Sei o sette mesi fa, il banchiere dei banchieri, Mario Draghi, dichiarava:
“Occorre un patto per la crescita, risanare i conti con il fisco può aggravare
la recessione”. Era stato chiaro, anzi chiarissimo. E che cosa è stato fatto nel
nostro Paese? Si è tentato di sanare i conti con il fisco. Il risultato? Vediamo
un po’. Chi sostiene il governo Monti dice: non si poteva fare altrimenti,
Berlusconi aveva lasciato il Paese sull’orlo del precipizio, anzi già con un
piede dentro, la credibilità internazionale dell’Italia era sottozero, in
inversa proporzione allo spread, che toccò quota 574, una follia. Questi
elementi sono tutti veri, ma c’è un grande “ma”, e sta in quelle parole di
Draghi. Il concetto, tra l’altro, è semplice. Se non c’è crescita, non aumentano
le risorse di imprese e famiglie. Se si agisce solo sulla leva del fisco, quando
le tasche dei più saranno proprio vuote – e ci siamo pericolosamente vicini –
non ci sarà più niente da spremere. Occhio che il rigore non diventi rigor
mortis. Dice: non ci sono risorse. È il mantra del governo: non ci sono risorse
per detassare le tredicesime, non ci sono risorse per evitare l’aumento
dell’IVA, non ci sono risorse per il fondo per le politiche sociali (ha detto la
Fornero: “Sono disperata”. Si figuri noi, cara ministra), non ci sono risorse
per risanare Pompei, non ci sono risorse per tutti gli esodati. Però ci sono per
acquistare gli F35 (l’acquisto ci impegna da qui al 2017, con un costo per aereo
che va da 99 a 107 milioni di euro). E lo spread è comunque alto, e il debito
pubblico alimenta se stesso. Caro premier Monti, così non va. Ci aspettavamo una
vera rottura con il passato che non è avvenuta. Francamente ci ha deluso.
Sicuramente il suo governo ha restituito credito al nostro Paese, garantito nei
confronti dell’Europa, dei mercati eccetera, ma a quale prezzo? Sono state
tutelate le banche, gli interessi forti, i veri gangli del potere. Le famiglie e
le imprese sono allo stremo. Il ceto medio non esiste praticamente più, si sta
proletarizzando. Senza ceto medio non c’è possibilità di un Paese “normale”,
efficiente, produttivo. Egregio Dottore, le siamo riconoscenti per averci
restituito credibilità, ma ora lasci il campo, ora c'è bisogno di altro, ora c’è
bisogno di scelte forti, coraggiose, politiche che diano impulso, che diano
speranza, che alimentino la crescita, perché di inflazione non si muore, ma di
disoccupazione, sì. Per fortuna che lei non è candidabile…
Daniele Tamburini
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