“Guai al mondo per gli scandali!”, sta scritto nel Vangelo. Lo scandalo è l’inciampo, il tranello, l’ostacolo forte alla fede. Potremmo allora dire che gli scandali, nella vita quotidiana, sono un ostacolo alla convivenza civile, al corretto andamento dei rapporti sociali ed economici. Un ostacolo che sembra insormontabile: si solleva un coperchio e, dal vaso di Pandora, escono centinaia di migliaia di euro andate in fumo, spese bizzarre e incomprensibili (i famosi megafoni del G8), regali per “ungere” certi meccanismi, denaro pubblico usato per portare in vacanza la segretaria, e chi più ne ha più ne metta. Ma non solo. Ritardi nelle procedure, strutture lasciate al degrado, ospedali mai funzionanti, carceri mai aperte. Il catalogo è questo: la situazione è grave ma non è seria, direbbe Flaiano. Eppure, non c’è reazione. Ci si potrebbe aspettare una sorta di “rivolta dei giusti”, al di là del colore politico; un movimento di indignazione, un’onda che si solleva per dire basta. Perché questo non accade? Non c’è una spiegazione unica. La paura, certo. Siamo tutti spaventati, dal presente e dal futuro: abbiamo timore di perdere ancora qualcosa, di peggiorare la nostra situazione, di infilarci in un tunnel senza uscita. Ma, soprattutto, si sono smarriti il senso e la forza dell’azione collettiva. Quella che ha permesso le tante conquiste civili, sociali e politiche che oggi diamo per scontate. Il senso di chi agiva insieme ad altri per migliorare le cose, per una prospettiva futura di cui, magari, sapeva che non avrebbe neppure goduto i frutti, ma lo faceva per i figli, per i compagni di lavoro, di fede politica, per il proprio Paese, per l’umanità.
Adesso, è come se ognuno stesse solo con le angosce e le incertezze che i tempi ci portano. È come se non si avvertisse più la responsabilità collettiva verso il posto in cui viviamo, verso la sua storia ed il suo futuro. L'Italia, direbbe ancora Flaiano, è un Paese dove sono accampati gli italiani.
Adesso, è come se ognuno stesse solo con le angosce e le incertezze che i tempi ci portano. È come se non si avvertisse più la responsabilità collettiva verso il posto in cui viviamo, verso la sua storia ed il suo futuro. L'Italia, direbbe ancora Flaiano, è un Paese dove sono accampati gli italiani.
Giulio Branciforte
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