sabato, marzo 26, 2016

La mano destra e la sinistra dovrebbero unirsi, non solo per pregare

di Daniele Tamburini
Difficile fare gli auguri di buona Pasqua in giorni come questi. Il mistero della morte e della resurrezione di Cristo, che è atto di fede per i credenti, ma che affascina, con i suoi significati così vicini al cuore della vita, pure gli agnostici ed i laici, potrebbe farci meditare anche sul dolore, sull’ira e sulla paura di questi giorni. I venti di guerra soffiano forti. Purtroppo, è storia: quando si parla tanto di stato di guerra, di guerra di fatto eccetera, non si tarda mai troppo, poi, a dichiararla apertamente. Dobbiamo confidare nella prudenza, nella lungimiranza di chi ci governa in Italia, in Europa, nel mondo? Come possiamo, quando sappiamo bene che la mano destra si alza a ammonire fieramente contro il terrorismo, mentre la mano sinistra stringe quella dei potentati che, come dire, potrebbero avere in loro potere il destino di Isis, Is, Daesh, o che dir si voglia. Il prefetto di Roma Franco Gabrielli, con un ragionamento molto condivisibile, ha detto che dopo gli attentati di Bruxelles, per Roma e per l’Italia è cambiato poco: c'è solo la consapevolezza del fatto che i timori dell'essere dentro una minaccia sono reali. La minaccia, è incombente e siamo un obiettivo di questo nuovo terrorismo di matrice islamista, continua Gabrielli, ma mettere un militare a ogni angolo di strada non solo non è realistico, ma nemmeno funzionale a garantire la sicurezza. “Questo tipo di terrorismo lo si combatte in prevenzione”.
Ma qual è la prevenzione possibile? Qualcuno ha la ricetta pronta: non far entrare più e, anzi, cacciare via chi è di religione islamica. Ora, oltre alle ragioni umane ed economiche che rendono questa ipotesi a dir poco fantascientifica, c’è da dire che mai, mai, i muri hanno funzionato: si sfondano, si scalano, si aggirano, anche sotto il fuoco e le bombe. E allora? A parere mio solo l'Islam può sconfiggere questa degenerazione. E allora, dovremmo essere capaci di creare un sogno civile, un sogno di dialogo, di giustizia sociale, di convivenza, una convivenza che per tanti anni è stata possibile, termini che non sono vuote parole ma che, se concretizzati, sarebbero la chiave della prevenzione di cui parla Gabrielli. Sono un visionario? Forse. Ma la Pasqua è fatta anche di questo messaggio. Auguri a tutti

sabato, marzo 12, 2016

C’è chi prende, sempre, ma non dà mai

di Daniele Tamburini
Leggo in un articolo del giornalista Gerhard Mumelter: “In Italia, da sempre, lobby trasversali e gruppi di potere hanno contrastato e svuotato tutte le leggi per liberalizzare i mercati e favorire la concorrenza”. E spiega: ultimo in ordine di tempo (ricordate la “lenzuolata” di Bersani del 2007?), la “legge per il mercato e la concorrenza” varata un anno fa dal consiglio dei ministri. Renzi aveva proclamato: “Il provvedimento incontrerà le resistenze delle lobby e noi le sfideremo”. Poi, alla Camera ci sono voluti sei mesi per far passare la legge, tra stralci, rinvii e correzioni, e il decreto ora giace in Senato, arenato da 1.200 emendamenti ispirati da notai, avvocati, tassisti, banche, ordini professionali. Tutti hanno inteso salvaguardare il proprio pezzo. Forse è umano, forse è inevitabile, ma che ci sta a fare, allora, il Parlamento? Soprattutto, a chi risponde? Al bene comune, o ai singoli portatori di interesse? Secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale, una vera liberalizzazione dell’economia italiana farebbe crescere il Pil in pochi anni di parecchi punti. Ma non avverrà: le lobby trasversali sapranno impedirlo. Insomma, c’è chi prende ma non dà mai. Ancora e sempre, siamo alle prese con una politica che ha promesso, che ha generato tante aspettative, la maggior parte delle quali sono ancora nel mondo dei sogni. Forse che una crescita dello 0,7% ci rende soddisfatti, quando il resto di Europa cresce il doppio? Forse che dovremmo far finta di nulla, ascoltando le notizie del marciume come quelle che emergono dal caso Anas? Forse che non dovremmo stupirci più, tutte le volte che si attiva lo strumento “popolare” delle primarie per scegliere chi si proporrà al nostro voto, e ne escono fuori di cotte e di crude? Chi ben comincia, verrebbe da dire, è a metà dell’opera. Delle beghe interne ai partiti o alle coalizioni dovrebbe interessarci poco, ciò che invece dovrebbe starci a cuore è la sorte di questo nostro Paese.

sabato, marzo 05, 2016

A uno specchio preferisco una finestra

di Daniele Tamburini
Il tema dei diritti e della libertà non ha niente di astratto, e ce ne rendiamo conto proprio in questi giorni, anche rispetto alla virulenza dei toni che ha assunto la discussione sulla stepchild adoption e sulla gestazione per altri. Sono temi su cui, a mio parere, è molto difficile intervenire e, se lo si fa, occorrerebbero moderazione, attenzione e, soprattutto, tanto, tanto rispetto. Elementi che latitano, invece, nei toni urlati che ascoltiamo da tempo. Ci hanno insegnato che il concetto di libertà personale non è illimitato: la mia libertà deve essere per forza “limitata” dal fatto che ognuno di noi condivide il mondo con altre persone, con altri esseri umani. In caso contrario, prevarrebbero le ragioni della rapina, dell’accaparramento, della guerra di tutti controtutti. Ora, queste idee portano alla distruzione globale, e anche chi ritiene che la propria libertà non debba piegarsi a ragioni di contenimento, deve per forza condividere un mondo che, per sua natura, è limitato. Questo vale, per esempio, per i grandi temi ambientali, ma anche, a mio parere, per quelli legati ai diritti civili. Non intendo assolutamente dare giudizi o formulare opinioni sul desiderio di ognuno, uomo o donna, di formare una famiglia, uno stile di convivenza: questo potrà offendere le opinioni e le credenze di qualcuno, ma non mette in gioco altre esistenze. Mi pare, però, che si debbano valutare con molta più attenzione le scelte che, per esempio, danno origine ad una nuova vita, ad un nuovo nato. Qui si apre una forte ipoteca – che, peraltro, non è detto sia negativa - sul futuro di una creatura; qui si coinvolge pesantemente un “terzo”, che domani avrà bisogno di ripensare la propria storia e le proprie origini. Per questo, bisognerebbe essere ancora più prudenti, ancora più discreti, in qualunque modo la si pensi. Pensate al neonato Tobia, il figlio avuto con la gestazione per altri da Nichi Vendola e dal suo compagno: cosa penserà, quando sarà grande, leggendo tutto ciò che è stato scritto in questi giorni? Come si sentirà? Se non si ha rispetto per i “grandi”, cerchiamo di rispettare almeno i “piccoli”. Si esprimano le proprie opinioni, ma con educazione e rispetto. Lo stesso rispetto che ognuno di noi vorrebbe ricevere, sempre.