Avete fatto caso che, ormai, il nostro tempo sociale, e anche quello privato, non sono più scanditi dall’anno solare, ma vanno da settembre all’agosto successivo, in una sorta di anno scolastico? Siamo quasi tutti rientrati dalle ferie e si ricomincia. Qualche tempo fa, un periodico tedesco ha compiuto un’analisi spassionata della situazione italiana, rilevando, tra le altre cose, che il “caso” italiano è una continua emergenza che, apparentemente, non sfocia mai in tragedia. L’ingresso nell’eurozona fu gestito attuando, per anni, una rigorosa disciplina di bilancio, unitamente al rigido risparmio: questa politica ha avviato la pluriennale fase del “declino”, perché l’allora riacquistata solidità della politica fiscale significò infatti anche rinuncia alla prosperità derivante dallo sviluppo economico. Ma non c’era alternativa. Insomma, la morale potrebbe essere: meno si sale, meno la caduta sarà dolorosa. È una possibile interpretazione: una “stabile depressione”. Ma la depressione può essere una malattia mortale, specie quando viene accentuata da una continua incertezza che riduce fortemente la voglia di investire. Fuor di metafora, la crisi politico-istituzionale di questo agosto rischia di avere effetti pesanti. In molti gridano: “al voto, al voto”, seppur poco convinti e pronti a far marcia indietro. Mi domando se davvero possa essere una soluzione tornare alle urne con questo sistema elettorale, che non solo “nomina”, e non elegge, i parlamentari, ma che ha dimostrato, nessuno lo può negare, di non favorire in alcun modo la governabilità. Il guaio è che una proposta seria su una nuova legge elettorale necessiterebbe di una lettura precisa della fase politica: per esempio, una lettura e un giudizio oggettivo sul bipolarismo. Un “sistema” che ha evidenziato forti lacune e una fragilità connaturata, quasi inevitabile. Occorrerebbero soluzioni di sistema, non soluzioni estemporanee. Il Paese ha grande bisogno di questo, e poco di ulteriori pettegolezzi, di risse e di inutili cortigiani.
Daniele Tamburini
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