sabato, settembre 03, 2016

Ciò che è possibile, e ciò che non lo è


Il nostro è un Paese terribilmente sismico. Lo sappiamo da molto, molto tempo. Ancora prima degli studi sismologici, i terremoti che da sempre scuotono il Belpaese ne sono la riprova. Il terremoto è un fatto spaventoso: esce dalle viscere della terra, con un boato enorme. Sembra incontrollabile, e nei fatti lo è. Ma possiamo difenderci, come per tutti i fatti di natura, come le piogge torrenziali, le piene etc. Oggi ci sono strumenti per mettere in sicurezza edifici pubblici e privati, lo abbiamo visto: paesi a poca distanza dall'epicentro che hanno subìto pochi danni e nessuna vittima, dopo le opere di messa in sicurezza degli edifici.
Perché altre amministrazioni locali non lo hanno fatto o lo hanno fatto in modo totalmente insufficiente? E perché lo si fa a cose fatte? Belice, Irpinia, Umbria, L'Aquila, Emilia e ora Marche: una serie infinita. Lutti, distruzioni: un dolore enorme. Eppure gli strumenti ci sono. Non ne possiamo più di promesse e rassicurazioni. Possiamo solo sperare che nessuno, questa volta, rida per l'occasione di facili ed enormi guadagni.
Sosteniamo il desiderio delle popolazioni che vogliono rimanere ad abitare lì, in quelle zone, in quelle montagne, che sono il dorso del nostro Paese: sarebbe terribile che venissero abbandonate. Sarebbe il definitivo degrado di un territorio montano e semi montano, già a grave rischio. Che non si ripeta la vicenda aquilana, con le costosissime 'casette' di cui stanno crollando componenti. Sarà un bel banco di prova per i prossimi governi. Vigiliamo. Un grande piano nazionale di messa in sicurezza delle zone a rischio idrogeologico e sismico potrebbe garantire piena occupazione per decenni, innescando, sicuramente, un percorso di crescita economica. Il fatto che ciò possa accadere, è un'utopia? Sì, oggi è ancora una utopia.

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