A parole siamo tutti bravi. Alcuni meno altri concretamente di più, ma in fondo a chiacchiere ce la caviamo tutti. Soprattutto quando si sa, come diceva il mio vecchio: “Le parole non pagano il dazio”. Oramai i veri maestri, quelli che un tempo erano chiamati gli affabulatori sono politici e governanti. Costoro arrivano a dare il loro meglio, immancabilmente, con l’approssimarsi delle scadenze elettorali. Il tema preferito per promesse e sacri impegni sono di frequente e in ogni tempo, le tasse. “Meno tasse per tutti” è oramai storia. Adesso è la volta dell’Irap (l’imposta regionale sulle attività produttive). Si propone l’eliminazione della tassa per dare ossigeno all’industria in difficoltà. Difficile crederlo. Con questa imposta viene compensata tutta la spesa sanitaria. Infatti, questa, è almeno la terza volta che lo sento dire negli ultimi cinque anni. Ed è questo il punto … tanto poi nessuno chiede il conto. Avete più sentito parlare del bollo auto che doveva essere abolito? Delle gabbie salariali che solo due mesi fa erano questione di grande dibattito, con di contorno l’insegnamento del dialetto, per il quale c’era già pronta la legge? Parole che, insieme a tante altre, il vento ha portato via. Forse, con uno sforzo, se ne può ancora ascoltare la eco. Un flebile e lontano suono di slogan elettorali recenti: “Una casa per tutti “Un lavoro sicuro per tutti”, “Nuovi fondi per le forze dell’ordine”. E se facciamo ancora più silenzio, possiamo ancora captare: “Sostegni alle famiglie, asili nido, detassazione del lavoro femminile…”.Per la prossima occasione ne suggerisco uno io, di sicuro successo: “Benzina gratis per tutti”. Tanto poi una ragione per non dare seguito la si trova sempre. Eppure le parole sono importanti. Dal loro abuso e dal non dar conto di quanto si dice, è certo che, alla lunga, si ottengono solo sfiducia e scetticismo.
a.b.
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