Nessuno me lo ha mai chiesto, e nessuno, ovviamente, me lo chiederà mai, e del resto non ho alcuna competenza per farlo, ma credo che non affronterei a cuor leggero il compito di sindaco. Soprattutto oggi. Sono tempi in cui, a prescindere dai problemi di bilancio, spesso asfissianti, dai tagli di risorse, quasi sempre sanguinosi, dalle crescenti necessità della cittadinanza in materia di servizi e di assistenza (pensiamo agli effetti della crisi, pensiamo all’invecchiamento della popolazione), è molto difficile governare anche nel senso di mediare, di trovare accordi, di mantenere le alleanze. Sarà stata la fine delle ideologie, del senso di appartenenza, delle grandi aggregazioni di masse, ma è indubbio che è sempre più difficile trovare un collante che tenga insieme le alleanze e, addirittura, i singoli elementi dentro le alleanze stesse. La giunta Perri ha sofferto di molti di questi mali, da quando si è insediata: ricordiamo il rapporto tormentato con l'Udc e la rottura, insanabile, con la Lega. Chissà quante volte il sindaco avrà detto: “Ma chi me l’ha fatto fare?”. Sicuramente, lo avrà pensato lo scorso mercoledì, quando, in occasione dell’approvazione del bilancio del Comune, un atto fondamentale, tra i più importanti per una amministrazione, al momento della discussione la maggioranza era minoranza. Pare che il sindaco, imbufalito, abbia sudato le proverbiali sette camicie per far giungere in aula alcuni dei consiglieri assenti ai quali, in separata sede, ne avrà dette di tutti i colori, immagino. Davvero, non invidio chiunque dovesse essere eletto, anche perché il compito è arduo. Pensavo a quali elementi abbiano caratterizzato il quinquennio Perri. Mi vengono a mente la caparbietà con cui ha difeso la sua scelta di mantenere come amministratori di aziende partecipate, manager nominati dalla precedente amministrazione, come Albertoni, Galli e Bodini. Un altro segnale del superamento degli schieramenti, degli steccati? Sicuramente, la decisione fece infuriare parecchi dei suoi, ma Perri tirò dritto: “Privilegio la competenza”. Lo rifarebbe ancora? Penso di si. Poi, la vicenda spinosa di Palazzo Fodri, su cui stendiamo un velo pietoso, e poi, sicuramente, le opere pubbliche, in primis piazza Marconi e il Museo del Violino. Qualcuno dirà: “Bella forza, ha fatto tutto Giovanni Arvedi”. Sarà senz’altro così, sarà stato grazie all'Ingegnere,ma tant’è, l’opera è compiuta. L’adeguamento del palazzetto dello sport, il cavalcavia del cimitero, la rotonda di via Mantova, la sistemazione di via Dante e, in corso d’opera, l’eliminazione del passaggio a livello di via Persico. Ricordo che subito dopo il suo insediamento mi confessò il desiderio di recuperare alla città il vecchio ospedale al Foppone. In questo non è riuscito. Quando lo incontreremo (cominciamo da questo numero il giro di interviste ai candidati a sindaco), sentiremo se ci spera ancora. Da parte mia, faccio gli auguri alla città, a tutti noi, al Paese, ai candidati: auguri di Buona Pasqua, auguri di futuro.
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