venerdì, maggio 28, 2010

Sacrifici

Chi volesse scrivere la storia dei nostri ultimi quarant’anni, potrebbe farlo a partire da una parola: “sacrifici”. La crisi petrolifera dette una scossa terribile alle economie dell’Occidente, all’inizio degli anni settanta dello scorso secolo; e la ricetta furono i sacrifici. Chi ha i capelli grigi si ricorderà: l’austerity, le domeniche a piedi. Dopo di che, ad ogni fase recessiva, ad ogni depressione della Borsa, ad ogni trend negativo dell’economia la parola è uscita fuori. Come se fosse nuova di zecca. A questo non si sottrae l’odierna manovra economica che il Governo ha approntato. Di nuovo, c’è solo l’ammissione della reale consistenza dello stato delle cose da parte del Presidente del Consiglio. Ora, nel mondo antico si offrivano sacrifici al dio per ingraziarselo, ringraziarlo, venerarlo. È certo che l’economia può essere considerata una dea capricciosa, ma, forse, esisterebbero anche altri modi per renderla benigna. Per esempio, dicendo con chiarezza quale sia la portata della crisi e indicando una strada, o un insieme di strade, che possono essere anche impopolari o dolorose, ma che facciano intravedere un barlume di luce in fondo al percorso e soprattutto che evitino che il futuro dei nostri giovani venga ipotecato. Probabilmente servono riforme che mettano in discussione diritti acquisiti e interessi costituiti. Probabilmente serviranno davvero altri sacrifici. Il problema è come distribuirli, con quale incidenza reale sulle varie fasce di reddito, con quale cadenza e con quali obiettivi, evitando ristagno e contrazione dei consumi. Questo lo si fa con analisi serie, mirando ad obiettivi di medio e lungo termine, ragionando e non seguendo umori e sondaggi: “ … c’è uno schiacciamento pericoloso sull’immediato” (Gianfranco Fini). Altrimenti, si corre il rischio che, invece di ingraziarsi la dea economia, si debba confidare nella dea Fortuna.

Daniele Tamburini

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