di Daniele Tamburini
Leggo in un articolo del giornalista Gerhard Mumelter: “In Italia, da sempre, lobby trasversali e gruppi di potere hanno contrastato e svuotato tutte le leggi per liberalizzare i mercati e favorire la concorrenza”. E spiega: ultimo in ordine di tempo (ricordate la “lenzuolata” di Bersani del 2007?), la “legge per il mercato e la concorrenza” varata un anno fa dal consiglio dei ministri. Renzi aveva proclamato: “Il provvedimento incontrerà le resistenze delle lobby e noi le sfideremo”. Poi, alla Camera ci sono voluti sei mesi per far passare la legge, tra stralci, rinvii e correzioni, e il decreto ora giace in Senato, arenato da 1.200 emendamenti ispirati da notai, avvocati, tassisti, banche, ordini professionali. Tutti hanno inteso salvaguardare il proprio pezzo. Forse è umano, forse è inevitabile, ma che ci sta a fare, allora, il Parlamento? Soprattutto, a chi risponde? Al bene comune, o ai singoli portatori di interesse? Secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale, una vera liberalizzazione dell’economia italiana farebbe crescere il Pil in pochi anni di parecchi punti. Ma non avverrà: le lobby trasversali sapranno impedirlo. Insomma, c’è chi prende ma non dà mai. Ancora e sempre, siamo alle prese con una politica che ha promesso, che ha generato tante aspettative, la maggior parte delle quali sono ancora nel mondo dei sogni. Forse che una crescita dello 0,7% ci rende soddisfatti, quando il resto di Europa cresce il doppio? Forse che dovremmo far finta di nulla, ascoltando le notizie del marciume come quelle che emergono dal caso Anas? Forse che non dovremmo stupirci più, tutte le volte che si attiva lo strumento “popolare” delle primarie per scegliere chi si proporrà al nostro voto, e ne escono fuori di cotte e di crude? Chi ben comincia, verrebbe da dire, è a metà dell’opera. Delle beghe interne ai partiti o alle coalizioni dovrebbe interessarci poco, ciò che invece dovrebbe starci a cuore è la sorte di questo nostro Paese.
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