Intervista a Andrea Bordone, avvocato giuslavorista. «Non vi è una riga su una cosa importante, l’uscita dal rapporto di lavoro»
«Il Governo deve dire cosa vuole metterci dentro. Assurdo pensare che si aiuti chi non ha garanzie togliendole a chi le ha»
Nei giorni scorsi, la legge delega per cosiddetto "jobs act" è stata
approvata in Senato, con 165 voti favorevoli, 111 contrari e 2 astensioni. Di
questo tema, difficile, su cui si è aperto uno scontro aspro, abbiamo parlato
con Andrea Bordone, avvocato giuslavorista. «La prima cosa che ritengo sia
necessario sottolineare è che nella delega approvata la Senato c'è molto poco
sull'articolo 18, tanto che c'è una discussione aperta su quello che farà il
Governo all'interno della legge delega - spiega l'esperto -. Attualmente è come
una delega in bianco. Non dimentichiamo che una legge deve essere
sufficientemente chiara rispetto al potere legislativo che viene attribuito al
Governo. Soprattutto non vi è una riga sulle questioni importanti, come l'uscita
dal rapporto di lavoro, che è poi il tema centrale in discussione - spiega
ancora Bortone -. Molti giuslavoristi ci tengono a fare presente che l'articolo
18 è sempre stato un presidio fondamentale e un elemento di dissuasione rispetto
ai licenziamenti infondati. E per ora non vi è nessuna prova del fatto che
togliere una tutela ai lavoratori porti alla creazione di nuovi posti di
lavoro». Inoltre, l'articolo 18 in realtà è già stato modificato ai tempi del
governo Monti. «Dopo la legge Fornero, il ricorso relativo alla legittimità o
meno del licenziamento si propone entro sei mesi, il giudice decide normalmente
dopo una o due udienze in tempi piuttosto brevi - spiega ancora il giuslavorista
-. Se il giudice ordina la reintegrazione, il risarcimento non può essere
superiore alle dodici mensilità; se il licenziamento viene dichiarato
illegittimo, ma non viene disposta la reintegrazione (il che, dopo la riforma
Fornero, avviene in molti casi), da 12 a 24 mensilità. Ritengo che comunque sia
necessario che il giudice abbia la possibilità di reintegrare il lavoratore per
i casi di licenziamenti illegittimi. E' una regola che vale da oltre 40 anni,
che è stata in vigore anche nel periodo del boom economico e che non è mai stata
un problema per la crescita. Ciò detto, la questione della tutela rispetto al
licenziamento illegittimo è una normativa che esiste in tutta Europa, anche se
sotto diverse forme. Non è certo una originale normativa italiana che ci pone
fuori dal sistema economico. E d'altro canto mi sembra assolutamente corretto
che vi sia questa forma di tutela, a meno di non voler tornare al licenziamento
ad nuntum, che ci farebbe tornare indietro di almeno 100 anni. Insomma, sarebbe
preoccupante che si togliesse al lavoratore la possibilità di difendersi.
Affermare di voler combattere la precarietà dopo aver liberalizzato totalmente
il contratto a tempo determinato è un'evidente contraddizione in termini. Ma
soprattutto, lascia perplessi che si pensi di tutelare maggiormente il
precariato giovanile togliendo tutte le tutele a chi già le ha. Credo sia una
stortura. Si dovrebbe invece ampliare il numero delle tutele a chi ora non ne
ha. Il contratto a tempo determinato è stato in questi anni lo strumento di gran
lunga più in voga per tenere i lavoratori in condizione di permanente
incertezza. Fino a un paio di anni fa era prevista una regola banale ed
efficace: per assumere a termine bisogna che ci sia un'esigenza contingente, a
termine, appunto. La presenza di quella regola ha consentito in questi anni a
migliaia di lavoratori di ottenere la stabilizzazione del proprio rapporto di
lavoro, dopo la triste e consueta serie infinita di assunzioni, intervalli,
nuove assunzioni, proroghe, pause e quant'altro. Quel principio è stato dapprima
scalfito dalla legge Fornero e poi letteralmente demolito dal governo Renzi con
il cosiddetto decreto Poletti (niente causale per tre anni)». Ultima riflessione
è quella sul tipo di tutele che si vogliono dare. «Si parla di ampliare la
tutela per la disoccupazione, ma l'impressione è che non vi siano le risorse per
garantirne la copertura - spiega Bordone, nell'evidenziare che ora il governo
dovrà far sapere cosa vuole fare esattamente, in «una legge delega che è solo
una cornice vuota. Credo abbiano voluto portare avanti l'idea di aver fatto
qualcosa ai vertici europei. Per questo hanno fatto approvare con tutta fretta
un provvedimento scrivendo un testo giuridico i cui contenuti sono ancora tutti
da verificare.
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