Era tutto prevedibile, tutto scritto. La riforma “epocale” delle Province, il
cui padre, Graziano Delrio, se ne sta prudentemente in silenzio, in questi
giorni, si dimostra pasticciata e irrealizzabile. Le funzioni non assegnate
dalla legge medesima, ma esercitate ad oggi dalle Province, dovevano essere
ripartite, con personale e risorse al seguito, tra Stato, Regioni, Comuni, e
tutto questo entro il 31 dicembre. Non del 2050, ma del 2014. Delrio, Madia
eccetera giurarono che così sarebbe stato. Figuriamoci: la legge di stabilità
taglia pesantemente i bilanci di Comuni e Regioni e Province stesse e, con
emendamento apposito, pare intenda tagliare del 50% la spesa del personale delle
Province e del 30% quella delle Città metropolitane. Cioè: Regioni e Comuni non
prendono le funzioni che non sono più proprie delle Province, che quindi
rimangono in capo a queste ultime, le quali, però, dovranno ridurre il personale
del 50% o del 30%. E questo personale “residuale”, dove andrà? Le risposte sono
fumose: tribunali? A copertura dei pensionamenti statali? Non si sa bene. Bella
roba: i risparmi effettuati non su privilegi, prebende e clientelismi, non
combattendo veramente corruzione e evasione, non colpendo a fondo i tanti “casi
Roma”, ma su servizi e lavoratori. Bravi, sette più. Altre 56.000 persone a
rischio di non essere collocate e, quindi, di licenziamento, dopo due anni di
messa in disponibilità. Ma che bell'impulso alla ripresa del Paese. Strade con
le buche, frane non rimosse, scuole superiori senza manutenzione: ditte che,
quindi, non riceveranno lavoro. Era chiaro a molti di noi che l'eliminazione
dell'elettività a suffragio universale del Consiglio provinciale e del
presidente - che comportavano spese risibili - fosse solo il preludio all'unico,
vero risparmio, sciaguratamente individuato: un taglio immane delle spese sul
personale e sui servizi. Bravi, davvero bravi a fare le riforme così. Riforme
epocali... E questi vorrebbero riformare pure la Costituzione! Ma fateci il
piacere!
Agostino Poli
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