Le matite spezzate”: con questa espressione ricorderemo la strage di Parigi,
l’assalto al giornale satirico Charlie Hebdo che ha causato almeno venti morti,
contando anche la poliziotta francese, colpita vigliaccamente alle spalle, in
una sparatoria a Montrouge, gli ostaggi e gli stessi terroristi. Gli attentatori
hanno voluto colpire un simbolo: la libertà di stampa, anche se molto, a volte
forse anche troppo, irriverente (mi chiedo quando si fermi il diritto di satira
e inizi la mancanza di rispetto, ma questo è un altro discorso). Certo è che
niente può giustificare il sangue versato. Una cosa è certa: non abbiamo
bisogno, e quindi non dobbiamo, sollevare il tema dello “scontro tra civiltà”.
Le diverse civiltà, proprio perché “civiltà”, hanno prodotto e producono
un’infinita varietà di meraviglie storiche, culturali, comportamentali,
culinarie. Chi commette stragi non è “civiltà”, e, nel caso di Parigi, lo sanno
bene i moltissimi musulmani che hanno condannato con fermezza quanto è successo.
Il dopo 11 settembre ha prodotto, oltre al dolore delle vittime e dei familiari,
un rincorrersi esasperato di paure, di odio, di violenze. L’odio chiama odio: se
un imam vicino allo Stato islamico (Is) ha rivendicato la strage, non faremmo
che il loro gioco, se pensassimo ad una risposta “occhio per occhio, dente per
dente”. Il terrorismo va combattuto con fermezza, ma anche con intelligenza e
lungimiranza. Scendere sul loro terreno è impossibile, per una democrazia. I
nostri “valori” non sono i valori di questi integralisti, inutile illudersi. Le
guerre scatenate per “combattere i terroristi”, come è palese, non hanno
distrutto il fenomeno. Il terrorismo si combatte togliendo al pesce l’acqua in
cui nuota. Le simpatie filo terroriste che si possono avere in alcuni ambienti
occidentali non verranno sconfitte dalla pura repressione: al contrario, si
darebbe spazio alla mistica del martirio, che per tali realtà è una meta da
raggiungere. È difficile convincersene, tanto più quando la rabbia e il dolore
gridano vendetta, ma occorre sapere che l’apertura, l’integrazione, la
convivenza, ovviamente con regole precise e concrete, sono le uniche strade.
Altrimenti, come diceva uno che se ne intendeva, di lotta: “occhio per occhio fa
un mondo di ciechi”. Si chiamava Gandhi: ha liberato il subcontinente
indiano.
Daniele Tamburini
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