lunedì, luglio 23, 2012

Le interviste impossibili: Karl Marx



Quante volte ci siamo chiesti: se Dante fosse messo davanti allo schermo di un computer, e osservasse la scrittura che nasce attraverso gli impulsi su una tastiera, piuttosto che dal movimento articolato della mano, cosa direbbe? E se Newton conoscesse gli studi sul bosone di Higgs? E Mozart, condotto ad un concerto rock? E se Maria Curie potesse osservare gli esiti diagnostici e gli sviluppi della scoperta del radio? E Napoleone, se vedesse una guerra condotta con missili e droni? Il gioco potrebbe continuare all’infinito, in un rimando di citazioni e meraviglie ininterrotto. Allora, ci siamo detti: proviamo. Proviamo a far parlare alcuni di questi personaggi, ponendo loro domande sul nostro oggi. Una sorta di “interviste impossibili”: con quel tanto di leggero ed ironico – vogliamo sperarlo – da risultare di piacevole lettura.

di Agostino Francesco Poli

Buonasera, Herr Marx. Risponderebbe a qualche domanda?
“Sì, ma ho un po’ di fretta. Devo discutere di alcune questioni con il mio amico Friedrich. Abbiamo lasciato in sospeso la definizione del socialismo scientifico”.
Mi scusi: Friedrich Engels?
“E chi, altrimenti?”
Bene, faremo presto. Lei ha indubbiamente segnato la storia del mondo, ma poi, per un po’ di tempo, è parso che il suo pensiero fosse messo in soffitta. Salvo essere richiamato proprio oggi, nella crisi attuale, in cui si parla di crisi di capitalismo, di rapporti di produzione etc.. Come ci si sente a sapere di averci visto giusto?
“Sbaglio, o qualcuno, dalle vostre parti, pochi anni or sono, parlava di “fine della storia”? Stupidaggine! Non mi sono mai divertito tanto, a leggerlo. Io ho sostenuto che la forza motrice della storia è la lotta di classe, che sono sempre esistite classi dominanti e classi dominate, e che la storia è un continuo movimento perché questa dialettica si trasformi. Altro che fine della storia! La vostra crisi, lo sa cos’è?”
No, ce lo dica…
“E’ un terribile, feroce, violento tentativo di riorganizzazione del capitale. Non è elegante autocitarsi, ma …”
Lo faccia, lo faccia…
“Ho scritto: "a un certo livello di sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà". Le forze produttive dell’Occidente sono entrate in contraddizione con fenomeni che non hanno potuto o saputo gestire (come la chiamate? La globalizzazione. O le stesse ondate migratorie, sintomo e risultato di una incredibile capacità di circolazione delle merci).
E allora?
“Io non ho scritto i Vangeli. Ma nelle mie pagine ci sono ancora molti spunti per cercare di leggere il vostro presente e trovare una via di uscita. Oggi, lo so, è tutto cambiato. Continuo a studiare, sa? L’organizzazione del lavoro e dei mercati è sconvolta, la divisione del lavoro e della geografia del potere pure; insomma, c’è una nuova configurazione dei soggetti che si confrontano. Ci sono nuove figure dello sfruttamento ( so dei precari, so dei lavoratori in nero), ma credo anche sia possibile fare leva sui punti di crisi e elaborare una nuova teoria del “valore comune”. Specie dopo quel che è successo al comunismo …”
Già. Uno dei motivi per cui lei è stato messo nella soffitta di cui parlavamo…
“Bah. A parte che le soffitte sono luoghi molto interessanti, devo dirle che il crollo dell’URSS non mi ha fatto strappare i capelli (e guardate che ne ho ancora tanti!). Chi ha voluto l’URSS fatta nel modo in cui venne realizzata, aveva letto poco di mio. Mi creda”.
Torniamo alla crisi. Ne usciremo?
“Non allo stesso modo in cui eravate, quando ci siete entrati. Ma senta, adesso faccio io una domanda: perché vi fanno tanta paura parole come “conflitto”, “classe”, “sfruttamento”? Basta assumere il fatto che esiste il punto di vista del capitalista, ma anche il punto di vista del lavoratore. Basta accettare che il capitalismo non sia un despota irresistibile, ma che la storia si svolge su uno scacchiere in cui il giocatore non è unico. Sono tanti i soggetti e le energie che possono confrontarsi e temperare la violenza della riorganizzazione capitalistica. È assurdo non riconoscerlo. È antistorico”.
Sta andando nel difficile…
“Voglio dire che il vostro mondo, quello che chiamate welfare, la protezione sociale e sanitaria eccetera sono nate dalla contraddizione, che sempre si rinnova, tra capitale e lavoro. Anche quando il lavoro è poco o nullo, come sta accadendo ora. Ho scritto che la macchina, nella sua relativa indipendenza, trasmette sì valore al prodotto, ma come lavoro morto. Solo l’attività degli operai, il lavoro vivo, permettono alle macchine di essere produttive. Sento parlare tanto di capitale finanziario, di finanziarizzazione. A parte che la parola è orribile (io scrivevo bene, sa?), ma dove sta, lì, il lavoro vivo? Non sarà che da lì nascono tanti problemi? Ma ora mi scusi, ho davvero un impegno”.
Con Engels…
“Mmm … beh, no: con Jenny, mia moglie. È baronessa di nascita, sa? Ed è intelligentissima, colta, politicamente molto consapevole. Ci scambiamo lettere anche se stiamo lontani solo un giorno. Oggi ne è arrivata una: io le avevo scritto … lo vuole sapere?
Certo!
“Io ti ho viva davanti a me e ti porto in palmo di mano, e ti bacio dalla testa ai piedi, e cado in ginocchio e sospiro: "Madame, io vi amo!”.
Bellissima frase! E sua moglie?
“Mi ha scritto una dolce lettera, indirizzata al “mio barbuto cinghialotto”
Grazie, Herr Marx. E porti i miei rispetti alla sua signora.


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