Proviamo a fare un esercizio, una sorta di mantra: per una volta, non diamo la precedenza ai problemi molto gravi che ci circondano, alle difficoltà, alle paure, al timore per il futuro. Parliamo di bellezza. La bellezza della nostra città, ma anche di molte altre, di quelle antiche e anche quelle più recenti, una bellezza fatta di opere d’arte, di stratificazione di culture, di apporti diversi e mescolatisi nel corso dei secoli. Una bellezza che resiste, nonostante i tentativi di saccheggio e l’incuria che spesso domina, oltre a scelte architettoniche spesso difficili da comprendere. La bellezza della natura che ci circonda. I monti, i fiumi, i laghi, le colline, le coste. Abbiamo tutto, i ghiacciai e le isole vulcaniche, le pianure alluvionali e le zone pedemontane. La bellezza dei volti dei nostri giovani, che non sono quelli di plastica della TV, ma dei nostri figli e nipoti, veri, genuini, un po’ ansiosi del loro futuro, ma che cercano di studiare, di lavorare, di costruirsi un futuro laborioso e impegnato, pur se questo è davvero un percorso ad ostacoli, più che il naturale svolgersi delle stagioni umane, come dovrebbe. Ma, a proposito delle stagioni umane e di quelle della natura, il lungo inverno sta per finire. Ora predominano le foglie nuove e gli alberi sono in fiore. Nonostante un “clima” – per restare in metafora – poco propizio, anche nei consessi più alti del Paese (da ultimo il Parlamento di questi giorni che, a mio parere, non rappresenta i cittadini ma vive motu proprio), nonostante tutto, dobbiamo lavorare perché anche il lungo inverno del nostro Paese abbia fine. Che ciò possa accadere non è una speranza, è una certezza.
Daniele Tamburini
venerdì 1aprile 2011
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