lunedì, ottobre 13, 2014

«La legge delega sul Job act? Una cornice vuota»

Intervista a Andrea Bordone, avvocato giuslavorista. «Non vi è una riga su una cosa importante, l’uscita dal rapporto di lavoro»
«Il Governo deve dire cosa vuole metterci dentro. Assurdo pensare che si aiuti chi non ha garanzie togliendole a chi le ha»
Nei giorni scorsi, la legge delega per cosiddetto "jobs act" è stata approvata in Senato, con 165 voti favorevoli, 111 contrari e 2 astensioni. Di questo tema, difficile, su cui si è aperto uno scontro aspro, abbiamo parlato con Andrea Bordone, avvocato giuslavorista. «La prima cosa che ritengo sia necessario sottolineare è che nella delega approvata la Senato c'è molto poco sull'articolo 18, tanto che c'è una discussione aperta su quello che farà il Governo all'interno della legge delega - spiega l'esperto -. Attualmente è come una delega in bianco. Non dimentichiamo che una legge deve essere sufficientemente chiara rispetto al potere legislativo che viene attribuito al Governo. Soprattutto non vi è una riga sulle questioni importanti, come l'uscita dal rapporto di lavoro, che è poi il tema centrale in discussione - spiega ancora Bortone -. Molti giuslavoristi ci tengono a fare presente che l'articolo 18 è sempre stato un presidio fondamentale e un elemento di dissuasione rispetto ai licenziamenti infondati. E per ora non vi è nessuna prova del fatto che togliere una tutela ai lavoratori porti alla creazione di nuovi posti di lavoro». Inoltre, l'articolo 18 in realtà è già stato modificato ai tempi del governo Monti. «Dopo la legge Fornero, il ricorso relativo alla legittimità o meno del licenziamento si propone entro sei mesi, il giudice decide normalmente dopo una o due udienze in tempi piuttosto brevi - spiega ancora il giuslavorista -. Se il giudice ordina la reintegrazione, il risarcimento non può essere superiore alle dodici mensilità; se il licenziamento viene dichiarato illegittimo, ma non viene disposta la reintegrazione (il che, dopo la riforma Fornero, avviene in molti casi), da 12 a 24 mensilità. Ritengo che comunque sia necessario che il giudice abbia la possibilità di reintegrare il lavoratore per i casi di licenziamenti illegittimi. E' una regola che vale da oltre 40 anni, che è stata in vigore anche nel periodo del boom economico e che non è mai stata un problema per la crescita. Ciò detto, la questione della tutela rispetto al licenziamento illegittimo è una normativa che esiste in tutta Europa, anche se sotto diverse forme. Non è certo una originale normativa italiana che ci pone fuori dal sistema economico. E d'altro canto mi sembra assolutamente corretto che vi sia questa forma di tutela, a meno di non voler tornare al licenziamento ad nuntum, che ci farebbe tornare indietro di almeno 100 anni. Insomma, sarebbe preoccupante che si togliesse al lavoratore la possibilità di difendersi. Affermare di voler combattere la precarietà dopo aver liberalizzato totalmente il contratto a tempo determinato è un'evidente contraddizione in termini. Ma soprattutto, lascia perplessi che si pensi di tutelare maggiormente il precariato giovanile togliendo tutte le tutele a chi già le ha. Credo sia una stortura. Si dovrebbe invece ampliare il numero delle tutele a chi ora non ne ha. Il contratto a tempo determinato è stato in questi anni lo strumento di gran lunga più in voga per tenere i lavoratori in condizione di permanente incertezza. Fino a un paio di anni fa era prevista una regola banale ed efficace: per assumere a termine bisogna che ci sia un'esigenza contingente, a termine, appunto. La presenza di quella regola ha consentito in questi anni a migliaia di lavoratori di ottenere la stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro, dopo la triste e consueta serie infinita di assunzioni, intervalli, nuove assunzioni, proroghe, pause e quant'altro. Quel principio è stato dapprima scalfito dalla legge Fornero e poi letteralmente demolito dal governo Renzi con il cosiddetto decreto Poletti (niente causale per tre anni)». Ultima riflessione è quella sul tipo di tutele che si vogliono dare. «Si parla di ampliare la tutela per la disoccupazione, ma l'impressione è che non vi siano le risorse per garantirne la copertura - spiega Bordone, nell'evidenziare che ora il governo dovrà far sapere cosa vuole fare esattamente, in «una legge delega che è solo una cornice vuota. Credo abbiano voluto portare avanti l'idea di aver fatto qualcosa ai vertici europei. Per questo hanno fatto approvare con tutta fretta un provvedimento scrivendo un testo giuridico i cui contenuti sono ancora tutti da verificare.

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