venerdì, marzo 09, 2012

Chi decide, in democrazia?

Ascolto sempre molto volentieri Luca Mercalli: parla della sua materia, la meteorologia, con competenza ed equilibrio, non tralasciando di utilizzare i fenomeni climatici per aprire il discorso a molti problemi emergenti: per esempio, la qualità dello sviluppo, della crescita, delle infrastrutture. Mercalli, con molti altri scienziati e ricercatori (sono in tutto 360), ha sottoscritto una lettera aperta al premier Monti sulla questione TAV. Nella sostanza si dice: chiediamo un ascolto attento e privo di pregiudizi ad una serie di osservazioni critiche sul progetto. Non voglio entrare nel merito, ma mi pare che quelle parole (ascolto attento e privo di pregiudizi) dovrebbero essere utilizzate sempre, quando si tratta di compiere delle scelte che impattano fortemente sulla vita dei cittadini e dei territori. Ma c’è la capacità di ascoltare? I cittadini, spesso, pensano di no: per la TAV, piuttosto che per la Strada sud e alcuni anche per il terzo ponte, qui da noi. Sorgono, allora, i comitati. La domanda è: chi decide, in democrazia? È una domanda difficile, nel nostro mondo complesso. La Francia ha “inventato” il cosiddetto débat public, il mondo anglosassone il “public engagement”: la partecipazione alla discussione degli interessi del territorio è formalizzata e le procedure ed i tempi sono definiti. Non so se è il modello migliore, ma quello che strema, in Italia, sono i lustri, i decenni che sono necessari, che dico per la realizzazione, ma per lo stesso avvio di un progetto. Intanto, gli animi si scaldano, le posizioni si irrigidiscono. Tutto diventa una questione ideologica. Se la gente oppone resistenza a certi progetti, un motivo ci sarà: andrebbe ascoltata. Se c’è un corto circuito tra chi decide (i decisori pubblici: governi locali, governo nazionale) e chi ha dato loro mandato di decidere (con il voto), è sicuro che esiste un problema. Torna, allora, il tema dell’ascolto, da parte di chi decide, e anche, certamente, di chi contesta. Si può ascoltare e non condividere, e magari rimanere della propria idea, ma è difficile che un qualcosa non si sposti, e non si possano trovare punti di mediazione. Sapete quante energie in meno si sprecherebbero, quante risorse, quanto tempo, soprattutto. Il tempo oggi è prezioso. Rispettare l’uso del tempo è sintomo di serietà. L’Italia non può più permettersi di trascinare le questioni all’infinito. Quindi: che si progetti, si ascolti, si cerchino le mediazioni necessarie, e poi si decida. Magari avendo come obiettivo l’interesse comune. Un’utopia? Dipende. Da che cosa? Indovinate un po’… Dalle persone che sono chiamate a decidere, che sono state elette. Quindi…

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