Vorremmo onestà e verità: nelle cose che ci vengono dette, nelle spiegazioni ufficiali di quanto sta avvenendo nel mondo. Da diversi giorni, un’Italia che assisteva sonnacchiosa ad una scena politica nazionale bloccata nella ripetizione di parole e slogan si è trovata a confrontarsi con la crisi nordafricana, con lo tsunami giapponese e la tragedia della centrale nucleare di Fukushima e l’intervento in Libia. Fatti sicuramente epocali. È per questo che vorremmo onestà e verità. Sono avvenimenti che ci mettono di fronte a quanto sia drammaticamente incerto il nostro mondo, e a quanta prudenza, lungimiranza, ricerca ci vogliano. Pensiamo all’acqua contaminata di Tokio, e ci chiediamo se sia possibile che nessuno abbia potuto pensare a questi rischi. Pensiamo che, se non ci fosse stato questo incidente, il programma nucleare sarebbe ripreso anche da noi, in un territorio fortemente sismico, colpito da frane ed alluvioni. Pensiamo a quanto sia stato osteggiato, poi blandito, poi accolto con amicizia, negli anni, il colonnello Gheddafi, dappertutto e in particolare da noi. Adesso lo stiamo bombardando, per un intervento umanitario. Vorremmo onestà e verità: perché l’intervento in Iraq, in Afghanistan ed in Libia, e non a Sarajevo, a suo tempo, non in Ruanda, non in Eritrea, luoghi in cui le violazioni dei diritti umani sono state terribili? C’è un grande bisogno di onestà. Lo ha richiamato anche il governatore della Banca d’Italia Draghi, quando ha detto che un aumento dell’imposizione fiscale colpirebbe solo il contribuente onesto, quando il problema è colpire elusione ed evasione. Sono domande che è giusto, è importante continuare a fare. Mi ricordo un detto, molte volte citato da una persona che oggi non c’è più, alla quale rendo omaggio: «non occorre sperare per intraprendere, non occorre riuscire per perseverare». È quanto fanno, tutti i giorni, le persone oneste: lavorano e intraprendono, anche se la situazione è dura, e continuano a perseverare. È l’Italia migliore, l’Italia che amiamo.
Daniele Tamburini
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