sabato, agosto 02, 2014

Perché la Spagna è in ripresa e noi no?

A volte, conservo delle pagine di quotidiani con articoli che mi hanno colpito e che mi riprometto di rileggere con calma. Spesso, ovviamente, non ci riesco e le pagine si accumulano, finché non decido di fare spazio. Ma, mentre i titoli passano sotto gli occhi, capita di avere (amare) sorprese. Era l’aprile 2010 e un grande quotidiano nazionale riportava la notizia di un convegno di grandi economisti, organizzato da Gorge Soros, dedicato ad un confronto sul “dopocrisi”. Perché l’amarezza? Primo: nel 2010 si parlava di “dopo crisi”, orizzonte di cui, oggi, nessuno si sente più di parlare, se non in termini probabilistici e, al massimo, speranzosi. E poi, leggiamo queste parole: Gli invitati concordano che i paradigmi economici dominanti negli ultimi decenni, improntati alla ritirata dello Stato regolatore perché il mercato garantisce una sua razionalità ed efficienza superiori, «devono cambiare». I venticinque di Bedford affermano che la disciplina economica nelle università «è stata manipolata dal mercato» e «si è distaccata dal pianeta Terra, quindi non riflette più il mondo reale». Bene, sono pienamente d’accordo! E però dove siamo, quattro anni e passa dopo, almeno qui da noi? Il capitalismo finanziario detta ancora legge: il suo continua ad essere un vero e proprio strapotere. Le banche continuano a rappresentare il fulcro di quell’emergenza-credito che contribuisce a strozzare ogni possibilità di ripresa. Altri Paesi (la Spagna, la stessa Grecia!) iniziano a ripartire: e noi? Cito alcuni titoli di un rapporto del Centro Studi di Confindustria dello scorso giugno: “La partenza ritardata e lenta. Investimenti penalizzati da incertezza e redditività ai minimi; le banche hanno stretto fortemente le condizioni per la concessione di prestiti a scadenza ravvicinata... Questo anello mancante nella catena di normale trasmissione dei meccanismi del riavvio della produzione (che parte dal ritorno della fiducia e dal miglioramento delle aspettative) fornisce una convincente spiegazione del ritardo con cui la ripartenza dell’economia italiana sta avvenendo. E continuerà a essere un ostacolo …”. Faccio una domanda al governo: non sarebbe meglio lavorare su questi ambiti, piuttosto che incaponirsi nella riforma del Senato? Buone vacanze.

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