sabato, settembre 10, 2016

Scusate se insisto


Mi sembra che, in Italia, si oscilli sempre tra due poli. Da una parte, la fiducia nello 'stellone', icona che brilla nei nostri cieli (e a cui si ispirano tanti discorsi vanamente e stupefacentemente ottimisti che si ascoltano oggi); dall'altra, il destino cinico e baro cui imputare difficoltà, incapacità, problemi, disastri. Difficilmente si analizza la situazione e ci si assumono le responsabilità del caso. Ora, vediamo un po': tutti i Paesi del mondo cosiddetto sviluppato, e a caduta gli altri, hanno dovuto fronteggiare la crisi, gli effetti della globalizzazione, i nuovi modi di produzione eccetera. Eppure, altri stanno reagendo molto più e molto meglio di noi. Perché il sistema politico è bloccato? Perché mancano le riforme istituzionali? Ma va. Prendiamo la Spagna: ha attraversato una crisi terribile, è senza governo, eppure va, va bene. Per non parlare del Belgio: un anno e mezzo senza governo e senza ripercussioni a livello economico. E poi: ma di che parliamo? Riforme? Non sono bastate la riforma delle pensioni, il pareggio di bilancio in Costituzione, l'abolizione dell'art. 18, lo smembramento dello Statuto dei lavoratori, il precariato dilagato a macchia d'olio ... cosa manca, ancora? Ah già, la riforma costituzionale. Cioè, mi si viene a dire che il Paese ripartirà se aboliremo le Province, il Cnel e se non voteremo più per eleggere i senatori, che saranno ulteriormente nominati provenienti da tutt'altra esperienza politico amministrativa, sempre tra di loro, comunque, sempre quel 'cerchio magico'? Ma fatemi il piacere. Signori, siamo seri. O, almeno, proviamoci.

sabato, settembre 03, 2016

Ciò che è possibile, e ciò che non lo è


Il nostro è un Paese terribilmente sismico. Lo sappiamo da molto, molto tempo. Ancora prima degli studi sismologici, i terremoti che da sempre scuotono il Belpaese ne sono la riprova. Il terremoto è un fatto spaventoso: esce dalle viscere della terra, con un boato enorme. Sembra incontrollabile, e nei fatti lo è. Ma possiamo difenderci, come per tutti i fatti di natura, come le piogge torrenziali, le piene etc. Oggi ci sono strumenti per mettere in sicurezza edifici pubblici e privati, lo abbiamo visto: paesi a poca distanza dall'epicentro che hanno subìto pochi danni e nessuna vittima, dopo le opere di messa in sicurezza degli edifici.
Perché altre amministrazioni locali non lo hanno fatto o lo hanno fatto in modo totalmente insufficiente? E perché lo si fa a cose fatte? Belice, Irpinia, Umbria, L'Aquila, Emilia e ora Marche: una serie infinita. Lutti, distruzioni: un dolore enorme. Eppure gli strumenti ci sono. Non ne possiamo più di promesse e rassicurazioni. Possiamo solo sperare che nessuno, questa volta, rida per l'occasione di facili ed enormi guadagni.
Sosteniamo il desiderio delle popolazioni che vogliono rimanere ad abitare lì, in quelle zone, in quelle montagne, che sono il dorso del nostro Paese: sarebbe terribile che venissero abbandonate. Sarebbe il definitivo degrado di un territorio montano e semi montano, già a grave rischio. Che non si ripeta la vicenda aquilana, con le costosissime 'casette' di cui stanno crollando componenti. Sarà un bel banco di prova per i prossimi governi. Vigiliamo. Un grande piano nazionale di messa in sicurezza delle zone a rischio idrogeologico e sismico potrebbe garantire piena occupazione per decenni, innescando, sicuramente, un percorso di crescita economica. Il fatto che ciò possa accadere, è un'utopia? Sì, oggi è ancora una utopia.