domenica, luglio 29, 2012

Elezioni: grande preoccupazione per gli investitori


Paolo Manasse: «La tendenza dei mercati è sfuggire prima di tutto dai paesi con il debito più elevato, come l’Italia»
Secondo il docente, «La politica in Italia è un problema: né destra né sinistra hanno la minima idea di come muoversi»

di Daniele Tamburini

Se ci limitassimo a guardare i fatti, la quota che sta toccando in questi giorni lo spread (cioè, il differenziale tra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi) non è poi così dissimile da quella che contribuì a dare il colpo finale al governo Berlusconi, lo scorso novembre. E questo, nonostante l’opera di risanamento dei conti che il premier Monti ed il suo governo stanno portando avanti, anche con scelte dolorose e assai pesanti. Ovviamente, quella che terminò a novembre era un’altra storia: ma i timori e le perplessità stanno crescendo, e danno fiato anche a chi, come l’IdV, sostiene che Monti abbia fallito e che occorra andare al voto anticipato. Grandi manovre in vista delle prossime elezioni politiche? Senz’altro. Non se ne sottraggono, ormai da settimane, sia il Pdl che il Pd. Un’altra dimostrazione di poca responsabilità delle forze politiche? O magari, queste hanno davvero ragione, e la ricetta Monti non sta funzionando? Eppure, il nostro Paese è ancora robusto, sotto diversi punti di vista (ad esempio, nel manifatturiero), e ha un Pil neppure paragonabile a quello, per esempio, della Grecia. Ne parliamo con il professor Paolo Manasse, docente di Politica Economica all’Università di Bologna.
Professor Manasse, una domanda secca, per iniziare: perché lo spread vola, nonostante la virtuosità, riconosciuta da più parti, del lavoro del governo in direzione del risanamento? 
«In questo periodo i mercati finanziari reagiscono a una serie di eventi, in parte di origine nazionale e in parte decisamente esterni all'Italia. Parte del problema, ad esempio ha a che fare con la crisi greca: è molto probabile che ci sia una opposizione da parte della Germania e del Fondo Monetario Europeo all'erogazione di una terza tranche di aiuti alla Grecia, e questi potrebbe portare al Grecia a uscire dall'area euro. Dall'altro lato c'è la crisi spagnola, che si sta aggravando notevolmente, facendo sfuggire i mercati. Del resto, ci troviamo in una situazione in cui l'Europa sembra non voler prendere delle decisioni definitive, e questo fa allontanare ulteriormente i mercati dalla zona Euro, che sta diventando sempre più fragile, tanto che iniziamo a sentire i primi scricchiolii anche in Germania. La tendenza dei mercati è sfuggire prima di tutto dai paesi con il debito più elevato, come l'Italia: le azioni restrittive del Governo potranno avere un effetto benefico nel lungo periodo, ma nel breve hanno un effetto negativo sull'economia. Del resto nel nostro Paese ci sono anche delle responsabilità nel non fare determinate scelte politiche attraverso la Banca d'Italia. Non dimentichiamo che il Fondo salva stati, senza l’aumento della sua dotazione, o senza la possibilità di ottenere credito illimitato da parte della Bce, è destinato a non decollare.
Perché la speculazione ha come obiettivo l’Italia? C’è una debolezza strutturale? 
«Effettivamente è proprio così: l'Italia è caratterizzata da un'evidente carenza strutturale. E' il Paese che cresce meno in Europa e il fatto che i tassi di interesse aumentino costantemente mette ancora più in difficoltà la solvibilità dello Stato Italiano. Ricordiamo che l'aumento di un solo punto percentuale del tasso ci costa circa 20 miliardi, ossia la metà dell'incasso dell'Imu. Questo ci mette in una situazione di grande vulnerabilità».
Il premier Monti dice: se la situazione rispecchiasse la realtà delle cose, lo spread dovrebbe essere a quota duecento. È d’accordo?
«Nessuno può dire con certezza come potrebbero essere le cose. Quello che credo sia vero è che l'aumento dello spread riflette in parte ragioni che non hanno a che fare con l'Italia. Diciamo che su un 520 di spread, solo circa la metà dipende dalle scelte del nostro Paese».
Quanto ha inciso su questa situazione il rinvio a settembre della decisione della Corte costituzionale tedesca sullo “scudo antispread”? 
«Credo non più di tanto. Anzi, direi che è stata una buona scelta quella di rinviare tale misura, in quanto attualmente lo scudo non ha soldi e non sarebbe efficace».
Rischio Spagna, rischio Grecia… sono rischi reali?
«Sono rischi molto reali. Se oggi dovessi scommettere qualcosa sulla Grecia, scommetterei sulla sua fuoriuscita dall'euro nel giro di un mese o poco più: a fronte della decisione della Germania di non continuare ad erogare aiuti al Paese, le speranze sono davvero ridotte al minimo. Allo stesso modo è reale il rischio in Spagna: in mancanza di un intervento europeo, le banche spagnole rischiano il fallimento, e lo Stato spagnolo non è in grado di salvarle. L'uscita della Grecia e un tracollo della Spagna influenzerebbero negativamente l'intera zona dell'Euro, con effetti decisamente pesanti».
L’instabilità politica del Paese, sempre in agguato, ha in ruolo in tutto questo? 
«Secondo me sì. La prospettiva di una futura guida politica per il Paese, di destra o di sinistra che sia, è vista con grande preoccupazione da tutti gli investitori, in quanto nessuno dei due schieramenti ha la minima idea di come muoversi. Le proposte di Berlusconi in merito all'uscita dell'Italia dall'area Euro, poi, hanno avuto come unico effetto quello di far aumentare lo spread, e questo è un grave problema, visto l'attuale situazione recessiva del Paese».
Si è parlato molto, in questi giorni, del cosiddetto “meccanismo europeo di stabilità” (Esm), che è stato approvato proprio nei giorni scorsi, nonostante le molte contestazioni. Secondo lei potrebbe essere uno strumento efficace? 
«Purtroppo no, in quanto esso non possiede risorse sufficienti per salvare Spagna e Italia. Questo strumento va a sostituire il Fondo europeo di stabilità finanziaria, ma ha una dotazione di circa 500 miliardi, decisamente insufficiente per ridurre lo spread. Tale fondo, tra l'altro, non solo non ha il capitale necessario, ma neppure la possibilità di ottenerlo indebitandosi presso la Banca Centrale europea. Dunque se il fondo di intervento, per il quale Monti si era strenuamente battuto, non ha risorse illimitate e gli squilibri persistono, il regime di fissazione dei prezzi prima o poi collasserà. Ad un certo punto si avrà un attacco speculativo dove gli investitori, che anticipano la caduta del prezzo, venderanno in massa al fondo di stabilizzazione, esaurendone le risorse. Questo fondo, quindi, potrebbe addirittura peggiorare la situazione».



Nessun commento:

Posta un commento