è stata eletta miglior palleggiatrice (nel 2011 nella
Coppa di Polonia e nel 2013 nella Superliga azera. Prima di arrivare a
Casalmaggiore, ha giocato con Skra Varsavia (2002-2003), Ptps Pila (2003- 2005),
Bks Bielsko-Biala (2005-2006), ancora Ptps Pila (2006-2008), di nuovo Bks
Bielsko-Biala (2008-2011), Tiboni Urbino (2011-2012) e infine Rabita Baku (
2012-2014).
Hayes e Clark alla corte di Pancotto
Sono giorni intensissimi per la Vanoli. Giovedì è stato ufficializzato
calendario della prossima stagione, mentre in settimana la società ha lanciato
la campagna abbonamenti che ci pare vada nel verso giusto, per favorire
l’incremento degli abbonati, anche i più “freddi”, comunque attenti alle mosse
societarie, molte negli ultimi frangenti. Sono stati, infatti, ufficializzati
due atleti di nascita e scuola Usa: la guardia Kenny Hayes, 27 anni, già con
esperienze europee e l’ala forte Cameron Clark, appena uscito dai college, ma di
cui si dice molto bene. Per quattro quinti lo “starting five” dovrebbe essere
completato con Vitali e Campani e con Mian pronto a dar cambi. Manca “l'omone”
da centro area, ma potrebbe anche non arrivare se, come è quasi normale di
questi tempi, non lo si ritiene indispensabile tecnicamente. Ma a decidere come
agire sarà giustamente coach Pancotto. Non possiamo che dirci soddisfatti del
lavoro della società, per puntualità e dinamismo nel costruire per tempo la
squadra. Sarà il campo, poi, a dire se le scelte saranno state felici. A noi
dispiace solo che non si sia potuto trattenere Zavackas, accasatosi in Lituania,
che ritenevamo atleta di grande sostanza ed estrema utilità tattica. Come detto,
la Lega ha diramato il calendario che prevede l’esordio della Vanoli contro
Milano, la seconda gara in trasferta a Reggio Emilia e la terza sempre in
trasferta a Pistoia. Ci sia consentito un commento breve ma significativo:
peggio di così forse non poteva capitare! Ma siamo abituati a vedere i giocatori
biancoblu soffrire e venire avanti con pazienza e voglia, senza scoramenti o
frustrazioni di sorta. Forza Vanoli!. LE SCHEDE Kenny Hayes, guardia di 188
centimetri, è nato a Dayton (Ohio) il 16 aprile del 1987 ed ha frequentato la
Nortmont High School a Dayton (Ohio). Dopo essersi iscritto alla Cincinnati
State Technical and Community College, nel 2006 si è trasferito alla Miami
University (Ohio). Al suo ultimo anno con i Red Hawks, giocando una media di 31
minuti, ha ottenuto una media di 13,9 punti tirando con il 41,9% da 2 e il 53,3%
da 3 con 3,8 assist. Nel 2010 è stato scelto dai Maine Red Claws della Nba
D-League dove alla sua seconda stagione ha ottenuto il premio come giocatore più
migliorato della lega di sviluppo nel 2012. Al suo ultimo anno con i Red Claws
in 33 minuti giocati, ha messo mise a segno 17,1 punti a partita con il 45,5% da
2 e il 40,2% da 3 e 5,2 assist. Nella passata stagione ha militato nel Maccabi
Ashdod: in 28 partite, ha giocato una media di 33 minuti, realizzando 14,8 punti
di media con il 45% da 2 e il 37% da 3 e 3,4 assist a partita. Cameron Clark,
invece, è nato il 16 settembre del 1991 a Sherman (Texas). Ala forte di 204 cm,
dopo aver frequentato la Sherman High School è entrato a far parte dei “Sooners”
della University of Oklahoma, con cui non ha saltato nemmeno una partita in
tutta la sua carriera universitaria. Nel suo anno da Senior ha totalizzato in 33
partite giocate (28 minuti di media in campo), ha realizzato 15,6 punti a
partita con il 46,9% da 2, il 43,5% da 3 e 5,5 rimbalzi. Ha partecipato alla
Summer League con i Los Angeles Clippers con una media di 7,5 punti, 1,5
rimbalzi in 17,3 minuti in 4 gare.
QUANDO POTREMO FARE SHOPPING DOPO CENA?
Orari dei negozi, è il momento di cambiare?
Cambiare gli orari di apertura dei negozi della città, spostandoli verso la
sera o comunque nelle fasce orarie in cui i cremonesi sono più propensi a
uscire, in particolare nei mesi estivi: questa la riflessione che stanno facendo
le categorie del commercio cremonese, cercando delle risposte concrete a una
crisi sempre più forte. In realtà da tempo se ne parla, ma si tratta di un tema
delicato che va portato avanti attraverso un confronto con tutte le parti in
causa, compresi i sindacati dei lavoratori, e che dovrebbe essere gestito
dall'amministrazione comunale. Quello degli orari è un tema che da tempo porta
avanti anche Antonio Pisacane, segretario di Asvicom Cremona: «Sono stato tra i
precursori, in questo tema, ancora dai tempi in cui era assessore Baldani. Credo
sia un'ipotesi su cui si dovrebbe riflettere seriamente. Ancora di più oggi, con
i tempi di crisi che stiamo vivendo». Di fatto, normalmente i cremonesi sono al
lavoro negli orari in cui sono aperti i negozi, oppure al pomeriggio vanno alle
società canottieri, in estate. E nel momento in cui escono e avrebbero tempo per
lo shopping, dalle 19 in poi, i negozi sono già chiusi, e l'unica alternativa
restano i centri commerciali. «Nel sud Italia al pomeriggio fa talmente caldo
che i negozi aprono intorno alle 18, e restano aperti fino alle 22 - continua
Pisacane -. Poiché anche da noi il clima pomeridiano, nelle giornate di sole,
non è dei migliori, perchè non provare a prendere esempio, almeno a livello
sperimentale, provando a modificare gli orari di apertura dei negozi?».
L'ipotesi di aperture che proseguano fino alla prima serata potrebbe essere
vincente, così come l'idea di tenere aperto nell'orario di pausa pranzo, quando
il centro storico si riempie di persone che spesso si riversano nei pochi negozi
aperti, quelli delle grandi catene, come Tezenis e Sephora. «Mi chiedo perché
non valutare seriamente di modificare gli orari, fermo restando che prima va
fatta una valutazione con i dipendenti, con le sigle sindacali, per individuare
una soluzione sperimentale che possa andare bene a tutti - continua Pisacane -.
Sono convinto che anche per chi lavora nei negozi potrebbe essere un vantaggio
avere delle ore libere al pomeriggio, in estate, tornando a lavorare poi nella
fascia oraria tra le 17 e le 22. Credo vi siano gli spazi per trovare una
sperimentazione di buon senso. Peccato che nessuno finora abbia mai trovato il
coraggio, a livello istituzionale, di approfondire l'argomento. Spero che questa
amministrazione possa prendere in considerazione l'idea e magari avviare una
riflessione ad ampio raggio. Del resto i giovedì d'estate sono la prova che la
gente ha voglia di uscire e di andare in centro. Basta dargliene le
motivazioni». Sulle aperture serali è possibilista anche Giorgio Bonoli
(direttore di Confesercenti Cremona), secondo cui «E' una logica di cui già
spesso si è discusso, soprattutto guardando alle esigenze di una città come
Cremona, dove in estate la gente preferisce passare il pomeriggio in piscina,
alle società canottieri». Tuttavia non mancano i dubbi: «Gli orari possono
essere un problema per i dipendenti, ma anche per gli stessi commercianti, che
non vogliono rinunciare alla propria vita - continua Bonoli -. E' senza dubbio
una cosa su cui riflettere, di cui già a Crema si sta parlando». Insomma, alla
luce delle recenti liberalizzazioni degli orari del commercio, che consentono ai
negozi di gestire in autonomia i propri orari di apertura e chiusura, forse è
davvero il momento di rivedere le vecchie abitudini, andando incontro alle ormai
mutate esigenze dei consumatori, come del resto già viene fatto in quasi tutta
Europa e anche in diverse cittadine italiane.
Parcheggi liberi, la legge è rispettata? Si saprà il 1º agosto
Costi troppo alti e pochi posteggi liberi. Secondo la nuova giunta: «In questi anni è mancata una visione complessiva del problema»
Il tema dei parcheggi in città continua a coinvolgere l'opinione pubblica e
le associazioni di categoria, e ora la neoeletta amministrazione comunale deve
assumere delle decisioni, affrontando è questo l'intento dichiarato _ questa ed
altre questioni con un approccio interdisciplinare diverso rispetto al passato.
Ne parliamo con l'assessora Alessia Manfredini.
Da tempo la situazione dei
parcheggi a Cremona è criticata dalla cittadinanza e dal mondo del. commercio:
avete già fatto una prima valutazione della situazione?
«Nei giorni
immediatamente successivi all'insediamento della Giunta abbiamo iniziato ad
affrontare le principali criticità alle quali dobbiamo porre mano. Tra queste vi
è senza dubbio la mobilità. Per lavorare al meglio e in linea con l'innovativo
metodo che questa Amministrazione ha introdotto, abbiamo avviato la prima fase
per la riorganizzazione dell'assetto della struttura comunale: un passaggio
indubbiamente forte, coraggioso che si basa su semplificazione ed efficienza.
Non si possono infatti affrontare le varie tematiche senza prima porre mano
all'assetto organizzativo in modo tale che sia in grado di supportare la parte
politica nella realizzazione delle sue linee di azione. Per questo abbiamo
riunito la mobilità in capo ad un unico settore: la divisione tra mobilità
sostenibile e mobilità non ha prodotto, con la precedente amministrazione,
grandi risultati, anzi, la divergenza tra le visioni dei due assessori sono
state sotto gli occhi di tutti. Nel frattempo abbiamo già fatta una ricognizione
con Aem sulla situazione dei parcheggi e abbiamo in calendario un incontro con
Saba, gestore insieme ad Aem dei parcheggi cittadini».
Secondo alcuni, c'è un
numero eccessivo di parcheggi a pagamento, soprattutto nel centro città,
rispetto a quelli liberi: avete già fatto una verifica in questo senso?
«Lo
affronteremo nella prima riunione dello staff mobilità che prende avvio il 1°
agosto. Ci siamo infatti dati questa nuova modalità di lavoro: affrontare i temi
in riunione specifiche, dove partecipano gli assessori di riferimento, i
dirigenti, i dipendenti con esperienza e, in determinati casi, anche i
rappresentanti delle partecipate. Lo stato dell'arte viene affrontato
collegialmente, vengono passate in rassegne le varie criticità e proposte
soluzioni. In questo modo saremo più strutturati e con i gestori avremo un
rapporto più stretto».
Un altro problema è l'impossibilità di pagare solo per
frazioni orarie, soprattutto in piazza Marconi...
«Ne siamo a conoscenza, per
questo è necessario rafforzare il confronto con i gestori dei parcheggi. In tal
senso abbiamo già avuto un confronto con Aem per quanto riguarda la
rigenerazione di corso Garibaldi a proposito del parcheggio di via Villa Glori e
speriamo di avere quanto prima il via libera definitivo».
Parliamo infine dei
prezzi, che vengono definiti eccessivi per una città come Cremona: ci sono i
margini per abbassarli? Se si, come?
«La questione è nota e condivisibile, ma la
cornice deve essere il nuovo piano della sosta. Un piano strutturato e con una
visione a breve ma anche medio e lungo termine, uno strumento lasciato disatteso
per anni dalla precedente amministrazione. E su questo abbiamo le idee chiare.
E' necessario un progetto integrato: piano soste, piano carico e scarico merci,
pedonalizzazione, zone a traffico limitato, trasporto pubblico locale,
ciclabilità in un’unica visione. Un piano generale della sosta: per commercianti
e residenti occorre rendere standard i costi; occorre incentivare l’uso dei
parcheggi esistenti e implementare quello della stazione, serve applicare un
piano di carico e scarico merci.
In una visione complessiva del piano della
mobilità e della sosta, cosa si dovrebbe cambiare?
«E' giusto parlare di visione
complessiva, quella che è appunto mancata in questi anni. Come prima cosa
cercheremo, partendo dalle professionalità che ci sono in Comune, di ricostruire
il settore della mobilità, strutturando gli uffici su progetti mirati. A
settembre, con l'approvazione delle linee programmatiche di governo in Consiglio
comunale, alle quali stiamo appunto lavorando in queste settimane, avremo
l'indirizzo politico che si tradurrà in azioni e scelte da attuare
nell'immediato futuro per migliorare la mobilità e la sosta».
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Ravelli: «Un sistema genuflesso a Tamoil»
Dopo la sentenza di condanna per i dirigenti Tamoil, abbiamo intervistato Sergio Ravelli e Gino Ruggeri
di Michele Scolari
Nel processo celebrato con rito abbreviato davanti al gup di Cremona Guido
Salvini, in cui cinque manager della Tamoil di Cremona erano chiamati a
rispondere dell'inquinamento della falda acquifera causato, secondo l'accusa,
dalla raffineria cremonese, il gup Guido Salvini ha emesso quattro condanne per
disastro ambientale e un’assoluzione. «Una sentenza – aveva commentato a margine
il pm Fabio Saponara – che rende giustizia all’intera città», mentre l’azienda
aveva ribadito la «piena fiducia nei propri manager», convinta della loro
«assoluzione in appello». All’indomani, restano molti problemi aperti, dai tempi
di effettuazione della bonifica alla ricollocazione del personale, e alcuni
interrogativi, tra cui la mancata costituzione di parte civile da parte del
Comune di Cremona. All’origine dellìinquinamento, secondo gli elementi contenuti
nel fascicolo istruito dal pm Fabio Saponara lo scorso ottobre a partire da un
esposto anonimo pervenuto alla Procura di Cremona, vi sarebbero stati la rete
fognaria vetusta ed altamente compromessa nonché i ritardi della dirigenza negli
interventi (ritardi riconducibili ad «un discorso di risparmio economico», come
aveva dichiarato un teste in aula, riferendo che «l’indirizzo generale era
risparmiare ovuqnue»). Di questi problemi abbiamo parlato con Sergio Ravelli, da
sempre in prima linea con i Radicali «contro l’inquinamento prodotto dalla
raffineria Tamoil», che «è stato non solo di natura ambientale, ma anche
economico, sociale e politico». Dopo anni di sit-in, pubblici dibattiti,
petizioni popolari e interrogazioni parlamentari, come interpreta la sentenza?
«Solo la cocciutaggine dei Radicali ha consentito di arrivare a questo processo.
Ora che l'accertamento della verità è iniziato e ha trovato una prima verifica
con la sentenza del giudice Salvini, è tempo che la comunità cremonese e chi
oggi la rappresenta rialzino la testa per rivendicare il proprio diritto di
vivere in un ambiente salubre, anche politicamente».
Secondo Lei perché il
Comune, guidato dalla Giunta Perri, non si costituì parte civile?
«La giunta
Perri ha rappresentato solo il terminale occasionale di un sistema politico,
sindacale e istituzionale, di destra, di centro e di sinistra, genuflesso di
fronte al potere economico della multinazionale libica. C'è chi si è genuflesso
per sudditanza e chi per connivenza. Tutti, comunque, hanno ceduto al cosiddetto
“ricatto occupazionale”. Tutti, tranne i Radicali».
Di fronte all'entità della
sentenza appare ancor più grave la mancata costituzione di parte civile del
Comune?
«Quando nell'aprile 2011, in piena emergenza ambientale, si firma un
accordo in cui la controparte Tamoil si autoassolve da ogni responsabilità
dell'inquinamento in corso, ben prima che abbia inizio l'accertamento delle
responsabilità, ci si preclude colpevolmente la possibilità di difendere
un'intera comunità dai gravi danni subiti».
Chi avrebbe dovuto vigilare ha
sempre sostenuto di aver appreso dell'inquinamento nel 2007, "dalla stampa"...
«Non è necessario essere degli esperti per sapere che le raffinerie, di per sé,
hanno un forte impatto ambientale. Per questo devono essere attentamente
monitorate, soprattutto dopo decenni di attività produttiva. Impianti obsoleti,
serbatoi e reti fognarie non sottoposti a manutenzioni e a risanamenti periodici
costituiscono delle minacce permanenti. In ogni caso, fin dall'autodenuncia
Tamoil del 2001, l'inquinamento all'interno del sito industriale era certo.
Bastava mettere qualche piezometro all'esterno per constatare che la
contaminazione si era estesa oltre il perimetro aziendale. Per fare ciò si è
aspettato fino al 2007. E' evidente che gli enti pubblici preposti alla
vigilanza e ai controlli ambientali non hanno fatto il loro dovere».
La verità
sulle perdite del sistema fognario all'origine dell'inquinamento nonché sulle
responsabilità di parte della dirigenza è emersa in seguito ad un esposto
anonimo. Una casualità dell'ultima ora o, forse, una realtà che non doveva
emergere?
«Da anni, come Radicali, in solitudine, segnalavamo le possibili fonti
dell'inquinamento: rete fognaria e serbatoi, in gran parte costruiti negli anni
'50. Il procedimento giudiziario è stato l'occasione per rompere finalmente
l'omertà generale».
Ora l'urgenza primaria è la bonifica e la ricollocazione del
personale. Due priorità che rischiano di restare un miraggio?
«I buoni risultati
ottenuti sul fronte occupazionale (rispetto ad altre crisi aziendali le
sofferenze lavorative sono state contenute, anche se ancora da affrontare e
risolvere) non sono stati accompagnati da concreti risultati sui fronti
ambientale e industriale. L'accordo sottoscritto oltre tre anni fa da enti
locali, sindacati e Tamoil è stato largamente disatteso e si sta rivelando
sempre più un accordo-bidone: la dismissione degli impianti non è ancora
avvenuta, la bonifica - sia interna che esterna - non si farà e, di conseguenza,
il riutilizzo produttivo delle aree dismesse (oltre 650.000 mq) non è più
all'ordine del giorno. Opportunamente il dispositivo della sentenza Salvini
prevede per i due manager condannati per disastro ambientale colposo la
sospensione della pena solo se proseguirà il ripristino ambientale e se verrà
avviata la bonifica. Ma la prospettiva rimane incerta. Temo che l'occasione
storica per rimediare al disastro ambientale causato dalla Tamoil sia stata
perduta. Nel marzo 2001, con la chiusura della raffineria, la guerra in Libia e
la caduta del rais Gheddafi, c'erano le condizioni concrete per tutelare gli
interessi della città attraverso un'azione conservativa nei confronti dei beni
Tamoil-Oilinvest (bloccati, come tutte gli enormi fondi libici in Europa, dalle
sanzioni Onu). La classe politica cremonese (la grande ammucchiata
partitocratica) ha scelto diversamente e si è accontentata di un piatto di
lenticchie!».
Gino Ruggeri: «Quell’area rischia di essere compromessa per sempre»
Il protagonista, suo malgrado, della vicenda Tamoil si chiama Gino Ruggeri.
Una persona come tante, che però ha fatto una scelta coraggiosa: costituirsi
parte civile in vece del Comune di Cremona, che aveva deciso di non costituirsi.
«Come Radicali abbiamo seguito le vicende di Tamoil da tempo immemore, fin dal
1985, quando si rinnovò la concessione alla raffineria, e noi fummo gli unici ad
opporci ». Poi si arrivò al 2007 quando emerse lo scandalo dell'inquinamento e
furono avviate le indagini. «L'accordo che il Comune stipulò con Tamoil era
tutt'altro che vantaggioso, sia dal punto di vista ambientale che lavorativo,
nonostante quanto afferma Pizzetti» ci dice Ruggeri. Un accordo che impedì al
Comune di costituirsi parte civile, secondo quanto ha affermato più volte lo
stesso Perri. «Comprendemmo che il Comune non voleva costituirsi parte civile,
così valutammo di ripetere esperienze già portate avanti da altri radicali in
altre città, facendolo come cittadini. Io ci ho messo il nome, ma è stato un
lavoro collettivo, in cui hanno preso parte avvocati, ingegneri e altri
professionisti. Abbiamo permesso che il Comune portasse a casa un milione, ma
potrebbero arrivarne altri, nelle successive fasi del processo». Secondo Ruggeri
«sul versante politico abbiamo visto una connivenza silenziosa da parte
dell'amministrazione. Ma anche sotto l'aspetto più burocratico e amministrativo,
si è assistito a una carenza di competenze. L'Arpa, che doveva essere l'organo
di controllo, è uscita con le ossa a pezzi, perché non ha fatto nulla di quanto
avrebbe dovuto, come è emerso dal processo. Tanto che è dovuta intervenire la
magistratura, che si è letteralmente sostituita alle istituzioni ». Intanto il
fronte ambientale rimane una ferita aperta: «E' assurdo che Tamoil non sia
obbligata a bonificare l'area solo perché ha una piccola attività in essere
sulla stessa. Quella zona della città, dopo tanti anni, rischia di restare
compromessa per sempre». Nei giorni scorsi Ruggeri ha incontrato la nuova
amministrazione. Il sindaco Galimberti ha chiesto a Ruggeri di mettere a
disposizione del Comune tutta la documentazione in loro possesso in modo da
poterla consultare.
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Si dice e si scrive assessora...
In qualche numero fa ci siamo divertiti a prendere in giro i luoghi comuni.
Occorre avere cura della lingua, dicevamo: perché, citando Nanni Moretti, “chi
parla male pensa male”. Ora, se considerassimo il linguaggio che utilizziamo con
cuore puro e libera mente, avremmo delle belle sorprese. Sorvoliamo sul
terribile italiano burocratico: da “obliterare il titolo di viaggio”, invece che
“timbrare il biglietto”, a “previo versamento del corrispettivo”, invece di
“dopo avere pagato la somma dovuta”. Voglio soffermarmi su un fenomeno che non è
solo dovuto alla misoginia che ancora si aggira tra di noi, ma alla pessima
conoscenza della lingua, con esilaranti sgrammaticature, e anche al cattivo
giornalismo: l’uso scorretto del genere. Esilarante, dicevo. Abbiamo potuto
leggere, anni fa, che il sindaco di ... aspettava un bambino da... O che il
sottotenente... convolava a giuste nozze con il capitano... Per fortuna che ci
ha messo una parola conclusiva la benemerita Accademia della Crusca: se si dice
“cameriere” e “cameriera”, allora si dice anche “direttore” e “direttora”,
“assessore” e “assessora”. “Sindaco” e “sindaca”, certamente. Niente più dubbi,
quindi, si dice chirurga, ministra, avvocata e così via, non esistono due
opzioni, “Il genere è un parametro fisso come lo è un numero, è un meccanismo
regolatore della nostra lingua”. Lo dice la suddetta Accademia che insieme ad
un’associazione di giornaliste ha presentato, poco tempo fa, alla presenza di
Laura Boldrini, “la” presidente della Camera, un manuale che coadiuvi nello
scrivere in maniera corretta anche dal punto di vista del genere. E il rispetto
del genere presto sarà applicato in tutti i documenti ufficiali. Non è cosa
strana. E’ solo grammatica italiana. #sappiatelo.
lunedì, luglio 21, 2014
Blog, l’informazione parallela e irriverente a Cremona
Che cos’è un blog? Io bloggo, tu blogghi, egli blogga, tutti, insomma,
possiamo accedere ad una struttura fornita dalla Rete, dal web, e costruire il
proprio blog. La parola viene dalla contrazione di “web” e “log”, che significa
“diario”. Quindi, il blog è un diario in rete. Espressione di una
contemporaneità che nella rete, “quella” Rete, la world wide web, la “ragnatela”
tessuta in tutto il mondo, si riconosce, si esprime, genera senso e significati:
fino a modellare un linguaggio sulle proprie pratiche, sino a contaminare, anche
in senso positivo, i vari linguaggi: quello scritto e quello parlato. Sino a
costruire, in questo caso nell’italiano corrente, parole come bloggare, oggetto
di attenzione anche da parte della prestigiosa Accademia della Crusca, nata a
Firenze tra il 1582 e il 1583 per identificare, curare, diffondere la lingua
italiana. La stessa Accademia si sta avvalendo, da qualche anno, di un sito
internet ricco e curato, in cui si trova risposta a moltissimi quesiti
riguardanti l’uso della lingua italiana. Sentiamo cosa ivi si scrive, appunto,
della parola bloggare: “[…] la tendenza verso una lingua sintetica, più semplice
anche nella sintassi, ha dato luogo alla "proliferazione" di verbi denominali
(formati cioè su nomi, del tipo commissario / commissariale) […] Con lo stesso
meccanismo si formano verbi su nomi e aggettivi stranieri, inglesi nella
stragrande maggioranza dei casi, con l'unica differenza che l'aggiunta della
desinenza verbale -are determina un adattamento della base straniera alla
morfologia dell'italiano. Il numero maggiore di esempi l'abbiamo senza dubbio in
ambito informatico: bloggare da blog, googlare da Google, postare da post,
taggare da tag, ecc. Bloggare, con il significato di 'creare o gestire un blog',
è registrato nel Devoto- Oli (ediz. 2007). Rassicurati dal fatto che la parola
bloggare sia testimoniata sul Devoto- Oli, vediamo come si possa usare un blog,
un diario in rete. Ve ne sono di dedicati alla poesie, oppure alla cucina,
oppure alla filosofia, o alla cosmetica, alla cura del corpo, al tatuaggio. Noi
vorremmo prendere in considerazione, però, quella forma di blog dedicata
all’informazione/ riflessione, al confine tra la condivisione di elementi
diaristici, appunto, e l’informazione. Sulla situazione dell’informazione oggi
si potrebbero scrivere tomi interi: è certo, però, che l’informazione
strutturata, ossia quella che possiamo definire tradizionale, sia sulla carta
stampata sia online, è stata, non si vuol dire travolta, ma certamente
condizionata da quella che si può reperire sul web. Con pregi e difetti, come
ogni avventura umana: da una maggiore diffusione e, forse, “democratizzazione”,
alla messa in circolo di contenuti in cui non è presente alcuna deontologia,
alcun codice etico, fino alle manifestazioni più aberranti. È stato detto che,
in questo modo, l’informazione non ha più alcuna verticalità, alcuna possibilità
di approfondimento, in quanto, sul web, tutto è posto in orizzontale, a pari
livello: scrivesse Hegel, come se scrivesse il sottoscritto. È vero, è un
rischio. Ma lo strumento è importante, è ormai fondamentale: non vale a nulla
esorcizzarlo con luoghi comuni. A Cremona sono in rete pochi blog, a mio parere,
degni di nota e non a caso sono molto seguiti. Uno è “Quaderni corsari” (forse
una citazione degli “Scritti corsari” di pasoliniana memoria?) di Paolo Zignani,
giornalista di Telecolor, all'indirizzo cremonademocratica.org. Zignani, buona
penna, anzi buona tastiera, è polemista di vocazione, giornalista di mestiere,
ed è chiaro che la politica sia la sua passione. Politica intesa latu sensu: nel
suo blog c’è la riflessione sulle vicende locali, con una forte attenzione
dedicata al versante ambientalista (in tema di inquinamento, vi si può leggere
un recente, assai interessante richiamo ad una presa di posizione dei pediatri
di Taranto sugli inquinanti ambientali), ma vi si leggono anche riflessioni su
temi più ampi, come le “grandi riforme”, la situazione internazionale, l’azione
dei movimenti ambientalisti. Ricorre spesso, nelle sue parole, l’espressione
“poteri forti”, che Zignani declina in senso assolutamente bipartisan, di
centrosinistra o centrodestra che siano, senza celare più di tanto il suo
orientamento politico di sinistra. Sono letture sicuramente interessanti.
“Gemello diverso” è il blog di Flaminio Cozzaglio, dal titolo
“flaminiocozzaglio. info: Lettere e Lettere mai pubblicate”. Nato nel luglio
2009, nella nostra realtà è forse il primo blog che si occupa prevalentemente di
politica, sia nazionale sia ovviamente locale. L’orientamento politico è opposto
al precedente, i poteri forti vengono attaccati lo stesso. Il linguaggio è
immaginifico, l’aforisma è spesso bruciante, in alcuni casi geniale (per
esempio, sentite come definisce il Pd: “il partito (comunista e opportuni
sviluppi)”). Irriverente, pungente, tanto da affibbiare nomignoli ad alcuni
personaggi, loro malgrado, presi di mira come “Pivetti”, soprannome affibbiato
all'ex sindaco Oreste Perri. E, infatti, Cozzaglio ha alcuni obiettivi polemici
cui non sconta niente: addirittura clamorosi e ostinati gli attacchi portati al
direttore de La Provincia e, appunto, all’ex sindaco Perri. Lui stesso così
definisce il proprio lavoro: “violenza mai, critica senza paura sempre”.
Certamente, niente gli sfugge della vita cittadina: ed è bene che ci siano
sentinelle attente alla vita pubblica, anche se non sempre si deve essere
d’accordo. Sta di fatto che il blog di Cozzaglio è uno dei più seguiti. Un blog
a carattere sportivo è “Sport grigiorosso” di Alexandro Everet. Everet, ex
collaboratore de “Il Vascello” di Antonio Leoni, giornale antesignano dei
quotidiani on line, è un grande appassionato di calcio, in particolare grande
tifoso della Cremonese. Ne segue le vicende con passione e, se del caso, con
atteggiamento critico esente da quei timori reverenziali che spesso
“condizionano” la stampa tradizionale. Ed è anche per questo che il blog di
Everet è molto seguito dagli sportivi cremonesi. L'indirizzo è
sportgrigiorosso.it. Un altro blog che è giusto citare, ricco di notizie e
filmati, è il sito di Giancarlo Storti: welfarenetwork.it che però, ad onor del
vero, ha ambizioni più da quotidiano on line.
Le scuole vanno verso la settimana corta
Sono sempre più numerose le scuole cremonesi che scelgono la settimana corta.
E' una tendenza ormai da tempo affermata per le scuole europee: sui banchi da
lunedì e venerdì, mentre il sabato si sta a casa. La scelta non è dovuta solo ad
una sorta di “armonizzazione” con i tempi delle famiglie, ma spesso viene
sollecitata anche dalle necessità causate dalle esigue poste di bilancio
disponibili per Comuni e, soprattutto, Province per la manutenzione, gli arredi,
le utenze delle scuole scolastiche. A Genova, la situazione di bilancio della
Provincia, dovuta ai grossi tagli ai trasferimenti agli Enti locali operati da
anni dai vari governi che si sono succeduti e confermati dal governo Renzi, ha
imposto, per ridurre i costi, la “settimana corta” nelle scuole superiori. E
anche a Cremona diverse scuole hanno espresso la volontà di organizzarsi in
questo modo, come conferma l'assessora provinciale alla scuola, Paola Orini. «E'
una tendenza che viene sicuramente vista con favore dagli enti locali, in quanto
implica un notevole risparmio in termini ambientali ed economici: riduzione del
trasporto, del riscaldamento, dell'elettricità, ecc». Un sistema che prevede
cinque giorni di scuola ed un intero weekend libero, per permettere ai ragazzi
di avere maggior tempo libero per divertirsi e coltivare le proprie passioni al
di fuori della scuola. In questo modo, anche le famiglie potrebbero organizzare
meglio il tempo libero. La settimana corta non porterebbe ad una ulteriore
riduzione delle ore scolastiche, ma solo a una distribuzione delle ore del
sabato negli altri giorni della settimana. «Per il momento, sul nostro
territorio la scelta ha coinvolto soprattutto gli istituti verticalizzati (ossia
quelli che vanno dalla scuola materna alla scuola media), specie quelli nei
paesi - spiega Orini -. Tuttavia, anche diverse scuole superiori stanno
decidendo di adottare questo sistema. Ad esempio lo fa il Torriani, l'Anguissola
per alcune sezioni, il Pacioli di Crema, l'Itis di Crema, lo scientifico...
Sicuramente per le superiori l'organizzazione risulta più complessa, in quanto
bisogna studiare un orario mattutino prolungato, soprattutto se si vuole evitare
di fare i rientri, facendo uscire i ragazzi alle 14. Questo comporta dover
prevedere due intervalli e una diversa scansione oraria. Si devono inoltre
bilanciare le materie più leggere e quelle più pesanti: non avrebbe infatti più
senso la settimana in cui c'è la giornata in cui si concentrano tutte le materie
leggere». La cosa certa è che, in prospettiva futura, questa sarà la strada da
percorrere. «Ribadisco: l'ente locale non può certo obbligare la scuola a fare
questa scelta, tuttavia ci sentiamo di consigliarla, proprio per una questione
di risparmio». Una soluzione che, tutto sommato, troverebbe concordi anche le
sigle sindacali, come evidenzia Simona Meli, segretaria della Cgil scuola. «Alle
medie è già qualche anno che si sta diffondendo l'organizzazione della settimana
sui cinque giorni. Negli ultimi anni questa tendenza si sta diffondendo anche
tra le scuole superiori, dove i consigli di istituto proprio in queste settimane
si stanno riunendo per decidere cosa fare». Tuttavia si tratta di decisioni che
vanno valutate bene e che alle famiglie potrebbero non piacere del tutto: «Da
madre non vedo positivamente questa iniziativa - evidenzia ancora Meli -. I
ragazzi si trovano con orari troppo concentrati durante la settimana. E per chi
viene da fuori il rischio è di tornare a casa decisamente troppo tardi».
domenica, luglio 20, 2014
«La cultura è stata tagliata senza pietà»
Nicoletta De Bona: «Giunta Perri? Avremmo dovuto fare scelte più coraggiose ed essere più compatti»
Dopo molti anni dedicati alla politica, Nicoletta De Bona, già assessora alla
cultura nella giunta Perri, ha deciso di abbandonare definitivamente questo tipo
di impegno. «Per fare politica oggi bisogna avere alcune caratteristiche
caratteriali che evidentemente non mi appartengono. C'è chi riesce a scrollarsi
di dosso le situazioni ed andare avanti, io no. L'impegno poi è totalizzante;
credo di aver dato il massimo nella condizione in cui ho operato, con
contraddizioni finanziarie, normative e aspettative dei cittadini molto
elevate». Cosa rimprovera alla giunta in cui ha lavorato in questi cinque anni?
«Avremmo dovuto fare scelte più coraggiose, perché il voto ricevuto
rappresentava un'attesa di cambiamento, da parte dei cittadini. Sicuramente
abbiamo pagato lo scotto dell'inesperienza: siamo stati l'unica amministrazione
di centrodestra in 60 anni di amministrazioni di centrosinistra. Tra gli
assessori della giunta Perri erano ben pochi ad avere avuto un'esperienza
amministrativa giocata in prima linea: fare il consigliere di opposizione,
infatti, ti consente di veder solo la punta dell'iceberg. Quando ti ritrovi a
dover gestire direttamente le cose ti rendi conto di quanto ampie siano le
problematiche. Tuttavia, da parte nostra, ci sarebbe voluta una maggior
compattezza...». Invece la giunta è stata spesso un po' divisa, in questi
anni... «Purtroppo sì. Ma soprattutto è mancato un atteggiamento deciso, come
dicevo prima. Sono una persona dirompente e decisionista. Mi prendo il tempo per
riflettere sui problemi, ma se capisco che serve un intervento forte non mi
sottraggo. Invece in Giunta su molti temi c'è stato un temporeggiamento che poi
abbiamo pagato. Un'altra cosa su cui abbiamo peccato è stata la comunicazione:
abbiamo fatto cose importanti ,ma non siamo stati capaci di comunicarle in modo
corretto ed efficace, finendo per perderci in discussioni sterili che non ci
portavano da nessuna parte». Veniamo al suo settore, la cultura, che durante
l'amministrazione Perri ha subito tagli notevoli... «La cultura è stata tagliata
senza pietà. Molti mi hanno criticato, ma chi non c'è dentro non può capire cosa
significa. Ho fatto il massimo con quello che avevo a disposizione, raccogliendo
1.200.000 euro di risorse esterne, rivitalizzando le sedi museali con iniziative
mirate e tagliando 450mila euro di spese di gestione». Ha provato a contrastare
i tagli? «L'ho fatto nelle sedi opportune. Ma evidentemente la giunta Perri ha
deciso diversamente, e ho dovuto adeguarmi. Sono una persona che rispetta la
parola data, ed andarmene non mi sembrava corretto, nonostante su molte
decisioni non fossi d'accordo». Anche dal punto di vista culturale? «Si. Il
Museo del Violino è stata una svolta molto positiva, tuttavia ci sarebbe voluta
una maggior sistemicità tra sistema museale, Museo del Violino e teatro
Ponchielli. E' qualcosa che avrei voluto fortemente, ma che non ho potuto
mettere in atto. Questo è un grande problema che mi auguro Galimberti - che ha
delega alla cultura - riesca a risolvere. Anche perché le piccole nicchie di
potere autoreferenziali non vanno da nessuna parte, se non si riesce a metterle
a sistema. Non che a noi sia mancata una visione di insieme, soprattutto per
quanto riguarda la liuteria, che rappresenta una caratteristica peculiare della
nostra città, che ci rende unici e riconoscibili. Tuttavia non si è fatto il
passo in più che era necessario». Cosa può dire dell'attuale giunta Galimberti?
«E' troppo presto per fare una valutazione. Sicuramente è condivisibile il fatto
che il sindaco voglia creare lavoro di squadra tra gli assessori; tuttavia le
deleghe mi sembrano un po' nebulose e poco definite: questo porta al rischio di
sovrapposizioni e interferenze tra un assessorato e l'altro. Solo se riusciranno
davvero a fare squadra potranno fare un buon lavoro». Vi sono stati diversi
contrasti, in passato, tra lei e l'assessore Nolli... «L'assessore Nolli ha
avuto contrasti un po' con tutto il resto della giunta. Del resto, l'assessore
al bilancio ha la priorità di dover chiudere il bilancio, mentre gli altri
assessori devono reperire le risorse per i loro settori: è chiaro che si creino
delle situazioni di contrasto». Allora, Nicoletta De Bona, dopo tanti anni, ha
davvero deciso di dire addio alla politica? «Assolutamente. Ho creduto per anni
in un soggetto unitario del centrodestra, il Pdl, anche sacrificando alcune mie
ideologie da ex An. Ora però vedo un caos e una confusione che non è solo della
politica, ma anche, più in generale, degli italiani. C'è molta insoddisfazione,
ma nessuno che se ne prenda la responsabilità. Non è più la politica che piace a
me».
La riforma della sanità regionale secondo il Pd
Una sanità pubblica che si fondi sulla centralità della persona, sul
contrasto alle disuguaglianze, sulla continuità assistenziale, ma soprattutto su
una unica gestione delle competenze sociali e sanitarie: sono i punti
qualificanti della riforma della sanità lombarda proposta dal gruppo regionale
del Pd. L’ha spiegata lunedì scorso il consigliere Agostino Alloni, insieme ad
altri componenti del suo gruppo, in un incontro a Cremona. C'è la necessità di
«mettere più a sistema la sanità regionale», che è «ricca di potenzialità, ma
priva di una gestione adeguata». Si rileva inoltre la necessità di intrecciare
le politiche della sanità con quelle di altri settori, come ad esempio
l'ambiente o il sociale. «La cura del malato non può essere solo fatta in
ospedale – ha detto Agostino Alloni -. Per questo, proponiamo una direzione
divisa per province, o comunque per area vasta, che abbia competenza nel sociale
e nel sanitario e che non riguardi tutti gli ospedali, ma tutte gli enti
socio-sanitari del territorio». A questo proposito le Asl avranno un ruolo
strategico: diventeranno Asst (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) e dovranno
gestire direttamente gli ospedali di riferimento, di territorio e i presidi di
comunità, le cure primarie, le cure intermedie, le prestazioni specialistiche e
ambulatoriali, i servizi territoriali: il tutto in raccordo con i Comuni, che
dovranno «contare di più nelle scelte strategiche». Inoltre dovrà esserci «un
unico assessorato regionale famiglia-sanità per ritornare all'integrazione tra
sanitario e socio-assistenziale», spiega ancora Alloni. Per il nostro
territorio, precisa Alloni, sarà fondamentale che i due ospedali di riferimento,
quello di Cremona e quello di Crema, abbiano un'importanza di pari livello. Il
consigliere si dichiara invece decisamente contrario «ad accorpamenti di
ospedali - come Cremona e Mantova, già ventilato in passato - fatti solo sulla
base della divisione geografica del territorio». Il sistema ospedaliero, secondo
il Pd, dovrà essere composto da tre reti: Rete ospedaliera (gestita direttamente
dalle Asst), Centri ad elevata intensità e complessità, Rete della ricerca e
della formazione. I criteri per la classificazione delle strutture ospedaliere
pubbliche e private accreditate terrà conto di bacino d’utenza, livello di
complessità e intensità della cura, presenza di strutture dedicate
all’emergenza, tipologia di specialità mediche, chirurgiche e di servizi di
supporto. La rete ospedaliera dovrà essere composta da ospedali di riferimento,
ospedali di territorio e presidi di comunità. In particolare, gli ospedali di
riferimento sono presidi ospedalieri ad alta intensità e complessità di cura,
hanno un bacino di utenza medio alto, sono dotati di Dea (Dipartimento emergenza
e urgenza) e vi sono presenti molteplici specialità. Sono dotati (o disponibili
in rete H24) di servizio di radiologia con Tac ed ecografia, laboratorio e
servizio immunotrasfusionale. Gli ospedali di territorio sono presidi
ospedalieri a media intensità di cura, hanno bacino di utenza medio, sono dotati
di Pronto soccorso, hanno un numero limitato di specialità, letti per subacuti e
servizio di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio ed emoteca.
Entrambe le strutture saranno gestite dalle Asst. I presidi di comunità sono
invece strutture a bassa intensità di cura, diffuse capillarmente su tutto il
territorio regionale, la cui missione «è quella di garantire appropriata
continuità assistenziale con le cure erogate dalle altre strutture del sistema
ospedaliero, superare l’attuale frammentazione fra i servizi territoriali e
assicurare il coordinamento con gli altri presidi della Rete ospedaliera »,
secondo la proposta Pd. Essi erogano prestazioni, sia in regime di ricovero
(posti letto per subacuti e post acuti), sia in regime ambulatoriale e di day
hospital. Si tratta di luoghi di integrazione e coordinamento territoriale: vi
convergono gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri, gli ambulatori
specialistici e quelli di riabilitazione. Essi hanno lo scopo primario di
garantire continuità assistenziale al paziente. Ci sono poi i centri ad elevata
intensità e complessità, che prevedono un bacino d’utenza compreso tra 600.000 e
1.000.000 abitanti. Sono strutture dotate di un Dipartimento d'emergenza ad alta
specialità (Eas) e in esse sono concentrate le maggiori tecnologie e le equipe
specializzate per gli interventi con la più elevata intensità e complessità di
cura. Nella logica della riforma proposta dal Pd, il Sistema socio sanitario
regionale assume il processo di globalizzazione come scenario nel quale operare
e sviluppare opportunità di crescita delle competenze, di acquisizione di
risorse e di aumento di spazi di qualità, efficacia e universalità. I pazienti
saranno sempre più eterogenei e, alla luce delle nuove direttive europee, tale
servizio dovrà erogare prestazioni anche a cittadini residenti in altre nazioni,
con l’obiettivo di sviluppare competenze e tecnologie e rendere disponibili
maggiori risorse economiche. Altro punto focale sono le nomine, che con questo
sistema diventerebbero legate al merito e non più a scelte politiche. Il numero
dei dirigenti verrebbe ridotto. Fondamentale il tema della salute mentale: «Una
nuova politica per la psichiatria deve prevedere l'incremento dei progetti
territoriali, anche a scapito degli investimenti più ingenti sulla
residenzialità, su cui s’è investito in questi anni, che tocca solo le patologie
gravi, mentre cresce l’emergenza per le patologie non acute». Ultima, ma non
meno importante, la partita sull'odontoiatria: il Pd prevede la predisposizione
di un fondo integrativo, a gestione pubblico/privata. «Oggi il 90% della spesa
odontoiatrica privata è costituita da pagamenti diretti interamente a carico
dell’assistito - spiega il gruppo regionale -. Vi è una forte disuguaglianza
nell’accesso alle cure dei denti: il 40% dei cittadini non è mai stato dal
dentista e chi vi accede lo fa solo in caso di emergenza»
Sottopassi, in via Brescia poco spazio per utenti deboli
Mentre i lavori in via Persico stanno quasi per finire, sono iniziati i
lavori propedeutici alla realizzazione del sottopasso di via Brescia, ossia lo
spostamento delle reti di acqua e del gas e, successivamente, la realizzazione
della rete telefonica. Ma c'è chi lancia un appello alla Giunta: niente
sottopasso per le auto in via Brescia. E' Beppe Carletti, politico di vecchia
data e padre dell'attuale consigliere comunale del Psi, a evidenziare a suo dire
«L'assurdità di quel progetto». In sostanza, dice Carletti, essendoci già quello
di via Persico, «che senso ha farne uno uguale in via Brescia, dove c'è anche il
problema del Cavo Cerca, che è molto vicino alla strada?». Secondo Carletti,
quindi, il traffico potrebbe essere convogliato tutto in via Persico,
limitandosi, in via Brescia, «a realizzare un sotto passo pedonale e
ciclopedonale. Anche perché questo comporterebbe di poter valorizzare Palazzo
Duemiglia e la chiesa di fronte, magari con una piazza». Questo anche alla luce
di un'analisi delle due direttrici: «Negli anni la via Persico sta diventando
sempre più portante, come dimostra il fatto che lungo quella tratta i paesi
hanno conosciuto un grande sviluppo, diventando quasi delle succursali di
Cremona, mentre quelli lungo la via Brescia non si sono affatto ingranditi.
Infine, per andare a Brescia esiste comunque l'alternativa dell'autostrada».
Un'ipotesi che ha trovato la condivisione dell'ex assessore all'ambiente
Francesco Bordi: «E' un'obiezione che a suo tempo avevo fatto anche in sede di
Giunta - evidenzia -. Le pendenze previste (10%) e lo spazio riservato agli
utenti deboli per l'attraversamento del sottopasso, sono in netto contrasto con
quanto previsto dalle normative attuali. Per inciso, se una persona scendesse
con la carrozzina e incrociasse una bicicletta che proviene dalla direzione
opposta, avrebbero delle difficoltà a passare. Meglio prevedere di far
transitare il traffico automobilistico per via Persico e riqualificare il
quartiere collegando cosi la futura ciclabile della via Brescia (Cremona-
Pozzaglio) al centro città». Intanto la Giunta comunale di Cremona ha fatto il
punto proprio venerdì pomeriggio sull'eliminazione dei passaggi a livello. I
lavori per la realizzazione del sottopasso di via Persico sono ormai stati
completati al 65%, e lo stesso per quanto riguarda il sovrappasso di S. Felice.
L'apertura del sottopasso di via Persico avverrà entro la prima metà del
prossimo mese di ottobre; entro ottobre sarà concluso anche il sovrappasso di
San Felice. Per la via Brescia, la conclusione dell'opera è prevista nella
primavera del 2015. Per quanto riguarda il progetto volto all'eliminazione del
passaggio a livello di via Brescia, la Giunta ricorda che «l'amministrazione
Perri, nel 2010 ha fatto una scelta: abbandonare il progetto preliminare di
sovrappasso ciclopedonale e scegliere un sottopasso viabilistico. Ad oggi il
progetto è nella fase esecutiva, anzi è già stato validato da un ente terzo,
quindi anche volendo tornare indietro non vi sono le possibilità per farlo e le
caratteristiche tecniche restano così confermate. Il progetto prevede un
sottopasso per i veicoli leggeri ed è previsto un collegamento ciclo-pedonale».
La Giunta ha anche preso visione delle possibili soluzioni viabilistiche. «I
progetti e i cantieri ad oggi sono inscindibili e legati l'uno all'altro per la
loro tempistica – sottolinea la Giunta - e, per ottenere il finanziamento, la
condizione è che i lavori fossero completati all'80% entro dicembre 2014. Siamo
consapevoli che a questo punto le uniche iniziative che possiamo adottare
riguardano la viabilità e il futuro dei quartieri S. Bernardo e l'ingresso al
quartiere Zaist. Per tale motivo, già a partire dalla prossima settimana ci
attiveremo per organizzare quanto prima un incontro pubblico, con la presenza
dei tecnici, per informare la cittadinanza e per individuare soluzioni
viabilistiche al più condivise ». Nel frattempo, dopo il sopralluogo effettuato
giovedì 17 luglio in via via Brescia dal dirigente del Settore Lavori Pubblici
Marco Pagliarini insieme ai tecnici di AEM, di Autostrade Centro Padane, di
Telecom e di altre società è stata definita la tempistica dei lavori di
spostamento dei sottoservizi, anche alla luce del rinvenimento di alcuni reperti
nei pressi del sagrato della chiesa di San Bernardo. Aem riprenderà i lavori
lunedì 21 luglio, lavori che si protrarranno sino al 4 agosto, così da
permettere la conclusione degli accertamenti in corso sui reperti rinvenuti. Il
cantiere di Aem interesserà il sagrato della chiesa di San Bernardo, con
conseguente restringimento della carreggiata, ed istituzione del senso unico di
marcia in via Brescia con direzione da periferia a centro città Telecom inizierà
il lunedì 21 luglio e e proseguirà il proprio intervento sino al 1° agosto
interessando a fasi di avanzamento la via Brescia, per cui sarà adottato lo
stesso provvedimento viabilistico: senso unico di marcia in ingresso alla città
su via Brescia nel tratto compreso tra via Cavo Cerca (incrocio escluso) e via
Francesco Soldi (incrocio escluso). Telecom riprenderà i lavori di sua
competenza dal 18 al 31 agosto, sempre con istituzione del senso unico in via
Brescia. Tra il 1° e il 12 settembre saranno interventi da un'altra compagnia
telefonica: in questo caso il traffico veicolare potrà procedere a doppio senso
sulla normale carreggiata , con una marginale deviazione nei pressi di
installazione del cantiere. Infine, dal 15 settembre e fino al 26 settembre,
Telecom porterà a termine l'intervento di propria competenza senza interruzioni
o modifiche alla viabilità sulla via Brescia.
sabato, luglio 19, 2014
Per adesso il piatto piange
Se provassimo a scorrere un giornale di qualche settimana fa, a parte la
tragedia della guerra palestino-israeliana, per quanto riguarda la politica
italiana, non troveremmo titoli o commenti molto diversi da quelli di oggi. Il
“nuovo” senato, la “nuova” legge elettorale (ricordate? 37% uguale maggioranza
assoluta) … ma gli interventi in materia di economia sono ancora fermi alle
dichiarazioni di intenti. Certo, ci sono stati gli 80 euro, di cui pare non si
sia ancora trovata la completa copertura: e quella che c’è ha provocato altri
tagli agli enti locali, che a loro volta tagliano sui servizi, riducendo le
possibilità di guadagno di fornitori, ditte di manutenzione, cooperative di
servizi eccetera. L’altra misura è stata la prima parte della riforma del
lavoro, che non pare aver portato (magari, sarà ancora presto …) miglioramenti
nell’occupazione, anzi. Quindi, le realizzazioni del governo su cui scrivere
“fatto” sono davvero poche. Non siamo un Paese che accetta volentieri un
ragionamento churchilliano, fatto di promesse di “sangue, fatica, lacrime e
sudore”, anche perché abbiamo già molto dato, in questi anni (tutto sta, però,
nel vedere da chi sia composto questo “noi”); ma bisogna considerare quanto
possa essere controproducente, alla lunga, fare sfavillanti promesse, che non si
sa se potranno essere mantenute. “L’uomo solo al comando” ce la può fare quando
dispone di grandi risorse, per distribuire, contentare, ammansire: così più non
è. Lo potette fare Craxi, al prezzo di far precipitare l’Italia in una
situazione durissima (ricordate “e la nave va?” ma allora, non c’era la crisi
internazionale a togliere fiato e spazi). Prendiamo, per esempio, l’impegno a
sbloccare i debiti verso le imprese della Pubblica Amministrazione: mi risulta
che questi siano dovuti, in gran parte, al blocco imposto da quel moloch che è
il patto di stabilità interno (è come dire: anche se hai i soldi, magari pochi,
non li puoi comunque spendere). Se non si ricontratta questo, il problema si
gira su se stesso e il cane si morde la coda. Personalmente, mi interessano poco
i proclami: come altri, sto ancora aspettando azioni concrete e terapie per
rianimare nell'immediato la nostra economia. E il turbo lasciamolo alle auto, e
l’asfalto e gli asfaltatori, ai lavori pubblici. Insomma, questo Renzi, non mi
convince fino in fondo. E questo sarebbe male di poco: il problema è che non mi
fido. Ecco, l'ho detto! P.s. Berlusconi è innocente, almeno fino alla
Cassazione... buon per lui.
sabato, luglio 12, 2014
Un altro Lombardo in grigiorosso?
Tra i giovani seguiti dalla società c’è anche il figlio di Attilio, protagonista alla Cremo negli anni ’80
Una colonia di giovani talenti è pronta a vestire il grigiorosso. I primi due
nomi sono quelli di Radoslav Kirilov e Giacomo Venturi, rispettivamente
attaccante bulgaro e portiere, entrambi classe ’92. Kirilov arriva dal Chievo e
si presenta come il classico attaccante esterno “di manovra” (non vanta numeri
da bomber con le maglie di Rimini, Chievo, Lumezzane, Carpi e Venezia …), veloce
e scattante che ha all’attivo anche il debutto con la Nazionale Under 21
bulgara. Il faentino Venturi, invece, è un portiere di belle speranze ben
conosciuto da Simoni e Giammarioli, che lo hanno visto all’opera al Gubbio due
stagioni fa. Il suo cartellino è di proprietà del Bologna e il suo nome è
presenza costante nelle varie selezioni giovanili azzurre, dove viene apprezzata
la sua esplosività e la sua attitudine a cavarsela anche fuori dai pali, come
spesso viene chiesto ai portieri moderni. Due ottimi colpi dunque, a cui ne
seguiranno altri a breve. Qualora non dovesse andare in porto la pista che porta
a Daniele Moroni del Parma, per la mediana sembra ben avviata la trattativa che
porta a Mattia Lombardo, figlio dell’indimenticato Attilio. A differenza del
padre (è un esterno destro offensivo tutto sprint e corsa), il ragazzo classe
’95 è giocatore più tecnico e ricopre il ruolo di mediano basso, posizione che,
però, non gli impedisce di trovare la via del gol con una certa facilità e la
dimostrazione la si può tranquillamente trovare nei 10 gol messi a segno in 32
presenze con la maglia della Primavera doriana nella scorsa stagione, sotto
l'occhio vigile Enrico Chiesa. Restiamo in attesa dell’ufficialità, ma le
premesse per un “Lombardo-bis” ci sono tutte. Nelle ultime ore è trapelato anche
il nome di Stefano Morrone come possibile “chioccia” del centrocampo. L’ex
mediano di Palermo, Chievo, Livorno Parma (solo per citarne alcune…) potrebbe
arrivare sull’asse dei rapporti preferenziali presenti con il Parma che ne
detiene al momento il cartellino; sebbene l’ingaggio del giocatore non risulti
propriamente in linea con l’ottica ‘poca spesa, massima resa’ varata dalla nuova
gestione Simoni. STAFF TECNICO Il nuovo preparatore sarà Angelo Bozzetti, che ha
già lavorato a fianco di Montorfano nella stagione 2001- 2002 e rappresenta
senza dubbio un gradito ritorno in casa grigiorossa, dopo le esperienze
all’estero in Romania e Medio Oriente. Si va così a completare lo staff tecnico
che guiderà la squadra in Lega Pro unica. NEWS E’ stata, infine, ufficializzata
l’amichevole con il Modena, squadra di serie B e protagonista nell'ultima
stagione dei playoff della serie cadetta. L’amichevole sarà disputata giovedì 31
luglio alle ore 17 presso il Campo comunale “Lotta” di Fanano.
Etichette:
Attilio Lombardo,
Gigi Simoni,
Mattia Lombardo,
Unione Sportiva Cremonese
«Nuovo sindaco, vecchia aria. E tutti chiusi negli uffici»
Intervista a Claudio Demicheli, ex assessore comunale: «Sono pronto a rientrare nella Lega Nord se cambia la dirigenza cittadina»
"Nel centrodestra è necessario un ricompattamento a livello nazionale, con l’individuazione di nuovi leader. Stesso discorso vale per il livello locale»
Già assessore della giunta Perri, Claudio Demicheli è pronto a contrastare
politicamente la nuova amministrazione, pur non tralasciando qualche critica
alla coalizione che non è riuscita a riconfermare il sindaco uscente alla guida
della città. come nel caso della Lega cremonese che, secondo l'ex assessore, «ha
sbagliato su tutti i fronti». Demicheli in particolare critica la dirigenza
cittadina: «E' un partito di poltrone e finché ciò non cambierà continuerà a
perdere credibilità, come dimostra il fatto che hanno quasi dimezzato i consensi
elettorali. A questo proposito ho mandato un corposo dossier a Milano, allegando
gli articoli che documentano la loro attività in questi mesi e come si sono
comportati in campagna elettorale. Ho ancora molti rapporti con militanti e
sostenitori e posso affermare con certezza che se da Milano decidessero di
azzerare l'attuale segreteria ci sarebbero un centinaio di sostenitori usciti
dal partito che rientrerebbero subito, me compreso. Non ho mai abbandonato la
tessera del partito, che ho sempre in tasca, anche se non l'ho fatta a Cremona».
Accennava agli errori dell'amministrazione di Oreste Perri...
«L'amministrazione Perri ha fatto davvero molte cose, solo che non è stata in grado di comunicarle come si deve. Errore, peraltro, fatto anche in campagna elettorale, dove la comunicazione ha lasciato davvero a desiderare».
E ora, il centrodestra?
«Innanzitutto è necessario che vi sia un ricompattamento a livello nazionale, con l'individuazione di nuovi leader, come potrebbero essere personaggi del calibro di Tosi, Maroni o Cattaneo, che sappiano traghettare il centrodestra verso le prossime elezioni. Naturalmente anche a livello cittadino le cose devono cambiare e serve un leader forte, che oggi non esiste. Mi immagino una persona della società civile, meglio ancora se donna».
Parliamo dell'amministrazione attuale. Galimberti è sindaco da un mese. Prime valutazioni?
«E' presto per fare un'analisi approfondita, ma senza dubbio si può fare una valutazione su come ci si trovi di fronte di nuovo alla vecchia politica. La giunta è composta da vecchi politici navigati e nell'ufficio del sindaco sono tornati a gravitare i personaggi di un tempo, come Lodovico Ghelfi. Senza contare che ogni mattina nell'ufficio del sindaco si reca l'ex primo cittadino Paolo Bodini ... Sempre gli stessi uomini. E come al solito il Pd non premia chi ha preso più voti, come è accaduto per Santo Canale, ma gli uomini di partito. Un altro grande problema è quello della comunicazione verso l'esterno: nessun assessore rilascia dichiarazioni senza passare dall'ufficio stampa, non ricevono i cittadini ... se ne stanno chiusi nei loro uffici e basta. E' il ritorno della democrazia russa, dove nessuno deve vedere e sentire nulla. La trasparenza che era garantita dall'amministrazione Perri ora di certo non esiste più. Anche dal punto di vista amministrativo qualcosa non va: anche il fatto che abbiano dato ordine ai propri uffici di alienare i beni comunali non è un buon segno. Devono iniziare a trovare i soldi per rispettare tutti gli impegni che il Comune ha, dal contributo al Ponchielli a quello del Pareggiato. Così come mi risultano incomprensibili le dichiarazioni di Carletti in merito alla eliminazione dei passaggi a livello e al fatto che il cantiere di via Brescia non dovrebbe neppure iniziare, quando invece è un'opera già finanziata e approvata e non può certo esser stoppata. Insomma, manca la conoscenza amministrativa da parte degli stessi membri della coalizione».
Il suo ex collega assessore Bordi, ha attaccato Lgh per la questione dell'inceneritore. Lei cosa ne pensa?
«L'amministrazione Perri aveva realizzato un percorso condiviso, insieme alla Regione, per arrivare allo spegnimento, e si stava procedendo in quella direzione, incrementando la raccolta differenziata. Non è semplice confrontarsi con strutture che devono creare reddito».
Galimberti ha promesso che lo spegnerà entro tre anni... secondo lei è possibile?
«Credo che si possa arrivare alla chiusura tra i 3 e i 5 anni. Però ricordiamo che quell'impianto produce calore e reddito e che prima di spegnerlo bisogna trovare una valida alternativa per lo smaltimento di rifiuti». E Claudio Demicheli che farà ora, dopo l'esperienza di assessore?
«In questo momento mi godo le ferie. Per il "dopo" sto valutando diverse opzioni. Potrei rientrare ad Aem, ma solo se mi facessero un'offerta degna di nota. Per il resto sto valutando altre offerte di lavoro, presso uffici legali e vertenze in associazioni di categoria o nell'ambito del commercio. Dal punto di vista politico, porto avanti il lavoro della mia lista, che comunque ha raccolto quasi un migliaio di consensi. Come ho già detto ho ancora rapporti anche con la Lega nazionale, e una tessera in tasca. Non escludo che potrei rientrare, qualora cambiasse la dirigenza cittadina».
Accennava agli errori dell'amministrazione di Oreste Perri...
«L'amministrazione Perri ha fatto davvero molte cose, solo che non è stata in grado di comunicarle come si deve. Errore, peraltro, fatto anche in campagna elettorale, dove la comunicazione ha lasciato davvero a desiderare».
E ora, il centrodestra?
«Innanzitutto è necessario che vi sia un ricompattamento a livello nazionale, con l'individuazione di nuovi leader, come potrebbero essere personaggi del calibro di Tosi, Maroni o Cattaneo, che sappiano traghettare il centrodestra verso le prossime elezioni. Naturalmente anche a livello cittadino le cose devono cambiare e serve un leader forte, che oggi non esiste. Mi immagino una persona della società civile, meglio ancora se donna».
Parliamo dell'amministrazione attuale. Galimberti è sindaco da un mese. Prime valutazioni?
«E' presto per fare un'analisi approfondita, ma senza dubbio si può fare una valutazione su come ci si trovi di fronte di nuovo alla vecchia politica. La giunta è composta da vecchi politici navigati e nell'ufficio del sindaco sono tornati a gravitare i personaggi di un tempo, come Lodovico Ghelfi. Senza contare che ogni mattina nell'ufficio del sindaco si reca l'ex primo cittadino Paolo Bodini ... Sempre gli stessi uomini. E come al solito il Pd non premia chi ha preso più voti, come è accaduto per Santo Canale, ma gli uomini di partito. Un altro grande problema è quello della comunicazione verso l'esterno: nessun assessore rilascia dichiarazioni senza passare dall'ufficio stampa, non ricevono i cittadini ... se ne stanno chiusi nei loro uffici e basta. E' il ritorno della democrazia russa, dove nessuno deve vedere e sentire nulla. La trasparenza che era garantita dall'amministrazione Perri ora di certo non esiste più. Anche dal punto di vista amministrativo qualcosa non va: anche il fatto che abbiano dato ordine ai propri uffici di alienare i beni comunali non è un buon segno. Devono iniziare a trovare i soldi per rispettare tutti gli impegni che il Comune ha, dal contributo al Ponchielli a quello del Pareggiato. Così come mi risultano incomprensibili le dichiarazioni di Carletti in merito alla eliminazione dei passaggi a livello e al fatto che il cantiere di via Brescia non dovrebbe neppure iniziare, quando invece è un'opera già finanziata e approvata e non può certo esser stoppata. Insomma, manca la conoscenza amministrativa da parte degli stessi membri della coalizione».
Il suo ex collega assessore Bordi, ha attaccato Lgh per la questione dell'inceneritore. Lei cosa ne pensa?
«L'amministrazione Perri aveva realizzato un percorso condiviso, insieme alla Regione, per arrivare allo spegnimento, e si stava procedendo in quella direzione, incrementando la raccolta differenziata. Non è semplice confrontarsi con strutture che devono creare reddito».
Galimberti ha promesso che lo spegnerà entro tre anni... secondo lei è possibile?
«Credo che si possa arrivare alla chiusura tra i 3 e i 5 anni. Però ricordiamo che quell'impianto produce calore e reddito e che prima di spegnerlo bisogna trovare una valida alternativa per lo smaltimento di rifiuti». E Claudio Demicheli che farà ora, dopo l'esperienza di assessore?
«In questo momento mi godo le ferie. Per il "dopo" sto valutando diverse opzioni. Potrei rientrare ad Aem, ma solo se mi facessero un'offerta degna di nota. Per il resto sto valutando altre offerte di lavoro, presso uffici legali e vertenze in associazioni di categoria o nell'ambito del commercio. Dal punto di vista politico, porto avanti il lavoro della mia lista, che comunque ha raccolto quasi un migliaio di consensi. Come ho già detto ho ancora rapporti anche con la Lega nazionale, e una tessera in tasca. Non escludo che potrei rientrare, qualora cambiasse la dirigenza cittadina».
Un’estate incerta fino a fine luglio
Temperature sotto la media stagionale e frequenti precipitazioni hanno caratterizzato i primi mesi della bella stagione
L'Estate ha subito una battuta di arresto improvvisa proprio nel momento in
cui avrebbe dovuto fare più caldo, le temperature invece sono decisamente sotto
la media e una forte instabilità delle condizioni meteorologiche provoca
continui temporali, anche di notevole intensità. Chi già è partito per le
vacanze ora ha a che fare con pioggia, vento, temperature decisamente basse e
addirittura neve in montagna (ad esempio sul passo dello Stelvio). Come se non
bastasse, in alcune zone - come è accaduto qualche giorno fa a San Daniele Po -
si sono riversate vere e proprie bombe d'acqua, che hanno provocato danni e
allagamenti. Molti anche i danni alle coltivazioni soprattutto in Lombardia. Il
responsabile dell’imprevista ondata di maltempo che sta ritardando l'estate è il
cedimento dell’anticiclone delle Azzorre che finora non è riuscito a
consolidarsi come avrebbe dovuto. Di conseguenza l’arrivo di un flusso d’aria
più fresca dall’Oceano Atlantico settentrionale, in particolare dalle isole
britanniche, ha invaso la Francia, la Spagna e il centro Europa provocando le
perturbazioni per lo scontro con l’aria calda. L’anticiclone era stato
influenzato negativamente dall’indebolimento del monsone indiano il quale ha
risentito a sua volta dei primi effetti di El Niño, il fenomeno che riscalda le
acque dell’Oceano Pacifico e ora è alle sue prime battute. Ma a cosa è dovuta
questa situazione così anomala? lo spiega Giampaolo Minardi, meteorologo di Arpa
Lombardia. «Questa assenza del tipico caldo estivo, abbinata a una forte
piovosità, è dovuta ad una circolazione atmosferica piuttosto variabile,
caratterizzata da frequenti perturbazioni che si protraggono da alcune
settimane. Questo provoca i continui raffrescamenti e le piogge frequenti che
non permettono alle temperature di alzarsi e di tornare nella media stagionale
». Difficile trovare una causa generale a questo stato di cose: un'ipotesi
potrebbe essere quella del cambiamento climatico, tuttavia «è qualcosa che non
si può dire con certezza, in quanto il cambiamento climatico è comunque un
fenomeno graduale e che si può valutare solo nel tempo, come parametro
statistico. Di fatto continueranno ad esserci estati calde e altre meno. Quello
che si è potuto osservare dagli studi specifici effettuati è che nel corso degli
anni si sta verificando un innalzamento delle temperature minime e una maggior
frequenza dei violenti rovesci temporaleschi, pur non cambiando il quantitativo
annuo delle precipitazioni». Dunque in questi giorni la temperatura continuerà a
rimanere un pochino più bassa rispetto alla media stagionale di soli uno-due
gradi. «Il fine settimana sarà caratterizzato da una forte instabilità, con
almeno due passaggi perturbati, uno nella seconda metà del sabato e l'altro tra
la sera del sabato e la mattina della domenica. Nel corso della settimana,
dovremmo assistere a una stabilizzazione del bel tempo, con innalzamento delle
temperature e una riduzione delle precipitazioni. Questa stabilità sarà comunque
passeggera, in quanto nel corso di quella successiva le temperature potrebbero
riabbassarsi al di sotto della media stagionale, con un nuovo incremento delle
precipitazioni. Questa situazione potrebbe durare anche fino all'ultima
settimana di luglio».
Dal ponte di barche a quello in ferro
Il primo vero collegamento di Cremona con la sponda piacentina arrivò nel 1862, ma la struttura che vediamo oggi risale al 1892
Le origini del Ponte sul Po si collocano nella storia più antica della città di Cremona, che, espandendosi, già nel 1854 aveva iniziato ad avvicinarsi al fiume, con la creazione della ‘Strada-Passeggio’ , che partiva dalla Porta del Dazio verso sud-ovest (oggi viale Po). PRIMI COLLEGAMENTI: IL PONTE DI BARCHE Come si legge nel sito "PiacenzAntica.it" - che fa riferimento ad un libro pubblicato alcuni anni fa da Roberto Caccialanza - il primo vero collegamento con la riva piacentina arrivò una decina di anni dopo, nell'agosto 1862, con la realizzazione di un ponte di barche realizzato e gestito dalla Società Anonima, costituita allo scopo da 18 cittadini cremonesi e piacentini con a capo il presidente della Camera di Commercio di Cremona. Attraversando il ponte, si raggiungeva Mezzano Chitantolo-Castelvetro. Fu un grande evento per il territorio. Tuttavia, ci furono alcune polemiche, anche perché l’obbligo di pagamento del pedaggio fu sentito come una limitazione al commercio e alla libera circolazione delle persone. Inizialmente il ponte misurava 610 metri, che salirono a 832 a causa dell’allargamento della sezione del fiume verso la sponda di Cremona, che obbligò ad attraversare un isolotto con percorso sterrato. Nel 1868 il ponte di barche fu prolungato a 880 metri; nel 1875 ne misurava quasi 970 (due tratte separate da un percorso sterrato sull’isola Mezzadri). Le ulteriori domande di prolungamento, inoltrate al Ministero dei Lavori Pubblici alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, ottennero risposte negative. Fu proprio in questo periodo che nacque l’idea di un ponte fisso sul fiume, anche in considerazione dei problemi legati alla manutenzione di quello esistente e dei continui mutamenti del corso del Po, che ne imponevano frequenti chiusure. IL PRIMO PONTE Nel 1876 si decise di costruire una ferrovia fra Cremona e Borgo S. Donnino (oggi Fidenza): a questo scopo, fu istituito un consorzio. I progetti del 1878 (Comuni di Cremona, Borgo S. Donnino, Polesine, Zibello, Roccabianca e altri) e del 1879 (Deputazione provinciale di Cremona), che prevedevano l’edificazione del ponte in località Polesine, furono eliminati su richiesta del deputato piacentino Ernesto Pasquali. Egli si prodigò per trovare una nuova ubicazione, in accordo con le istituzioni cremonesi. La lgge n. 333 del 23 luglio 1881 conferì alle Province di Cremona e di Piacenza il diritto di avere un ponte fisso sul Po, in congiungimento dei rispettivi tratti di Strada Provinciale: in virtù di ciò, il Governo avrebbe concorso per metà della spesa effettiva, le Province e il Consorzio per la ferrovia Cremona-Borgo San Donnino, in diversa misura, per la parte rimanente. Dunque si procedette alla redazione del progetto di massima e alle pratiche di richiesta dell’autorizzazione ministeriale. Alla fine del 1884 si valutò che la relazione stilata nel febbraio 1882 dall’ingegnere del Genio Civile Sante Rapaccioli, approvata dal Consiglio Superiore del Lavori Pubblici e già in fase di appalto, fosse ormai superata. Dunque si studiò un nuovo progetto per abbinare al percorso destinato alla viabilità ordinaria un’altro per la linea ferroviaria Cremona-Fidenza. La concessione fu accordata con Decreto Reale del 28 luglio 1883. Nel febbraio 1886 l’Ufficio del Genio Civile di Cremona presentò il progetto del viadotto a doppio uso, la cui ubicazione era stabilita a circa 400 metri a monte del vecchio ponte in chiatte.
L’appalto venne assegnato il 29 ottobre 1886 alla ‘Società Nazionale delle Officine di Savigliano’ (‘SNOS’); la consegna dei lavori ebbe luogo il successivo 17 novembre. L’inizio dei lavori risale all’aprile 1887, con la delimitazione dell’area destinata al cantiere e all’inizio dell’allestimento del ponte di servizio. A causa di ritardi causati da varianti riconosciute necessarie o utili, nonché da modifiche sopraggiunte nel regime del fiume a seguito di piene straordinarie, il ponte non venne inaugurato nel 1890 - come previsto nel contratto - ma due anni più tardi; il costo finale ammontò a 5.972.000 lire, compresa la costruzione dei due terrapieni d’accesso (da Cremona e da Castelvetro) e lo spostamento del tratto finale dell’alveo del colatore Riglio, che all’epoca si immetteva nel Po proprio dove avrebbe dovuto sorgere il manufatto. L'INAUGURAZIONE, NEL 1892 L’inaugurazione, che si svolse il 20 settembre 1892, richiamò autorità e spettatori da molte città italiane ed ebbe come ospite d’onore il ministro cremonese Francesco Genala (in rappresentanza del Re), grande sostenitore dell’opera fin dagli inizi e personaggio determinante a livello governativo per ottenerne la realizzazione. Le principali vie cittadine, la Porta del Dazio, il viale Po e lo stesso ponte furono addobbati a festa con decorazioni imponenti e di grande effetto. Tra il 17 settembre e il 2 ottobre furono organizzate importanti manifestazioni culturali, sportive, nonché spettacoli: l’evento ebbe una eco sulla stampa nazionale e internazionale, anche per il fatto che all’epoca il nuovo manufatto era, nel suo genere, il più lungo d’Europa. I RITARDI BUROCRATICI Per motivi tecnico-burocratici, la linea ferroviaria Cremona-Fidenza (e Cremona- Piacenza) non entrò in servizio fino al 1906, quando tutto il percorso - essendo trascorsi quattordici anni di inattività - dovette essere completamente ristrutturato. L’anno successivo, a seguito di furibonde polemiche e pressioni, fu attivato il primo impianto di illuminazione elettrica. Di lì a pochi mesi si sarebbe verificata una delle maggiori alluvioni, seguita da quella del 1926 (che tuttavia coinvolse Cremona solo marginalmente). Nel febbraio 1929 si registrarono temperature polari, perciò il Po, alla pari di altri corsi d’acqua grandi e piccoli, si ghiacciò. IL BOMBARDAMENTO Il ponte venne bombardato e la sezione sul Po fu distrutta in seguito a varie incursioni che si succedettero nel corso della II Guerra Mondiale, a partire dal 13 luglio 1944. Al termine del conflitto, si procedette alla rimozione dei rottami e alla conseguente ricostruzione delle parti abbattute, nonché al ripristino di quelle danneggiate, ovvero quelle verso la sponda piacentina. Secondo tali informazioni si evince perciò che il tratto del percorso stradale verso Castelvetro è ancora quello originario dell’Ottocento: infatti all’interno del portale d’ingresso si possono vedere ancora oggi le targhe commemorative apposte nel 1892 dalla “Società Nazionale delle Officine di Savigliano”. ALLUVIONI E PIENE Agli eventi bellici seguirono l’alluvione del 1951, la notevole piena del 1968 e gli interventi di manutenzione, restauro e consolidamento degli anni Sessanta e Settanta. Risale al maggio 1990 l’inaugurazione del nuovo ponte ferroviario costruito parallelamente al viadotto ottocentesco cui è seguito lo smantellamento dell’ormai obsoleta vecchia travata. Non vanno dimenticate le alluvioni record del 1994 e del 2000, così come le ‘magre’ degli anni Duemila. Esigenze improcrastinabili di sicurezza e manutenzione hanno reso necessaria la profonda ristrutturazione dell’intero percorso stradale eseguito negli anni 2004-2005, che ha permesso altresì di sostituire la vecchia passerella pedonale, stretta e insicura, con una assai più ampia e comodamente ciclabile. D’altronde il transito giornaliero, di circa 20.000 fra automobili e mezzi pesanti, su questo manufatto progettato e costruito centoventi anni fa crea evidentemente problemi statici che sono oggetto di studi continui.
Le origini del Ponte sul Po si collocano nella storia più antica della città di Cremona, che, espandendosi, già nel 1854 aveva iniziato ad avvicinarsi al fiume, con la creazione della ‘Strada-Passeggio’ , che partiva dalla Porta del Dazio verso sud-ovest (oggi viale Po). PRIMI COLLEGAMENTI: IL PONTE DI BARCHE Come si legge nel sito "PiacenzAntica.it" - che fa riferimento ad un libro pubblicato alcuni anni fa da Roberto Caccialanza - il primo vero collegamento con la riva piacentina arrivò una decina di anni dopo, nell'agosto 1862, con la realizzazione di un ponte di barche realizzato e gestito dalla Società Anonima, costituita allo scopo da 18 cittadini cremonesi e piacentini con a capo il presidente della Camera di Commercio di Cremona. Attraversando il ponte, si raggiungeva Mezzano Chitantolo-Castelvetro. Fu un grande evento per il territorio. Tuttavia, ci furono alcune polemiche, anche perché l’obbligo di pagamento del pedaggio fu sentito come una limitazione al commercio e alla libera circolazione delle persone. Inizialmente il ponte misurava 610 metri, che salirono a 832 a causa dell’allargamento della sezione del fiume verso la sponda di Cremona, che obbligò ad attraversare un isolotto con percorso sterrato. Nel 1868 il ponte di barche fu prolungato a 880 metri; nel 1875 ne misurava quasi 970 (due tratte separate da un percorso sterrato sull’isola Mezzadri). Le ulteriori domande di prolungamento, inoltrate al Ministero dei Lavori Pubblici alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, ottennero risposte negative. Fu proprio in questo periodo che nacque l’idea di un ponte fisso sul fiume, anche in considerazione dei problemi legati alla manutenzione di quello esistente e dei continui mutamenti del corso del Po, che ne imponevano frequenti chiusure. IL PRIMO PONTE Nel 1876 si decise di costruire una ferrovia fra Cremona e Borgo S. Donnino (oggi Fidenza): a questo scopo, fu istituito un consorzio. I progetti del 1878 (Comuni di Cremona, Borgo S. Donnino, Polesine, Zibello, Roccabianca e altri) e del 1879 (Deputazione provinciale di Cremona), che prevedevano l’edificazione del ponte in località Polesine, furono eliminati su richiesta del deputato piacentino Ernesto Pasquali. Egli si prodigò per trovare una nuova ubicazione, in accordo con le istituzioni cremonesi. La lgge n. 333 del 23 luglio 1881 conferì alle Province di Cremona e di Piacenza il diritto di avere un ponte fisso sul Po, in congiungimento dei rispettivi tratti di Strada Provinciale: in virtù di ciò, il Governo avrebbe concorso per metà della spesa effettiva, le Province e il Consorzio per la ferrovia Cremona-Borgo San Donnino, in diversa misura, per la parte rimanente. Dunque si procedette alla redazione del progetto di massima e alle pratiche di richiesta dell’autorizzazione ministeriale. Alla fine del 1884 si valutò che la relazione stilata nel febbraio 1882 dall’ingegnere del Genio Civile Sante Rapaccioli, approvata dal Consiglio Superiore del Lavori Pubblici e già in fase di appalto, fosse ormai superata. Dunque si studiò un nuovo progetto per abbinare al percorso destinato alla viabilità ordinaria un’altro per la linea ferroviaria Cremona-Fidenza. La concessione fu accordata con Decreto Reale del 28 luglio 1883. Nel febbraio 1886 l’Ufficio del Genio Civile di Cremona presentò il progetto del viadotto a doppio uso, la cui ubicazione era stabilita a circa 400 metri a monte del vecchio ponte in chiatte.
L’appalto venne assegnato il 29 ottobre 1886 alla ‘Società Nazionale delle Officine di Savigliano’ (‘SNOS’); la consegna dei lavori ebbe luogo il successivo 17 novembre. L’inizio dei lavori risale all’aprile 1887, con la delimitazione dell’area destinata al cantiere e all’inizio dell’allestimento del ponte di servizio. A causa di ritardi causati da varianti riconosciute necessarie o utili, nonché da modifiche sopraggiunte nel regime del fiume a seguito di piene straordinarie, il ponte non venne inaugurato nel 1890 - come previsto nel contratto - ma due anni più tardi; il costo finale ammontò a 5.972.000 lire, compresa la costruzione dei due terrapieni d’accesso (da Cremona e da Castelvetro) e lo spostamento del tratto finale dell’alveo del colatore Riglio, che all’epoca si immetteva nel Po proprio dove avrebbe dovuto sorgere il manufatto. L'INAUGURAZIONE, NEL 1892 L’inaugurazione, che si svolse il 20 settembre 1892, richiamò autorità e spettatori da molte città italiane ed ebbe come ospite d’onore il ministro cremonese Francesco Genala (in rappresentanza del Re), grande sostenitore dell’opera fin dagli inizi e personaggio determinante a livello governativo per ottenerne la realizzazione. Le principali vie cittadine, la Porta del Dazio, il viale Po e lo stesso ponte furono addobbati a festa con decorazioni imponenti e di grande effetto. Tra il 17 settembre e il 2 ottobre furono organizzate importanti manifestazioni culturali, sportive, nonché spettacoli: l’evento ebbe una eco sulla stampa nazionale e internazionale, anche per il fatto che all’epoca il nuovo manufatto era, nel suo genere, il più lungo d’Europa. I RITARDI BUROCRATICI Per motivi tecnico-burocratici, la linea ferroviaria Cremona-Fidenza (e Cremona- Piacenza) non entrò in servizio fino al 1906, quando tutto il percorso - essendo trascorsi quattordici anni di inattività - dovette essere completamente ristrutturato. L’anno successivo, a seguito di furibonde polemiche e pressioni, fu attivato il primo impianto di illuminazione elettrica. Di lì a pochi mesi si sarebbe verificata una delle maggiori alluvioni, seguita da quella del 1926 (che tuttavia coinvolse Cremona solo marginalmente). Nel febbraio 1929 si registrarono temperature polari, perciò il Po, alla pari di altri corsi d’acqua grandi e piccoli, si ghiacciò. IL BOMBARDAMENTO Il ponte venne bombardato e la sezione sul Po fu distrutta in seguito a varie incursioni che si succedettero nel corso della II Guerra Mondiale, a partire dal 13 luglio 1944. Al termine del conflitto, si procedette alla rimozione dei rottami e alla conseguente ricostruzione delle parti abbattute, nonché al ripristino di quelle danneggiate, ovvero quelle verso la sponda piacentina. Secondo tali informazioni si evince perciò che il tratto del percorso stradale verso Castelvetro è ancora quello originario dell’Ottocento: infatti all’interno del portale d’ingresso si possono vedere ancora oggi le targhe commemorative apposte nel 1892 dalla “Società Nazionale delle Officine di Savigliano”. ALLUVIONI E PIENE Agli eventi bellici seguirono l’alluvione del 1951, la notevole piena del 1968 e gli interventi di manutenzione, restauro e consolidamento degli anni Sessanta e Settanta. Risale al maggio 1990 l’inaugurazione del nuovo ponte ferroviario costruito parallelamente al viadotto ottocentesco cui è seguito lo smantellamento dell’ormai obsoleta vecchia travata. Non vanno dimenticate le alluvioni record del 1994 e del 2000, così come le ‘magre’ degli anni Duemila. Esigenze improcrastinabili di sicurezza e manutenzione hanno reso necessaria la profonda ristrutturazione dell’intero percorso stradale eseguito negli anni 2004-2005, che ha permesso altresì di sostituire la vecchia passerella pedonale, stretta e insicura, con una assai più ampia e comodamente ciclabile. D’altronde il transito giornaliero, di circa 20.000 fra automobili e mezzi pesanti, su questo manufatto progettato e costruito centoventi anni fa crea evidentemente problemi statici che sono oggetto di studi continui.
Come parli? Anzi, ma come scrivi?
Su un giornale di oggi leggo, in due articoli successivi: “blitz” delle forze
dell’ordine e “raid” di ladri in un negozio. Caspita, ha proprio ragione Guido
Ceronetti, scrittore fine, a dire che non se ne può più dei luoghi comuni. Lui
parte da “rimboccarsi le maniche”: già, è uno dei più “gettonati”. Gettonati? Ma
sì, quante volte viene usata questa parola? Macchè “gettonati”, verrebbe da
dire, mica siamo al jukebox! E via così luogocomuneggiando. Già, i ladri non si
limitano più a rubare o a rapinare: compiono un “raid”. Pensare che il termine è
puramente letterario, usato per la prima volta da Walter Scott: sì, proprio
l’autore di Ivanhoe. E che dire di “tenere nel mirino”? E “cala la scure”? E
(letta qualche giorno fa): “Negozi in centro, raffica di chiusure”. Raffica?
Modi violenti, vuoti, pressappochisti di parlare e di scrivere. Io faccio un
giornale, ma, mea culpa, anche noi non siamo esenti da responsabilità di questo
genere: è un linguaggio pervasivo, che rimbalza dalla TV, dalle cronache
politiche o calcistiche (verrebbe da dire: fa lo stesso). Immaginate una silloge
(scusate il “parolone”) di questo tipo: “scendere in campo per rimboccarsi le
maniche, perché il Paese ha bisogno di tutte le sinergie possibili, e per far
questo occorre rottamare i vecchi poteri, possibilmente asfaltandoli, perché c’è
un calo pauroso di fiducia, l’economia non tira e non possiamo permetterci
un’altra stangata fiscale, ma occorre lavorare, a trecentossenta gradi, per dare
un segnale forte”. Direbbe il buon Nanni Moretti: ma come parli? Ma come scrivi?
Eppure, nessuno, penso, se ne farebbe un problema: proprio perché siamo ormai
assuefatti, mitridatizzati, e anche un po’ indifferenti. Metonimia e metafora
sono modi del linguaggio che permettono di svilupparne la grande ricchezza, ma,
in caso di abuso, “si rischia l’overdose”. Vedete come viene facile il luogo
comune? E, tornando a Moretti: “le parole sono importanti. Chi parla male, pensa
male”. E chi scrive male è un po’ fannullone, come diceva la mia maestra.
Daniele Tamburini
sabato, luglio 05, 2014
La festa sugli spalti da noi è un miraggio di Fabio Varesi
E' qui la festa del calcio? No, purtroppo. Da tempo il movimento pallonaro
nostrano ha avuto un tracollo, acuito dall’immagine festosa dei Mondiali. E’ la
gioia che traspare dalle immagini degli stadi brasiliani ad imbruttire il nostro
calcio, più che la brutta figura della Nazionale di Prandelli. Del resto, anche
l’Inghilterra è andata subito a casa, ma il suo movimento è ai vertici mondiali
e gli impianti d’oltremanica, oltre ad essere autentici gioielli di
architettura, sono frequentati da famiglie felici. Da noi, invece, oltre a
segnalare i larghi vuoti sugli spalti, abbiamo dovuto incassare un altro morto
nei pressi di uno stadio, poche ore prima di una finale che doveva rappresentare
una festa del calcio. Non serviva il disastro azzurro in Brasile, per invocare
un’inversione di rotta, che probabilmente non arriverà neppure stavolta. Eppure
anche la Federazione inglese si è trovata nelle stesse condizioni a metà degli
anni ’80. La tragedia dell’Heysel ha rappresentato il punto di non ritorno del
football di sua maestà. Da allora tutto è cambiato: stadi rinnovati, società
modello a livello economico e soprattutto pugno durissimo contro la delinquenza
delle tifoserie. Un risultato ottenuto grazie all’intervento della politica e
soprattutto del primo ministro Margaret Thatcher. Da decenni i tifosi inglesi
non osano delinquere allo stadio, perché sanno che pagheranno a caro prezzo il
loro gesto. Da noi si avvicendano i governi a ritmo serrato, ma fino ad ora
siamo riusciti a partorire un innocuo Daspo, che non spaventa nessuno. Con tutti
i problemi che abbiamo, anche a livello calcistico, la più grande preoccupazione
è attaccare Prandelli, reo di aver accettato un altro incarico a pochi giorni
dalla disfatta brasiliana. Ciò significa che i vertici del calcio e delle
politica non ancora capito quali sono i mali del nostro movimento, che rischia
di perdere sempre più la gioia della partita. Da padre, sono solidale con chi si
rifiuta di accompagnare i propri bambini negli stadi italiani. E se le cose non
cambiano, saranno sempre di più coloro che la domenica decideranno di restare a
casa. Abbiamo toccato il fondo, ma si sa, in Italia al peggio non c’è mai
fine...
Arco, la solidarietà fa centro
Con il bus solidale, grazie alla generosità degli sponsor, è stato possibile donare 10.000 euro
Venerdì 27 giugno presso Cascina Mancapane di Castelverde si è tenuta una cena benefica con 310 partecipanti
Il cuore grande di Cremona faceva capolino sul palco, presso la cascina
Mancapane di Castelverde, e dominava l’aia che ospitava centinaia di
partecipanti alla cena benefica a favore di Arco onlus. Un cuore grande che ha
permesso in poche settimane di raccogliere decine di migliaia di euro per la
ricerca oncologica. Ne servivano per la precisione 42.700, di euro, per centrare
l’obiettivo, che era quello di acquistare un software per favorire la
sperimentazione clinica nelle unità operative del reparto di Oncologia
dell’ospedale di Cremona, che ha uno dei più migliori centri in Italia per
diagnosi e cura delle patologie tumorali. Un centro all’avanguardia per un
territorio purtroppo tra i più colpiti dalla malattia in Italia. L’associazione
Arco onlus ha come scopo proprio la raccolta di fondi da destinare al
finanziamento della ricerca per la lotta alle malattie tumorali. I primi 6mila
circa sono stati raccolti grazie a due iniziative: la prima dei Rotary Club
Franciacorta, di Cremona e di Soncino, che hanno organizzato gare di golf, la
seconda di Confcommercio e Botteghe del Centro. Ad avvicinare l’obiettivo è
stata poi l’iniziativa di Immagina Pubblicità, che si occupa della vendita di
spazi pubblicitari a Cremona su diversi mezzi. Tra questi anche gli autobus di
linea. E qui è nata l’idea: perché non offrire spazi pubblicitari - in modo da
decorare completamente un'autobus che percorre le vie cittadine per un anno
intero - e il ricavato, detratte le spese, destinarlo ad una associazione
benemerita cittadina? All’inizio una scommessa, che è stata vinta in modo
inaspettato nelle proporzioni. L’utile è stato infatti calcolato in 10mila euro,
grazie alla risposta positiva delle tante aziende che, sollecitate
sull’opportunità solidale, non si sono tirate indietro. Arco si è poi affidata
alla nuova edizione della cena benefica in cascina, che ancora una volta non ha
tradito le attese, anzi è andata oltre. Circa 15.000 gli euro raccolti grazie
alla partecipazione di 310 cremonesi e non presenti presso la sede dell’azienda
agricola della famiglia Cabrini. Il traguardo è statio raggiunto grazie anche
alla lotteria benefica: i tanti tagliandi sono stati venduti in pochi minuti.
Per arrivare alla cfra necessaria di 42.700 euro mancavano ancora poco più di
10.000 euro, ma lo strumento è stato acquistato con una piccola rateizzazione.
La serata è stata assai piacevole. All’ingresso della cascina era parcheggiato
il bus solidale, con tutti gli inserzionisti in bella mostra. All’ingresso gli
eleganti ospiti erano accolti da un ricco antipasto, e aperitivi offerti da
commercianti cremonesi. A seguire la cena in cortile, di fronte al palco, sul
quale il gruppo teatrale Clan-Destini di Legnano ha proposto quattro brani
tratti dal musical “Moulin Rouge”. Tra un brano e l’altro una portata, e alla
fine un suggestivo spettacolo pirotecnico. Grande la soddisfazione non solo
degli ospiti, ma anche dei tanti volontari che hanno contribuito alla riuscita
della serata, baciata anche dal meteo favorevole.
Vanni RaineriCremona, un centro di grande prestigio
La soddisfazione per l’acquisto di uno strumento prezioso da parte del presidente Tedoldi e del dottor Generali
Arco onlus è un’associazione formata da medici, imprenditori e
professionisti. Il responsabile scientifico è il 39enne dottor Daniele Generali,
dirigente medico dell’Azienda Ospedaliera di Cremona, che è uno dei fondatori
nonché dotato di un curriculum di prim’ordine: tra master e specializzazioni ha
raggiunto una grande considerazione a livello internazionale, e proprio a
Castelverde è arrivato a serata in corso, proveniente dalla Francia: «Ero là –
afferma il dottor Generali – in quanto il centro di Cremona è uno dei principali
fautori di una pubblicazione apparsa su una importante rivista oncologica,
Lancet Oncology, e uno dei partner che ha fornito il maggior numero di dati.
Cremona ha un ruolo importante, data la notevole casistica analizzata, nella
ricerca delle cellule tumorali circolanti, grazie al progetto a suo tempo
finanziato da Banca Popolare di Cremona ». E veniamo alla bella serata della
cascina Mancapane: «Al confronto con le precedenti edizioni la gente è stata
ancor più generosa. Abbbiamo così potuto completare il recupero fondi per
l’acquisto di un software gestionale che consentirà alle unità operative di
gestire al meglio le sperimentazioni cliniche con nuovi farmaci. Per Arco era un
obiettivo importante, ed è stato bello vedere attorno a noi tanto consenso.
Anche l’adesione al bus solidale è stata sorprendente, credo abbia pagato la
chiarezza e trasparenza dei nostri progetti. D’altronde la nostra associazione
non è strutturata, è fatta da alcuni amici e dobbiamo metterci del nostro: da
hobby diventa quasi un lavoro. La soddisfazione però è grande: per la prima
volta una onlus gestisce il progetto non di un singolo reparto, ma fornisce uno
strumento per le varie unità. E’ stato bello anche vedere alla cena benefica
tanti pazienti: un’occasione di aggregazione per un obiettivo comune». Il
progetto concluso consentirà di potenziare un percorso su cui Cremona è già
all’avanguardia: la diagnosi precoce e la (eventualmente successiva)
chemioterapia ritagliata su misura sul paziente. Molto soddisfatto anche il
presidente dell'associazione Matteo Tedoldi: «Il bus solidale ha avuto un esito
decisamente positivo, tanto che probabilmente l’esperienza verrà replicata. Da
considerare che, al di là della somma raccolta, ha consentito di veicolare il
nostro messaggio solidale per 365 giorni. Anche il bilancio della cena è stato
notevole, d’altra parte ormai la gente ci chiama per sapere quando è la nuova
edizione. E’ un momento di solidarietà vissuto in un ambiente bello ma non
formale apprezzato, così come sono piaciuti gli spettacoli offerti». Un’altra
sottolineatura importante del presidente: «Arco onlus è certificato col bollino
etico-sociale, il che comporta che ci siano tre livelli di approvazione prima di
poter impiegare i soldi raccolti». Il gruppo professionale legato alle
certificazioni etico-sociali ha apprezzato talmente l’iniziativa che a sua volta
ha deciso di devolvere una percentuale delle future operazioni. Chiudiamo con un
doppio invito: in primis ribadiamo l'importanza di una diagnosi precoce, quindi
la prevenzione è fondamentale. Inoltre, ognuno di noi può destinare il 5 per
mille dell’Irpef ad Arco onlus indicando il codice fiscale 93048550193.
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