venerdì, settembre 23, 2011

Intervista a don Vincenzo Rini, direttore di Vita Cattolica e presidente Sir: «Stiamo vivendo un tempo di politica triste chi governa pensa a se, non al bene comune»

A monsignor Vincenzo Rini, direttore di "Vita Cattolica", presidente del SIR (Servizi informazione religiosa) di Roma e assistente U.C.I.D. (Unione Cattolica Imprenditori e Dirigenti) per la diocesi di Cremona, abbiamo rivolto alcune domande.
Monsignor Rini, Sua Santità Papa Benedetto XVI ha detto, recentemente, che anche l’economia deve avere un’etica. In riferimento alla crisi che, ormai da tempo, colpisce le nostre società, portando a sempre maggiori disuguaglianze ed impoverimento, vuol commentare questa frase del Pontefice?
«Il Papa sottolinea un fatto che è sotto gli occhi di tutti. L'attuale crisi economica mondiale è nata proprio – a partire dagli Usa – dall'irresponsabilità di un mondo finanziario che ha pensato di potere agire senza regole, senza rispetto della verità "umana" dell'economia e del lavoro, creando quelle cosiddette "bolle" fatte di vuoto che hanno portato a mettere in crisi le economie del mondo intero. Senza etica, insomma, non c'è futuro per l'economia mondiale. E quando si dice etica, si intende anzitutto il mettere l'uomo, la persona, il bene comune al centro dell'economia, perché l'uomo viene prima del profitto».
Che ruolo svolge la Chiesa cattolica, in questa direzione?
«La Chiesa svolge il ruolo di sempre: quello, appunto, di difendere la dignità, la verità, la libertà dell'uomo, di ogni uomo, con particolare attenzione ai deboli, a coloro che non hanno potere né ricchezze. Un ruolo profetico, in difesa dei valori umani, che, concretamente, sono anche valori cristiani».
Venendo alla politica, il rapporto tra quest’ultima e la dimensione etica riveste caratteri spesso burrascosi. Non passa giorno che non si senta parlare di corruzione, di intrallazzi, di scarsa trasparenza nelle scelte e nelle decisioni. Lei ritiene che la vita politica possa esseremoralizzata?
«Viviamo un tempo di politica triste, nella quale chi governa diventa sempre più autoreferenziale: pensa alla propria conservazione e non al bene comune. Per questo tende a diventare una casta chiusa in se stessa, che perde il suo rapporto necessario con la società, con i problemi reali del Paese. Occorre sempre ricordare ai politici che è immorale fare le leggi pensando solo agli interessi elettorali del proprio partito, o agli interessi privati di qualcuno. Le leggi si devono fare unicamente per realizzare il bene del Paese. Leggevo in questi giorni una frase di De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alle prossime generazioni». Oggi abbiamo tanti politici (a volte più che politici, politicanti) ma siamo alla ricerca di statisti...».
Esiste un rapporto tra le scelte etiche, morali, comportamentali dell’individuo, ed il suo ruolo pubblico?
«Certamente. Chi è investito di unruolo pubblico deve essere persona che non ha niente da nascondere. Chi non ama le regole etiche nella vita privata, difficilmente le può testimoniare nella vita pubblica. L'esempio negativo di chi sta in alto, danneggia seriamente la convivenza perché diffonde una cultura relativistica che non favorisce il maturare delle coscienze e della responsabilità».
Quale dovrebbe essere il ruolo dei cattolici impegnati in politica,oggi?
«Anzitutto un ruolo di libertà: il cattolico non può vendere la coscienza a nessuno, deve essere sempre libero e critico, anche nei confronti del partito che ha votato o al quale aderisce. È il Vangelo che giudica le scelte politiche e partitiche, non viceversa. Per questo i cattolici oggi hanno il dovere di formarsi alla luce del Vangelo, che, concretamente, la Chiesa continua a presentare attraverso la sua Dottrina Sociale. I Cattolici devono quindi diffondere un modo nuovo di concepire la politica, sensibilizzando l'opinione pubblica con progetti che siano sempre finalizzati al servizio della comunità, guardando, in particolare non solo all'oggi, ma al domani: quale mondo vogliamo lasciare alle prossime generazioni?»
Come immagina il futuro prossimo del nostro Paese?
«Se non cambiano le cose, se non cambia il modo di fare politica, se non si torna a diffondere la consapevolezza di un'etica politica fondata sulla dignità della persona e sul bene comune come scopo dell'agire politico, lo vedo nero. Occorre ricostruire le coscienze. Solo su questa strada possiamo immaginare un ritorno alla vera Politica, quella con la P maiuscola».
Un'ultima domanda: il nostro vescovo ha parlato, in un'intervista sulla stampa nazionale, della ipotetica possibilità di ordinare sacerdoti persone sposate, pur dicendosi non concorde con tale possibilità. Lei cosa ne pensa?   L'idea di aprire il sacerdozio agli sposati non potrebbe risolvere la crisi delle vocazioni?
«Come sempre, la storia è maestra di vita: le chiese protestanti e quelle ortodosse, che hanno da sempre i preti sposati hanno la stessa grave carenza di vocazioni che ha la Chiesa cattolica. La carenza di vocazioni è legata a una cultura nella quale i giovani non sono educati allo spirito di sacrificio, al senso della donazione. In una società secolarizzata diminuisce la fede e diminuisce anche ciò che si nutre di fede, quindi anche la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata. Senza dimenticare che la crisi di vocazioni è frutto anche del diminuire delle nascite. Con tutto ciò, comunque, nulla vieta che – essendo il celibato una legge della Chiesa e non una legge divina – il Papa possa, in situazione di emergenza, ammettere delle eccezioni».

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