A prescindere, avrebbe detto Totò, non intendo spezzare alcuna lancia a
favore dei custodi del Colosseo: tra di loro ci sarà il buono e il cattivo, il
fannullone e il bravo e capace lavoratore, come da tutte le parti. Come in
banca, come nei supermercati, come ovunque. Invito però a riflettere sul can can
che è stato fatto rispetto alla chiusura del sito archeologico per assemblea
sindacale, qualche giorno fa, dalle 8:30 alle 11:00. Un can can talmente
surreale, che un uomo come Vittorio Sgarbi, certamente non accondiscendente, ha
dichiarato: ” due ore che non possono far pensare che l’Italia non funziona“,
riferendosi a parole dette da molti personaggi, per cui tale chiusura era stata
“un grave danno di immagine all’Italia e alle sue istituzioni”. Molte volte mi
sono chiesto e vi ho chiesto se, per alcune azioni, parole, dichiarazioni svolte
da chi ci governa, da “chi comanda”, prevalessero la poca esperienza,
l’ignoranza, l’inettitudine, oppure la malafede. In genere, è difficile
rispondere. Ma ora leggo, sempre rispetto al Colosseo e al gravissimo colpo per
l’Italia determinato da un’assemblea di due ore e mezzo, prima la dichiarazione
del ministro Franceschini, dopo aver gridato allo scandalo insopportabile: "Non
c'è alcun reato di nessun tipo, l'assemblea era stata convocata regolarmente";
poi, quella di Francesca Barracciu, sottosegretaria ai Beni culturali, che ha
definito l’assemblea sindacale “un reato”. Caspita. Qualcuno le ha fatto notare
che le assemblee sindacali in orario di lavoro sono perfettamente legali, almeno
per adesso. Allora lei ha dichiarato, correggendosi, di considerarla un reato in
senso lato. Ora, nei miei studi di legge non ho mai incontrato un “reato in
senso lato”. Ne vedo, invece, molti in senso proprio. Per esempio, il nostro
patrimonio storico, artistico, architettonico che cade a pezzi (Pompei docet):
cosa che viola abbastanza l'articolo 9 della nostra Costituzione italiana, "la
Repubblica… tutela e valorizza il patrimonio storico e artistico della nazione”,
oltre che una messe di leggi. Inoltre, Sgarbi ha anche dichiarato una cosa,
questa sì davvero scandalosa: che chi lavora, deve essere pagato. I custodi del
Colosseo, come molti altri, lavorano in straordinario e non vengono pagati,
oppure ricevono il compenso con molto ritardo. Questo non sarà un reato, ma che
lo faccia lo Stato, che dovrebbe essere l'incarnazione della legittimità e della
legalità, non va bene. Alla onorevole Barracciu, infine, vorrei dire: attenzione
a parlare di reato, quando si ragiona di diritti. È tipico delle dittature,
onorevole. Lo sappia. A parer mio, tira una brutta aria.
sabato, settembre 26, 2015
sabato, settembre 19, 2015
Siamo il paese di Masaniello
Durante le ferie ho letto una biografia di Masaniello, il noto capopopolo
napoletano, vissuto nel XVII secolo. Il libro era molto ricco di particolari, e
delineava le caratteristiche del personaggio: fascino personale, arguzia,
sfrontatezza. Nessuno lo aveva investito di un ruolo: se lo prese. Non aveva
competenze amministrative né esperienze di governo: eppure, pronunciò anche
sentenze giudiziarie, dileggiando i giudici. La rivolta di cui si mise a capo
derivava non tanto da un sentimento patriottico, ma dalle gravi condizioni di
crisi in cui versava il regno di Napoli, pagate soprattutto – al solito – dai
ceti meno abbienti. Il potere gli diede alla testa nel giro di brevissimo tempo:
farneticò, si denudò in pubblico. Fu ucciso dopo solo nove giorni di rivolta.
Tra le sue frasi si ricorda questa: “Io vi volevo solo bene e forse sarà questa
la pazzia che ho nella testa. Voi prima eravate immondizia ed adesso siete
liberi. Io vi ho resi liberi!”. Masaniello è diventato il simbolo di un potere
sregolato, personalistico, senza mediazioni, che si appella al popolo e che dal
popolo, spesso, viene abbattuto. Dagli altari alla polvere: ci vogliono pochi
mesi, o anni, ma il percorso è questo. La storia italiana è piena di Masanielli:
vogliamo fare il gioco dei nomi? Mi chiedo perché il successo in politica,
ormai, derivi da una dose più o meno cospicua di “masaniellite”. Ma il potere
può anche non dare alla testa. Invece che inebriare, può, semplicemente, far
sopravvivere. È il caso dei “politici di professione” che, iniziata la carriera
giovani, hanno fatto un percorso da carica a carica, e non possono che aspirare
ad altra carica. Nonostante tutta l’antipolitica che si respira, ce ne sono, ce
ne sono… E’ solo così che si può vivere il potere? Invece che un’investitura a
servizio della comunità, il potere può porsi solo nell’alternativa tra un
egocentrismo smisurato o l’eterno “tengo famiglia”? E anche in questi ultimi
giorni, gli esempi non mancano. Considerazioni sconsolate, ma c’è poco da
ridere, purtroppo.
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