di Daniele Tamburini
E se la rivoluzione d’ottobre fosse stata fatta… su Facebook? O se, invece di prendere la Bastiglia, i parigini avessero scritto un tweet di fuoco? Immaginatevi Danton, Robespierre, Saint Just tutti intenti a smanettare sull’I-Phone, oppure, per dire, Lenin che, invece di arringare i marinai con le magliette a strisce, aggiusta il suo profilo su Instagram e chiama a raccolta i “navigatori”? Consentitemi questo tono leggero, per un argomento che leggero non è, anzi. Sono stati scritti volumi di saggi sulla democrazia nel tempo dei social e sono state condotte molteplici analisi sulle nuove forme di lotta politica realizzate attraverso un uso massivo e, allo stesso tempo, mirato del web. Il fenomeno si è manifestato con forte rilevanza in specie all’epoca delle rivoluzioni che hanno interessato i Paesi arabi del Nordafrica e la Turchia. E’ una modalità nuova e, come tutte le modalità nuove, risulta leggermente spiazzante verso chi è abituato, per età e per cultura, a modi diversi, per esempio nell’agire politico. Rilevo comunque che, ancora una volta, il passaggio da una modalità all’altra rischia di essere una sorta di salto mortale triplo. Per spiegarmi: forse non erano molto interessanti le tribune politiche televisive di una volta. Qualcuno se le ricorda? Il conduttore poneva una domanda e tutti gli esponenti dei partiti intervenivano, uno dopo l’altro. Se gli animi si accendevano, magari alzavano un po’ la voce, ma niente insulti, per carità. Il conduttore era rigorosamente attento a dosare tempi e parole (oggi si chiamerebbe “anchorman”, ma ve li immaginate Giorgio Vecchietti o Ugo Zatterin a sentirsi definire così?). Ma io, sinceramente, trovo poco interessante anche un tweet. Cosa si può esprimere in un tweet?
Più la realtà è complessa, più la si dovrebbe analizzare con attenzione. A che serve il tweet? A tirare una bomba di parole? Una schioppettata di concetti? A me viene in mente quando, da ragazzi, qualcuno la sparava grossa e gli altri dicevano “bum!!”. Insomma, serve a fare rumore gradasso, e basta? Anni fa, se scoppiava una guerra, la gente andava in piazza a manifestare: ma ci andavamo anche se qualcuno annunciava di manomettere le pensioni. Oggi, ci indigniamo su Facebook, e tutti a “condividere”. Vogliamo dare sfogo alla nostra protesta? Apriamo una bella pagina su Facebook. Mah. Era giusto prima, è giusto ora? Non lo so.
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