sabato, luglio 26, 2014

Ravelli: «Un sistema genuflesso a Tamoil»

Dopo la sentenza di condanna per i dirigenti Tamoil, abbiamo intervistato Sergio Ravelli e Gino Ruggeri
di Michele Scolari
Nel processo celebrato con rito abbreviato davanti al gup di Cremona Guido Salvini, in cui cinque manager della Tamoil di Cremona erano chiamati a rispondere dell'inquinamento della falda acquifera causato, secondo l'accusa, dalla raffineria cremonese, il gup Guido Salvini ha emesso quattro condanne per disastro ambientale e un’assoluzione. «Una sentenza – aveva commentato a margine il pm Fabio Saponara – che rende giustizia all’intera città», mentre l’azienda aveva ribadito la «piena fiducia nei propri manager», convinta della loro «assoluzione in appello». All’indomani, restano molti problemi aperti, dai tempi di effettuazione della bonifica alla ricollocazione del personale, e alcuni interrogativi, tra cui la mancata costituzione di parte civile da parte del Comune di Cremona. All’origine dellìinquinamento, secondo gli elementi contenuti nel fascicolo istruito dal pm Fabio Saponara lo scorso ottobre a partire da un esposto anonimo pervenuto alla Procura di Cremona, vi sarebbero stati la rete fognaria vetusta ed altamente compromessa nonché i ritardi della dirigenza negli interventi (ritardi riconducibili ad «un discorso di risparmio economico», come aveva dichiarato un teste in aula, riferendo che «l’indirizzo generale era risparmiare ovuqnue»). Di questi problemi abbiamo parlato con Sergio Ravelli, da sempre in prima linea con i Radicali «contro l’inquinamento prodotto dalla raffineria Tamoil», che «è stato non solo di natura ambientale, ma anche economico, sociale e politico». Dopo anni di sit-in, pubblici dibattiti, petizioni popolari e interrogazioni parlamentari, come interpreta la sentenza? 
«Solo la cocciutaggine dei Radicali ha consentito di arrivare a questo processo. Ora che l'accertamento della verità è iniziato e ha trovato una prima verifica con la sentenza del giudice Salvini, è tempo che la comunità cremonese e chi oggi la rappresenta rialzino la testa per rivendicare il proprio diritto di vivere in un ambiente salubre, anche politicamente». 
Secondo Lei perché il Comune, guidato dalla Giunta Perri, non si costituì parte civile? 
«La giunta Perri ha rappresentato solo il terminale occasionale di un sistema politico, sindacale e istituzionale, di destra, di centro e di sinistra, genuflesso di fronte al potere economico della multinazionale libica. C'è chi si è genuflesso per sudditanza e chi per connivenza. Tutti, comunque, hanno ceduto al cosiddetto “ricatto occupazionale”. Tutti, tranne i Radicali». 
Di fronte all'entità della sentenza appare ancor più grave la mancata costituzione di parte civile del Comune? 
«Quando nell'aprile 2011, in piena emergenza ambientale, si firma un accordo in cui la controparte Tamoil si autoassolve da ogni responsabilità dell'inquinamento in corso, ben prima che abbia inizio l'accertamento delle responsabilità, ci si preclude colpevolmente la possibilità di difendere un'intera comunità dai gravi danni subiti». 
Chi avrebbe dovuto vigilare ha sempre sostenuto di aver appreso dell'inquinamento nel 2007, "dalla stampa"..
 «Non è necessario essere degli esperti per sapere che le raffinerie, di per sé, hanno un forte impatto ambientale. Per questo devono essere attentamente monitorate, soprattutto dopo decenni di attività produttiva. Impianti obsoleti, serbatoi e reti fognarie non sottoposti a manutenzioni e a risanamenti periodici costituiscono delle minacce permanenti. In ogni caso, fin dall'autodenuncia Tamoil del 2001, l'inquinamento all'interno del sito industriale era certo. Bastava mettere qualche piezometro all'esterno per constatare che la contaminazione si era estesa oltre il perimetro aziendale. Per fare ciò si è aspettato fino al 2007. E' evidente che gli enti pubblici preposti alla vigilanza e ai controlli ambientali non hanno fatto il loro dovere». 
La verità sulle perdite del sistema fognario all'origine dell'inquinamento nonché sulle responsabilità di parte della dirigenza è emersa in seguito ad un esposto anonimo. Una casualità dell'ultima ora o, forse, una realtà che non doveva emergere? 
«Da anni, come Radicali, in solitudine, segnalavamo le possibili fonti dell'inquinamento: rete fognaria e serbatoi, in gran parte costruiti negli anni '50. Il procedimento giudiziario è stato l'occasione per rompere finalmente l'omertà generale». 
Ora l'urgenza primaria è la bonifica e la ricollocazione del personale. Due priorità che rischiano di restare un miraggio? 
«I buoni risultati ottenuti sul fronte occupazionale (rispetto ad altre crisi aziendali le sofferenze lavorative sono state contenute, anche se ancora da affrontare e risolvere) non sono stati accompagnati da concreti risultati sui fronti ambientale e industriale. L'accordo sottoscritto oltre tre anni fa da enti locali, sindacati e Tamoil è stato largamente disatteso e si sta rivelando sempre più un accordo-bidone: la dismissione degli impianti non è ancora avvenuta, la bonifica - sia interna che esterna - non si farà e, di conseguenza, il riutilizzo produttivo delle aree dismesse (oltre 650.000 mq) non è più all'ordine del giorno. Opportunamente il dispositivo della sentenza Salvini prevede per i due manager condannati per disastro ambientale colposo la sospensione della pena solo se proseguirà il ripristino ambientale e se verrà avviata la bonifica. Ma la prospettiva rimane incerta. Temo che l'occasione storica per rimediare al disastro ambientale causato dalla Tamoil sia stata perduta. Nel marzo 2001, con la chiusura della raffineria, la guerra in Libia e la caduta del rais Gheddafi, c'erano le condizioni concrete per tutelare gli interessi della città attraverso un'azione conservativa nei confronti dei beni Tamoil-Oilinvest (bloccati, come tutte gli enormi fondi libici in Europa, dalle sanzioni Onu). La classe politica cremonese (la grande ammucchiata partitocratica) ha scelto diversamente e si è accontentata di un piatto di lenticchie!».

Gino Ruggeri: «Quell’area rischia di essere compromessa per sempre»
Il protagonista, suo malgrado, della vicenda Tamoil si chiama Gino Ruggeri. Una persona come tante, che però ha fatto una scelta coraggiosa: costituirsi parte civile in vece del Comune di Cremona, che aveva deciso di non costituirsi. «Come Radicali abbiamo seguito le vicende di Tamoil da tempo immemore, fin dal 1985, quando si rinnovò la concessione alla raffineria, e noi fummo gli unici ad opporci ». Poi si arrivò al 2007 quando emerse lo scandalo dell'inquinamento e furono avviate le indagini. «L'accordo che il Comune stipulò con Tamoil era tutt'altro che vantaggioso, sia dal punto di vista ambientale che lavorativo, nonostante quanto afferma Pizzetti» ci dice Ruggeri. Un accordo che impedì al Comune di costituirsi parte civile, secondo quanto ha affermato più volte lo stesso Perri. «Comprendemmo che il Comune non voleva costituirsi parte civile, così valutammo di ripetere esperienze già portate avanti da altri radicali in altre città, facendolo come cittadini. Io ci ho messo il nome, ma è stato un lavoro collettivo, in cui hanno preso parte avvocati, ingegneri e altri professionisti. Abbiamo permesso che il Comune portasse a casa un milione, ma potrebbero arrivarne altri, nelle successive fasi del processo». Secondo Ruggeri «sul versante politico abbiamo visto una connivenza silenziosa da parte dell'amministrazione. Ma anche sotto l'aspetto più burocratico e amministrativo, si è assistito a una carenza di competenze. L'Arpa, che doveva essere l'organo di controllo, è uscita con le ossa a pezzi, perché non ha fatto nulla di quanto avrebbe dovuto, come è emerso dal processo. Tanto che è dovuta intervenire la magistratura, che si è letteralmente sostituita alle istituzioni ». Intanto il fronte ambientale rimane una ferita aperta: «E' assurdo che Tamoil non sia obbligata a bonificare l'area solo perché ha una piccola attività in essere sulla stessa. Quella zona della città, dopo tanti anni, rischia di restare compromessa per sempre». Nei giorni scorsi Ruggeri ha incontrato la nuova amministrazione. Il sindaco Galimberti ha chiesto a Ruggeri di mettere a disposizione del Comune tutta la documentazione in loro possesso in modo da poterla consultare.

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