Una sanità pubblica che si fondi sulla centralità della persona, sul
contrasto alle disuguaglianze, sulla continuità assistenziale, ma soprattutto su
una unica gestione delle competenze sociali e sanitarie: sono i punti
qualificanti della riforma della sanità lombarda proposta dal gruppo regionale
del Pd. L’ha spiegata lunedì scorso il consigliere Agostino Alloni, insieme ad
altri componenti del suo gruppo, in un incontro a Cremona. C'è la necessità di
«mettere più a sistema la sanità regionale», che è «ricca di potenzialità, ma
priva di una gestione adeguata». Si rileva inoltre la necessità di intrecciare
le politiche della sanità con quelle di altri settori, come ad esempio
l'ambiente o il sociale. «La cura del malato non può essere solo fatta in
ospedale – ha detto Agostino Alloni -. Per questo, proponiamo una direzione
divisa per province, o comunque per area vasta, che abbia competenza nel sociale
e nel sanitario e che non riguardi tutti gli ospedali, ma tutte gli enti
socio-sanitari del territorio». A questo proposito le Asl avranno un ruolo
strategico: diventeranno Asst (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) e dovranno
gestire direttamente gli ospedali di riferimento, di territorio e i presidi di
comunità, le cure primarie, le cure intermedie, le prestazioni specialistiche e
ambulatoriali, i servizi territoriali: il tutto in raccordo con i Comuni, che
dovranno «contare di più nelle scelte strategiche». Inoltre dovrà esserci «un
unico assessorato regionale famiglia-sanità per ritornare all'integrazione tra
sanitario e socio-assistenziale», spiega ancora Alloni. Per il nostro
territorio, precisa Alloni, sarà fondamentale che i due ospedali di riferimento,
quello di Cremona e quello di Crema, abbiano un'importanza di pari livello. Il
consigliere si dichiara invece decisamente contrario «ad accorpamenti di
ospedali - come Cremona e Mantova, già ventilato in passato - fatti solo sulla
base della divisione geografica del territorio». Il sistema ospedaliero, secondo
il Pd, dovrà essere composto da tre reti: Rete ospedaliera (gestita direttamente
dalle Asst), Centri ad elevata intensità e complessità, Rete della ricerca e
della formazione. I criteri per la classificazione delle strutture ospedaliere
pubbliche e private accreditate terrà conto di bacino d’utenza, livello di
complessità e intensità della cura, presenza di strutture dedicate
all’emergenza, tipologia di specialità mediche, chirurgiche e di servizi di
supporto. La rete ospedaliera dovrà essere composta da ospedali di riferimento,
ospedali di territorio e presidi di comunità. In particolare, gli ospedali di
riferimento sono presidi ospedalieri ad alta intensità e complessità di cura,
hanno un bacino di utenza medio alto, sono dotati di Dea (Dipartimento emergenza
e urgenza) e vi sono presenti molteplici specialità. Sono dotati (o disponibili
in rete H24) di servizio di radiologia con Tac ed ecografia, laboratorio e
servizio immunotrasfusionale. Gli ospedali di territorio sono presidi
ospedalieri a media intensità di cura, hanno bacino di utenza medio, sono dotati
di Pronto soccorso, hanno un numero limitato di specialità, letti per subacuti e
servizio di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio ed emoteca.
Entrambe le strutture saranno gestite dalle Asst. I presidi di comunità sono
invece strutture a bassa intensità di cura, diffuse capillarmente su tutto il
territorio regionale, la cui missione «è quella di garantire appropriata
continuità assistenziale con le cure erogate dalle altre strutture del sistema
ospedaliero, superare l’attuale frammentazione fra i servizi territoriali e
assicurare il coordinamento con gli altri presidi della Rete ospedaliera »,
secondo la proposta Pd. Essi erogano prestazioni, sia in regime di ricovero
(posti letto per subacuti e post acuti), sia in regime ambulatoriale e di day
hospital. Si tratta di luoghi di integrazione e coordinamento territoriale: vi
convergono gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri, gli ambulatori
specialistici e quelli di riabilitazione. Essi hanno lo scopo primario di
garantire continuità assistenziale al paziente. Ci sono poi i centri ad elevata
intensità e complessità, che prevedono un bacino d’utenza compreso tra 600.000 e
1.000.000 abitanti. Sono strutture dotate di un Dipartimento d'emergenza ad alta
specialità (Eas) e in esse sono concentrate le maggiori tecnologie e le equipe
specializzate per gli interventi con la più elevata intensità e complessità di
cura. Nella logica della riforma proposta dal Pd, il Sistema socio sanitario
regionale assume il processo di globalizzazione come scenario nel quale operare
e sviluppare opportunità di crescita delle competenze, di acquisizione di
risorse e di aumento di spazi di qualità, efficacia e universalità. I pazienti
saranno sempre più eterogenei e, alla luce delle nuove direttive europee, tale
servizio dovrà erogare prestazioni anche a cittadini residenti in altre nazioni,
con l’obiettivo di sviluppare competenze e tecnologie e rendere disponibili
maggiori risorse economiche. Altro punto focale sono le nomine, che con questo
sistema diventerebbero legate al merito e non più a scelte politiche. Il numero
dei dirigenti verrebbe ridotto. Fondamentale il tema della salute mentale: «Una
nuova politica per la psichiatria deve prevedere l'incremento dei progetti
territoriali, anche a scapito degli investimenti più ingenti sulla
residenzialità, su cui s’è investito in questi anni, che tocca solo le patologie
gravi, mentre cresce l’emergenza per le patologie non acute». Ultima, ma non
meno importante, la partita sull'odontoiatria: il Pd prevede la predisposizione
di un fondo integrativo, a gestione pubblico/privata. «Oggi il 90% della spesa
odontoiatrica privata è costituita da pagamenti diretti interamente a carico
dell’assistito - spiega il gruppo regionale -. Vi è una forte disuguaglianza
nell’accesso alle cure dei denti: il 40% dei cittadini non è mai stato dal
dentista e chi vi accede lo fa solo in caso di emergenza»
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