Il Tfr in busta paga a me sembra una di quelle “pillole miracolose” utili
solo per il profitto di chi le propone. Partiamo dall’Abi (l’Associazione
Bancaria Italiana) che si è resa subito disponibile alla possibilità che le
banche finanzino le imprese per smobilizzare il Tfr, purché ci sia la garanzia
statale. E ti pareva! Poco importa che l’eventuale garanzia statale possa far
aumentare il debito pubblico. La cosa dovrebbe funzionare in questo modo: le
imprese che dovranno erogare il Tfr ai lavoratori, che ne faranno richiesta, si
rivolgono alla banca la quale, una volta ottenuta la garanzia statale, eroga i
soldi per smobilizzare il Tfr che va nella busta paga del dipendente. In busta
paga, però non arriva nella sua interezza, perché il Tfr, al quel punto, per lo
Stato costituisce materia imponibile da tassare. In altre parole, lo Stato tassa
oggi ciò che avrebbe dovuto tassare domani, oltretutto con una aliquota
superiore (di sicuro per i redditi superiori a 15mila euro annui). Fantastico!
Nel frattempo, sono pronto a scommettere che le banche troveranno il modo di
cartolarizzare i crediti concessi per smobilizzare il Tfr e che, forti della
garanzia statale, andranno dalla Bce proponendoli a garanzia di nuovi prestiti:
migliorando così anche i coefficienti di erogazione del credito alle imprese,
che è condizione essenziale per non dover rimborsare in anticipo i prestiti
ricevuti nel mese di settembre, cioè i 27 miliardi destinati al credito alle
aziende, ma con i quali, di fatto, comprano titoli dello Stato. E coloro che
avranno richiesto l’anticipo, perché di anticipo si tratta (sono soldi loro!)
cosa ci faranno? Soprattutto le famiglie in difficoltà probabilmente lo
utilizzeranno per pagare le utenze scadute, o le rate del mutuo sospese, o
magari il debito con Equitalia, così lo Stato recupera. Con buona pace del
rilancio dei consumi. Semplicemente geniale!
Daniele Tanburini
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