Durante le ferie ho letto una biografia di Masaniello, il noto capopopolo
napoletano, vissuto nel XVII secolo. Il libro era molto ricco di particolari, e
delineava le caratteristiche del personaggio: fascino personale, arguzia,
sfrontatezza. Nessuno lo aveva investito di un ruolo: se lo prese. Non aveva
competenze amministrative né esperienze di governo: eppure, pronunciò anche
sentenze giudiziarie, dileggiando i giudici. La rivolta di cui si mise a capo
derivava non tanto da un sentimento patriottico, ma dalle gravi condizioni di
crisi in cui versava il regno di Napoli, pagate soprattutto – al solito – dai
ceti meno abbienti. Il potere gli diede alla testa nel giro di brevissimo tempo:
farneticò, si denudò in pubblico. Fu ucciso dopo solo nove giorni di rivolta.
Tra le sue frasi si ricorda questa: “Io vi volevo solo bene e forse sarà questa
la pazzia che ho nella testa. Voi prima eravate immondizia ed adesso siete
liberi. Io vi ho resi liberi!”. Masaniello è diventato il simbolo di un potere
sregolato, personalistico, senza mediazioni, che si appella al popolo e che dal
popolo, spesso, viene abbattuto. Dagli altari alla polvere: ci vogliono pochi
mesi, o anni, ma il percorso è questo. La storia italiana è piena di Masanielli:
vogliamo fare il gioco dei nomi? Mi chiedo perché il successo in politica,
ormai, derivi da una dose più o meno cospicua di “masaniellite”. Ma il potere
può anche non dare alla testa. Invece che inebriare, può, semplicemente, far
sopravvivere. È il caso dei “politici di professione” che, iniziata la carriera
giovani, hanno fatto un percorso da carica a carica, e non possono che aspirare
ad altra carica. Nonostante tutta l’antipolitica che si respira, ce ne sono, ce
ne sono… E’ solo così che si può vivere il potere? Invece che un’investitura a
servizio della comunità, il potere può porsi solo nell’alternativa tra un
egocentrismo smisurato o l’eterno “tengo famiglia”? E anche in questi ultimi
giorni, gli esempi non mancano. Considerazioni sconsolate, ma c’è poco da
ridere, purtroppo.
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