Mi hanno fatto riflettere le parole che Luca Cordero di Montezemolo ha pronunciato qualche settimana fa in occasione di un convegno promosso dall’Associazione Italia Futura. "Ognuno di noi ha detto almeno una volta: voglio che mio figlio abbia possibilità migliori di quelle che ho avuto io, voglio che i miei nipoti stiano meglio di me. La risposta a questa speranza così naturale e così necessaria è il buon funzionamento della mobilità sociale, di quell’ascensore che dovrebbe permettere a chiunque di salire verso l’alto facendo affidamento sul proprio talento e sulle proprie capacità”. E' questa la condizione necessaria per un Paese dinamico, capace di rispondere alle sfide della modernità e della crisi, con idee, progetti, lavoro in squadra. E, per far questo, occorre imparare. Nel 2000, a Lisbona, l'Europa s’impegnò solennemente a divenire l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica durevole accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale, attraverso sistemi d'istruzione e di formazione che coniugassero qualità, accesso e apertura sul mondo. Questo doveva avvenire entro il 2010. Oggi, nel 2010, la nostra Corte dei Conti boccia sonoramente il sistema universitario italiano, il cosiddetto 3+2, laurea triennale + specialistica. Non solo non è aumentato il numero dei laureati, ma l'offerta formativa è frammentata, moltiplicata in segmenti immotivati, insomma, è scadente. Non ha creato lavoro né tanto meno nuove opportunità di crescita. Domanda: dove dovrebbero imparare i nostri giovani? Un paese che vuole essere di qualità non può pensare al suo futuro, e nemmeno riesce a immaginarlo, senza una scuola di qualità. Non è poi così difficileda capire. O no?
Daniele Tamburini
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