Sono tempi strani. Si dice che il premier Monti debba presentarsi, al vertice
europeo del prossimo 28 giugno, con "qualcosa" in mano: riforma del lavoro,
spending review etc. Ammettiamolo: c’è qualcosa di un po' surreale
nell'immaginare l'austero ex rettore della Bocconi nei panni di uno studente con
il compito fatto. Intanto, le notizie sicuramente positive del decreto sviluppo
rischiano di essere sovrastate dal continuo senso di allarme in cui viviamo.
Tante uscite estemporanee (la riduzione delle ferie? La mobilità per gli statali
ultrasessantenni? Il moltiplicarsi, ahimè non dei pani e dei pesci, che
aiuterebbe molti, di questi tempi, ma degli esodati?). Si apre il giornale e non
si sa cosa aspettarsi. Invece la gente avrebbe bisogno di sperare in qualcosa,
di vedere una luce in fondo al vicolo scuro e accidentato che percorriamo;
avrebbe bisogno di essere certa che sta facendo sacrifici per il proprio futuro
e per quello dei figli, invece che per combattere lo spread. Ma che spread
d'Egitto, avrebbe detto Totò... Intanto, Monti potrebbe chiedere l'allentamento
del patto di stabilità: 13 città metropolitane italiane potrebbero rimettere in
circolo fondi per circa un miliardo di euro, che hanno lì, congelati, e che non
possono spendere, fino a giungere a triplicarli, se potessero usare le giacenze
di cassa. Sarebbe una bella boccata di ossigeno, lavoro, pagamenti,
manutenzioni... insomma, un senso di futuro. Andremo in pensione più tardi,
abbiamo pagato l’Imu, pagheremo sempre di più i servizi sociali, stiamo facendo
rinunce... Io credo che sia giunto il tempo di cominciare a pretendere, almeno
questo: appunto, il senso di futuro.
Daniele Tamburini
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