
sabato, novembre 29, 2014
DITECI LA VERITA’

sabato, novembre 22, 2014
Temo l’arroganza e la paura altrui
Non so quanto possano giovare a Matteo Renzi gli attacchi furibondi, ormai
quotidiani, rivolti al sindacato in generale e alla Cgil in particolare. Certo,
è ormai palese che il consenso vero che egli cerca non sta in un elettorato
legato, per cultura e storia, alle ragioni del lavoro di cui la Cgil è bandiera.
Ma nel Pd il malessere cresce, e non tanto nei Civati, Mineo eccetera, quanto
nella gente che, per dirla con Lucio Dalla, lo vive ancora come un partito
ottimista e di sinistra. Renzi se la prende con lo sciopero generale del 12, ed
è comprensibile. Meno comprensibile è dire che Camusso e Salvini siano le due
facce della stessa medaglia. È vero, magari diversi iscritti Cgil votano o hanno
votato Lega, magari condividono l’obiettivo di combattere la legge Fornero, ma
questo paragone fa sicuramente torto ad entrambi e neppure rispetta le
reciproche storie. Si sa che l’aggressività viaggia spesso con una scomoda
compagna, la paura. Si sa che la situazione è da far paura: il Pil precipita e
mette a rischio pure le pensioni, su cui tanti "attivi forzatamente inattivi"
contano per campare, come diciamo anche in questo numero; la riforma del lavoro
non avrà effetti salvifici, la finanza internazionale continuerà a speculare sui
nostri malanni e via così. Temo le reazioni isteriche e non ponderate, temo gli
attacchi a testa bassa nei confronti di chi obietta e critica, temo la paura
altrui, temo, soprattutto, l’incapacità di affrontare l’emergenza senza perdere
la testa, con slogan e minacce, contrapponendo invece che cercando la
collaborazione, temo il piglio da uomo solo al comando che non può, non può
stare al timone e cazzare la velatura. Temo chi non ha l’umiltà intelligente di
trarre insegnamenti dal passato. Temo la mancanza di cultura, l’incapacità di
rifarsi a quanto la storia ci insegna. In una parola, temo l’arroganza.
Daniele Tamburini
Tutti i danni della speculazione finanziaria
La crisi economica non si attenua, anzi nonostante le rassicurazioni del governo e l'invito ad essere ottimisti lanciato dal premier Renzi dall'Australia, le cose sembrano peggiorare. Disoccupazione crescente, aziende in difficoltà, tassazione alle stelle, sfiducia. Niente sembra far presagire una inversionedi tendenza.
Il governatore della Bce, Mario Draghi, ha detto che le stime di crescita dell'area euro sono state riviste al ribasso, che le previsioni per il 2015 e 2016 sono per una ripresa modesta ed insiste sul bisogno urgente di riforme strutturali, esortando sostanzialmente i governi a continuare nella politica di austerità. In un quadro
drammatico, ci hanno colpito le affermazioni dell'economista Nino Galloni, secondo il quale ci può essere una via alternativa all'attuale politica di austerità. Antonino Galloni è stato direttore generale al ministero del Lavoro e funzionario presso il ministero del Bilancio. Nel suo ultimo libro, “Il futuro della Banca", delinea una teoria bancaria e finanziaria rivoluzionaria, che se attuata potrebbe ridurre la pressione fiscale del 50%.
Professor Galloni vuole spiegare ai nostri lettori in che modo, secondo lei, si potrebbe ridurre la pressione fiscale e rilanciare la nostra economia?
Oggi siamo incastrati in una situazione drammatica: si tagliano le spese per ridurre le tasse, ma si dimentica che l’effetto di una riduzione della spesa pubblica sul pil è più che proporzionale sicchè il pil stesso si riduce e, per mantenere, i parametri europei occorre rimandare la riduzione delle tasse. Tuttavia se, a parità di tasse, il pil si riduce è chiaro che aumenta la pressione fiscale. Oggi, per la prima volta alle banche conviene riconoscere come funzionano veramente (anche la Banca d’Inghilterra ha pubblicato uno studio in questo
senso): creano moneta dal nulla indebitando imprenditori, depositi e conti correnti servono solo a gestire le richieste di liquidità dei clienti, quindi realizzano un immane margine operativo dato dalla differenza tra le rate dei prestiti e dei mutui meno i loro costi di funzionamento. Anche depositi e conticorrenti andrebbero tolti
dal passivo…è come se il gestore di un garage per occultare i guadagni mettesse le automobili parcheggiate al passivo!
Gli ultimi governi sembrano avere un potere limitato o comunque subire in certa misura i cosiddetti poteri forti, economici e finanziari. Secondo lei è possibile intervenire sul sistema bancario, magari attraverso una legge dello Stato?
Allora, il punto di partenza è il ripristino della netta separazione tra banche di credito e banche speculative: se no, non si può far nulla neanche per liberare i governi dalla nefasta influenza della finanza. Oggi le banche avrebbero interesse ad allontanare debiti finanziari e crediti inesigibili che le porterebbero a perdere esse stesse autonomia nei confronti delle banche centrali e ad essere assorbite dalle concentrazioni finanziarie considerate troppo grandi per fallire.
Oggi l'Europa sembra accelerare il percorso verso l’Unione Bancaria Europea (Ube): che ne pensa?
L’Unione Bancaria Europea costituisce il punto di arrivo di tutta la strategia finanziaria iniziata decenni fa con la perdita di sovranità monetaria degli Stati: servirà a mettere le banche sotto la grande finanza che si arricchisce peggiorando la condizione dei debitori perché si basa sull’aumento della quantità delle emissioni,
non più sulla redditività dei singoli titoli finanziari.
A seguito della sua teoria, l'Italia dovrebbe, quindi, uscire dall'Euro...
Dall’euro non si esce con le chiacchiere, le utopie o i referendum, ma grazie ad un percorso di ripristino della sovranità monetaria degli Stati che, se stanno nell’euro devono ricominciare ad emettere moneta fiduciaria (buoni acquisto, certificati di credito, voucher, ciò non è impedito dai trattati europei) da far circolare presso i privati e poi recuperare con le tasse: la crescita del pil ed il riassorbimento della disoccupazione porteranno al miglioramento dei conti pubblici; contemporaneamente occorre liberare le aziende di credito dalle storture della finanza che serve solo ad accumulare debiti.
Mario Draghi, in questi giorni, ha ribadito che la scelta dell'euro è irreversibile, ma che la Bce non può obbligare nessuno a restarci. Secondo lei che significa? quali scenari prevede nel prossimo futuro?
Mario Draghi è uomo della grande finanza internazionale, ma si trova anche a fare il capo della BCE. Il progetto è quello di controllare la liquidità e ciò implica che gli Stati non possano emettere nessun tipo di moneta e la stessa funzione creditizia sia secondaria rispetto all’azione ben più pesante (ma lontana dall’economia reale) della finanza. Quindi, con questi due passaggi (gli Stati che ricominciano ad emettere moneta nuova, ancorchè fiduciaria, e le banche di credito che si liberano della speculazione)
se ne potrà uscire.
Nasce Artventuno.it, il nuovo quotidiano online

Daniele Tamburini
redazione@artventuno.it
sabato, novembre 08, 2014
Libera, effetto a catena

Vanni Raineri
sabato, novembre 01, 2014
Non siamo in uno stadio
L'azione di governo, da quello locale a quello nazionale, non è un campionato
di calcio, nel quale la parola d’ordine è: primum vincere. Anche perché chi
vince lo scudetto gode di grande prestigio e i giocatori ne ricevono indubbi
vantaggi (ingaggi migliori etc..), ma i tifosi, quando è tutto finito e lo
scudetto è sulle maglie, stanno pari pari come il giorno precedente. L’azione di
governo, invece, dovrebbe produrre cambiamenti reali, migliorare le cose,
indurre a speranza: o no? Dispiace dire sempre le stesse cose, ma, in Italia, le
fabbriche che ancora esistono stanno chiudendo o sono in procinto di farlo (ahi,
il nostro vanto, il manifatturiero!), i negozi arrancano e chiudono anch’essi,
le strutture di accoglienza turistica pure, non c’è un ragazzo o una ragazza,
tra quelli che conosco, che dica seriamente: questo è il mio Paese, qui voglio
restare. Anzi, se ci fosse, anche tra chi ci legge, ce lo dica, ce lo scriva,
che ne avremo tanto bisogno. A poco servono gli slogan e le battute di spirito,
le slides, gli effetti speciali e gli annunci. Non abbiamo bisogno solo di un
partito che governi, comunque sia, ma di qualcuno che spieghi con certezza gli
obiettivi che quel governo intende perseguire. Non ci interessano gli attacchi
verso “il resto del mondo”, dal sindacato agli intellettuali gufi e rosiconi ai
nonni attaccati ai loro privilegi (la pensione, spesso minima?) a chi ha il
posto fisso e lo vorrebbe mantenere. Non ci interessa questo, non siamo sugli
spalti di uno stadio. Vedo gente sempre più disperata in giro. Non starò a
parlare, anche se ne avrei voglia, delle manganellate sulla testa a chi va in
piazza a difendere il proprio lavoro. Non faccio un discorso novecentesco, ma un
ragionamento molto terra terra: senza lavoro non si guadagna, senza denaro non
si compra, non si consuma, l'economia non riparte, domanda e offerta si avvitano
verso il basso. Non è difficile da capire. Questo non è calcio, non è poker.
Qui, a suon di mazzate, rischiamo di restare a terra. E non importa se lo
restiamo in una piazza o davanti alla ex stazione Leopolda.
Daniele Tamburini
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