domenica, luglio 20, 2014

La riforma della sanità regionale secondo il Pd

Una sanità pubblica che si fondi sulla centralità della persona, sul contrasto alle disuguaglianze, sulla continuità assistenziale, ma soprattutto su una unica gestione delle competenze sociali e sanitarie: sono i punti qualificanti della riforma della sanità lombarda proposta dal gruppo regionale del Pd. L’ha spiegata lunedì scorso il consigliere Agostino Alloni, insieme ad altri componenti del suo gruppo, in un incontro a Cremona. C'è la necessità di «mettere più a sistema la sanità regionale», che è «ricca di potenzialità, ma priva di una gestione adeguata». Si rileva inoltre la necessità di intrecciare le politiche della sanità con quelle di altri settori, come ad esempio l'ambiente o il sociale. «La cura del malato non può essere solo fatta in ospedale – ha detto Agostino Alloni -. Per questo, proponiamo una direzione divisa per province, o comunque per area vasta, che abbia competenza nel sociale e nel sanitario e che non riguardi tutti gli ospedali, ma tutte gli enti socio-sanitari del territorio». A questo proposito le Asl avranno un ruolo strategico: diventeranno Asst (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) e dovranno gestire direttamente gli ospedali di riferimento, di territorio e i presidi di comunità, le cure primarie, le cure intermedie, le prestazioni specialistiche e ambulatoriali, i servizi territoriali: il tutto in raccordo con i Comuni, che dovranno «contare di più nelle scelte strategiche». Inoltre dovrà esserci «un unico assessorato regionale famiglia-sanità per ritornare all'integrazione tra sanitario e socio-assistenziale», spiega ancora Alloni. Per il nostro territorio, precisa Alloni, sarà fondamentale che i due ospedali di riferimento, quello di Cremona e quello di Crema, abbiano un'importanza di pari livello. Il consigliere si dichiara invece decisamente contrario «ad accorpamenti di ospedali - come Cremona e Mantova, già ventilato in passato - fatti solo sulla base della divisione geografica del territorio». Il sistema ospedaliero, secondo il Pd, dovrà essere composto da tre reti: Rete ospedaliera (gestita direttamente dalle Asst), Centri ad elevata intensità e complessità, Rete della ricerca e della formazione. I criteri per la classificazione delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate terrà conto di bacino d’utenza, livello di complessità e intensità della cura, presenza di strutture dedicate all’emergenza, tipologia di specialità mediche, chirurgiche e di servizi di supporto. La rete ospedaliera dovrà essere composta da ospedali di riferimento, ospedali di territorio e presidi di comunità. In particolare, gli ospedali di riferimento sono presidi ospedalieri ad alta intensità e complessità di cura, hanno un bacino di utenza medio alto, sono dotati di Dea (Dipartimento emergenza e urgenza) e vi sono presenti molteplici specialità. Sono dotati (o disponibili in rete H24) di servizio di radiologia con Tac ed ecografia, laboratorio e servizio immunotrasfusionale. Gli ospedali di territorio sono presidi ospedalieri a media intensità di cura, hanno bacino di utenza medio, sono dotati di Pronto soccorso, hanno un numero limitato di specialità, letti per subacuti e servizio di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio ed emoteca. Entrambe le strutture saranno gestite dalle Asst. I presidi di comunità sono invece strutture a bassa intensità di cura, diffuse capillarmente su tutto il territorio regionale, la cui missione «è quella di garantire appropriata continuità assistenziale con le cure erogate dalle altre strutture del sistema ospedaliero, superare l’attuale frammentazione fra i servizi territoriali e assicurare il coordinamento con gli altri presidi della Rete ospedaliera », secondo la proposta Pd. Essi erogano prestazioni, sia in regime di ricovero (posti letto per subacuti e post acuti), sia in regime ambulatoriale e di day hospital. Si tratta di luoghi di integrazione e coordinamento territoriale: vi convergono gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri, gli ambulatori specialistici e quelli di riabilitazione. Essi hanno lo scopo primario di garantire continuità assistenziale al paziente. Ci sono poi i centri ad elevata intensità e complessità, che prevedono un bacino d’utenza compreso tra 600.000 e 1.000.000 abitanti. Sono strutture dotate di un Dipartimento d'emergenza ad alta specialità (Eas) e in esse sono concentrate le maggiori tecnologie e le equipe specializzate per gli interventi con la più elevata intensità e complessità di cura. Nella logica della riforma proposta dal Pd, il Sistema socio sanitario regionale assume il processo di globalizzazione come scenario nel quale operare e sviluppare opportunità di crescita delle competenze, di acquisizione di risorse e di aumento di spazi di qualità, efficacia e universalità. I pazienti saranno sempre più eterogenei e, alla luce delle nuove direttive europee, tale servizio dovrà erogare prestazioni anche a cittadini residenti in altre nazioni, con l’obiettivo di sviluppare competenze e tecnologie e rendere disponibili maggiori risorse economiche. Altro punto focale sono le nomine, che con questo sistema diventerebbero legate al merito e non più a scelte politiche. Il numero dei dirigenti verrebbe ridotto. Fondamentale il tema della salute mentale: «Una nuova politica per la psichiatria deve prevedere l'incremento dei progetti territoriali, anche a scapito degli investimenti più ingenti sulla residenzialità, su cui s’è investito in questi anni, che tocca solo le patologie gravi, mentre cresce l’emergenza per le patologie non acute». Ultima, ma non meno importante, la partita sull'odontoiatria: il Pd prevede la predisposizione di un fondo integrativo, a gestione pubblico/privata. «Oggi il 90% della spesa odontoiatrica privata è costituita da pagamenti diretti interamente a carico dell’assistito - spiega il gruppo regionale -. Vi è una forte disuguaglianza nell’accesso alle cure dei denti: il 40% dei cittadini non è mai stato dal dentista e chi vi accede lo fa solo in caso di emergenza»

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