lunedì, agosto 04, 2008

Debiti pubblici e debiti privati

Le famiglie italiane, non escluse quelle cremonesi, sono sempre più indebitate e faticano a traguardare la fine del mese. Con le rate del mutuo, macchina, Tv al plasma, o per il finanziamento chiesto per affrontare le spese impreviste, capitate maledettamente tra capo e collo, ci indebitiamo sempre di più e in modo costante. Una famiglia su tre ha serie difficoltà
economiche, nel 15 per cento dei casi non si arriva a fine mese. La situazione è andata peggiorando con l’innalzamento dei tassi d’interesse sui mutui. Per molte famiglie, una su due, il risparmio è una chimera.
Quasi impossibile mettere soldi da parte, si moltiplicano piuttosto i nuclei costretti a ricorrere ai prestiti. Ci s'indebita per beni di prima necessità, per imprevisti relativi alla salute, ma anche per mandare i figli all’università. Mano a mano il credito al consumo è diventato un mezzo al quale si fa sempre più ricorso in certi casi anche per fare la spesa. Non siamo ai livelli delle famiglie americane, per fortuna, ma certo è che il trend è preoccupante. Gli italiani, se non bastasse, sono gravati, questa volta tutti e indistintamente, di un debito indiretto e ereditato, Il debito pubblico, che pesa come un macigno sulle possibilità di crescita e di sviluppo del nostro Paese. L’ammontare del debito complessivo è una cifra spaventosa che tradotta pro capite significa circa 27.500 euro per ciascun italiano neonati compresi. Il debito pubblico è il debito dello Stato nei confronti d’individui, imprese, banche, che hanno sottoscritto obbligazioni (BOT e CCT) destinate a coprire il fabbisogno finanziario statale. Su questo debito, ovviamente, lo Stato paga gli interessi che concorrono ad aggravare la situazione. Il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo (PIL) costituisce un importante indice della solidità finanziaria ed economica di uno Stato. Nel 1980 il rapporto tra debito e Pil era ancora sotto il 60 per cento, nel 1994 ha toccato il picco massimo: 121,5 per cento. La maggiore crescita dell’ammontare del debito pubblico, una vera e propria esplosione, si è avuta negli anni ’80, gli anni del penta partito e di Bettino Craxi, gli anni della Milano da bere, del benessere diffuso, degli yuppies rampanti, della moda, della nave che va. Chi ha vissuto quel momento egoisticamente lo rimpiange. Oggi siamo costretti a pagarne il fio. A onor del vero alla crescita esponenziale del debito ha contribuito anche il fatto che, prima del 1980, il tasso ufficiale di sconto, che determina i tassi d’interesse, è sempre stato sotto il tasso d’inflazione.
Dal 1980 in poi, quando il TUS è diventato di esclusiva competenza della Banca d’Italia, è sempre stato ampiamente sopra il tasso d’inflazione contribuendo a far lievitare il nostro debito pubblico. Oggi siamo al 105 per cento circa, ancora un’enormità e un pericoloso freno alla crescita e alla ripresa. Scendere è maledettamente complicato e faticoso. Nessun governo recentemente ha affrontato il problema con determinazione perché inevitabilmente gli interventi strutturali risulterebbero fortemente impopolari. Non a caso anche l’ultima manovra triennale del ministro Tremonti è stata inesorabilmente bocciata da una famosa agenzia internazionale di rating: “L’effetto della manovra sulla spesa pubblica sarà lieve e il debito pubblico rimarrà elevato”. Purtroppo al punto in cui siamo giunti, per diminuire il debito è necessario tagliare pesantemente non solo gli sprechi e il superfluo ma anche la spesa pubblica, non c'è scampo. Nessuna parte politica ha il coraggio di farlo. Non lo ha fatto il precedente governo e nemmeno questo lo farà. L’unica possibilità a mio parere potrà essere un governo di "larghe intese", con le responsabilità condivise. Oggi, anche questo, sembra essere una chimera: siamo ancora al muro contro muro.

Aldemario Bentini

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