Tensione e rabbia dei commercianti per il caso Tari: l'esasperazione dei
commercianti è culminata in una vera e propria "minaccia": «se non arriveranno
risposte adeguate alle nostre richieste, attueremo forme di protesta come il
ricorso alla giustizia amministrativa e lo sciopero fiscale» questo dichiarano
le associazioni di categoria a margine di una riunione che ha visto partecipare
Confcommercio, Confesercenti, Asvicom, Cna e Confartigianato. La Tari per
diversi commercianti ha visto il triplicare dell'importo da pagare rispetto allo
scorso anno con la Tarsu. E' il caso del negozio "Dimensione Natura", di via
Ippocastani. «Sono passato da 1.700 a 5.885 euro - racconta il titolare, Fabio
Vighenzi -. E' un'imposta iniqua, con incrementi assurdi, quasi da usura. Per
quanto mi riguarda pagherò senza dubbio l'importo che ho pagato lo scorso anno,
e anche qualcosa in più perchè comprendo che possa esservi una maggiorazione; ma
mi rifiuto di sborsare tre volte quello che ho speso lo scorso anno. Anche
perché quei seimila euro per me significano scegliere se acquistare seimila euro
di prodotti in meno da vendere o se rinunciare alla mia dipendente part-time».
Ma la preoccupazione dei commercianti è anche rivolta al futuro: «Se cifre di
questo tipo si dovessero ripetere anche per i prossimi anni, sarà difficile per
molti commercianti andare avanti» conclude Vighenzi. Dello stesso parere anche
Paolo Magri, del ristorante Dordoni, che dovrà sborsare 15.000 euro di Tari,
contro i 9.250 dello scorso anno. «Per me questa tariffa era già molto onerosa
anche negli anni scorsi. Stavolta però abbiamo superato il limite. Stanno
mettendo in ginocchio le attività commerciali. Tantissimi lavoratori dipendenti
stanno rischiando il posto di lavoro, a causa di questa situazione, perché i
titolari non sanno più come pagarli. E ci sono attività che rischiano anche di
dover chiudere i battenti». Una situazione di cui si è ampiamente discusso
durante la riunione delle associazioni di categoria. «C'è stata forte intesa tra
le associazioni - spiega ancora Magri -. Va bene pagare la prima rata dell'8
agosto, su questo siamo d'accordo, anche per dimostrare la nostra buona volontà,
ma il Comune deve garantirci che verrà affrontata questo problema in modo serio
e trasparente, ma soprattutto che venga fatto qualcosa affinché il problema non
si ripresenti il prossimo anno». Pur apprezzando l’impegno della Giunta ad
affrontare, con proposte concrete il tema in oggetto, le associazioni di
categoria ritengono che ciò non sia sufficiente per dare respiro alle imprese
che si sono viste moltiplicare, senza ragione, l’importo della tassa sui
rifiuti. Dal tavolo è emersa una forte denuncia per l’iniqua applicazione
dell’imposta, non proporzionale all’effettiva produzione dei rifiuti. Una presa
di posizione che verrà puntualizzata, nei prossimi giorni, al Comune attraverso
un documento sottoscritto da tutte le associazioni. Tutte le associazioni hanno
evidenziato come il fondo di solidarietà determinato dalla Giunta Comunale, pur
essendo un atto di disponibilità apprezzabile non sia sufficiente ad alleviare
una tassazione assurda in capo ad aziende produttive. «L’eventuale contributo
per le imprese, infatti, si ridurrebbe a pochissime centinaia di euro a fronte
di un aumento che è di diverse migliaia di euro - sottolinea Giuseppe Bini,
presidente di Confesercenti Cremona -. Serve un fondo che vada seriamente a
incidere sugli importi Tari del 2014: ci sono aziende che dovrebbero licenziare
dipendenti perché altrimenti non avrebbero i soldi per pagare la tassa. E se non
arrivano soluzioni, sarà il peggio. Poiché questo Fondo di solidarietà incide
sul bilancio 2015, riteniamo che vi siano i presupposti per incrementarne
l'importo». Le associazioni non danno la colpa all’amministrazione Galimberti:
«Sappiamo che i problemi sono nati con chi c’era prima, e chi ha rotto il vaso
non è certo uguale a chi sta cercando di aggiustarlo – continua Bini -. Tuttavia
servono misure urgenti, ora». Il tavolo ha quindi proclamato, sin da ora, una
mobilitazione che interessa tutte le Associazioni e tutte le imprese, nessuna
esclusa, compresi i dipendenti che vedono minacciato il loro posto di
lavoro.
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