sabato, maggio 20, 2017

Diseguaglianza sociale


Perché esiste lo Stato moderno, lo Stato democratico? La teoria liberale ci dice: per proteggere i comuni interessi, gli interessi che stanno alla base del vivere insieme. Per far sì che il più forte non prevalga sul più debole e, per più forte, lo si intende a largo raggio: il più forte fisicamente, il più forte economicamente, il più forte socialmente, il più forte culturalmente, e via dicendo. Ci si associa, perché si spera che, in un eventuale momento di debolezza che possa intercorrere (per esempio, una malattia) i meccanismi di protezione dello Stato possano venire in soccorso. Perché, qualora si venga attaccati, ci si possa difendere insieme. Oppure, perché l’aver subito un’ingiustizia trovi risposta nei meccanismi statuali della giustizia. L’eguaglianza vera, probabilmente, non esiste, ma diseguaglianze troppo marcate non favoriscono l’esistenza dello Stato, per come secoli di storia hanno disegnato questa forma di vivere in comune. L’uomo è lupo per l’uomo, diceva il filosofo Hobbes: posto che sia vero, ci devono essere regole condivise, per non azzannarsi a vicenda. E, se un lupo - un uomo - è troppo più forte, la tentazione di azzannare i vicini sale. E allora, lo Stato dovrebbe cercare di evitare il più possibile enormi diseguaglianze tra chi è associato. Peccato che l’Istat, nel suo venticinquesimo rapporto, da poco uscito, ci dica che lo Stato italiano, quindi chi lo governa, non sia affatto riuscito a frenare la drammatica performance dell’Italia, dove tra il 1990 e il 2010 la diseguaglianza era aumentata più che in ogni altro Stato dell’Ocse. «In Italia, la capacità redistributiva dell’intervento pubblico è tra quelle cresciute meno, rimanendo così tra le più basse nei paesi considerati». Adesso mi chiedo e vi chiedo: non dovrebbe essere questo il piano su cui intervenire, da parte della classe politica? Altro che condannare l’ascesa del populismo, altro che accapigliarsi su riforme improbabili o sulla legge elettorale…

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